METELLI, Fabio
– Nacque a Trieste il 10 giugno 1907, primo dei tre figli di Mario, piccolo imprenditore nel settore della meccanica di precisione e cultore di matematica, e di Lidia Orsetti (entrambe le famiglie avevano italianizzato i cognomi, dagli originali Metlicovitz e Orsettich).
Nel 1929 il M. si laureò a Padova in lettere e filosofia, discutendo una tesi sull’estetica di Platone; si impiegò poi presso il Comune di Trieste, proseguendo gli studi nel tempo libero e stabilendo un contatto con C. Musatti, direttore del laboratorio di psicologia dell’Università di Padova, del quale fu assistente volontario dal 1929. Insegnò prima a Parenzo nelle medie inferiori e, dal 1936 al 1940, a Padova, nell’istituto tecnico per geometri G.B. Belzoni. Dal 1940 al 1942 lavorò a Roma, presso il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), nella selezione attitudinale dei militari. Si unì in matrimonio con la psicopedagogista Carmela Di Lallo, che gli restò accanto tutta la vita e lo aiutò nelle scelte, soprattutto in relazione alle applicazioni della psicologia nel mondo della scuola.
Nel 1943 il M., quale professore incaricato, subentrò a Musatti nella direzione dell’istituto di psicologia sperimentale dell’Università di Padova e nel 1947, dopo il difficile periodo bellico, riuscì a pubblicare il primo volume di Contributi scientifici dell’istituto, destinati a divenire una serie. Vinto il concorso a cattedra nel 1951, diresse ancora l’istituto dal 1954 al 1974. Nel 1956 divenne membro dell’Accademia patavina di scienze, lettere ed arti. Nel 1958 organizzò a Trieste un pionieristico congresso nazionale di psicologia, che riunì i pochi psicologi italiani di quegli anni. Nel 1962 avviò a Padova la Scuola di specializzazione in psicotecnica e orientamento professionale, poi in psicologia; dal 1964 al 1966 presiedette la Società italiana di psicologia scientifica (SIPS). Quelli anni furono gli anni della sua notorietà internazionale, e prestigiose riviste scientifiche straniere pubblicarono i suoi lavori sulla percezione. Nel 1971 il M. ed E. Valentini, rispettivamente a Padova e a Roma, avviarono i due primi corsi di laurea in psicologia in Italia. Dal 1976 fu professore di psicologia della percezione, poi di metodologia delle scienze del comportamento, nel nuovo corso di laurea. Tra il 1976 e il 1977 divenne membro dei comitati di redazione di tre importanti riviste internazionali di psicologia: Psychological Research, Journal de psychologie normale et pathologique, German Journal of psychology. Nel 1979 promosse ad Abano un importante seminario internazionale di studi sulla percezione, cui parteciparono i migliori specialisti.
Per quanto assai dedito alla didattica e dotato di notevoli capacità organizzative, il M. fu essenzialmente un ricercatore, sulla linea inaugurata a Padova da V. Benussi (1919-27) nella fenomenologia sperimentale della percezione e nella psicologia della testimonianza. Le sue ricerche sulla percezione visiva del movimento (Ricerche sperimentali sulla percezione del movimento. Percezione visiva di movimento e di quiete in campo rotante, in Rivista di psicologia, XXXVI [1940], pp. 319-370), dell’identità (Un metodo per lo studio sperimentale dell’identità fenomenica, ibid., XXXVII [1941], pp. 99-105), della causalità (Connessioni di tipo causale fra eventi percettivi: l’effetto attrazione e l’effetto lancio inverso, in Atti dell’XI Congresso degli psicologi italiani… 1956, Milano 1957, pp. 131-140, in collab. con G. Kanizsa; Risultati di una serie di esperimenti sull’effetto di attrazione fenomenica, in Atti dell’Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, cl. di scienze matematiche, fisiche e naturali, CXVIII [1960], pp. 219-230, in collab. con D. Passi Tognazzo) e della trasparenza fenomenica, iniziate nel 1964 (La percezione visiva della trasparenza, Roma 1977; Su alcune condizioni spazio-figurali della trasparenza, in Conoscenza e struttura. Festschrift per Gaetano Kanizsa, a cura di W. Gerbino, Bologna 1985, pp. 303-331), nonché le sue ricerche sull’errore mnestico e testimoniale (Sulla teoria dell’errore mnestico e testimoniale, in Rivista di psicologia, XXXVI [1940], pp. 36-96) sono fortemente ispirate alla teoria della Gestalt, seppur assunta dal M. in forma pragmatica e senza enfatizzazioni.
