Abstract
L’imprenditore che fornisce beni o servizi a terzi concede loro crediti e affida ad un factor il compito di gestirli e riscuoterli. Il factor può anche anticiparne l’importo al fornitore cedente o assumere il rischio della inadempienza del ceduto. La disciplina del contratto – atipico – è ricavata dal formulario predisposto dall’associazione di categoria dei factor, oltre che dalla l. n. 52/1991, che agevola la posizione dei factor ‘bancari’ verso i terzi dettando norme speciali in tema di cessioni di crediti futuri e cessioni di crediti in massa, di opponibilità della cessione ai terzi, di fallimento del cedente e del ceduto.
Il factoring è un contratto che la legge italiana conosce, ma non definisce, né regola in modo puntuale. In effetti, una tipizzazione legale del factoring non è necessaria perché il contratto, diffuso nella pratica commerciale italiana secondo caratteri che lo differenziano dal modello anglosassone (Clarizia, R., contratti nuovi, Factoring - Locazione finanziaria, in Tratt. dir. priv. Bessone, XV, Torino, 1999, 70), è munito di una adeguata tipicità sociale, favorita dal fatto che nel mercato nazionale l’attività di factoring è esercitata da poche decine di operatori forniti di elevate competenze, i quali propongono ai loro clienti testi negoziali sufficientemente precisi ed analitici. Dal raffronto dei formulari accessibili sul web risulta che le condizioni di contratto praticate almeno dai factor di maggiori dimensioni sono largamente simili fra loro e corrispondono al modello predisposto dalla associazione di categoria (Assifact)(Clarizia, A., La legge 52 e la prassi contrattuale, in Burchi, A. – Carretta, A., a cura di, Il factoring a dieci anni dalla legge 21 febbraio 1991, n. 52, Roma, 2002, 69; ID., I contratti nuovi, Factoring, locazione finanziaria, in Tratt. dir. priv. Bessone, XV, Torino, 1999, 18 ss.; Cremona, G. - Faenza, M. - Monarca, P. -Tarantino, N., Il manuale del factoring, Milano, 2006, 279 ss. Quest’opera si sofferma anche sui profili economici del factoring: capp. II e IV). A tale schema contrattuale si farà riferimento nel prosieguo (e pertanto a tali condizioni generali si riferiscono gli artt. che nel prosieguo saranno citati senza alcuna specificazione), avvertendo, peraltro, che dette ‘condizioni generali’ offrono più volte ai contraenti un ventaglio di opzioni, e non una soluzione ‘secca’.
Va comunque rilevato che del factoring fa menzione il t.u.b. che lo include fra le operazioni di prestito ammesse al mutuo riconoscimento (art. 1, co. 1, lett. f); e le operazioni di factoring poste in essere da banche e intermediari finanziari sono sottoposte anche agli artt.115 ss., t.u.b. Inoltre, la l. 21.2.1991, n. 52 (Disciplina della cessione dei crediti d’impresa) istituisce un regime di favore per alcuni factor (le banche e gli intermediari finanziari sottoposti alla disciplina del t.u.b., e quindi alla vigilanza bancaria (art.5 t.u.b). La legge 52 (il cui originario ambito di applicazione fu ristretto dapprima al momento dell’emanazione del t.u.b. e poi dal d. lgs. 30.12.2010, n. 239, che ha riscritto l’art.1 06 t.u.b.) reca norme che sembrano presupporre talune clausole del modello contrattuale socialmente diffuso, ed interviene principalmente per derogare, piuttosto, ad altre norme del codice civile e della legge fallimentare: deroghe che factor e fornitore non possono pattuire essi stessi perché attinenti ai rapporti con terzi (sulla genesi e le finalità della l. 52 v. De Nova, G., Il factoring a dieci anni dalla legge 21 febbraio 1991, n. 52, in Burchi, A. – Carretta, A., a cura di, Il factoring a dieci anni dalla legge 21 febbraio 1991, n. 52, cit., 13 ss.; Ricci, E., Le finalità della legge 52 e la realtà operativa del factoring, ib., 61 s.; Clarizia, A., La legge 52 e la prassi contrattuale, cit., 70; Id., I contratti nuovi, Factoring, locazione finanziaria, in Tratt. dir. priv. Bessone, XV, Torino, 1999, 7 ss.; 70 ss.) Occorre premettere, infine, che ai contratti di factoring aventi ad oggetto crediti nascenti da vendite di merci tra contraenti che abbiano la loro sede di affari in stati diversi, si applica la Convenzione UNIDROIT sul factoring internazionale, firmata a Ottawa il 28.5.1988, a cui l’Italia ha dato esecuzione con l. 14.7.1993, n. 260 (Ferrari, F., Il factoring internazionale, Padova, 1999; Frignani, A. Il factoring nella prospettiva europea e internazionale, in Burchi, A. – Carretta, A., a cura di, Il factoring a dieci anni dalla legge 21 febbraio 1991, n. 52, cit., 21 ss.). L’Italia non ha invece ratificato la ‘Convenzione delle Nazioni Unite sulla cessione dei crediti nel commercio internazionale’, firmata a New York il 12.12.2001.
