Ezzelino III (Azzolino) da Romano
D., come i suoi contemporanei, usa la forma ‛ Azzolino ' (anche nelle cronache latine, talora " Acylinus " anziché " Icilinus " o " Ecelinus ") ricordando (If XII 109-110) il temuto signore di Vicenza, Verona e Padova, " il più crudele e ridottato tiranno che mai fosse fra' cristiani " (Villani VI 72). Della vita, dell'azione politica, delle prevaricazioni di lui che, nato da Ezzelino II conte di Onara nel 1194 e morto prigioniero delle forze guelfe nel 1259, signoreggiò per un trentennio la Marca Trivigiana e, genero di Federico II (ne aveva sposata la figlia naturale Selvaggia) e suo vicario in Padova nel 1236, fu il maggior sostegno del partito imperiale nell'Italia settentrionale, D. ebbe certo sicura e particolareggiata contezza. Data la terribile fama di cui godeva, E. non poteva che esser collocato nel primo girone del settimo cerchio, fra i violenti contro il prossimo, nel gruppo dei tiranni / che dier nel sangue e ne l'aver di piglio (vv. 104-105), e precisamente dopo Alessandro e Dionisio e prima di Opizzo II d'Este.
Ai due poeti E. è indicato da Nesso, e D. lo vede immerso nel Flegetonte, sotto infino al ciglio (v. 103), riconoscibile da Opizzo, biondo, per il suo pel così nero. Doveva trattarsi, evidentemente, di tratto fisico ben noto e quasi proverbiale, pur se nessuno, prima di D., ne faccia menzione: Benvenuto lo dice " niger, totus pilosus " e il Lana " uomo di rustica persona, faccia orribile e pelosa " (ove il color nero del pelo è evidentemente presupposto). Ma non sembra, in verità, potersi affermare con sicurezza che il particolare dia " un sinistro suggestivo riflesso a tutta la persona " di E., mentre il biondo di Opizzo altro non sarebbe che " un semplice carattere distintivo ", così come vuole il Grabher. È ben vero invece, come osserva il medesimo commentatore, che il costrutto brachilogico quella fronte... / è Azzolino fornisce una caratterizzazione più energica dell'espressione di cui D. si serve a designare l'Estense (e sulla contrapposizione Ezzelino-Opizzo vedi le innovanti pagine del Raimondi, cit. in bibl.). Nel contesto può per contro essere colta un'impassibile obiettività (è Nesso che descrive, avvalendosi dei soli tratti fisici visibili in persone immerse infino al ciglio nella bagna bollente), la quale sembra sottolineare l'avversione profonda del poeta per tutti i tiranni, antichi e moderni, guelfi o ghibellini (semmai, è della casa d'Este che D. denuncia, subito dopo, una gravissima macchia: il parricidio e l'origine adulterina del successore ed erede di Opizzo).
Anche altrove D. richiama esplicitamente E., e precisamente all'inizio della parlata di Cunizza (Pd IX 25 ss.: v. Romano, Cunizza da), pure figlia di Ezzelino II, la quale si riferisce al fratello servendosi di un'espressione allusiva alla terribile energia che caratterizzò la sua signoria (una facella / che fece a la contrada un grande assalto, vv. 29-30), pur senza insistere, buona sorella e donna d'animo gentile qual è, su aspetti infamanti o anche soltanto accennare ai particolari crudeli e sanguinosi di cui sono larghi gli antichi commentatori e i cronisti (segnatamente i padovani: Rolandino e l'autore degli Annales Sanctae Iustinae), veri o leggendari che fossero, certo ben noti a D., che dei numerosi aneddoti fioriti intorno a E. non ricorda, e lo fa implicitamente, che la tradizione raccolta a Treviso da Pietro, secondo la quale la madre di E., " dum partui eius esset vicina, somniabat quod parturiebat unam facem igneam quae comburebat totam Marchiam Trevisanam; et ita fecit sua horribili tyrannide ". Ciò anche perché D., a parte l'ovvio rifiuto, da parte sua, di particolari fiabeschi (ad es. l'essere il tiranno, secondo una diffusa leggenda accolta dal Mussato nella sua Ecerinis, figlio di Lucifero e della strega Adelheita, circostanza espressamente respinta da Cunizza, che afferma di esser nata dalla stessa radice di E.), doveva forse esser disposto a un pur cauto riconoscimento di taluni aspetti positivi dell'azione politica del Da Romano, la cui indomita energia costituì se non altro un baluardo dell'autorità imperiale nell'Italia settentrionale, presidio e garanzia del valore e della cortesia che regnavano nella Marca prima che Federigo avesse briga (Pg XVI 117). E non inopportunamente si è notato che il grande assalto di E. è rivolto contro una terra che Cunizza ha già detto prava, quasi a scusare in anticipo la tremenda violenza di chi la signoreggiò. Così come ben pertinente sembra l'individuazione delle ragioni profonde che sostengono il conciso ritratto politico di E. tracciato da Cunizza (" la rievocazione della sorella presenta l'antico dominatore della Marca in uno spazio storico e ne profila l'opera in dimensioni umane, appena con un'aura di leggenda guerriera ", Raimondi, p. 63), e cioè il ricostituirsi di una signoria in certo modo rinnovante la dominazione di Ezzelino, quella di Cangrande, appunto il dedicatario della terza cantica, anch'essa fondata sull'autorità imperiale e da essa legittimata, anch'essa fieramente avversata dal guelfismo veneto e segnatamente patavino ed egualmente condannata dai cronisti, anche se obiettivamente esente dalle ferocie ezzeliniane (per i rapporti tra gli Scaligeri e il mondo ezzeliniano v. G. Arnaldi, Della Scala, in questa Enciclopedia). Il che neppur comporta la necessità d'ipotizzare una voluta attenuazione, da parte di D., della condanna inflitta a E. nella prima cantica, necessariamente definitiva, fondata com'è su ragioni morali che mantengono intatta la loro validità anche in presenza di un apprezzamento di ordine politico.
Bibl. - Rolandino Da Padova, Cronica in factis et circa facta Marchiae Trivixanae, in Rer. Ital. Script. 2 VIII 1, passim; Cronicon marchiae Tarvisinae et Lombardiae (o Annales S. lustinae), ibid III passim; G.B. Verci, Storia degli Ecelini, Bassano 1779, 1-145 ss.; O. Brentari, Ecelino da Romano nella mente del popolo e nella poesia, Padova 1889; A. Bernardi, E. nella leggenda religiosa e nella novella, in " Rass. Padovana " I (1891) fasc. 7; R. Manselli, E. da R. nella politica italiana del sec. XIII, in Studi ezzeliniani, Roma 1963; G. Arnaldi, La marca trevigiana " prima che Federigo avesse briga ", in D. e la cultura veneta, Firenze 1966, 29-37; E. Raimondi, D. e il mondo ezzeliniano, ibid 51-69.