MARABINI, Ezio
Nacque a Forlì il 29 maggio 1861, da Antenore e Benilde Regnoli, in una famiglia agiata (una annotazione anagrafica del Comune di Roma, risalente al dicembre 1887, quando il M. fissò la sua residenza nella città, lo definisce "possidente"). Studiò giurisprudenza all'Università di Roma, dove si laureò nell'estate del 1888: anno nel quale Antonio Labriola (Carteggio, IV, p. 664) sosteneva, scrivendo a B. Croce il 13 nov. 1898, di averlo conosciuto, come un "irredentista" e "repubblicano", e, anche in seguito, come "un giovane elegante, oratorio, sempre elegantemente vestito". Il percorso politico del M., dal giovanile repubblicanesimo pregno di ardori irredentisti al socialismo, fu comune a non pochi della generazione postrisorgimentale. Socio del Circolo radicale della capitale, ne uscì, seguendo l'esempio di Labriola, in occasione del congresso democratico dell'11-13 maggio 1890, che dette vita al noto Patto di Roma. In una lettera pubblica a E. Socci, il M. scrisse di "dissentire troppo" dal programma approvato, e di sentirsi vicino a quanti intendevano "disciplinare" le loro forze per "combattere vigorosamente oggi - ispirati a santi ideali - quei che tramontano" (in L'Emancipazione, 18 maggio 1890).
Nell'aprile 1891, in qualità di dirigente del Circolo repubblicano-socialista "Gesù Cristo", il M. partecipò alla fase preparatoria della giornata del 1° maggio (cfr. Il Momento, 22 apr. 1891), destinata a sfociare nella capitale in disordini cruenti. Ai mesi successivi deve molto probabilmente farsi risalire la sua definitiva adesione al socialismo e al partito nato nel corso del congresso di Genova, nell'agosto 1892. Di certo il M. divenne, a partire dal novembre successivo, corrispondente da Roma della Lotta di classe e nel dicembre dello stesso anno fu tra i più attivi promotori della sezione romana del Partito socialista dei lavoratori italiani, ufficialmente costituita il 23 febbr. 1893.
La sezione nasceva sulla base di un "programma", la cui copia manoscritta si conserva tra le carte di polizia (Arch. di Stato di Roma, Questura, b. 60, f. 247), che riprendeva nei concetti e negli obiettivi quello discusso e approvato al congresso di Genova: al fine di raggiungere la meta finale (l'emancipazione dei lavoratori e la socializzazione dei mezzi di produzione), era necessario conquistare i pubblici poteri, attraverso l'organizzazione del proletariato in un partito autonomo e distinto dalle altre formazioni del movimento operaio e democratico. Il M. guidò la sezione romana sostanzialmente in linea con l'indirizzo turatiano, contrastando la tendenza operaista, e facendole assumere una posizione "intransigente" verso gli "affini", sulla base delle deliberazioni votate al congresso nazionale di Reggio Emilia (settembre 1893), fino a quando (febbraio 1894) fu estromesso dalle cariche direttive.
Dopo che, nell'autunno 1894, la persecuzione scatenata da F. Crispi nei confronti degli anarchici si estese ai socialisti - anche la sezione romana fu sciolta d'autorità, sigillato il locale che l'ospitava e rinviato a processo "per attività sovversive" tutto il gruppo dirigente (poi assolto al completo, nel febbraio 1895, per "non provata reità") -, il M. fu tra i più attivi nell'organizzare la locale Lega per la difesa della libertà, un'associazione tra radicali, repubblicani e socialisti, sorta (l'appello nazionale per costituirla apparve dapprima nel quotidiano milanese Il Secolo, del 23 ott. 1894) per combattere il disegno repressivo. Nel gennaio 1895 diede vita a un settimanale, Per la libertà (ne uscirono, o si sono conservati, soltanto sei numeri fino al 14 febbr. 1895), il cui editoriale di esordio (Agli amici, 6 gennaio) invitava a "stringersi tutti attorno alla bandiera inalberata", auspicando "una società sola fra i democratici veri, fra i veri amici del popolo", per "porre un argine all'irrompere della reazione". Nello stesso numero, il repubblicano A. Fratti (Diamoci la mano) auspicava che si deponessero "i vecchi rancori e le ire di parte", così come "le inutili gare e le invidie", al fine di cooperare "per la difesa o la conquista delle comuni libertà". Lodevoli propositi unitari, che non si riscontrano peraltro in un opuscolo coevo del M., Socialisti e repubblicani (dialogo), Roma 1895.
Dallo squilibrato "dialogo", il repubblicano usciva vinto e convinto, al punto da volersi iscrivere al partito socialista e da definire i suoi ormai ex sodali "ingannatori del popolo"; il socialista gli dava "torto", così argomentando in modo tutt'altro che unitario: "essi non sono ingannatori. Essi fanno sinceramente, lealmente i loro interessi e quelli di una data parte, di un dato ceto della borghesia". Finivano con il gridare entrambi: "Evviva il socialismo!".