Fenomeno contiguo a quello in esame è il cd. ‘reverse factoring’, per cui una pubblica amministrazione stipula un ‘accordo quadro’ con un factor. In forza di tale accordo il factor si impegna ad acquistare i crediti dei fornitori verso quella p.a. entro il limite pattuito. La p.a. mira in tal modo a ridurre i costi degli eventuali ritardi nei pagamenti e ad acquisire nuovi fornitori, o ad ottenere prezzi di acquisto meno elevati. Si discute però se questo contratto dia luogo ad una elusione del ‘patto di stabilità’ a cui è vincolata la p.a. (in senso affermativo il parere C. Conti Piemonte, 11.07.2013, n. 256)
Il contratto di factoring è stipulato da due imprenditori. Uno è il ‘fornitore’, che nel corso della sua attività concede crediti commerciali ai suoi clienti. Di tali crediti egli affida la gestione e l’incasso ad un altro imprenditore, il factor (sulle motivazioni del ricorso al factoring v. Cremona, G. - Faenza, M. - Monarca, P. -Tarantino, N., Il manuale del factoring, cit., 164 s.). In Italia, di solito, assume la posizione di factor una banca o una società appartenente ad un gruppo bancario, ma vi sono anche factor ‘indipendenti’, che cioè non fanno capo al settore bancario. All’interno dei gruppi di imprese è praticato il factoring ‘industriale’, onde fornitori e factor sono società appartenenti al medesimo gruppo (Cremona, G. - Faenza, M. - Monarca, P. -Tarantino, N., Il manuale del factoring, cit., 279 ss., 171 s.; sulla tipologia del factoring è ancora utile la documentazione raccolta in Cantele, V. - Ebbene, F., Factoring e normativa della cessione dei crediti d’impresa, Milano, 1991, 53 ss.).
Il factoring è contratto a tempo indeterminato, e ambo le parti possono recederne ad nutum (art.18 delle ‘condizioni generali’ , che si integra con l’art. 120 bis t.u.b.: la clausola è considerata valida da Trib. Roma, 22.03.14, che si pronuncia per l’ipotesi di recesso del factor).
Fermo restando che possono essere previste anche «altre prestazioni, quali ad esempio, la valutazione dei potenziali clienti …, il recupero, anche giudiziale, dei crediti» (art. 1) e la gestione della contabilità, va sottolineato che l’incasso dei crediti è il contenuto minimo delle obbligazioni del factor: «il factor provvederà all’incasso dei crediti ceduti, inviando solleciti ai debitori che presentino ritardi o irregolarità nei pagamenti, nonché alla registrazione dei crediti ceduti su apposite evidenze, dando periodica informazione al fornitore delle successive attività svolte» (art. 7). (La realtà negoziale suggerisce quindi di intendere in senso non tecnico il dettato dell’art. 1, l. 52/1991, che, altrimenti potrebbe legare il factoring alla causa vendendi. Ma invero ‘corrispettivo’ non è il prezzo, ma la somma addebitata a vario titolo al factor e sulla quale decorrono interessi a suo favore. V. le considerazioni di Schlesinger, P., Factoring e legge 52: un traguardo o una tappa?, in Burchi, A. – Carretta, A., a cura di, Il factoring a dieci anni dalla legge 21 febbraio 1991, n. 52, cit., 55 s.; e quelle di Tucci, G., Factoring, in I contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, Trattato diretto da F. Galgano, I, Torino, 1995, 533, 541). A tal fine, «a semplice richiesta del factor, il fornitore dovrà fornire a proprie spese copie ed estratti anche autentici delle scritture contabili in qualsiasi modo attinenti al rapporto di factoring, nonché sottoscrivere ogni documento che attesti la cessione dei crediti e delle eventuali garanzie che li assistono, utile per l’incasso dei crediti stessi e delle somme accessorie, anche in via giudiziale o stragiudiziale».
L’art. 1 stabilisce che il fornitore «proporrà al factor la cessione in massa di tutti i propri crediti nei confronti di ogni debitore», e l’art. 4, co. 2 aggiunge che «in corso di rapporto il fornitore dovrà aggiornare tempestivamente il factor circa l’acquisizione di eventuale nuova clientela».
In effetti, si potrebbe dubitare che il trasferimento del credito sia necessario nell’economia del contratto (Schlesinger, P., Factoring e legge 52, cit., 53) e al factor potrebbe bastare il rilascio di una procura a riscuotere, se non fosse che, mediante la cessione, il factor consegue «l’esclusivo potere di pretendere la prestazione del ceduto» (Valentino, D., Le cessioni dei crediti, il factoring e la cartolarizzazione, Napoli, 2003, 156).
