FACTORING
In ambito economico-giuridico il f. è un contratto mediante il quale una delle parti (factor) si riserva la facoltà di acquistare tutti o una parte dei crediti di cui l'altra parte (imprenditore) sia o sarà titolare a causa dell'esercizio della sua attività commerciale e che l'imprenditore a sua volta s'impegna a cedere al factor in cambio di un corrispettivo determinato. Ai sensi della l. 21 febbraio 1991 n. 52 l'attività di f. può essere svolta soltanto da una società o ente, pubblico o privato, che persegua istituzionalmente lo scopo di acquistare crediti di impresa e il cui capitale sociale o fondo di dotazione sia non inferiore a dieci volte il capitale minimo previsto per le società per azioni (quindi in base alla normativa vigente pari a due miliardi di lire). Le imprese di f. aventi i suddetti requisiti devono iscriversi in un apposito albo tenuto presso la Banca d'Italia, osservare l'obbligo di certificazione del proprio bilancio annuale e infine sottostare al regime di vigilanza che verrà istituito per esse da un emanando decreto del ministro del Tesoro.
Il contratto di f. è considerato ex lege con oggetto determinato se è indicato il debitore ceduto, a condizione però che oggetto della cessione siano crediti presenti e/o futuri che sorgeranno da contratti da stipulare in un periodo di tempo non superiore a ventiquattro mesi.
Con la stipulazione di tale contratto l'imprenditore intende:
1) trasferire al factor gli oneri di gestione contabile-amministrativa relativa al complesso dei crediti ceduti, ivi compresa la proposizione di eventuali azioni giudiziarie per il recupero dei crediti non riscossi alla scadenza;
2) trasferire al factor il rischio d'insolvenza del debitore o dei debitori ceduti. Il trasferimento del rischio non è però un effetto necessario del contratto di f., essendo nei formulari rimessa normalmente alla discrezionalità del factor l'assunzione o meno del rischio derivante dall'insolvenza del debitore. Al riguardo deve anzi registrarsi la tendenza, da parte delle imprese di f., a non assumersi tale rischio;
3) ottenere a titolo di finanziamento dal factor una parte dell'importo dei crediti ceduti ancora a scadere. Anche il verificarsi di quest'ultimo effetto è rimesso normalmente alla discrezionalità del factor.
Come corrispettivo dei servizi svolti e dei rischi assunti ai sensi dei precedenti punti 1) e 2) l'imprenditore-cliente è obbligato al pagamento di una commissione calcolata in una percentuale variabile dallo 0,75 al 3% dell'importo complessivo dei crediti ceduti in funzione di numerosi fattori, quali la qualità dei crediti ceduti, il settore di attività economica dell'impresa cedente, la durata delle dilazioni dei pagamenti, il numero e l'importo medio delle fatture, la ripartizione geografica dei clienti e così via.
Inoltre, a fronte degli eventuali finanziamenti di cui al punto 3, l'imprenditore cedente deve corrispondere al factor un interesse, da computarsi sulle somme anticipate, di solito superiore di uno o due punti a quello normalmente applicato dalle banche ai propri clienti, per tutto il periodo compreso fra la data del versamento anticipato e quella dell'esazione del credito ceduto.
I rapporti patrimoniali tra il factor e l'imprenditore sono regolati in un apposito conto corrente, nel quale vengono segnate all'attivo le somme incassate dai debitori e al passivo le eventuali somme anticipate dal factor all'imprenditore prima dell'incasso dei relativi crediti. Il trasferimento dei crediti avviene normalmente con l'invio di tutta la documentazione relativa a ciascun credito ed eventualmente con la girata di tratte o effetti cambiari, e acquista efficacia nei confronti dei debitori ceduti con la notifica ad essi dell'avvenuta cessione dei crediti stessi, così come stabilito dall'art. 1264 c.c. in tema di cessione dei crediti. Dal momento della suddetta notifica il debitore è liberato solo quando adempia la propria prestazione in favore del factor. Nel caso in cui un medesimo credito sia stato ceduto sia al factor che a un terzo, l'art. 5 della citata legge 52/1991, derogando alla norma dettata dall'art. 1265 c.c., ha stabilito la prevalenza della cessione in favore del factor, qualora questi abbia pagato in tutto o in parte il corrispettivo della cessione con atto avente data certa anteriore a quella in cui il terzo abbia provveduto a rendere efficace il suo titolo di acquisto. La data certa di tale pagamento costituisce momento determinante anche ai fini dell'opponibilità della cessione sia ai creditori pignoratizi che al fallimento del cedente.
