CAROSO, Fabrizio
I dati biografici, desunti per lo più da notizie contenute in edizioni di sue opere, sono frammentari e lacunosi. Noto come scrittore, compositore di musica, coreografo e maestro di ballo, deve la sua maggior fama a un trattato sull'arte della danza del secolo XVI dal titolo IlBallarino edito nel 1581 e ridato alle stampe col titolo di Nobiltà di Dame una prima volta nel 1600 e una seconda nel 1605.
Che il luogo della nascita sia Sermoneta in provincia di Latina è testimoniato sia da F. Guglia in un sonetto di encomio dedicato al C. e riportato in Nobiltà di Dame, sia da P. Pantanelli mentre invece la data della sua nascita è tuttora incerta. O. Chilesotti sostiene che egli nacque verso il 1531 perché un suo ritratto riportato nell'edizione del 1605 di Nobiltà di Dame lo rappresenta all'età di anni "LXIIII". Tale affermazione sarebbe confermata solo dalla supposizione che de IlBallarino, pubblicato nel 1581 e recante un ritratto dell'autore a 46 anni, fosse già stata fatta una precedente edizione nel 1577. M. Dolmetsch ritiene invece più probabile che la data di nascita risalga al 1527 in quanto, basandosi sullo stesso ritratto del C. in Nobiltà di Dame e leggendone l'età di 73 anni, riporta questo dato all'edizione precedente dello stesso trattato, che apparve nel 1600 (come è del resto confermato dalla data "25 novembre MDC" riportata in calce alla lettera dedicatoria del trattato indirizzata ai duchi di Parma e Piacenza e firmata dall'autore). Lo stesso fa lo Schmidl che però, leggendo correttamente 74 anni, ne ascrive la data di nascita al 1526. Mancano altre notizie biografiche; anche la data della morte è sconosciuta, ma sicuramente posteriore al 1605. J. Suttos riferisce che fu protetto dalla famiglia Caetani di Sermoneta, ed è probabile che fu da loro introdotto a Roma, dove egli, a giudicare dalle molte sue danze dedicate a nobildonne romane, dové trascorrere gran parte dei suoi giorni. A conferma di ciò P. Pantanelli dice di conservare "due curiose lettere di lui ad Onorato Caetani, dalle quali si riconosce a quanta confidenza lo ammettesse" (p. 1603) e lo stesso C. dedicando, in Nobiltà di Dame, il balletto Rosa felice a "Felice Maria Orsina Gaetana Duchessa di Sermoneta", la definisce "Padrona et Benefattrice mia colendissima". In effetti egli fu assai stimato e, se ne Il Ballarino le dediche sono rivolte per lo più a gentildonne romane, in Nobiltà di Dame troviamo tra l'altro dediche a Maria de' Medici regina di Francia, a Margherita d'Austria regina di Spagna, alla granduchessa di Toscana, alle duchesse di Mantova, d'Urbino, di Modena e alla moglie del vicerè di Napoli. Ciò sta a dimostrare la risonanza ormai europea dell'arte del C. come rappresentante della scuola italiana che, con la sua coerenza e unità sistematica, si andava ormai imponendo sulle scuole locali. Non è certo un caso che T. Tasso celebri il famoso "professor di Ballare" in un sonetto pubblicato in Nobiltà di Dame.
L'opera del C. è perfettamente rappresentativa dello spirito di quella società tardocinquecentesca che, come dice G. Tani, "andava acconciandosi sotto la cappa conformistica e spagnolesca delle diverse maniere di honoranza o verso i maggiori per devotion d'animo, o verso gli eguali per creanza di nascimento, com'ebbe a scrivere lo stesso Caroso". Infatti, pur avendo avuto l'arte della danza una mirabile fioritura per l'apporto dello elemento popolare ed essendosi sviluppato così un linguaggio ben più articolato che non fosse quello dei trattatisti del secolo precedente, il distacco della danza di corte dalla sua pur evidente matrice contadina appare ancor più evidente nel C. di quanto non fosse già in A. Cornazano. Le cortigianesche affermazioni del C. e l'esaltazione di quel "concetto di creanze" che comprende anche l'esercizio della danza e senza il quale non vi sarebbe "differenza tra gli allevati nella città e tra le chiare famiglie, da quei che nelle ville e tra gli animali dimorano", sono indubbiamente molto lontane dallo spirito del Cortegiano di B. Castiglione dove (cfr. l. II, cap. X) si riferiva che in Lombardia i gentiluomini non disdegnavano di partecipare ai balli dei contadini. In compenso al C. non sembrava sconveniente insegnare ad un gentiluomo quelle "prestezze di piedi e duplicati rebattimenti" (IlCortegiano, l. II, cap. XI) che il Castiglione considerava adatti solo ad un maestro