La cessione del credito si giustifica meglio quando il factoring assume una funzione di finanziamento in quanto è prevista l’anticipazione della somma dovuta (in tal caso il trasferimento opera in funzione di garanzia), o di trasferimento del rischio di insoluto (meno esattamente: in funzione assicurativa), se si pattuisce la clausola pro soluto (Valentino, D., Le cessioni dei crediti, cit., 145 ss.; sottolinea questa funzione del contratto Ricci, E., Le finalità della legge 52 e la realtà operativa del factoring, cit., 61).
L’art. 4, l. n. 52/1991, derogando all’art. 1267, co. 1, c.c., pone a carico del fornitore-cedente la garanzia della solvenza del debitore ceduto (similmente, l’art. 3, lett. f, condizioni generali). La norma speciale stabilisce semplicemente che la garanzia opera «nei limiti del corrispettivo pattuito», mentre l’art. 1267 c.c. dispone che, ove abbia assunto la garanzia della solvenza del ceduto, il cedente «risponde nei limiti di quanto ha ricevuto», ma «deve inoltre corrispondere gli interessi, rimborsare le spese della cessione e quelle che il cessionario abbia sopportato per escutere il debitore e risarcire il danno». Il divario fra le due disposizioni è colmato dall’art. 8, co. 2.
Le ‘condizioni generali’ non regolano il caso in cui il credito venga ceduto soltanto per l’incasso e il debitore non paghi. Ma, certo, se il factor non assume l’incarico di intraprendere le azioni di recupero per conto del fornitore (art.1, co. 1-2), non si giustifica che egli conservi la titolarità del credito cedutogli e non riscosso. Si potrebbe quindi argomentare dall’art. 8, co. 3 delle ‘condizioni generali’, che prevede una condizione risolutiva della cessione nel caso di pagamento anticipato del credito da parte del factor. La medesima clausola, a maggior ragione, dovrebbe operare per la cessione senza pagamento anticipato.
Il caso in cui al contratto di cessione è associato un finanziamento in favore del cedente ha particolare rilievo. Questa è la ragione per la quale, come si è già detto, l’art. 1, co. 2, lett. f ) t.u.b., menziona il factoring fra le «operazioni di prestito» che rientrano nelle «attività ammesse al mutuo riconoscimento» (mentre i factor che non sono intermediari finanziari né banche esercitano soltanto il factoring non finanziario).
Il fornitore presta al factor le garanzie di cui all’art. 3 e quindi garantisce la «incontestabilità» dei crediti ceduti (sulle eccezioni opponibili dal ceduto al factor, Clarizia, R., I contratti nuovi, cit., 8 ss.). Inoltre il fornitore deve impegnarsi «a far sì che i contratti di fornitura siano eseguiti nel rispetto delle norme fiscali, valutarie e doganali» (art. 5, co. 1).
Il factoring si atteggia diversamente, secondo che le parti concordino la cessione di singoli crediti o di una pluralità (di una massa) di crediti; la cessione di crediti già esistenti o di crediti futuri (sui conseguenti problemi ricostruttivi v. Valentino, D., Le cessioni dei crediti, il factoring e la cartolarizzazione, cit., 159 ss.).
Queste varianti (e le relative combinazioni) trovano riscontro nell’art. 3, co. 2, l. n. 52/1991, il quale prevede che i crediti possono essere ceduti «anche in massa», e che può trattarsi tanto di crediti esistenti, quanto di crediti futuri. Le citate ‘condizioni generali’, a loro volta, si ricollegano a queste norme quando menzionano la cessione di crediti futuri, la cessione di masse di crediti («la cessione in massa di tutti i propri crediti nei confronti di ogni debitore») e la «cessione di ogni singolo credito» (art. 2, co. 1). Correlativamente, prevedono anche che il contratto di factoring abbia carattere occasionale o continuativo (art. 4, co. 1).
I contratti di factoring si articolano secondo queste diverse modalità perché i fornitori hanno talvolta rapporti commerciali con clienti occasionali o comunque non preventivamente individuabili, e altre volte rapporti con clienti stabili, nei confronti dei quali è prevedibile che sorgano ripetute ragioni di credito.
Agli uni e agli altri clienti, nell’intento di favorire la crescita del proprio fatturato, spesso i fornitori si inducono a concedere credito sotto forma di dilazioni di pagamento (credito commerciale). I fornitori debbono quindi, dapprima, valutare i limiti del fido da attribuire a ciascun cliente (si comprende così che essi sono poi in grado di «mettere a disposizione del factor o dei suoi incaricati tutta la documentazione e le informazioni riguardanti le caratteristiche qualitative dei crediti ceduti e i rapporti commerciali dai quali detti crediti sorgono, con riguardo, ad esempio, alle procedure seguite nella istruttoria e valutazione della clientela e della documentazione relativa ai contratti, alle forniture, etc.», secondo quanto stabilisce l’art. 4, co. 3, delle ‘condizioni generali’ citate), e possono, poi, avere interesse a smobilizzare i crediti erogati.
