CAMPANA, Fabio
Nacque a Livorno il 3 genn. 1819 e nella sua città iniziò lo studio della teoria musicale sotto la guida di Bernardo Nucci. Conseguito il diploma di composizione al conservatorio di Napoli, si trasferì a Roma e fu ammesso tra i membri della Congregazione dei maestri e professori di musica di S. Cecilia in Roma. Subito dopo, sempre a scopo di studio, frequentò l'Accademia filarmonica di Bologna e tornato a Livorno si dedicò esclusivamente alla composizione, aprendo la sua casa sia ai migliori dilettanti sia agli artisti ospiti della sua città, tra cui G. Donizetti, suo amico e ammiratore.
Intrapresa la carriera di compositore come autore di musica teatrale, esordì con la Caterina di Guisa (libretto di F. Romani, Livorno, teatro degli Accademici Avvalorati, estate 1838), che ebbe quale protagonista Giuseppina Strepponi e interpreti non meno famosi il baritono G. Ronconi e il basso I. Marini. Ad essa facevano seguito Il Postiglione di Longjumeau (libretto di C. Bassi, Bologna, teatro Comunale, 6 nov. 1838) e Giulio d'Este (libretto di C. A. Monteverde, Venezia, teatro Apollo, 19 giugno 1841), che, andata in scena con ottimo esito, veniva poi replicata nell'estate dello stesso anno al teatro degli Avvalorati di Livorno ottenendo unanimi consensi sia da parte della critica sia del pubblico. La quarta opera del C., Vanina d'Ornano (libretto di F. Guidi, Firenze, teatro della Pergola, 1º giugno 1842), assai apprezzata anche da Donizetti, fu replicata nello stesso anno al teatro Rossini di Livorno, avendo quali interpreti principali Teresa De Giuli e il Ronconi, che contribuirono al clamoroso successo dell'opera. Di un'altra opera del C., di cui dà notizia il Fétis, Luisa di Francia (libretto di F. Guidi, Roma, teatro Argentina, aprile 1844), sappiamo che ebbe esito negativo e fu forse questo il motivo che indusse il C. a interrompere per qualche tempo l'attività teatrale. Infatti dopo questi primi lavori la sua produzione operistica ebbe un arresto e nel 1848 lo ritroviamo come autore di inni e cori patriottici, alcuni dei quali, come "Su fratelli concordi innalziamo" e "Son soldato cittadino" divennero assai popolari e furono cantati nei teatri e sulle piazze "in mezzo alle deliranti acclamazioni del popolo" (Bonaventura).
Nel 1850, recatosi a Parigi munito di una lettera di presentazione di Gioacchino Rossini che lo diceva "giovane compositore di un talento distinto, amabilissimo" (Bonaventura), si presentò a Benjamin Lunley, direttore del Théatre-Italien, ma nella capitale francese non riuscì a far rappresentare alcuna sua opera, tanto che poco dopo fece ritorno in patria riprendendo l'attività creativa con l'opera Mazeppa (libretto di A. de Lauzières, Bologna, teatro Comunale, 6 nov. 1850), interpretata dalla celebre soprano Marianna Barbieri-Nini e poi replicata con successo nel 1852 a Livorno in occasione della riapertura del teatro dei Floridi. Quest'opera, che la Gazzetta musicale di Milano segnalò come "lavoro di piana e ragionata condotta, con alcune belle situazioni e con versi spesso bellissimi; ... canti facili e ragionati; situazioni espressive e drammatiche...", fu indicata come opera prima di un giovane maestro (del quale venivano peraltro completamente ignorati i precedenti lavori), ottenendo un "effetto abbastanza buono con alcune freddezze..." ma "presago di ottime prove future".
Ancora a Livorno nel 1851 fece rappresentare La duchessa di Lavallière (libretto di F. Guidi, teatro Rossini, estate 1851), un improbabile rielaborazione della Luisa di Francia che, interpretata dal Ronconi e F. Patierno, riportò un discreto successo.
Nello stesso anno per l'inaugurazione della Società filarmonica di Livorno compose la cantata Ferruccio, opera di largo respiro e ammirevole per la complessa struttura polifonica, eseguita dal tenore Berettoni, il baritono Emilio Bianchi e un coro di oltre 150 persone. Si concluse con queste opere la carriera italiana del C., che, trasferitosi a Londra, su invito di lord Ward, vi si stabilì in maniera definitiva.