di ballo. Il dinamismo barocco si andava ormai imponendo sulla misura rinascimentale e ai dodici tipi di movimenti elencati dal Cornazano si sostituiscono nel C. ben 53 diverse specie di movimenti (secondo la ricostruzione fattane dal Reyna nel linguaggio accademico di uso corrente), alcuni dei quali come il salto tondo in aria, il salto riverso, il salto del fiocco, le capriole (quelle "in quarto" corrisponderebbero addirittura all'entrechat dix), il pirlotto o zurlo (tour en dedans)sarebbero anche oggi notevolmente difficili da eseguire, pur senza tuttavia raggiungere ancora il virtuosismo che caratterizza la scuola milanese ai tempi di C. Negri. Attraverso l'analisi dei due trattati del C. si può facilmente intuire che la scuola del Cornazano è definitivamente superata attraverso una sempre crescente differenziazione della tecnica coreografica: infatti noi ritroviamo, nella prima parte di ciascun trattato, una teoria chiara e distinta di ciascun passo e una dettagliata spiegazione della sua esecuzione e non più, come nei trattati quattrocenteschi, la sommaria spiegazione di una danza considerata nell'insieme di tutti i passi che la costituivano. Il titolo completo del primo trattato è chiaramente esplicativo delle intenzioni dell'autore: IlBallarino di M. Fabritio Caroso da Sermoneta diviso in due Trattati; Nel primo de' quali si dimostra la diversità de i nomi, che si danno à gli atti, et movimenti che intervengono ne i Balli: e con molte Regole si dichiara con quali crianze, et in che modo debbano farsi. Nel secondo s'insegnano diverse sorti di Balli, e Balletti sì all'uso d'Italia, come à quello di Francia, & Spagna. Ornato di molte Figure. Et con l'intavolatura di Liuto, & il Soprano della Musica nella sonata di ciascun Ballo. Opera nuovamente mandata in luce. Alla Seren.ma Sig.ra Bianca Cappello De Medici, Gran Duchessa di Toscana. In Venetia, appresso Francesco Ziletti 1581. In seguito, dopo quasi vent'anni di esperienza didattica e coreografica, il C. sentì l'esigenza di ridare alle stampe il suo lavoro non senza averlo prima "ridotto a vera perfettione… con lo studiare notte e giorno" … e lo pubblicò con il titolo di Nobiltà di Dame del S.r Fabrizio Caroso da Sermoneta, Libro altra volta chiamato il Ballarino. Nuouamente dal proprio Auttore corretto, ampliato di nuoui Balli, di belle Regole, & alla perfetta Theorica ridotto: Con le creanze necessarie à Caualieri, e Dame. Aggiountoui il Basso et il Soprano della Musica: & con l'intauolatura del Liuto à ciascun Ballo. Ornato di vaghe e bellissime figure in rame. Alli Ser.mi Sig.ri Duca et Duchessa di Parma, e di Piacenza ecc. Con licenza de' Superiori, & Privilegi. In Venetia. Presso il Muschio, 1600 (seconda ediz., ibid. 1605).
La struttura delle due opere è la stessa: sono entrambe divise in due parti di cui la prima tratta della teoria dei passi e delle regole secondo cui bisogna comportarsi al ballo e la seconda, "practica", che riporta le coreografie integrali di varie composizioni e cioè "varie sorti di Balletti, Cascarde, Tordiglione, Passo e Mezo, Pavaniglia, Canario e Gagliarde all'uso d'Italia, Francia e Spagna… "dedicati ognuno ad una gentildonna con l'intestazione in lode della medesima ed un sonetto encorniastico spesso dello stesso Caroso. Si nota una differenza tra la parte normativa de Il Ballarino e quella di Nobiltàdi Dame: nel trattato più antico vi sono infatti 55 regole che servono per la maggior parte a spiegare l'esecuzione corretta dei passi di danza, mentre solo tre trattano del comportamento che dame e cavalieri devono osservare al ballo; invece, in Nobiltà di Dame la parte teorica, oltre ad essere notevolmente accresciuta (si tratta infatti di 68 regole), è corredata dalla trattazione delle "creanze" cioè di questa specie di galateo in cui figurano ben 24 avvertimenti che vanno dalle istruzioni sull'uso corretto della cappa e della spada, al modo di star seduti; dal cerimoniale del saluto, al segreto di portar bene le pianelle senza perderle o far rumore. è da notare che la parte teorica del secondo trattato, probabilmente per un'esigenza di maggior chiarezza, è esposta in forma dialogica come era già stato fatto nell'Orchesographie di Thoinot Arbeau edita nel 1588; inoltre, delle 68 regole, le ultime cinque trattano dell'applicazione di altrettanti piedi e misure classiche che poi ritroviamo in pratica nel Ballo del