EZECHIELE
Profeta vissuto tra la fine del sec. 7° e l'inizio del 6° a.C., E., secondo la narrazione del testo biblico che da lui prende nome, fu deportato verso il 597 a Babilonia dalla Palestina con tutto il popolo ebreo.Lo statuto di profeta maggiore, protagonista di un grande numero di episodi, rende impossibile il censimento delle occorrenze, delle quali si presenta perciò una necessaria scelta. Offrono cicli completi: un commento al profeta di Aimone di Auxerre, del sec. 10°-11° (Parigi, BN, lat. 12302; Lauer, 1927, tav. VII); due bibbie di origine catalana del sec. 11°: la c.d. Bibbia di Farfa, sicuramente eseguita nello scriptorium di Ripoll (Roma, BAV, Vat. lat. 5729, cc. 208r-209r; Ansaldi, 1951, p. 13) e quella dell'abbazia di Sant Pere de Rodes, dove è attestata fin dal secondo quarto del sec. 12° (Parigi, BN, lat. 6, c. 45r e v; Neuss, 1922, pp. 87-89, figg. 93-97); una bibbia moralizzata della prima metà del sec. 13° (Parigi, BN, lat. 11560, c. 197v; Laborde, 1911-1921, III, tav. CCCCXXII); una vetrata absidale della prima metà del sec. 13° della Sainte-Chapelle di Parigi (CVMAe. France, I, 1, 1959, pp. 218-227, tav. LX); gli affreschi del 1151-1156 della chiesa inferiore di St. Klemens a Schwarzrheindorf presso Bonn (Verbeek, 1953, pp. 12-33), dove nel soffitto della volta si mostrano in mezzo a un ciclo apocalittico le scene della visione del carro di fuoco (Ez. 1-3), della visione degli atti idolatrici compiuti nel Tempio di Gerusalemme (Ez. 8), dell'esecuzione della condanna divina mediante sette angeli, uno dei quali scrive il tau sulla fronte dei pochi giusti risparmiati (Ez. 9), della visione delle ossa aride (Ez. 37, 1-11) e della porta chiusa (Ez. 44, 1-4).E. compare da solo intorno al 1007 nell'affresco molto guasto dell'abside di San Vincenzo a Galliano presso Cantù (Ansaldi, 1949; 1951); in sculture dei secc. 12° e 13° E. tiene spesso un cartiglio con le parole "vidi portam in domo Domini clausam", come per es. sulle facciate delle cattedrali di Fidenza, l'antica Borgo San Donnino, Cremona e Ferrara (Neuss, 1912; Verbeek, 1953; Quintavalle, 1969), cenno alla visione della porta chiusa interpretata nel Medioevo come simbolo della maternità verginale di Maria (Mâle, 1947⁵, p. 145).La visione delle ossa aride che si animano prefigurava per gli Ebrei la liberazione dalla cattività babilonese, come negli affreschi dalla sinagoga di Doura Europos, del 245 ca. (Damasco, Mus. Nat.), per l'esegesi cristiana allude invece alla risurrezione dei morti nel Giudizio universale; a questo titolo è presente per es. nella Bibbia dell'abbazia di St. Gumbert, databile ante 1195 (Erlangen, Universitätsbibl., 121, c. 210v; Swarzenski, 1913, p. 133, tav. XLVI), nonché nella Bibbia di Farfa (Ansaldi, 1951, p. 13) e in quella di Sant Pere de Rodes (Neuss, 1922, fig. 96): nella prima quattro Venti insufflano la vita nelle ossa aride, nella seconda si unisce anche la mano di Dio.La visione più difficile a essere rappresentata è quella con cui inizia il libro del profeta: Jahvè appare sostenuto da quattro esseri alati, ciascuno con faccia quadrupla di angelo, leone, aquila, bue, e da quattro ruote intersecate l'una dentro l'altra, "come di ruota in mezzo a un'altra ruota", forse da immaginare come un globo (Ez. 