ZACCHIA, Ezechia
di Antonio
da Vezzano. – Nacque sul finire del Quattrocento quasi certamente a Vezzano (La Spezia); del padre si conosce solo il nome, mentre della madre non si ha alcun riferimento).
Si possiedono sue notizie a partire dal giugno del 1510, quando a Lucca lo zio Ferdinando, detto Ferro, che faceva l’aromatario, lo mise a bottega presso Agostino Marti. Dal rogito relativo si evince che il nome di battesimo era Ezechia e non Paolo come sostenne Luigi Lanzi (1809), che confuse il pittore con un Paolo Zacchia notaio documentato a Lucca nel primo Cinquecento. In ambito critico l’artista viene chiamato Zacchia il Vecchio per distinguerlo dal nipote Lorenzo, figlio di Ferro, anch’egli pittore. La casata degli Zacchia da Vezzano è attestata a Lucca nel primo Cinquecento, ben inserita nel tessuto sociale, ma Ezechia, pur non lasciando più la città, mantenne legami con il luogo di origine, cosicché nei documenti viene sempre detto abitante a Lucca, ma non ne prese mai la cittadinanza (Barattini, 2015-16, p. 21).
Gli esordi di Ezechia non sono facili da precisare. La dicitura «Zacchia pinxit» è segnata sul retro della Madonna col Bambino e i ss. Giovannino, Paolino e Teobaldo del Museo nazionale di Villa Guinigi a Lucca, già ritenuta opera di collaborazione con Agostino Marti e oggi riferita solo a quest’ultimo, che la eseguì nel 1509 per la chiesa di S. Paolino (Tazartes, 2007). Agli esordi di Ezechia è stata impropriamente collegata anche l’Adorazione dei pastori oggi a Villa Guinigi (Meloni Trkulja, 1968), che replica due composizioni del peruginesco Giovanni di Pietro, detto lo Spagna. In effetti Ezechia adottò elementi perugineschi nella giovanile Deposizione di Pietrasanta (Lucca), ma interpretandoli in modo assai diverso. La sua pittura è segnata invece dai modelli di fra Bartolomeo, al quale anche l’eclettico Marti si ispirò nelle Sacre conversazioni di S. Michele a Guamo (1511-13) e della badia di Cantignano (1516) presso Lucca, alle quali Ezechia probabilmente collaborò.
Le prime opere autonome sono datate 1519, quando Ezechia era già indipendente e veniva richiesto per stimare lavori altrui (Concioni - Ferri - Ghilarducci, 1988, p. 197). Si tratta della Natività con la citata Deposizione nella lunetta, per S. Agostino a Pietrasanta, e del Ritratto d’uomo (ritenuto talvolta un Autoritratto) della pinacoteca del Museo nazionale di Palazzo Mansi a Lucca. La Natività fu rubata e smembrata nel 1921, e oggi ne restano solo tre frammenti, restituiti recentemente alla chiesa di provenienza dalla Soprintendenza di Milano, dove si trovavano dal 1922 (Pinacoteca di Brera, 1997). Il ritratto, oltre che dalla data «MCCCCCXIX», è caratterizzato dal motto «Ne quid nimis» («Nulla di troppo»), lasciando intendere che le sembianze non sono in alcun modo idealizzate.
In queste opere Ezechia raggiunge il suo stile definitivo, e ciò esclude dal suo corpus la Sacra conversazione della parrocchiale di Costa de’ Grassi (Reggio Emilia), datata 1524 (Meloni Trkulja, 1968), che spetta a Luigi Anguissola. Non convince neppure una predella nella parrocchiale di Stazzema (Lucca), datata 1525 (Dalli Regoli, 1995, pp. 42 s.), ma di qualità troppo artigianale per essere autografa. La pala con i Ss. Sebastiano, Antonio Abate e Pietro della parrocchiale di Candeglia (Pistoia), attribuitagli dallo scrivente, si è rivelata invece opera del pistoiese Camillo dal Gallo (Nesi, 2009, pp. 420 s., e 2017, pp. 7 s.).
