ARCELLA, Fabio
Nacque, a Napoli alla fine del sec. XV, da una famiglia di origine piacentina, iscritta alla nobiltà del seggio di Capuana. Trasferitosi a Roma, nel dicembre 1527 fu nominato da Clemente VII chierico di Camera e pare che successivamente ricoprisse anche la carica di protonotario apostolico. Possedeva in via Giulia l'attuale palazzo Ricci, nel 1531 acquistato da Costanza Famese. Il 28 ott. 1528 il pontefice Clemente VII lo nominò nunzio ordinario e collettore generale del Regno di Napoli.
Durante questo periodo di nunziatura, corrispondente agli ultimi anni del pontificato di Clemente VII, dovette occuparsi in particolare della riscossione delle decime straordinarie imposte dopo il Sacco di Roma, suscitando, però, una così tenace resistenza tra il clero del Regno da vedersi costretto a rinunciare ad attuare per intero il programma fiscale fissatogli dalla Curia. Altre gravi difficoltà vennero all'A. dall'opposizione delle magistrature napoletane all'esercizio del diritto di spoglio, che comportava l'estensione della giurisdizione ecclesiastica ai laici. 1 dispacci che l'A. inviò alla curia in questo periodo forniscono interessanti informazioni sulle funzioni del nunzio apostolico: oltre a quelle fiscali, alla difesa dei diritti giurisdizionali ed alla sorveglianza sulla disciplina del clero, furono affidati all'A. importanti incaricìhi politico-diplomatici, in particolare quello di spingere il governo vicereale alla guerra contro i Turchi, compito tanto più considerevole in quanto la Santa Sede contribuiva in maniera rilevante alle spese militari e quindi pretendeva un effettivo controllo sulle operazioni belliche.
L'A., che il 14 genn. 1530 era stato nominato da Clemente VII vescovo di Bisignano, fu richiamato a Roma nel settembre 1534 ed incaricato del disbrigo di alcune pratiche della Camera apostolica. Nell'agosto del 1535 l'inuninente arrivo a Napoli di Carlo V, reduce dalla campagna contro il Barbarossa, indusse Paolo III ad affidare nuovamente all'A. la nunziatura di Napoli.
Non è chiaro quali fossero questa volta le attrìbuzioni dell'A.: sembra che la Curia, in seguito ad un colloquio dell'A. con il viceré nel quale il nunzio aveva espresso a nome della Santa Sede alcune considerazioni sulla politica dell'impero e aveva avanzato richieste e promesse alle quali non era autorizzato, lo ammonì severamente a non intervenire in materia di politica internazionale e a limitarsi a compiti assai più modesti. Probabilmente l'A. sperava di elevare l'importanza del suo ufficio facendosi riconoscere da Roma la stessa libertà d'iniziativa politica normalmente concessa ai nunzi apostolici residenti presso le grandi corti europee, ma dovette rinunziare ad ogni tentativo del genere e anzi, quando giunsero a Napoli, per trattare con l'imperatore Pier Luigi Famese, il Vergerio ed il Guidiccioni, egli dovette piuttosto lamentarsi dell'intervento di questi qualificatissimi rappresentanti pontifici anche in questioni di evidente pertinenza del nunzio ordinario.
L'A., al quale era stata concessa il 3 nov. 1534 la commenda della chiesa parrocchiale di San Pietro a San Giorgio, nella diocesi di Benevento, nel marzo 1536 si recò a Bisignano per gli affari del suo vescovato e vi rimase fino al febbraio der'anno successivo, allorché gli fu revocata la nunziatura di Napoli, che Paolo III affidò poco dopo al vescovo di Sessa, E. Guastaferro, e fu nominato governatore di Bologna. Nella città emiliana rimase pochissimo tempo, comunque non oltre il giugno del 1537, ma più probabilmente soltanto sino al marzo, allorché fu trasferito dalla diocesi di Bisignano a quella di Policastro.
Nell'estate del 1537 fu inviato di nuovo a Napoli in nussione straordinaria, con l'incarico di provvedere più sollecitamente alla raccolta del contributo di ventimila ducati da versare al governo vicereale per sostenerlo nella lotta contro i Turchi.
L'A., esautorando di fatto il nunzio ordinario, diede grande impulso alla colletta, ma non limitò soltanto a questo la sua attività: questa volta le istruzioni impartitegli dalla Curia gli conferivano una grande autorità, accresciuta agli occhi degli Spagnoli dal fatto che egli stesso provvedeva a dispensare le somme raccolte. L'A. poté pertanto trattare col viceré delle più delicate questioni internazionali, fu informato minutamente di ogni avvenimento della guerra e nelle sedute del Consiglio collaterale, alle quali fu invitato a partecipare, fece pesare il suo giudizio nelle decisioni relative alla campagna contro il Turco e tentò anche, ma senza risultato, di indurre gli imperiali a collegare le proprie forze con quelle dei Veneziani.
Nel gennaio del 1538 l'A. fu incaricato del governo della Marca, sebbene tentasse di, opporre qualche resistenza al provvedimento; due anni dopo, però, era nuovamente a Napoli: non risulta che fosse stato nuovamente nominato nunzio apostolico, ma la natura degli affari trattati dall'A. con la segreteria di stato, in questo periodo, dimostra che egli rappresentava ancora autorevolmente il governo pontificio nel Regno. Risulta anche che tra il 1540 ed il 1548 l'A. si occupava, oltre che delle questioni più propriamente politico-diplomatiche, della tutela degli interessi che la famiglia Famese aveva nel Regno. Il 20 ag. 1544 Paolo III lo nominò vicario di Ranupcio Famese nell'arcivescovato di Napoli, di cui il principe, allora quindicenne e studente a Padova, non poteva per il momento prendere possesso. Anche se l'A. ebbe in questo periodo il titolo di nunzio, non lo mantenne oltre il maggio del 1546, aUorché questa carica fu affidata a B. Capobianco. Il 18 genn. 1549, succedendo al cardinale Nicolò Caetani, l'A. assunse il vescovato di Capua, che tenne sino alla morte, avvenuta intorno al 1560.
Fonti e Bibl.: C. Capasso, La politica di papa Paolo III e l'Italia, Camerino 1901. passim; H.Biaudet, Les nonciatures apostoliques permanentes iusqu'en 1648, Helsinki 1910, p. 97;L. V. Pastor, Storia dei Papi, V, Roma 1914.p. 154; G. van Gulik-C. Eubel, Hierarchia Catholica , III, Monasterii 1923, pp. 134, 151, 277;C. Capasso, Paolo III, II, Catania 1923, p. 582; G. Coniglio, II Regno di Napoli al tempo di Carlo V, Napoli 1951, p. 111; P. Villani, Origine e carattere della nunziatura di Napoli (1523-1569), in Annuario d. Ist. stor. ital. per l'età moderna e contemporanea, IX-X (1957-1958), passim.