fabbrica
In senso letterale, il complesso di edifici in cui si svolgono le diverse fasi di uno stesso ciclo di produzione; in senso lato, la stessa organizzazione in grande serie, che caratterizza l’industria capitalistica.
Il cosiddetto sistema di f. si identifica e si stabilizza con la nascita del capitalismo e lo stesso A. Smith ne esalta la funzione, con la descrizione dell’organizzazione della divisione del lavoro nella produzione degli spilli, cioè la ripartizione del lavoro in fasi all’interno delle quali ogni lavoratore esprime una specializzazione, sviluppa competenze e genera strumenti specifici per quella funzione, che tuttavia assume senso solo se complementare alle fasi precedenti e successive. In realtà, prima della fase capitalistica si erano già avuti esempi di f., primo fra tutti l’Arsenale di Venezia. L’Arsenale giunse a occupare migliaia di operai con diverse specializzazioni, dalla progettazione delle navi, al taglio dei legni, dalla calafatura, alla produzione delle corde e delle vele, alla costruzione dei remi, fino alla produzione del biscotto per nutrire i marinai. Tuttavia, la proprietà e la gestione dell’Arsenale era della Repubblica, che interveniva in ogni fase della produzione e in seguito nella gestione delle stesse navi, a usi sia militari, sia mercantili. Il sistema di f. nel capitalismo insorgente era invece strettamente legato alla figura dell’imprenditore, che assumeva su di sé il rischio dell’organizzazione della produzione e quindi della collocazione sul mercato dei prodotti.
Dopo Smith, che per descrivere il fenomeno della produzione di f. utilizzò l’esempio degli spilli, già noto sia nella Chamber’s Cyclopaedia inglese, sia nella Encyclopedie di D. Diderot e J.-B. d’Alambert, fu C. Babbage a studiare in profondità il sistema di fabbrica. Questi introdusse nella sua opera On the economy of machines and manufactures (1832) il principio per il quale, suddividendo le fasi produttive in operazioni elementari, si potevano utilizzare lavoratori meno qualificati, riducendo i costi (primo principio di Babbage), e introducendo in un successivo momento macchine in grado di svolgere queste stesse lavorazioni elementari, si lasciavano ai lavoratori solo le funzioni più nobili (secondo principio di Babbage).
Il sistema di f. si sviluppò essenzialmente grazie alle tecnologie del vapore. Applicando una macchina a vapore a una ruota motrice, derivata da un mulino ad acqua (f. in inglese si traduce mill, letteralmente «mulino»), si disponeva di un motore atto a far funzionare tramite le puleggie le macchine operatrici presenti in uno stesso impianto. Questo determinava diversi effetti, innanzitutto la centralizzazione del comando sul ciclo produttivo e la contestualità di tutte le fasi della produzione, poi l’aumento della dimensione della scala produttiva, lo svincolo della produzione dalla presenza di corsi d’acqua, quindi l’inurbamento delle strutture produttive, con il conseguente effetto di crescita a dismisura dei centri abitati e del proletariato urbano. K. Marx elaborò l’analisi di questo sistema, dimostrando che l’organizzazione capitalistica semplicemente spingeva a frazionare i cicli, riducendo progressivamente il contributo di competenza e autonomia dei lavoratori, appropriandosi del plusvalore da questi prodotto. La letteratura marxista sviluppò queste argomentazioni, incentrandosi sulla crescita delle dimensioni di f. e contestualmente sulla continua compressione dei costi, che avrebbero portato comunque a un sempre più spinto frazionamento delle mansioni e quindi a una progressiva riduzione tendenziale del saggio di plusvalore proprio delle specifiche merci (➔ anche marxista, teoria).
L’organizzazione di f., basata su un frazionamento delle mansioni e sulla definizione di tempi e metodi di produzione di grande serie, fu potenziata e articolata dall’ingegnere statunitense, F.W. Taylor, propugnatore della cosiddetta organizzazione scientifica del lavoro (➔ taylorismo), che avrebbe portato alla one best way per ogni tipo di produzione. Fu H. Ford ad applicare queste idee alla grande industria, introducendo nel 1906 il nastro trasportatore, che permetteva agli operai di rimanere fermi nella propria postazione mentre scorreva innanzi a loro la catena di montaggio, abbattendo tempi e costi di produzione (➔ fordismo). La rigidità della catena, tuttavia, permetteva di produrre solo beni standardizzati, quindi a questa organizzazione, che caratterizzò per l’intero Novecento la produzione di massa, si sostituì successivamente una varietà di modelli organizzativi, volti a mantenere i vantaggi legati alla scala produttiva e quelli connessi alla differenziazione della produzione.