SALERNI, Fabrizio Antonio
– Nacque a Cosenza il 10 luglio 1679 da «cattolici e nobili genitori», i coniugi Domenico Salerni e Cecilia Ciaccia.
Ebbe quattro fratelli: Giovanni Battista, entrato nella Compagnia di Gesù, fu avviato alla carriera ecclesiastica, culminata nella nomina a cardinale, a opera di Clemente XI, il 29 novembre 1719; il marchese Francesco Maria, «particolarmente legato alla Casa d’Austria», divenne giudice, regio commissario del tribunale di Campagna e presidente della Camera della Sommaria; Nicola fu, tra le varie cose, marchese e preside della provincia di Lecce; Gennaro è menzionato nel processo per la nomina vescovile di Fabrizio Antonio.
Dopo un’infanzia e un’adolescenza agiata, compì gli studi a Roma alla Sapienza, presso cui conseguì il titolo dottorale in diritto civile e canonico l’11 marzo 1702. Si avviò quindi a un percorso ecclesiastico: nel 1703 ottenne la tonsura, gli ordini minori, il diaconato, il suddiaconato e il presbiterato.
Trascorse gli anni successivi a Cosenza, dove frequentava abitualmente il collegio dei gesuiti, e a Roma, presso cui si recava a studiare le cause dall’uditore del cardinale Tommaso Maria Ferrari. La famiglia Salerni poté beneficiare di una prossimità con quella papale, non estranea rispetto ai futuri sviluppi di carriera di Fabrizio Antonio: in questo scenario, si segnalano le missioni del fratello gesuita Giovanni Battista presso l’imperatore Carlo VI d’Asburgo, al seguito del cardinale Annibale Albani, nipote di Clemente XI.
Con la conquista del Regno da parte degli Austrias nel 1707 e il graduale riavvicinamento tra Roma e Vienna, iniziava a diffondersi, presso l’entourage pontificio, l’idea che anche Salerni potesse fare da tramite con la corte vicereale e imperiale. Alla luce di simili presupposti, il gesuita Giovanni Battista Tolomei, cardinale esaminatore dei vescovi, nel processo concistoriale istruito il 29 maggio 1713 poteva individuare gli estremi per una sua designazione a vescovo di Molfetta, diocesi vacante all’indomani della scomparsa di Giovanni Degli Effetti. Il 17 settembre 1714 Clemente XI gli conferiva la guida della diocesi pugliese, nella quale si insediò l’anno seguente, una volta ottenuto da Vienna il regio exequatur.
Nei primi anni del suo quarantennale episcopato tenne sistematicamente le visite pastorali ed effettuò personalmente quelle ad limina. Nel 1725 si recò a Roma per partecipare al giubileo indetto dal nuovo papa Benedetto XIII e al sinodo provinciale. I provvedimenti del Concilio romano e la pubblicazione degli atti sinodali furono avversati dalle magistrature napoletane e dal governo di Vienna, che li reputavano lesivi della giurisdizione regia e imperiale. In linea con le direttive papali e con la sua impostazione curialista, cinque mesi dopo l’edizione degli atti, Salerni fu tra i primi vescovi del Regno a ritenere di procedere con la convocazione di un sinodo diocesano a Molfetta.
Il provvedimento suscitò contrasti con il presidente del tribunale della Real giurisdizione Gaetano Argento, con la famiglia degli Spinola principi di Molfetta e con l’universitas – in particolare, con il sindaco e i decurioni. Negli anni successivi al sinodo, in epoca austriaca e borbonica, Salerni segnalava alla Segreteria di Stato a Roma le continue liti a lui mosse dai «Regi ministri di Napoli» e «da questi Ministri Baronali». Assunse numerose disposizioni durante il sinodo: tra queste, l’impulso al seminario diocesano, la cura dell’archivio, la riaffermazione della giurisdizione vescovile in materie quali incesto, sodomia, blasfemia, superstizione e usura, la condanna di pratiche esorcistiche ritenute profane.