Con riguardo ai clienti occasionali, factor e fornitore pongono in essere cessioni, singolari o plurime, di crediti già esistenti, mentre in relazione ai clienti stabili concordano la cessione in massa di crediti futuri. A tal proposito fornitore e factor trovano conveniente vincolarsi alla cessione anticipatamente, e cioè prima che i crediti vengano in essere, perché tale anticipazione giova al fornitore che compie una scelta organizzativa duratura quando, cedendo i crediti futuri, ne affida ad altri la gestione. Inoltre, il fornitore si mette subito in condizione di chiedere finanziamenti sui crediti oggetto del factoring, o di trasferire al factor il rischio dell’inadempimento. Il factor, dal canto suo, acquisisce stabilmente quegli affari.
Formano una ‘massa’ i crediti che il fornitore vanta verso lo stesso debitore. Ciò si può evincere dall’art. 3, co. 4, l. n. 52/1991, ai sensi del quale «la cessione dei crediti in massa si considera con oggetto determinato anche con riferimento a crediti futuri se è indicato il debitore ceduto».
All’interno di ogni rapporto di factoring sono cedute tante masse di crediti quanti sono i debitori segnalati dal fornitore al factor e da quest’ultimo accettati. Il rapporto fra factor e fornitore è quindi ordinato «per debitori ceduti» (Valentino, D., Le cessioni dei crediti, il factoring e la cartolarizzazione, cit., 172 ss.). Ciò comporta che ogni massa di crediti è mutevole, nel senso che nel corso dello svolgimento del rapporto si estinguono i crediti ceduti, via via che essi sono adempiuti, e sorgono nuovi crediti nei confronti dello stesso debitore.
Nella fase che precede la stipula del contratto, il fornitore trasmette al factor un elenco di debitori, «indicando per ciascun nominativo il volume d’affari in corso e previsionale … nonché ogni altra informazione che il factor riterrà opportuno richiedere sull’andamento del rapporto con il debitore» (art. 4 condizioni generali). Il factor valuta l’affidabilità di ciascun debitore, ed accetta quelli che giudica positivamente, mentre può respingere i debitori dei quali teme l’inadempienza.
Tanto l’elenco iniziale dei clienti, quanto le puntuali valutazioni del factor non sono definitivi. L’elenco è aggiornato durante lo svolgimento del factoring man mano che il fornitore acquisisce nuovi clienti e ne perde fra i vecchi. Nel corso del tempo possono modificarsi anche i giudizi del factor sulla solvibilità dei debitori, e quindi varia la sua disponibilità ad accettare la cessione dei crediti relativi a ciascuno di loro. Anzi, l’art. 8, co. 1, impone al fornitore di «collaborare in ogni modo con il factor, fornendo d’iniziativa ogni notizia di rilievo in suo possesso riguardante la solvibilità dei debitori ceduti, ogni loro eccezione, pretesa, reclamo, domanda giudiziale o stragiudiziale anche non attinenti il rapporto commerciale». Per contro, lo stesso factor può assistere il fornitore nella «valutazione dei potenziali clienti italiani ed esteri» (art. 1, co. 2).
Nella cessione (in massa) di crediti futuri l’effetto traslativo non può realizzarsi immediatamente, proprio perché i crediti non esistono ancora. I trasferimenti si producono al momento in cui ciascun credito viene in essere, o successivamente a tale momento.
Pertanto, quando stipulano il contratto di factoring, le parti possono stabilire che ciascun credito si trasferirà non appena sorgerà. Ma possono altrimenti convenire che il credito si trasferirà quando il fornitore ne denuncerà al factor l’esistenza (ai sensi dell’art. 2, co. 1, è «cura del fornitore segnalare al factor il sorgere del credito, secondo le modalità che avranno previamente concordato»; oppure quando il factor lo accetterà («qualora ci si accordi di procedere alla cessione di ogni singolo credito, il fornitore dovrà proporla entro il termine di trenta giorni dalla data di spedizione delle merci o di prestazione dei servizi»: art. 2, co. 1). Tale accettazione, poi, potrebbe essere doverosa o rimessa alla volontà, libera o discrezionale, del factor.
Non si trova riscontro di queste opzioni nella legge 52, ed a tal riguardo anche le condizioni generali dell’associazione di categoria non sono stringenti (anche se –argomentando a contrario – dall’art. 10, co. 4, e dall’art. 12, co. 3, si desume che, d’ordinario, i crediti non si trasferiscono automaticamente al loro sorgere). Vi è da ritenere pertanto che le parti concordino in concreto e liberamente in ciascun contratto la scelta o le scelte che preferiscono. Ciascuna opzione è compatibile con le regole legali e con il modello socialmente diffuso di factoring. Ciò, in effetti, è ben comprensibile se si assume che la legge 52 non fu dettata per limitare l’autonomia dei contraenti, e che le ‘condizioni generali’ non hanno ragione di offrire modelli contrattuali rigidi.