Nella capitale inglese il C. divenne in breve tempo famoso come maestro di canto e fu molto apprezzato per la sua produzione di musica vocale e da camera, pur non trascurando del tutto l'attività operistica. Una sua nuova opera, Almina (libretto di A. de Lauzières, 26 apr. 1860), venne, infatti, eseguita al Her Majesty's Theatre, avendo a protagonista Maria Piccolomini.
Compose poi per Adelina Patti Esmeralda (libretto di G. T. Cimino, Pietroburgo, teatro Italiano, 20 dic. 1869), che ottenne un clamoroso successo, rinnovatosi poi al Covent Garden di Londra il 14 giugno 1870, interprete la stessa Patti. L'opera acquistata dalla Casa Ricordi, che aveva commissionato al C. un'altra opera (tuttavia mai composta), fu poi replicata con ottimo esito a Parigi, Trieste (1873-74), Napoli (1874) e infine nello stesso anno a Livorno, ove fu accolta con effetto disastroso.
Con quest'opera, di cui il critico G. A. Baggi scrivendone sulla Nazione di Firenze, lodava la spontanea naturalezza, l'espressione commovente e il costante intento di rifuggire da ogni volgarità (cfr. Bonaventura), si concluse l'attività teatrale del C., che si dedicò esclusivamente alla composizione di liriche e all'insegnamento del canto e fondò a Londra una scuola che in breve tempo raggiunse vasta notorietà. Il C. morì a Londra il 2 febbr. 1882.
Apprezzato come operista - come scrive Arnaldo Bonaventura - "il nome di Fabio Campana resta meglio affidato alle sue composizioni di musica vocale e da camera. Può dirsi che queste al loro tempo ebbero la voga che dovevano più tardi avere quelle di Tosti: anzi si può aggiungere che a Londra il Campana occupò quel posto che doveva poi essere del celebre maestro abruzzese". Forse non scrisse proprio mille e duecento romanze, come afferma il Soffredini (cit. dal Bonaventura; sembra comunque che ne abbia composte oltre duecento), ma certo la sua produzione dovette essere vastissima e la straordinaria fecondità rivelata come autore di un tal genere di composizioni lo rese ben presto famoso e si ammirò il suo stile elegante e piacevole, caratterizzato da una vena melodica facile e orecchiabile, sorretta da un accompagnamento altrettanto scorrevole e immediato, tale da soddisfare il gusto del pubblico dell'epoca, le cui esigenze si esaurivano nell'ambito d'una piana e facile vocalità, talvolta anche banale e non di rado sdolcinata, ma comunque sostenuta da una immediata e vibrante forza espressiva. Tra le sue liriche più celebri si ricordano in particolare: Eyes, Goodbye, Morn that shinest, One smile of thine, The little Gipsy, The twilight hour, Aikà, The winds are hushed to rest, Come back, my only love, Cradle song, Evening bringeth my heart back to thee, The Scout, Io t'amerò, Lo spaccalegna, Perché?, Fin dalla prima etade, Non lasciarmi, Dolce la morte rendimi, La rosa d'aprile, Vorrei, Ultima preghiera;i duettini Tel rammenti?, e Maria e Rizzio e il terzettino La campana del villaggio, oltre a numerosi duetti, trii, quartetti con e senza accompagnamento di pianoforte e altra musica da camera.
Fonti e Bibl.: Notizie in Gazzetta musicale di Milano, III (1850), 45, p. 194; XXIX (1874), 1, p. 1; A. Bonaventura, Musicisti livornesi, Livorno 1930, pp. 43 ss.; C. Dassori, Opere e operisti, Genova 1903, p. 92; U.Manferrari, Dizionario universale delle opere melodrammatiche, I, Firenze 1954, p. 190;A. Castelli, Catalogo delle opere liriche pubblicate in Italia, Firenze 1969, pp. 81 s.;F. J. Fétis, Biogr. universelle des musiciens, Paris 1883; J. M. Brown, Biographical Dict. of Musicians, London 1886, p. 140; F. Clément-P. Larousse, Dict. des opéras, Paris 1905, I, pp. 37, 206, 406, 518; II, pp. 667, 1128;C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, pp. 281 ss.; G. Grove's Dict. of Music and Musicians, II, London 1954, p. 30; F. C., in Encicl. dello Spett., II, col.1586; Enciclopedia della musica, Ricordi, I, Milano 1972, p. 455.