Il richiamo alla decenza, alla sobrietà, alla modestia e al rigore disciplinare rispetto agli eccessi dell’esteriorità barocca culminava in editti volti a regolamentare il comportamento degli ecclesiastici, cui Salerni ribadiva il divieto di indossare parrucche, maschere, berretti bianchi, di giocare a carte o dadi e di ballare con donne. Tra le disposizioni, si segnala quella volta a contrastare la pratica degli infanticidi: nel 1722 «con sommo orrore e perturbazione» denunciava la frequenza con cui a Molfetta si rinvenivano «gettati in mare bambini, di fresco nati, come se fussero cani» (Molfetta, Archivio diocesano, Curia Vescovile, Notificazioni e decreti, cart. 6, Mons. Salerni. Editti e disposizioni, I, cc. 21r-22r). Efficaci si rivelarono poi gli editti contro l’uso di sedie private nelle chiese con cui, pena l’interdetto, raffreddava l’eventualità di erigere un ‘tronetto’ per gli Spinola nel duomo della città. Il processo di tridentinizzazione intrapreso si scontrava con consuetudini diffuse nel territorio. Particolarmente forti furono i contrasti con il capitolo della cattedrale, proteso alla difesa delle proprie prerogative di corpo, nel timore che fossero ridimensionate dal vescovo.
Si collocano in questo contesto le accuse, nei suoi confronti, di utilizzare la cappa pontificale nei giorni non dovuti, di usufruire di un trono vescovile che contravveniva le leggi e di limitare la facoltà, da parte del capitolo, di ammettere sacerdoti. Un ulteriore dissidio si segnala tra il 1739 e il 1745 per la manutenzione della suppellettile sacra e per i bisogni della cattedrale. Nel 1732 l’arcidiacono Nicola Filioli – dignità di primo piano del capitolo – aveva presentato un ricorso presso la congregazione del Concilio, affermando che Salerni teneva il seminario diocesano «malamente», nonostante le rendite, e non selezionava maestri adeguati; lo accusava di avere designato un rettore ignorante e di ricorrere a seminaristi in qualità di prefetti «per non voler mai chi possa fare a lui giusta resistenza».
In una lettera del 16 febbraio 1743 al cardinale Silvio Valenti Gonzaga, segretario di Stato di Benedetto XIV, Salerni lamentava amareggiato le «ingiuste vessazioni, angustie e violenze» che si trovava costretto a fronteggiare nel difficile governo della diocesi, a seguito di calunnie e «strani ricorsi» ai suoi danni (Archivio segreto Vaticano, Segreteria di Stato, Vescovi e Prelati, vol. 242, c. 138rv).
Il suo episcopato fu accompagnato da importanti realizzazioni artistiche. Nel 1731 faceva riparare il tetto, le volte, le pareti e il pavimento della cattedrale, che necessitavano di interventi di restauro a causa della loro antichità e dei danni successivi ai terremoti. Promosse poi la realizzazione di un nuovo altare maggiore nel duomo; qui fu collocato il dipinto dell’Assunta, da lui commissionato per la somma di 1700 ducati al pittore molfettese Corrado Giaquinto, ultimato entro il 1747. L’attività internazionale di Giaquinto si colloca sullo sfondo dell’episcopato di Salerni che, nel 1723, lo aveva indirizzato per perfezionare le proprie doti pittoriche a Roma «con lettera commendatizia diretta al cardinal Salerni suo fratello» (Molfetta, Biblioteca comunale, ms. 29, Famiglie molfettesi, c. 186r). Nel santuario della Madonna dei Martiri, di proprietà vescovile, fece costruire l’altare maggiore in marmo – da lui consacrato nel 1744 – nel quale vennero apposti i suoi stemmi.
Presso l’ospizio, attiguo al santuario, trascorse gli ultimi anni della sua vita, in un equilibrio di salute reso precario dalle numerose paralisi e infermità corporali. Qui morì il 22 aprile 1754. Fu sepolto nel duomo di Molfetta, dove resta un’epigrafe sepolcrale in suo ricordo.
