DUPONT, Ewald Andre
Dupont, Ewald André (propr. Ewald Andreas)
Regista e sceneggiatore tedesco di famiglia ebrea, nato a Zeitz (Sassonia) il 25 dicembre 1891 e morto a Los Angeles il 12 dicembre 1956. Da molti considerato il regista di un solo film importante, il sin troppo esaltato Varieté (1925), uno dei classici della 'camera scatenata', D. è stato rivalutato dalla critica, a partire dagli anni Novanta, non solo quale grande pioniere dello sviluppo della cinematografia (sia nel campo delle innovazioni tecniche, sia in quello della sceneggiatura) ma anche come notevole realizzatore di film. Tra le sue prove migliori si ricordano i melodrammi ambientati nel mondo dello spettacolo, un costante leitmotiv nella sua filmografia; ma con il suo talento seppe affrontare anche tematiche sociali come l'ebraismo e drammi psicologici. Figlio di un giornalista, nel 1911 iniziò la carriera del padre e dal 1915 sul quotidiano berlinese "Bild Zeitung am Mittag" tenne ‒ per la prima volta su un giornale tedesco ‒ una regolare rubrica di 'varietà e cinema'. Dall'anno successivo cominciò anche l'attività di sceneggiatore (tra gli altri per Joe May e Richard Oswald) e scrisse uno dei primi manuali mondiali sull'argomento: Wie ein Film geschrieben wird und wie man ihn verwendet (1919). Proprio in quell'anno D. passò alla regia dapprima con film di genere e successivamente con opere più impegnative, come Der weisse Pfau (1920), di cui curò anche la sceneggiatura in collaborazione con Paul Leni, o Die Geier-Wally (1921) e Das alte Gesetz (1923) interpretati dalla star Henny Potter. Dopo essere stato a capo, per una stagione (1924), di un teatro di varietà a Mannheim, proprio su quell'ambiente l'anno successivo realizzò il suo film più noto, Varieté. Potente mélo di ambiente circense, ben interpretato da Lya De Putti e da Emil Jannings, il film si impose anche per un uso virtuosistico della macchina da presa, fatto di frequenti soggettive, campi, controcampi, sovraesposizioni, e ulteriormente esaltato in fase di montaggio. Il successo portò D. per breve tempo a Hollywood, dove girò Love me and the world is mine (1926), non ottenendo grande favore. Dal 1927 tornò infatti a lavorare in Inghilterra nei nuovi studi di Elstree, dove per la Brit-ish International Pictures diresse Moulin Rouge e Piccadilly (entrambi del 1928), due film ambientati nel mondo dei locali notturni e dello spettacolo, secondo un già collaudato modello. Sempre a Elstree girò poi in doppia versione inglese/tedesca (Atlantic/Atlantik, 1929) il primo film europeo sonoro che rievoca, non senza alcuni momenti riusciti, la tragedia del Titanic. Seguì una serie di forti melodrammi realizzati in versioni multilingue come Two worlds/Zwei Welten (1930; Due mondi) o Cape Forlorn/Menschen im Käfig (1930; Fortunale sulla scogliera) che appartengono al meglio della sua produzione. Rientrò quindi in Germania per realizzare Salto mortale (1931), quasi un remake del suo film più celebre; ma l'occasione di fare un film sportivo (Der Läufer von Marathon, 1933, Il corridore di Maratona), legato ai giochi Olimpici di Los Angeles, nel 1932 lo riportò una seconda volta negli Stati Uniti, dove iniziò senza troppa fortuna una terza carriera. Dopo una serie di produzioni minori per diverse majors, nel 1939 venne licenziato sul set di Hell's kitchen (Acciaio umano, cofirmato da Lewis Seiler) e così riprese a Hollywood il mestiere di giornalista con l'aiuto dell'amico regista William Dieterle. Nel dopoguerra tornò di nuovo dietro la macchina da presa con il poco fortunato The scarf (1951), cui seguirono alcune produzioni televisive, sceneggiature (tra cui il suo ultimo lavoro: la partecipazione alla sceneggiatura della biografia di W.R. Wagner per Dieterle, Magic fire, 1956, Fuoco magico) e altri lavori di scarso rilievo.
A causa probabilmente di un carattere poco accomodante, D. non riuscì a realizzarsi completamente e a far emergere il suo talento nel ferreo sistema hollywoodiano, ma ciò nulla toglie al valore di un autore importante quanto ingiustamente dimenticato.
F. Savio, Visione privata, Roma 1972, pp. 363-76; Ewald André Dupont. Autor und Regisseur, hrsg. J. Bretschneider, München 1992.