Le condizioni generali menzionano anche una sorta di factoring ‘interno’ nel quale, cioè, le parti concordano «di non comunicare al debitore l’avvenuta cessione dei crediti» (art. 2, co. 2). E in tal caso, «il rapporto [fra factor e fornitore] sarà disciplinato in un separato accordo». Non gli si applicheranno, cioè (almeno non di default ), le ‘condizioni generali’.
Ma d’ordinario il factor ha interesse a che la cessione sia efficace nei confronti del debitore ceduto (l’art. 5, co. 1, impegna il fornitore a far sì che «i pagamenti dei debiti ceduti vengano effettuati dai debitori esclusivamente al factor»). Il codice civile non stabilisce come opporre ai terzi la cessione di una massa di crediti, giacché l’art. 1264 c.c. si riferisce soltanto alla notifica ed alla accettazione di cessioni singolari. Ciò comporta che – ai sensi di questa norma – non è possibile rendere efficace nei confronti del debitore ceduto la cessione di una massa di crediti esistenti, se non notificando (sia pure congiuntamente) la cessione di ciascuno di essi. A maggior ragione l’art. 1264 c.c. non consente la notifica della cessione di una massa di crediti futuri.
Ma su tale assetto normativo interviene l’art. 3, l. 52, ai sensi del quale «i crediti possono essere ceduti anche prima che siano stipulati i contratti dai quali sorgeranno». Questa disposizione è introdotta in una legge che, come si è detto, intende agevolare l’attività di factoring, e a tal fine l’art. 3 consente di notificare o di accettare la cessione di una massa di crediti, esistenti o futuri, con ciò intendendo anche rendere la cessione opponibile al ceduto prima ancora che i singoli crediti sorgano (l’art. 2, co. 1, fa riferimento a queste norme quando stabilisce che «ricorrendone le condizioni, i crediti futuri si trasferiranno ai sensi del terzo e quarto comma dell’art. 3 della legge 21 febbraio 1991, n. 52, altrimenti secondo le regole del codice civile»).
In effetti, una simile norma non è posta esplicitamente nell’art. 3, l. 52. Essa, peraltro, merita di essere egualmente desunta in quanto il legislatore dispone che «i crediti esistenti o futuri possono essere ceduti anche in massa». Tale dettato sarebbe superfluo se la legge mirasse soltanto a consentire la cessione congiunta di una pluralità di crediti verso il medesimo debitore, giacché – in assenza della norma – non vi sarebbe ragione di dubitare della legittimità di tale pattuizione. L’art. 3, co. 2, cit., assolve piuttosto, sia pure implicitamente, la funzione di consentire che anche la cessione in massa sia notificata o accettata ai sensi dell’art. 1264 c.c.
Regolando la cessione in massa di crediti futuri, il legislatore ha consentito, con ciò stesso, che, ai sensi dell’art. 1264 c.c., essa sia resa opponibile al ceduto mediante notifica o accettazione. Meglio, la legge 52 dà rilievo alla cessione ‘in massa’ dei crediti proprio per affiancare la notifica della cessione di una massa di crediti alle notifiche della cessione di ciascun credito.
Che sia questa la corretta interpretazione dell’art. 3 è confermato dall’art. 5 della stessa l. n. 52/1991. L’art.5 disciplina l’efficacia della cessione del singolo credito nei confronti dei terzi diversi dal debitore ceduto (Clarizia, R., I contratti nuovi, cit., 53 ss.). Ai sensi di questa norma, dunque, perché la cessione sia opponibile agli altri aventi causa del cedente, al creditore del cedente e al fallimento del cedente, è sufficiente che il factor paghi tempestivamente in tutto o in parte il corrispettivo della cessione, purché il pagamento abbia data certa. Vengono così ad essere istituite tecniche alternative agli artt.1265 c.c., 2914, n. 2, c.c., 45 l. fall., ai sensi dei quali sarebbe necessaria la tempestiva notifica o l’accettazione della cessione. (Quando fu emanata la l. n. 52/1991, la giurisprudenza richiedeva che la notifica fosse eseguita a mezzo di ufficiale giudiziario. Cass., 12.5.1998, n. 4774, stabilì invece che per la notifica non vi sono vincoli di forma. Ciò ridusse l’importanza pratica dell’art. 5: De Nova, G, Il factoring a dieci anni dalla legge 21 febbraio 1991, n. 52, cit., 17 ss.; e v. anche Porro, A., La giurisprudenza dopo la legge 52, ib., 63.)
