FACCIA (dal lat. facies; fr. face, figure; sp. cara; ted. Gesicht; ingl. face)
Insieme con il cranio (v.), sotto alla porzione anteriore del quale essa è situata, costituisce la testa o capo (v.). È sostenuta da una complessa impalcatura ossea, lo scheletro della faccia, intimamente unita alla base del cranio e che risulta essenzialmente dall'osso mascellare superiore (insieme con lo zigomatico, il lacrimale, il turbinato inferiore, il nasale, il palatino) e dal mascellare inferiore o mandibola. Queste ossa delimitano cavità nelle quali hanno sede alcuni apparecchi sensoriali (vista, olfatto, gusto) e contengono il tratto iniziale dell'apparato digerente e respiratorio. Lo scheletro e le parti molli che lo rivestono costituiscono insieme le regioni superficiali (nasale, labiale, mentale, masseterica, geniale o della guancia) e le regioni profonde della faccia (zigomatica, pterigo-palatina, boccale, faringea). Un cenno di queste complesse formazioni anatomiche e delle loro funzioni in condizioni normali e patologiche è dato nelle voci che si riferiscono ai singoli apparati (digerente, respiratorio) o alle strutture anatomiche più importanti (naso, occhio, labbro, lingua, faringe, ecc.), ai quali partecipano.
Per la paralisi del facciale, v. facciale, nervo; per la nevralgia facciale, v. trigemino. Per l'angolo facciale, v. antropologia. Per l'espressione della faccia in determinate condizioni morbose, v. facies.
Chirurgia. - Dismorfie congenite. - Tra queste sono le fessure oblique della faccia, le formazioni cicatriziali da ritardata fusione e le fessure trasversali delle guance (macrostoma). Le fessure oblique derivano dalla mancata fusione della gemma frontale laterale con la gemma del mascellare superiore; esse cominciano dal labbro superiore o dall'angolo boccale e risalgono obliquamente verso la palpebra inferiore e talora s'estendono sino al margine dei capelli della regione fronto-temporale. Queste fessure possono essere uni- o bilaterali e accompagnarsi ad altre deformità delle labbra, del mascellare superiore, degli occhi. Se la fusione delle dette gemme avviene con ritardo, invece di fessure si producono cicatrici, nei siti stessi. Le fessure trasverse derivano da mancata fusione della gemma del mascellare superiore con l'arco branchiale, cominciano di solito all'angolo labiale e possono estendersi più o meno sulla guancia, magari sino all'orecchio; talora sono bilaterali e in entrambi i casi rappresentano un allargamento della bocca (macrostoma). Viceversa, una fusione eccessiva delle gemme riduce più o meno l'orifizio boccale (microstoma). I disturbi funzionali prodotti dalle dette dismorfie, variano a seconda della loro estensione e profondità, alterando la masticazione, la formazione, la vista, il respiro, ecc., e ciò oltre alla più o meno grave alterazione estetica. La sola cura utile è la chirurgica, a base di plastiche o di trapianti.
Dismorfie acquisite. - Sono tra esse le cicatrici deformi da ustione, causticazione, fulminazione, congelazione; da esiti di processi necrotici (noma) e d'infezioni gravi acute e croniche (flemmone, favo, carbonchio, lupus, ecc.); da ferite con perdita di sostanza mal riparate e residuanti allargamenti o deformazioni di orifizî, oppure fori di comunicazione col cavo orale; da vaste demolizioni chirurgiche non potute colmare in primo tempo; da cheloidi cicatriziali; da fistole salivari del dotto di Stenone, ecc. Anche nella cura di tutte queste svariate dismorfie il solo trattamento utile è di pertinenza della chirurgia ortomorfica. La cura delle fistole stenoniane è specialmente importante e difficile. Dopo la ferita del dotto, occorre accuratamente suturarne i monconi, lasciando nel lume una finissima minugia, o magari una setola; quando ciò non è possibile, s'innesta il capo centrale alla mucosa della guancia. Quando la fistola s'è costituita, se è recente si può tentare la cauterizzazione del tragitto o l'escissione di esso, seguite da sutura dell'orifizio cutaneo. Altrimenti si ricorre ai cateterismi dilatanti, alla stomia del capo centrale nella mucosa della guancia, alla formazione plastica d'un nuovo dotto escretore mediante autoplastica cutanea o mucosa, alla soppressione della funzione della parotide mediante legatura del moncone centrale del dotto, o compressione o irritazione di esso, o mediante enervazione della ghiandola (resezione del nervo auricolo-temporale), o con l'ablazione della parotide.