1, 4-24); successivamente la visione si ripete, e si precisa che gli esseri sono dei cherubini con piede di vitello, quattro ali, mani d'uomo, ricoperti da occhi (Ez. 10, 1-21), visione certamente influenzata dalla mitologia e dalle rappresentazioni artistiche babilonesi. Vogt (1979) ha messo in rilievo come la Vulgata abbia frainteso traducendo 'faccia' al posto di 'aspetto'; in questo caso i destrieri celesti, proprio come i keroubs babilonesi, avrebbero avuto corpo di leone, zampe di toro, ali di aquila e volto umano; ma le immagini furono ovviamente costrette a interpretare il testo latino della Bibbia. Già Ireneo (Adv. haer. III, 11, 8; PG, VII, coll. 885-890) metteva in rapporto i quattro esseri con il passo di Ap. 4, 1-11, vedendovi simboleggiati gli evangelisti, seguito da Girolamo (In Ezechielem, I, 1; PL, XXV, coll. 21-22), che spiegava il tetramorfo anche come allusione alle stagioni, alle virtù cardinali, alle quattro emozioni, e da Gregorio Magno (Hom. in Ezechielem, I, 1-3, 6; PL, LXXVI, coll. 803, 806, 808-809, 829, 834; Neuss, 1915), il quale a sua volta, oltre a ripetere le interpretazioni di Girolamo, vedeva nella rota il simbolo delle Sacre Scritture e nei quattro volti le quattro parti del mondo dove sono predicate e diffuse. Nella Bibbia del sec. 9° conservata in S. Paolo f.l.m. a Roma (Bibl. dell'abbazia, c. 117v; La Bibbia di S. Paolo, 1981, tav. XIII), in una carta in cui sono riunite le visioni di E., di Isaia (Is. 7, 14) e di Giovanni (Gv. 4), i quattro esseri, ognuno dal quadruplice aspetto, sono raffigurati ai lati di Dio in gloria. Nella Bibbia di Bury St Edmunds, della prima metà del sec. 12° (Cambridge, C.C.C., 2, c. 28lv; Millar, 1926, tav. XXXIXb), i quattro esseri sono caratterizzati come evangelisti tramite il rotulo e il libro; nella Bibbia di Admont, del sec. 12° (Vienna, Öst. Nat. Bibl., Ser. nov. 2701-2702, c. 206r), il profeta addormentato vede in sogno Dio in maestà; sotto si dispongono i quattro animali del tetramorfo, ovvero i quattro evangelisti, su ruote a otto raggi intrecciate; quattro adolescenti, ovvero i quattro fiumi del paradiso, versano loro acqua in bocca (per altri esempi Oakeshott, 1945, tav. XXXIVss.). In una Bibbia del sec. 13° (Boulogne-sur-mer, Bibl. Mun., 4, c. 64r) nel capolettera E del libro del profeta, E. sdraiato sul letto vede Cristo in mandorla circondato dai simboli dei quattro evangelisti; accanto, come traduzione compendiaria dell'infuocato carro, un serafino-cherubino sopra un'unica ruota di fuoco, che ha del cherubino il colore blu e le mani in vista, ma il numero delle cui ali, sei, rimanda all'iconografia del rosso serafino (Frugoni, 1993, fig. 7, pp. 164-165).Questa visione fu la più fortunata anche in campo monumentale, essendo all'origine del rosone (rota) con Dio al centro e i quattro evangelisti agli angoli di un ideale quadrato in cui quel cerchio fosse inscritto (Dow, 1957). La pieve umbra di S. Gregorio a Castel Ritaldi mostra sulla facciata del 1141 un interessante, anche se assai rimaneggiato, programma. Il rosone ora murato sulla vela del campanile porta al centro un Agnus Dei mentre tutt'intorno è scritto "Quattuo(r) hu(n)c agnum clangunt animalia s(an)ct(u)m"; sulla facciata della chiesa in situ rimane, dei simboli dei