Deve infine rilevarsi che l'assenza in passato di una disciplina normativa del f. ha favorito il processo di creazione a opera della pratica di una disciplina uniforme di tale istituto, mediante la predisposizione unilaterale da parte delle imprese esercenti il f. di condizioni generali di contratto, la cui validità ed efficacia non sembrano essere state compromesse dalla legge n. 52/1991.
Deve infine rilevarsi che in assenza di una disciplina tipica il fenomeno del f. ha subito una standardizzazione ad opera della pratica attraverso la predisposizione di condizioni generali di contratto in modo sostanzialmente uniforme da parte delle varie società di factoring.
Accade così che nei formulari di contratto, le cui condizioni difficilmente possono essere modificate dal cliente, la posizione del factor sia maggiormente tutelata. Il che emerge in particolare sia dalle clausole che, a fronte di diritti soggettivi del factor, prevedono degli obblighi specifici a carico del cliente (quali l'obbligo di esclusiva del rapporto col factor, quello di offrire in cessione e di trasferire i crediti, di consegnare i documenti e ogni accessorio, di pagare il corrispettivo e più in generale di collaborare con il factor per la realizzazione dei crediti ceduti, sia dalle clausole che, a fronte di determinati interessi del cliente, prevedono solo delle facoltà (e non degli obblighi) del factor, quali la facoltà di accettare solo i crediti ''graditi'', di approvare (così assumendosi anche l'ulteriore rischio dell'insolvenza del debitore) solo quelli di sicura realizzazione, di revocare o limitare anche nel corso del rapporto le accettazioni e le approvazioni, di concedere anticipazioni.
Ne deriva che il principio di globalità che dovrebbe caratterizzare il contratto di f. viene dalla pratica circoscritto all'obbligo di sola offerta in cessione dei crediti da parte del cliente-imprenditore, mentre al factor è sempre lasciata la facoltà nel corso del rapporto di accettare o meno, pro soluto o pro solvendo, le proposte di cessione comunicategli dal cliente.
A bilanciamento di questo assetto di interessi particolarmente favorevole al factor i formulari prevedono normalmente la facoltà di recesso del cliente che non ritenga più conveniente l'intera operazione. Inoltre nella pratica non trova rigida attuazione la clausola di esclusiva, essendo evidente che il cliente cercherà di collocare altrove (e quindi anche presso altri factors) i crediti legittimamente rifiutati dal factor.
Bibl.: G. Zuddas, Il contratto di factoring, Napoli 1983; A. Nuzzo, Dal contratto all'impresa: il factoring, in Riv. Soc., I (1984, p. 931; G. Fossati, A. Porro, Il factoring, Milano 1985; AA. VV., Manuale del factoring, ivi 1986; G. Villa, Prospettive e problemi per una regolamentazione del contratto di factoring, in Quadrimestre, 1986, p. 513; Id., Le condizioni generali di factoring e la costruzione di un modello contrattuale uniforme, ibid., 1988, p. 590; Sviluppi e nuove prospettive nella disciplina del leasing e del factoring in Italia, a cura di A. Munari, Milano 1988; R. Clarizia, I contratti di finanziamento. Leasing e factoring in Italia, Torino 1989; F. Santi, La legge 21 febbraio 1991 n. 52 sulla disciplina della cessione dei crediti di impresa, in Banca, borsa e titoli di credito, I (1991, p. 407.