Nel 1896 il M. sposò Emilia Alciati, una giovane maestra di famiglia agiata, che aveva trasferito nella nuova fede umanitaria del socialismo il suo precedente fervore cattolico. La Alciati, che morì ventiduenne nel 1897 in conseguenza di un parto, dovette essere molto cara al M., se i suoi scritti (già usciti, per cura del marito, in un volumetto dal titolo Propaganda, Roma 1897) si trovano diffusamente riprodotti, insieme con varie, commosse commemorazioni, nelle pagine del periodico Presente e avvenire, fondato dal M. nel maggio 1898, e uscito con cadenza quindicinale, sotto la sua direzione, fino al novembre 1899. Una "rassegna popolare", recita il sottotitolo, che ebbe tra i suoi più assidui collaboratori A. Della Seta, S. Merlino, A. Schiavi, ma accolse articoli anche, tra gli altri, di I. Bonomi, E. Ciccotti, E. Ferri, G. Bergamasco, G. Canepa, A. Zerboglio.
Il socialismo del M. era palesemente intriso di positivismo, e anzi di evoluzionismo spenceriano, come si può arguire dai suoi pur rari interventi, spesso siglati con le iniziali del periodico ("p. e a."). In uno di questi, apparso (1° ott. 1898) come postilla a un articolo sull'organizzazione del partito, si legge tra l'altro: "il partito socialista pel contenuto scientifico della sua dottrina è evoluzionista ed è necessariamente rivoluzionario in quanto rivoluzionario è il momento critico della evoluzione, la fase acuta che segna il passaggio da un periodo ad un altro. […] Ma è anche un partito politico, […] quindi si svolge nella legalità, finché essa è dalla classe dirigente mantenuta". A proposito della "crisi del marxismo", il M. giudicava (15 ag. 1899) "vuote e insussistenti" le "accuse" mosse da G. Sorel, ma preferiva rispondergli con le argomentazioni di "un bellissimo articolo di Antonio Labriola" (la recensione a T.G. Masaryk del giugno 1899, nella Rivista italiana di sociologia), il cui "sunto" avrebbe pubblicato (cosa che non avvenne) nel numero successivo.
Si era nel pieno del tentativo di svolta autoritaria operato dal governo Pelloux, che comprendevano provvedimenti restrittivi della libertà di stampa. L'articolo di apertura del 15 maggio 1899 (A raccolta), siglato "p. e a.", denunciava "noie" e "fastidi non lievi": "Da due numeri la nostra pubblicazione viene sequestrata arbitrariamente". Dovendosi far fronte a "una reazione dissennata e delittuosa", il M. riteneva "utile alla causa della libertà la intesa […] dei partiti popolari", pur essendoci "un abisso difficilmente colmabile" tra "la schiera dei proletari" e la "borghesia tutta quanta", e purché non ci fosse "confusione" (Affinismo e peggio, 1° sett. 1899).
Nella citata lettera a Croce, Labriola aveva espresso un giudizio molto duro nei confronti del M. ("il suo rivoluzionarismo è di parole" e "le sue cognizioni sono nulle"), aggiungendo che era avvocato, "a quel che pare, solo su la carta di visita". Resta il fatto, tuttavia, che negli ultimi anni di vita il M. dovette limitarsi all'esercizio della professione. In una lettera pubblicata dal quotidiano Il Secolo del 12-13 nov. 1903, sotto il titolo Un socialista in difesa di Rosano (nella quale, pur rincrescendogli di "spiacere a molti amici" della "prima giovinezza", riferiva dell'aiuto prestato dal ministro giolittiano P. Rosano, appena suicidatosi, al socialista G. Bergamasco), il M. si presentava come "da anni appartato da ogni contatto politico".
Il M. morì a Roma il 12 sett. 1915.
Fonti e Bibl.: Avanti!, 21 luglio 1897 (necr. di Emilia Alciati); A. Labriola, Carteggio, III, 1890-1895, a cura di S. Miccolis, Napoli 2003, pp. 366 s.; IV, 1896-1898, a cura di S. Miccolis, ibid. 2004, pp. 664 s., 680; O. Majolo Molinari, La stampa periodica romana dell'Ottocento, Roma 1963, II, pp. 710, 728; M. Casella, Democrazia, socialismo, movimento operaio a Roma (1892-1894), Roma 1979, ad ind.; R. Zangheri, Storia del socialismo italiano, II, Dalle prime lotte nella Valle Padana ai fasci siciliani, Torino 1997, pp. 492, 544; Antonio Fratti fra mazzinianesimo e democrazia sociale, a cura di R. Balzani, Cesena 2000, p. 218. Le seguenti citazioni del M. vanno riferite invece ad Anselmo Marabini: La corrispondenza di Marx e Engels con italiani, 1848-1895, a cura di G. Del Bo, Milano 1964, p. 513; A. Labriola, Epistolario, II (1890-1895) e III (1896-1904), a cura di V. Gerratana - A.A. Santucci, Roma 1983, pp. 463, 897, 899; A. Schiavi, Carteggi, I, 1892-1926, a cura di C. De Maria, Manduria-Bari-Roma 2003, p. 182.