quattro evangelisti, solo l'aquila; fra gli altri personaggi spicca accanto al vuoto del rosone anche un "Gezechiel p(ropheta)", che illustra dunque la sua prima visione (Grondona, 1991, figg. 86-89, p. 71ss.).Più rare sono le rappresentazioni di altre tre visioni: E. divora il rotulo su cui è scritto un messaggio divino, trovandolo dolce come il miele (Ez. 3, 3), come nella Bibbia di Sant Pere de Rodes (c. 45r) e in un quadrilobo del sec. 12° della cattedrale di Amiens; E. giace alternativamente sul fianco destro o sinistro per quattrocentotrenta giorni per espiare le iniquità di Israele e di Giuda (Ez. 4, 4-8), come nel commento al profeta di Aimone di Auxerre (c. 1r) e nell'affresco della chiesa inferiore di St. Klemens a Schwarzrheindorf; E. riceve da Dio l'ordine di rasarsi barba e capelli per poi pesarli e farne tre parti, una da bruciare, la seconda da gettare al vento (il popolo di Israele punito), la terza da conservare dentro la propria tunica (i pochi giusti che sarebbero scampati al castigo; Ez. 5, 1-4), come nella Bibbia di Sant Pere de Rodes (c. 45r), nel commento di Aimone di Auxerre (c. 1r), in un capitello del sec. 12° della chiesa di Saint-Léger a Royat (dip. Puy-de-Dôme), dove E. è mostrato con coltello e bilancia, nell'affresco di St. Klemens a Schwarzrheindorf, nella Bibbia moralizzata di Parigi (Laborde, 1911-1921, III, tav. CCCCXX) e nella vetrata della Sainte-Chapelle di Parigi.
Bibl.: A. de Laborde, La Bible moralisée illustrée conservée à Oxford, Paris et Londres, I-IV, Paris 1911-1921; W. Neuss, Das Buch Ezechiel in Theologie und Kunst bis zum Ende des XII. Jahrhunderts, Münster 1912; G. Swarzenski, Die Salzburger Malerei von den ersten Anfängen bis zur Blütezeit des romanischen Stils (Denkmäler der süddeutschen Malerei des frühen Mittelalters, 2), II, Leipzig 1913; W. Neuss, Ikonographische Studien zu den Kölner Werken der altchristlichen Kunst, ZChK 28, 1915, pp. 116-120; id., Die katalanische Bibelillustration um die Wende des ersten Jahrtausends und die altspanische Buchmalerei, Bonn-Leipzig 1922; E.G. Millar, La miniature anglaise du Xe au XIIIe siècle, Paris-Bruxelles 1926; P. Lauer, Les enluminures romanes des manuscrits de la Bibliothèque Nationale, Paris 1927; W. Oakeshott, The Artists of the Winchester Bible, London 1945; E. Mâle, L'art religieux du XIIe siècle en France, I, Paris 1947⁵ (1922); G.R. Ansaldi, Gli affreschi della basilica di S. Vincenzo a Galliano, Milano [1949]; id., Reflets d'iconographie orientale dans une abside lombarde, "Actes du VIe Congrès d'études byzantines, Paris 1948", II, Paris 1951, pp. 7-14; A. Verbeek, Schwarzrheindorf. Die Doppelkirche und ihre Wandgemälde, Düsseldorf 1953; H.J. Dow, The Rose-Window, JWCI 20, 1957, pp. 248-297; H. Schrade, Vor- und frühromanische Malerei, Köln 1958; CVMAe. France, I, 1, Paris 1959; A.C. Quintavalle, Romanico padano, civiltà d'Occidente, Firenze 1969; E. Vogt, Die vier "Gesichter" (panim) der Keruben in Ezechiel, Biblica 60, 1979, pp. 327-347; La Bibbia di S. Paolo fuori le mura, a cura di V. Jemolo, M. Morelli, cat., Roma 1981; M. Grondona, Le Stazioni di ieri, Spoleto 1991; C. Frugoni, Francesco e l'invenzione delle stimmate. Una storia per parole e immagini fino a Bonaventura e Giotto, Torino 1993.C. Frugoni