EZECHIELE
. Tragediografo giudeo-ellenistico. Non ci è noto alcun particolare della sua vita; solo ipoteticamente si può determinare che egli sia vissuto al più tardi nel sec. I a. C., per il fatto che i frammenti di lui in Clemente Alessandrino e in Eusebio sono stati da loro attinti in Alessandro Poliistore.
Questi frammenti (circa 280 versi in sei scene) appartengono tutti a una tragedia che rappresenta l'uscita degli Ebrei dall'Egitto e ha appunto per titolo 'Εξαγωγή; ma è certo dallo stesso suo appellativo ('Εζηκιῆλος ὁ τῶν τραγωδιῶν ποιητής) che E. compose altre opere simili. Nel contenuto E. è aderentissimo al racconto biblico: nella forma, a cominciare dalla tecnica del trimetro giambico, risente di Euripide e forse meglio della tradizione euripideggiante. Ma la caratteristica dell'opera - che non ha valore d'arte - è l'assenza di ogni drammaticità per il susseguirsi di lunghi monologhi narrativi, in cui è esaurita quasi tutta la vicenda. Tale caratteristica è provocata dalla reazione della mentalità ebraica, a cui la tragedia era ignota, sulla tradizione letteraria greca: lo scrittore ha assimilato la tecnica, non lo spirito di un'opera drammatica.
Bibl.: Ediz. di E. von Philippson, E. des jüdischen Trauerspieldichters Auszug aus Ägypten und Philo des Âlteren Jerusalem, 1830, e di Fr. Dübner, in appendice a Euripidis perditarum fabularum fragmenta, Parigi 1846. Si cfr. J. Kuiper, in Mnemosyne, XXVIII (1900), p. 237 segg.; e in Rivista di storia antica, VIII (1904), p. 62 segg.; G. B. Girardi, Di un dramma greco-giudaico nell'età alessandrina, Venezia 1902; E. Schürer, Geschichte des jüdischen Volkes im Zeitalter Jesu Christi, 4ª ed., III, p. 500 segg.