Ferite. - Possono essere d'ogni specie, con o senza perdita di sostanza, con o senza penetrazione in bocca. Particola mente gravi sono le ferite da proiettili che perforano una o entrambe le guance, o ledono più o meno gravemente lo scheletro; e quelle con fenomeni da scoppio (colpi esplosi in bocca per suicidio). Le ferite del viso sono importanti sia per i postumi dismorfici (sfregio permanente, nelle gravi), sia per il pericolo di lasciare fistole stenoniane o boccali, sia per le eventuali lesioni di vasi e di nervi. Nelle ferite cutanee regolari (da rasoi, coltelli, ecc.), dopo l'emostasi e l'antisepsi chirurgica, si praticano le suture, servendosi a preferenza di quelle intradermiche, che dànno cicatrici quasi invisibili. Le più importanti (carotide esterna intraparotidea, mascellare interna, temporale e facciale) possono dare emorragie pericolose e richiedono la legatura attenta, anche a costo di dover allargare la ferita. Per le ferite del nervo facciale, v. facciale, nervo. Per le ferite del dotto di Stenone, v. sopra. Nelle ferite a tutto spessore delle guance si praticano suture a strati, cominciando dalla mucosa, con punti che la introflettono.
Flogosi acute. - I foruncoli e i favi minacciano flebiti che possono infettare le meningi attraverso le anastomosi della vena angolare; occorre intervenire precocemente, oltre che con le cure stomosiniche e sieroterapiche, con lo spaccare i grossi foruncoli e con l'incisione a croce o a stella, o con l'escidere i favi, medicando poi la ferita con i filtrati batterici, preferibilmente delle autocolture. Nella cura dei flemmoni la preoccupazione di residuare cicatrici da spaccamento non deve prevalere su quella di salvare gl'infermi. Al noma che sopravviene nei bambini profondamente intossicati, in forma di cancrena che comincia dalla mucosa d'una o d'entrambe le guance, e s'approfonda rapidamente nei tessuti, quando i bambini non soccombono alla setticemia o alle emorragie, residuano larghe perdite di sostanza orribilmente deformanti e ostacolanti la soluzione o la masticazione. Quando le precauzioni igieniche non sono riuscite a scongiurare la comparsa della terribile malattia, si deve subito intervenire col termocauterio per distruggere le parti devitalizzate ed eccitare i processi delimitanti. I raggi ultravioletti possono essere un buon coadiuvante. Le gravi deformità residue si cureranno, a suo tempo, con espedienti plastici.
Flogosi croniche. - Il lupus, quand'è ben delimitato e poco esteso, meglio che con ogni altro metodo, si cura con l'escissione chirurgica, seguita da plastica immediata. Anche le perdite di sostanza, più o meno ampie, residuate a lupus guarito con altri mezzi, saranno curate con plastiche o con innesti.
Calcolosi della parotide e del dotto stenoniano. - I calcoli salivari parotidei sono rari, per lo più unici, quasi sempre indovati nel dotto, che più o meno stenosano, producendo gonfiore dalla ghiandola, specie dopo la masticazione. È preferibile operare per via boccale, piuttosto che per via esterna, non residuando cosi né cicatrici visibili né fistole.
Tumori veri e falsi. - Se ne possoho produrre d'ogni specie: epiteliomi, connettivomi, neuromi, cisti, aneurismi, angiomi, cirsoidi, voglie materne, linfangiomi, ecc. Particolare menzione meritano i tumori della parotide, i quali possono essere enucleati, se benigni, o richiedere l'asportazione totale della parotide; in quest'operazione si può, qualche volta, risparmiare una parte del facciale.
Nevralgie. - Frequenti sono quelle del trigemino, le quali possono essere limitate a una o estese a tutte le tre branche. La loro intensità e periodicità varia entro limiti larghi, potendo talora essere cosl grave da spingere gl'infermi al suicidio. Le nevralgie che resistono alle cure calmanti, debbono essere trattate con le iniezioni neurolitiche (12 cc. di alcool comune iniettato nel ramo o nei rami dolenti, quanto più in alto è possibile). Meno praticate sono le neurotomie, le neurectomie con neurincampsis, le neurotenie, le neurotripsie, sole o associate, dei singoli rami, giacché con le iniezioni neurolitiche s'ottengono, con tecnica più semplice e innocente, gli stessi risultati. Nei casi gravissimi si pratica la neurotomia retrogasseriana o la gasserectomia, o l'alcoolizzazione o l'estirpazione o l'alcoolizzazione neurolitica pericarotidea.