Fiore formato da dattili e spondei, il che fa pensare ad un altro tentativo di applicazione della metrica latina e greca nello spirito che era stato dell'Académie di Jean-Antoine de Baïf pochi decenni prima. Le danze elencate in Nobiltà di Dame sono invece in numero minore che ne Il Ballarino: 49 composizioni rispetto alle 76 del precedente manuale, ma caratterizzate da maggior varietà e vivacità di costruzione. Dal punto di vista musicale, la seconda stesura del trattato appare più curata, vi si ritrovano infatti annotati sia il soprano sia il basso, oltre all'intavolatura di liuto; a questo proposito M. Dolmetsch osserva che il rimprovero spesso rivolto al C. di aver scritto la musica in una chiave e l'accompagnamento del liuto in una altra, non è del tutto fondato in quanto a quei tempi erano in uso liuti di differenti registri di cui probabilmente le intavolature non forniscono alcuna indicazione. Le danze annotate dal C. comprendono tutto l'arco cinquecentesco che si sviluppa dalle "basse" ed "alte" danze quattrocentesche (di cui alcune sono ancora presenti nei due trattati), a danze come la pavaniglia, la barriera ed il canario che saranno in seguito sviluppate dal Negri. Il tipo di composizione più frequente nelle opere del C., dove figurano tra l'altro dei pezzi di altri teorici della danza come maestro Battistino, Andrea da Gaeta, messer Guidotti, è il balletto che si presenta come una suite di variazioni sullo stesso tema in diverse misure secondo la tradizione dei maestri quattrocenteschi, mentre invece si va spegnendo la immediatezza, a volte fortemente caratterizzata dal punto di vista pantomimico, che aveva informato alcune danze del '400; nella cascarda, danza a coppie in sei parti tipica del C., "la varietà dell'antica pantomima - nota il Sachs - si è cristallizzata in una successione fissa di figure che più tardi costituirà la struttura delle contraddanze". Tutte le danze descritte nei trattati che venivano eseguite da una, due o tre coppie si presentano strutturate nello stesso modo e cioè come una successione di "mutanze", quasi delle "variazioni" nel senso moderno del termine coreografico, formate da diversi passi e figure e corrispondenti ad un tema musicale completamente sviluppato. Talvolta il cavaliere e la dama eseguono uno dopo l'altro la stessa "mutanza"; altre volte, mentre il cavaliere sfoggia la sua abilità virtuosistica, la dama esegue un "passeggio" per proprio conto fino a riunirsi al compagno nella riverenza finale.
La fortuna del C. è controversa sia come coreografo sia come musicista: infatti il Sachs afferma che "se, dopo aver letto Arbeau, si consulta Il Ballarino, ci si espone ad una amara delusione" per mancanza di chiarezza espositiva da parte dell'autore; il Reyna invece sostiene che, se i trattati italiani sono dei metodi generali estremamente evoluti tecnicamente, l'Orchesographie non è altro che un trattato di danza di carattere i cui passi sono estremamente semplici e che non riveste alcuna importanza nella storia della danza. M. Dolmetsch considera il C. "to have been a fine musician as well as a poet and dancer", mentre G. Tani sostiene che fu "meno apprezzato" come compositore che come trattatista; il Fétis giudica la sua opera "intéressant pour l'histoire de la musique" e J. Suttos definisce il lavoro del C. come un caposaldo della attuale conoscenza della danza, della musica da danza e della filosofia della danza del secolo sedicesimo. Inoltre si può ricordare che come scrittore il C. è elogiato dal Pantanelli in quanto "scrisse assai bene in lingua toscana" e fu per questo "molto lodato da monsignor Fontanini nellasua Eloquenza italiana".
Bibl.: A. Ricchi, Teatro degli uomini illustri…, Roma 1721, pp. 184 s.; O. Chilesotti, Bibl. di rarità musicali, I, Milano 1884, pp. 3 s.; P. Pantanelli, Notizie istor. appartenenti alla terra di Sermoneta in distretto di Roma, I, Roma 1911, p. 603; M. Dolmetsch, Dances of Spain and Italy from 1400 to 1600, London 1954, pp. 17, 34, 169; F. Reyna, Des origines du ballet, Paris 1955, pp. 64, 68, 128, 134; G. Tani, in Enc. d. Spett., III, Roma 1956, coll. 89-92; C. Sachs, Storia della danza, Milano 1966, pp. 308, 401; J. Suttos, in Die Musik in Gesch. und Gegenwart, Supplement, XV, coll. 1331 s.; F. J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, II, p. 194; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 209.