Viceversa, la norma non stabilisce come rendere efficace la cessione nei confronti del debitore ceduto, onde continua a valere lo strumento della notifica o quello dell’accettazione ai sensi dell’art. 1264 c.c.
Le due scelte legislative sono collegate fra loro. Il conflitto tra il factor cessionario ed i terzi è risolto dall’art. 5, l. n. 52/1991, con lo speciale criterio del pagamento del singolo credito, e non con il consueto criterio della notifica, perché l’art. 3 della stessa legge ha consentito che factor e fornitore convengano la cessione in massa di crediti futuri e che la cessione sia resa opponibile al ceduto mediante la notifica della cessione in massa (e non necessariamente, mediante la notifica della cessione di ciascun credito). Se così non fosse, e se quindi il factor avesse ancora l’onere di procedere alle singole notifiche per rendere la cessione opponibile al ceduto, a ben poco gli gioverebbe la norma che, al fine di rendere la cessione opponibile ai terzi diversi dal ceduto, sostituisce la stessa notifica con il pagamento.
È avvenuto quindi che, dopo aver agevolato il factor, disponendo che egli può notificare anche la cessione di una massa di crediti e non soltanto la cessione di ciascun credito, la legge è stata ‘costretta’ a ripensare la soluzione del conflitto fra il factor e i terzi.
Infatti, sarebbe stato eccessivo consentire al factor di prevalere nei confronti dei terzi mediante la notifica della cessione in massa di crediti (futuri), e il factor sarebbe eccessivamente favorito se potesse prevalere sui terzi opponendo loro la notifica di una cessione compiuta quando il credito non era ancora nemmeno venuto ad esistenza (diversamente, però, Cass. 28.7.2014, n. 17054, la quale, nel caso in cui il ceduto abbia precedentemente accettato la cessione di crediti futuri, fa prevalere il factor sul creditore pignorante del cedente).
Per contro, sarebbe troppo severo continuare ad imporgli di effettuare le notifiche singolari per prevalere sui terzi, una volta che tali notifiche non sono più necessarie per opporre la cessione al ceduto. Questa è la ragione per cui il legislatore del 1991 ha dovuto ‘escogitare’ il nuovo criterio della anteriorità del pagamento. E questa è la ragione per cui è plausibile che sia efficacemente notificabile la cessione di una massa di crediti esistenti o futuri.
Il criterio del pagamento, inoltre, esprime un comprensibile equilibrio di interessi: il factor che ha sostenuto un esborso merita tutela maggiore rispetto a quello che ha acquistato il credito, ma non ha ancora corrisposto nulla al cedente. Nel primo caso il suo interesse alla opponibilità della cessione è certamente più meritevole.
Notificare la cessione di una massa di crediti, con l’effetto di renderla efficace nei confronti del debitore ceduto, è una via certamente prospettabile se le parti dispongono che i crediti si trasferiranno dal fornitore al factor non appena verranno ad esistenza. In tal caso nel contratto si inserisce una clausola secondo la quale «sarà cura del fornitore segnalare al factor il sorgere del credito secondo la modalità che [le parti] avranno previamente concordato» (art. 2, co. 1).
Se viceversa il factor si riserva di accettare di volta in volta le cessioni dei crediti che sorgeranno nei confronti dei clienti già approvati, le condizioni generali prevedono che sia inserita nel contratto una clausola secondo la quale il fornitore deve proporre al factor la cessione di ogni singolo credito entro un termine prestabilito, che decorre dalla data di spedizione delle merci o di prestazione del servizio. In tal caso è altresì previsto che «di ogni cessione accettata dal factor [sia] data comunicazione al debitore a cura e spese del fornitore, nelle forme più idonee, indicate dal factor» (art. 2, co. 1).
Riterremmo che in ogni caso, e cioè sia quando il trasferimento opera in modo automatico, sia quando è rimesso alla puntuale decisione del factor, si applichi la clausola secondo la quale «l’avvenuta cessione dovrà essere evidenziata mediante annotazione apposta sulle fatture relative ai crediti ceduti» (art. 2, co. 1). È’ previsto anche che «il fornitore dovrà consegnare al factor entro trenta giorni dalla data di emissione, copia delle fatture relative ai crediti ceduti, unitamente all’intera documentazione probatoria, costitutiva ed accessoria dei crediti stessi» (art. 2, co. 1).
L’art. 3, co. 4, l. n. 52/1991, dispone che la cessione in massa di crediti futuri «può avere ad oggetto solo crediti che sorgeranno da contratti da stipulare in un periodo di tempo non superiore a ventiquattro mesi». Applicando la norma ad un contratto di durata a tempo indeterminato, quale è il factoring regolato nelle condizioni generali, si ha che non è necessario stipulare periodicamente un nuovo contratto, né periodicamente notificarlo ai ceduti. Vi è da ritenere, piuttosto, che in ogni momento sia opponibile al ceduto la cessione dei crediti che sorgeranno nel biennio in corso.