A metà degli anni Venti, forse in seguito a un soggiorno a Roma, Ezechia maturò un linguaggio colto e classicheggiante, improntato alla volta della Sistina di Michelangelo e alle Stanze di Raffaello. La perduta decorazione a fresco della facciata di palazzo Bernardi a Lucca risentiva dei cicli romani degli allievi di Sanzio, Polidoro e Maturino, mentre l’Assunzione firmata e datata nel 1527 per S. Agostino a Lucca (oggi a Villa Guinigi) è un curioso pastiche tra Profeti michelangioleschi e personaggi tratti dalla Disputa sul Sacramento di Raffaello nella Stanza della Segnatura. Nel 1532, Zacchia firmò e datò una replica di questa pala per S. Pier Somaldi a Lucca, dove tuttora è conservata. La disinvoltura con la quale realizzò due opere quasi identiche per la stessa città la dice lunga sulle sue propensioni a riproporre più volte le composizioni.
Lo stesso accade per la Madonna col Bambino tra i ss. Sebastiano e Rocco, siglata ma non datata, oggi a Villa Guinigi, il cui schema torna esatto in un affresco staccato raffigurante la Madonna col Bambino tra i ss. Ansano e Sebastiano nella parrocchiale di Montuolo (Lucca; Borelli, 1983, p. 120, che scambia s. Ansano per una monaca). Il murale faceva pendant con un altro del quale resta solo la parte sinistra con un santo vescovo e una figura femminile. Gli stessi elementi compositivi e alcune figure identiche ricompaiono in due tele nella parrocchiale di Antraccoli (Lucca), una con cinque santi, tra i quali si riconoscono Sebastiano, Giuseppe e Rocco, l’altra con i Ss. Frediano, Antonio Abate e Barbara. Considerate opere di scuola (ibid., pp. 160-163), sono invece autografe e ribadiscono l’interesse di Ezechia per fra Bartolomeo. Le nicchie scure nel fondo rimandano infatti a prototipi del frate come il perduto S. Sebastiano già in S. Marco a Firenze, una copia del quale, conservata nel convento di S. Francesco a Fiesole, è attribuita proprio a Ezechia (Tazartes, 1996).
Si trovano altre ripetizioni nella sua produzione degli anni Quaranta. Il Redentore e angeli (1544) nella lunetta aggiunta alla Sacra conversazione di Vincenzo Frediani in S. Bartolomeo a Ruota (Lucca) torna identico nel coronamento della Madonna e santi (1548) di S. Pietro a Marcigliano (Lucca). La parte centrale di questo dipinto ripete invece esattamente quella della pala firmata e datata 1545 per S. Lorenzo a Cappella (Lucca). La bella invenzione della Sacra Famiglia firmata «Ezechia faciebat» nella Fondazione Cassa di risparmio di Lucca è riproposta in una Madonna col Bambino già in collezione privata (Giusti Maccari, 2008), ma passata sul mercato con il nome di Leonardo Grazia. L’ultima opera datata di Ezechia è l’Ascensione in S. Salvatore a Lucca (1561).
Altre opere di soggetto sacro ma di cronologia non precisabile sono le tavole con i Ss. Antonio Abate e Stefano di S. Michele a Matraia (Lucca), la S. Petronilla del Museo della cattedrale e quella con i Ss. Sebastiano e Rocco del Museo di Villa Guinigi (Borelli, 1983, pp. 98 s.). Di quest’ultima esiste una versione di grandi dimensioni nell’oratorio di S. Rocco a Lerici (Barattini, 2015-16, pp. 11-19), con i due santi in controparte e l’aggiunta di altri due personaggi (s. Martino e s. Cristoforo). Anche la produzione di ritratti non ha una cronologia precisa, a eccezione di quello già citato in Palazzo Mansi. Tra le molte effigi attribuite a Ezechia, risultano autografe il Musicista del Louvre (Borelli, 1983, pp. 106 s.), il Suonatore di liuto comparso in asta nel 2018 (Dorotheum, Vienna, 23 ottobre 2018, lotto 134), il Giovane con libro passato sul mercato nel 1967 (Christie’s London, 24 novembre 1967, lotto 21), il Ritratto di donna già Roxburghe (Dorotheum, Vienna, 9 giugno 2020, lotto 22) e quello del Musée des beaux-arts di Lille (Borelli, 1983, pp. 94 s.). Meno tipico, ma anch’esso autografo, è l’Uomo con lettera già Corsini a New York (Wollesen-Wisch, 1987).