In particolare, le sue ricerche relative alla percezione della trasparenza, espresse in un elegante modello matematico divulgato dal prestigioso Scientific American (1974), assicurarono al M. un posto nella storia internazionale della psicologia scientifica. Di là dal contesto italiano, infatti, e dal loro oggetto specifico, esse confermarono la possibilità di descrivere e predire un processo mentale – la percezione, in questo caso – mediante equazioni algebriche.
Sul piano epistemologico e metodologico generale, il M. appartiene alla migliore tradizione mitteleuropea, come Benussi: antiretorica, primato della razionalità ma al tempo stesso rifiuto del positivismo nelle forme più rozze e semplificatrici, apertura a orizzonti concettuali non convenzionali, sperimentalismo rigoroso ma, al contempo, sensibilità per il pensiero umanistico, filosofico e artistico (cui il M. aggiunse una predilezione per la matematica, intesa non solo come mera quantificazione, bensì soprattutto nella sua essenza qualitativa, come pura estetica echeggiante il mondo ideale di Platone).
Per il M. la ricerca scientifica consiste nella ricerca del nuovo, e ha un valore intrinseco che non dipende dal numero delle pubblicazioni né, in definitiva, dal maggiore o minor prestigio delle riviste in cui compaiono. Essa non può essere forzata, per cui deve essere respinta la ricerca programmata, pronta a investire in ambiti già sfruttati, che produce risultati mediocri e muove l’interesse solo dei finanziatori (privati o pubblici) in cerca di ricavi sicuri in termini economici.
Il vero ricercatore è attratto più dalla scoperta del problema e dai risultati inattesi che dalla conferma dell’ipotesi: «La fase più difficile e più interessante è quella iniziale, in cui non si può fare appello ad una metodologia; è quella che comincia con un particolare senso di disagio, di insoddisfazione rispetto a ciò che prima sembrava perfettamente chiaro e noto» (cfr. Discorso inaugurale, in Atti del XV Congresso degli psicologi italiani, Torino… 1965, Firenze 1965, p. 11).
Fra le doti del ricercatore spicca la capacità di resistere alla frustrazione, perché spesso la ricerca non dà i risultati sperati. Inoltre egli deve saper porre domande essenziali e «ingenue» e macerare a lungo le proprie idee, riconsiderandole incessantemente sotto tutte le angolazioni possibili. Deve usare le metodologie sperimentali e quantitative con grande rigore, ma al contempo con il giusto equilibrio, affinché non prendano il posto del vero oggetto della ricerca o non «risolvano» i problemi della medesima in modo fittizio. Deve essere sempre pronto ad abbandonare vecchie e consolidate prospettive, per seguire piste inedite. Deve saper diffidare dei risultati che confermano le sue ipotesi, e chiederne la falsificazione da parte degli altri ricercatori, all’insegna di un’assoluta onestà intellettuale.
Sul piano organizzativo generale, il M. fornì un importante supporto alla fragile psicologia italiana degli anni Cinquanta e Sessanta, ancora osteggiata dalla maggior parte degli ambienti accademici e intellettuali (vedi il suo articolo L’insegnamento della psicologia negli istituti magistrali, in Rass. di pedagogia, IV [1946], 1, pp. 68-75). Essi, con le motivazioni di un’ancor viva cultura neoidealistica, hanno ritardato l’introduzione dell’insegnamento della psicologia persino nei soli istituti magistrali, in continuità con la riforma Gentile del 1923, che aveva addirittura bandito tale insegnamento dalle scuole italiane di ogni ordine e grado.