Ci si chiede se la norma intenda vietare che siano ceduti in massa crediti nascenti da contratti ultrabiennali, o se voglia soltanto limitare l’efficacia della notifica della cessione ai crediti che sorgeranno in quel lasso di tempo.
Questa seconda lettura appare preferibile, perché quel divieto non avrebbe ragion d’essere, mentre è comprensibile che vi sia un limite alla operatività della norma speciale che consente la notifica della cessione di una massa di crediti.
Il modello contrattuale diffuso regola il «pagamento anticipato del corrispettivo» stabilendo che «su richiesta del fornitore, il factor potrà pagare in tutto o in parte i corrispettivi dovuti per crediti ceduti, anche prima dell’incasso effettivo degli stessi». In tal caso il contratto di factoring svolge anche una funzione di finanziamento (artt. 8, 11, 12). Dal momento che il fornitore eroga ripetutamente credito ai suoi clienti, e poiché tali crediti, ceduti al factor, vengono via via a scadenza e sono sostituiti da altri, anche il credito concesso dal factor al fornitore assume un carattere rotativo.
A tal fine il factor indica l’ammontare di credito concesso al fornitore per ogni debitore (art. 10). Tale ‘tetto’ è fisso e non è correlato al variare del totale dei crediti ceduti. I crediti ceduti al factor e in ordine ai quali egli concede anticipazioni, sono inclusi in un plafond fino all’ammontare stabilito. Man mano che tali crediti sono adempiuti, altri crediti rientrano automaticamente nel plafond «in successione di data di emissione e numero della fattura, a partire dalla più vecchia» (art. 11, co. 2).
Il fornitore garantisce la solvenza del debitore e pertanto, nel caso in cui, alla scadenza, i crediti ceduti non sono incassati, egli è tenuto a restituire al factor le somme ricevute anticipatamente. La condizione risolutiva istituita dall’art. 8, co. 3, prevede che la cessione divenga inefficace soltanto «ad avvenuta restituzione dei corrispettivi anticipati». In tal modo la cessione svolge una funzione di garanzia a favore del factor, che, essendo titolare del credito, può agire contro il debitore e può stipulare con lui transazioni che, ai sensi dell’art. 8, co. 4, vincolano anche il fornitore, nel senso che si riduce anche l’anticipazione da lui già ricevuta.
La posizione del factor è poi ulteriormente rafforzata per il fatto che l’obbligazione restitutoria del fornitore sorge anche anteriormente all’inadempienza del debitore, allorché «vengano meno le garanzie prestate dal fornitore in relazione ai crediti ceduti, o qualora vengano rilevate situazioni di insolvenza del debitore» (art. 8, co. 2).
Nel conto corrente nel quale sono contabilizzate le operazioni intercorrenti fra il factor e i fornitori, le anticipazioni concesse dal factor sono annotate a debito del fornitore e vanno a elidere le partite annotate a credito del medesimo, e cioè l’ammontare dei corrispettivi delle cessioni pro solvendo e pro soluto (art. 15, co. 2).
È possibile che il cedente garantisca la restituzione dell’anticipazione concedendo al factor un’ipoteca. In caso di fallimento del cedente, ai fini della revoca ex art. 2901, co. 2, c.c., si può porre il problema di stabilire se la garanzia sia contestuale al credito garantito. Cass. 19.6.2014, n. 13973, ha stabilito a tal riguardo che «il momento in cui valutare la contestualità è quello della cessione del credito futuro, e non della venuta ad esistenza del credito ceduto; perché è in esso che il factor apprezza il rischio dell'operazione ed in cui si ravvisa, per l'effetto, il rapporto funzionale tra genesi del credito da anticipazione e dazione di ipoteca, senza la quale il primo non verrebbe concesso».
Se il fornitore non presta la garanzia del pagamento dei crediti ceduti il factor assume il rischio correlativo, onde il contratto di factoring svolge anche una funzione assicurativa (artt.9 ss.). Anche a questo fine viene fissato il plafond, che ha carattere rotativo.
Il factor assume tale rischio anche per accrescere il suo volume d’affari. Infatti «l’assunzione di rischio in relazione a ciascun debitore comporterà l’obbligo inderogabile del fornitore di cedere indistintamente tutti i crediti che vanterà nei confronti dello stesso a decorrere dalla data di validità del plafond concesso» (art. 10, co. 4). In caso di inadempimento dell’obbligo di cessione la sanzione è articolata: vi è la revoca del plafond di credito relativo al debitore quando è stata omessa la cessione di almeno il 30% dei crediti nei suoi confronti; vi è una penale per gli inadempimenti minori (art. 13, co. 4).