Fonti e Bibl.: Le Relationes ad limina di Salerni sono in Archivio segreto Vaticano (da ora ASV), Congr. Concilii, Relationes, Melphicten, 515 A, cc. 220r-306v. Per le visite pastorali, cfr. Molfetta, Archivio diocesano (da ora ADMo), Curia Vescovile, 14, 2-3: Acta visitationis localis episcopi Fabritii Antonii Salerni. Gli atti del sinodo molfettese sono editi in Synodus ab Illustriss., et Reverendiss. Domino D. Fabritio Antonio Salerni..., Romae 1726; per le polemiche successive alla loro pubblicazione, cfr. Bari, Biblioteca nazionale Sagarriga-Visconti-Volpi, Allegazioni giuridiche antiche, XI, 44: Relazione dell’occorso per l’affare del Sinodo, cc. 114-128. Sugli editti e i provvedimenti assunti in diocesi, v. ADMo, Curia Vescovile, Notificazioni e decreti, cart. 6: Registro delle pastorali, decreti, editti di Mons. Salerni. Cenni biografici sono in Molfetta, Biblioteca comunale, ms. 232: G. Visaggio, Notizie storiche dei vescovi e canonici di Molfetta dal 1679 al 1720, cc. 114-116. Sul processo per la nomina vescovile, cfr. ASV, Dataria Apostolica, Processus Datariae, 90, cc. 302r-316v; Arch. Concist., Acta Camerarii, 26, c. 193r. La corrispondenza con la Segreteria di Stato a Roma è ibid., Segreteria di Stato, Vescovi e Prelati, voll. 141, 144, 238, 242, 246, 254, 259, 260. Sui rapporti con l’autorità regia, cfr. ibid., Segreteria di Stato, Napoli, vol. 185, e Archivio di Stato di Roma, Congregazione degli spogli, vol. 146. La presenza al Concilio romano è documentata in Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. Lat. 8688, cc. 19r-20r. Per le relazioni e le controversie con il clero molfettese, cfr. ADMo, Capitolo Cattedrale, Conclusioni capitolari 1738-1746, vol. 10; Curia Vescovile, Documenti Vari, cart. 8: Vertenza tra il Vescovo e l’Arcidiacono Filioli per il Monte dei Pegni; ASV, Congr. Vescovi e Regolari, Registra Episcoporum, vol. 190, c. 97rv; Segreteria Memoriali, regg. 88-89. Per la morte e le esequie funebri, cfr. In funere Fabricii Antonii Salerni patricii Consentini..., Neapoli 1754; ASV, Segreteria dei Brevi, vol. 3425, f. 467: Pro Coelestino Orlandi Congregationis Coelestinorum, Provisio Ecclesiae Melphitensij per obitum Fabritii Salerno – Cedula Consist. 16 septembris 1754; ADMo, Parrocchia cattedrale, Registro dei morti 1746-1754, c. 144v.
M. Romano, Saggio sulla storia di Molfetta, Bologna 1975; S. Palese, Controversie giurisdizionali e problemi pastorali nella Molfetta del Settecento. Il sinodo del 1726, in Molfetta nei secoli: studi storici, a cura di G. Bellifemine, Molfetta 1976, pp. 65-109; L. Palumbo, Le relazioni per le visite “ad limina” dei vescovi molfettesi dalla fine del Cinquecento agli inizi dell’Ottocento, in Archivio storico pugliese, XXIX (1976), pp. 137-161; Corrado Giaquinto (1703-1766), Atti del II Convegno internazionale di studi... 1981, a cura di P. Amato, Molfetta 1985, pp. 13, 29; F. Sancilio, Studi e documenti sull’episcopato di mons. F.A. S. (1679-1754) vescovo di Molfetta, Molfetta 1987; D. Amato, La formazione del clero e l’opera del seminario a Molfetta agli inizi del Settecento, in Studi in onore di mons. Antonio Bello, a cura di L.M. De Palma, Molfetta 1992, pp. 255-282; A. Ficco, Per la storia della trasgressione a Molfetta in età moderna, in Molfetta 1799..., a cura di M.M. Memola - I. Pansini, Molfetta 1994, pp. 115-138; P. Amato, Corrado Giaquinto, noto per il suo valore nella pittura..., Roma 2002, pp. 17, 132, 146; F. De Giorgi, La parrucca dei preti. Limiti interiori all’esteriorità barocca e sacralità sacerdotale nell’‘Ancién Régime’, in Le carte e gli uomini..., Milano 2004, pp. 3-42; A. Musi, Il Regno di Napoli, Brescia 2016, pp. 231-244.