Il M. provvide anche al potenziamento materiale della ricerca e della didattica, realizzando a Padova laboratori divenuti poi un modello per tutte le sedi di psicologia italiane e avviando una Scuola di specializzazione che nel decennio 1960-70 divenne la fucina dei primi psicologi qualificati italiani e di gran parte del corpo docente universitario nella disciplina, non solo a Padova. Infine, soprattutto, creò nel 1971 il già ricordato corso di laurea in psicologia, che preparò l’istituzione, nel 1992, delle attuali facoltà.
Il M. riuscì anche ad avviare forme di collaborazione fra la psicologia accademica e strutture territoriali come l’ospedale psichiatrico di Padova, rompendo in tal modo con il tradizionale isolamento del mondo accademico italiano. Sul piano della formazione inaugurò una linea di rigore metodologico, assegnando molto spazio allo studio e all’insegnamento delle tecniche di elaborazione statistica; i suoi Elementi di psicometria (Padova 1956) e l’Analisi fattoriale (Firenze 1967), primi volumi su queste tematiche metodologiche in Italia, hanno formato generazioni di psicologi.
Sul piano internazionale contribuì a sprovincializzare la psicologia italiana, organizzando a Padova, Trieste e Bologna riunioni con numerosi fra i massimi psicologi europei e nordamericani (J. Piaget, W. Metzger, F. Bartlett, C.E. Osgood, J.J. Gibson, N. Pastore, L. Kardos e altri). Si fece anche ambasciatore della migliore ricerca italiana presso le università statunitensi, dove fu visiting professor (Cornell, Wayne State University a Detroit; University of California at Los Angeles), e promosse il soggiorno in sedi estere qualificate di suoi allievi in particolare A. Lucca e F. Cristante, che si specializzarono in psicometria nell’Università di Los Angeles e al ritorno costituirono con L. Burigana un nucleo innovativo nella ricerca e nell’insegnamento dei metodi quantitativi in psicologia, a livello nazionale.
Il M. fu sempre interessato anche alla psicologia applicata. Fin dagli anni Quaranta sostenne la psicologia industriale, dell’orientamento scolastico e professionale e delle applicazioni dei test ai più svariati ambiti, pur senza sopravvalutare la materia (L’orientamento professionale e la formazione degli orientatori, in L’Istruzione professionale, III [1952], 1, pp. 5-7).
Nell’Italia degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta il suo interesse per la psicologia applicata si accentuò per motivi di ordine «strategico». In primo luogo, si propose di razionalizzare, mediante criteri innovativi come l’elaborazione statistica, un ambito di applicazioni (nell’industria, nella scuola, ecc.) che in Italia era stato abbandonato all’improvvisazione e a coloro cha amava definire «i venditori di fumo, i piazzisti della psicologia» (cfr. Introduzione al simposio: La valutazione dei tratti di personalità, in Atti del XIII Congresso degli psicologi italiani, Palermo… 1961, Firenze 1963, p. 68). In secondo luogo, volle promuovere una psicologia applicata all’insegna di finalità etiche laiche, contrapponendosi all’ancora recente uso fascista della psicologia per finalità belliche e sfidando il perdurante monopolio cattolico guidato da A. Gemelli, lo psicologo italiano «politicamente» più influente fino alla fine degli anni Cinquanta.
Il M. morì a Padova il 21 genn. 1987.
Fonti e Bibl.: Studies in perception. Festschrift for F. M., a cura di G.B. Flores d’Arcais, Milano-Firenze 1975; S. Marhaba, Lineamenti della psicologia italiana: 1870-1945, Firenze 1981, p. 43; M. Zanforlin, Ricordando F. M., in Atti e memorie dell’Acc. patavina di scienze, lettere ed arti, C (1987-88), parte 1ª, Atti, pp. 105 s.; Giornate di studio in ricordo di F. M., Padova… 1987, s.l. [ma Padova] 1987.
S. Marhaba