Il ceduto può essere sottoposto a fallimento, e il pagamento da lui eseguito nelle mani del factor può essere revocabile, in special modo, ai sensi dell’art. 67, co. 2, l. fall., onde il factor deve restituire alla procedura quanto ricevuto, e poi insinuarsi al passivo per la medesima somma. Il fornitore cedente, viceversa, non è esposto al rischio della revocatoria di quel pagamento.
Queste regole sono modificate a vantaggio dei factor dalla l. n. 52/1991 che intende favorire lo sviluppo del factoring esercitato da banche e intermediari finanziari sottoposti al t.u.b. L’art. 6 di detta legge mette i factor al riparo dalla revocatoria dei pagamenti eseguiti dal ceduto che sarebbe poi fallito. Peraltro, il curatore può agire in revocatoria contro il cedente, provando che egli «conosceva lo stato di insolvenza del debitore ceduto alla data del pagamento al cessionario».
La norma inverte l’assetto ordinario e fa gravare sul fornitore cedente il rischio della azione revocatoria e l’onere di insinuarsi al passivo. Per conseguire questo risultato la l. n. 52/1991 deve disporre che l’azione revocatoria non sia diretta contro l’accipiens, ma contro colui che è stato titolare del credito ed ha tuttora interesse all’adempimento, posto che la cessione del credito al factor è strumentale alla riscossione. Si potrebbe dire, quindi, che lo strumento della cessione è eccessivo o ‘sovradimensionato’, e l’art. 6 ne ridimensiona gli effetti (Clarizia, R., I contratti nuovi, cit., 62 ss.).
Diverso è però il caso in cui il factor cessionario ha assunto il rischio dell’inadempimento del ceduto, rinunciando alla garanzia del cedente. L’azione revocatoria dovrebbe allora essere rivolta contro l’accipiens, come d’ordinario, e quindi contro il factor. Tuttavia la l. n. 52/1991 preferisce che anche in questo caso il fallimento del ceduto agisca contro il cedente, al quale attribuisce l’azione di rivalsa contro il factor.
L’art. 5, co. 1 lett. c), l. n. 52/1991 è volto ad agevolare il factor consentendogli di sostituire alla notifica della cessione del credito il pagamento munito di data certa. In tal modo la legge ‘premia’ il factor che ha dato corso al contratto eseguendo almeno una parte della controprestazione. Questo factor può opporre la cessione al fallimento del cedente e quindi può riscuotere il credito dal ceduto, salvo poi eseguire, a sua volta, il pagamento dovuto in base al contratto e lucrare le competenze previste.
Non sempre, però, il factor ottiene tale agevolazione. Ai sensi dell’art. 7, con il quale la norma citata si coordina, non merita di essere agevolato il factor che ha eseguito il pagamento, pur avendo conoscenza della insolvenza del cedente. Meglio, non merita di essere agevolato il factor che, in prossimità della dichiarazione di fallimento, e conoscendo l’insolvenza, ha concesso al cedente un finanziamento. Questa cessione in funzione di finanziamento non è apprezzata dalla legge, in quanto il factor concede credito ad un imprenditore decotto, ma si sottrae al concorso con gli altri creditori perché sarà soddisfatto dal ceduto. Lo sdoppiamento per cui il finanziamento concesso ad un imprenditore è rimborsato da un altro, non contribuisce alla migliore allocazione del credito e non vi è ragione di indurre i factor a praticarlo. Si potrebbe dubitare, anzi, che la reazione della legge a tale comportamento del factor sia abbastanza energica.
Va osservato che qui la legge non rende inefficace un pagamento eseguito dal fallito, come avviene nella revocatoria dei pagamenti. La legge, piuttosto, valuta se un pagamento ricevuto dal fallito ed eseguito dalla parte in bonis meriti di essere equiparato alla consueta notifica. Resta fermo che la cessione può essere revocata secondo le norme ordinarie.
L’art. 7, co. 2, l. n. 52/1991 attribuisce al curatore del fallimento del cedente il potere di sciogliere le cessioni di crediti non ancora sorti alla data dell’apertura della procedura, mentre il successivo co. 3 impone alla massa di restituire al factor «il corrispettivo pagato dal cessionario al cedente per le cessioni» rimosse.
In tal modo la legge impone la esecuzione integrale del contratto limitatamente alle cessioni di crediti già esistenti e ponefuori concorso, facendolo divenire un creditore della massa, il factor che ha finanziato il fallito su crediti futuri (Clarizia, R., I contratti nuovi, cit., 64 s.).
Ma la disposizione in esame, di certo, non priva il curatore del fallimento del cedente dei poteri previsti dal contratto. Pertanto il curatore può sciogliersene ai sensi dell’art. 20 delle ‘condizioni generali’, come ogni altro fornitore.
l. 21.2.1991, n. 52; art. 1, co. 2, lett. f ), d.lgs.1.9.1993, n. 385; l. 14.7.1993, n. 260.
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