BIONDI, Fabio
Nacque a Montalto, nella Marca, nel 1533, in una famiglia "antica e civile", strettamente legata da parentela ed amicizia con quella dei Peretti, donde sarebbero usciti papa Sisto V e l'influente cardinale Alessandro. Tali legami familiari furono all'origine della carriera ecclesiastica del B., modesta ma finanziariamente fortunata. Dopo gli studi giuridici il B. trascorse lunghi, oscuri anni al servizio dei cardinali Pier Francesco e Guido Ferreri, in qualità di segretario e consigliere. Nel 1585 era addetto alla nunziatura di Venezia, alle dipendenze del vescovo di Cervia Lorenzo Campeggi, quando Felice Peretti fu eletto al pontificato col nome di Sisto V. Questi richiamò il B. a Roma, lo nominò precettore del nipote, l'adolescente Alessandro da lui stesso elevato alla porpora, e l'8 genn. 1588 ne premiò i servizi col titolo di patriarca di Gerusalemme. Probabilmente allo stesso pontefice risale anche la concessione al B. di cospicui benefici in Piemonte, un'abbazia dotata di una rendita di 1000 scudi annui e una prepositura in Vercelli. Finalmente, il 1º ott. 1592, il B. fu nominato da Clemente VIII collettore in Portogallo. Dall'agosto 1593 assunse anche il ruolo di vicelegato, che aumentò notevolmente l'importanza delle sue attribuzioni, in una sede diplomatica divenuta ormai secondaria, e tuttavia ancora significativa, se non altro in ragione dell'intenso traffico commerciale che vi faceva capo.
E infatti nella corrispondenza del B. da Lisbona gran posto, anche per i suoi compiti di collettore, era riservato a informazioni dettagliate sulle attività mercantili della città e del suo porto. Dal punto di vista religioso il B. si dichiarava pienamente soddisfatto: in una sua lettera del 1º giugno 1593 poteva infatti rassicurare la Curia sulla sostanziale immunità di quella popolazione da ogni influenza eretica, nonostante il continuo afflusso di mercanti e marinai stranieri; l'ufficio dell'Inquisizione, precisava, non aveva "in che impiegarsi per conto d'heresie, se non in qualche giudaismo di questi christiani novi, che sempre ne van pullulando". Quanto al clero, sia secolare, sia regolare, esso viveva "con molta riforma". A Lisbona facevano pure capo, come scriveva al cardinale Pietro Aldobrandini il 17 luglio 1593, cospicui gruppi di profughi cattolici, specialmente irlandesi, ed il B. chiedeva che per loro la Curia sovvenzionasse in Lisbona l'istituzione di un collegio simile a quello inglese di Roma. Un'altra istanza che il B. prese molto a cuore durante la sua permanenza in Portogallo, e poi ancora dopo il suo ritorno a Roma, fu quella della istituzione di un vescovato nel regno cristiano del Congo. Di tale questione lo investì nel 1594 l'ambasciatore del re Alvaro II, Antonio Vieira, ed il B. fu incaricato da Roma di condurre l'inchiesta sulla situazione politica e religiosa del regno e sulle qualità personali del vescovo proposto dal sovrano congolese.
Le vere difficoltà per la missione del B. dovevano tuttavia nascere sul terreno dei rapporti di giurisdizione con le autorità portoghesi: la delimitazione tra sfera laica e sfera ecclesiastica era tutt'altro che definita e le pretese dei ministri portoghesi erano in continuo aumento. Il B. se ne lamentava altamente a Roma, invocando, in una lettera del settembre 1593, che si mettesse finalmente "la secure alla radice". Il più vistoso conflitto giurisdizionale avvenne nel 1595, quando il conte di Castel Rodriguez si oppose alle disposizioni del B. in merito alla traduzione portoghese della bolla In coena Domini; a nulla valsero le insistenze e le proteste del vicelegato, che rispecchiavano l'intransigenza tipica della diplomazia apostolica nel clima di consolidamento temporalistico e controriformistico dominante a Roma in quegli anni. I rapporti tra il B. e le autorità civili portoghesi subirono così un progressivo deterioramento, accentuato dalle accuse di abuso di poteri, specialmente in materia di concessione dei canonicati, che si ripetevano contro il vicelegato e che, nonostante le sue calorose smentite, non dovevano essere del tutto prive di fondamento, se egli poté tornare dalla sua missione con un patrimonio personale notevolmente incrementato.
Mentre ancora durava il suo incarico a Lisbona, il B. volle visitare la sua sede patriarcale di Gerusalemme e il viaggio riuscì felicissimo per le ottime accoglienze riservategli dalle autorità turche su disposizione dello stesso sultano. Fu esonerato dalla sua missione portoghese il 15 ott. 1596. Fece ritorno a Roma, dove nel 1602 Clemente VIII lo nominò maggiordomo e prefetto di palazzo, cariche che conservò sino alla morte. Tra le sue incombenze fu quella di mantenere le relazioni con i cristiani del Congo ed al suo zelo Alvaro II dovette numerosi privilegi e concessioni pontificie. Tra l'altro il B. preparò la missione romana di Antonio Manuel, marchese di Funda, che nel gennaio del 1608 invocò l'intervento papale contro gli intrighi dei governatori dell'Angola a danno del regno congolese.
Morì a Roma il 6 dic. 1618, lasciando ai familiari ed alla città di origine una cospicua eredità. Priva di fondamento è la notizia che negli ultimi anni della sua vita sarebbe stato insignito anche della dignità di patriarca di Costantinopoli.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vat., Segreteria di Stato,Portogallo, 9-10; P. A. Galli,Not. intorno alla vera origine,patria e nascita del sommo pontefice Sisto V, Ripatransone 1754, pp. 13, 135; F. M. Renazzi,Not. stor. dei maggiordomi pontifici, Roma 1784, pp. 109 s.; G. Moroni,Diz. di erudiz. storico-ecclesiastica, XXVII, Venezia 1844, p. 225; XLI, ibid. 1846, pp. 262 s.; H. Biaudet,Les nonciatures apostoliques, Helsinki 1910, p. 255; F. de Almeida,Historia da Igreia em Portugal, III, 2, Coimbra 1915, p. 708; C. Eubel,Hierarchia catholica..., III, Monasterii 1923, p. 210; L. von Pastor,Storia dei Papi, XI, Roma 1929, p. 30; XII, ibid. 1930, p. 43; J. Cuvelier-L. Jadin,L'ancien Congo d'après les archives romaines, Bruxelles 1954,ad Indicem.