Altri documenti su Ezechia riguardano perizie per opere altrui. Nel 1537 stimò con Agostino Marti la Caduta della manna di Battista Franco per il duomo di Pisa. Il 30 luglio 1540 valutò invece un’opera di Marti, ma come perito per il committente. Il 22 luglio 1541 fu rifiutato da Giovanni Gherardo dalle Catene per la stima di un suo dipinto, forse perché i due non erano in buoni rapporti (Concioni - Ferri - Ghilarducci, 1988, pp. 223, 226, 243 s.).
Di Ezechia non si conosce la data di morte. Quanto al nipote Lorenzo, detto Zacchia il Giovane, la sua produzione è ancora poco conosciuta, ma poggia su opere notevoli come l’Adorazione dei pastori (1576) di Villa Guinigi (Borelli, 1983, pp. 172 s.) e il Ritratto di Pietro Burlamacchi (Christie’s London, 3 dicembre 1997, lotto 64).
Fonti e Bibl.: L. Lanzi, Storia pittorica dell’Italia, I, Bassano del Grappa 1809, p. 82; T. Trenta, Memorie e documenti per servire all’istoria del Ducato di Lucca, VIII, Lucca 1822, pp. 90-94; G. Sforza - E. Ridolfi, Della patria e delle opere di Z. il Vecchio pittore, Lucca 1871; J. Pope-Hennessy, Z. il Vecchio e Lorenzo Zacchia, in The Burlington Magazine, LXXII (1938), pp. 213-223; S. Meloni Trkulja, Z. il Vecchio, in Museo di Villa Guinigi a Lucca: la villa e le collezioni, a cura di L. Bertolini Campetti - S. Meloni Trkulja - G. Monaco, Lucca 1968, pp. 176 s.; E. Borelli, Nel segno di Fra Bartolomeo, Lucca 1983, pp. 94 s., 98 s., 106 s., 120, 160-163; B. Wollesen-Wisch, Italian Renaissance Art. Selections from the Piero Corsini Gallery (catal., University Park, Williamsburg, Springfield), Philadelphia 1987, pp. 41 s.; G. Concioni - C. Ferri - G. Ghilarducci, I pittori rinascimentali a Lucca, Lucca 1988, pp. 197, 223, 226, 243 s.; M. Tazartes, Ipotesi di percorso per Agostino Marti, in Ricerche di storia dell’arte, 1991, n. 43-44, pp. 149-164; G. Dalli Regoli, Arcaismi, esotismi, aggiornamenti nella pittura fra Quattro e Cinquecento, in Arte sacra nella Versilia medicea (catal., Seravezza), a cura di C. Baracchini - S. Russo, Firenze 1995, pp. 29-44; P. Giusti Maccari, Ripercorrendo Z. il Vecchio, in Momus, 1996, n. 5-6, pp. 39-51; M. Tazartes, Ezachia da Vezzano, in L’officina della Maniera (catal., Firenze), a cura di A. Cecchi - A. Natali - C. Sisi, Venezia 1996, pp. 162 s.; Pinacoteca di Brera: addenda e apparati generali, Milano 1997, p. 280; M. Tazartes, Fucina lucchese, Pisa 2007, p. 115; P. Giusti Maccari, Z. (E.) da Vezzano, in Viaggio nell’arte a Lucca. La collezione della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca (catal.), a cura di M.T. Filieri, Lucca 2008, pp. 22 s.; A. Nesi, Michelangelo Membrini, Bernardino Detti, Z. il Vecchio e Benedetto Pagni. Note sulla pittura tra Lucca e Pistoia nel Cinquecento, in Arte cristiana, XCVII (2009), 855, pp. 417-428; N. Barattini, Un inedito Z. da Vezzano negli anni centrali della formazione, tesi di laurea, Università di Pisa, a.a. 2015-16; A. Nesi, Camillo dal Gallo, prete pittore pistoiese del Cinquecento, Firenze 2017, pp. 7 s.
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