Faenza
La storia di F. si identifica per M. da un lato con la storia dei Manfredi e con le complesse dinamiche che coinvolsero la città romagnola e i suoi signori con le stirpi e le città vicine, di volta in volta alleate e antagoniste, dall’altro con il potere papale, che nelle diverse fasi della storia tardomedievale della Romagna controllò le città della regione in modo diretto o indiretto e attraverso diversi strumenti. Terzo polo delle dinamiche politiche della regione a partire dal secondo Trecento erano i grandi poteri territoriali limitrofi, che in vario modo estesero ambizioni e controllo verso la Romagna pontificia: Milano, Venezia, Firenze e gli Este. Negli ultimi decenni del Quattrocento i diversi attori politici si confrontarono in questa regione ‘aperta’, che divenne, soprattutto dopo la guerra di Ferrara (1482-84) e dopo le congiure del 1488 che costarono la vita a Girolamo Riario e a Galeotto Manfredi, uno dei luoghi sensibili del sistema. Nell’età di M., inoltre, i papi intrapresero una politica deliberata di costruzione di aree di radicamento delle dinastie pontificie nella regione, a spese delle schiatte signorili più antiche.
Formalmente nell’orbita papale dal 1278, F. conobbe, tra la fine del Duecento e il 1313, un’alternanza di protosignori, fra cui i Manfredi furono decisamente i più determinati e aggressivi. Francesco Manfredi divenne capitano del popolo nel 1313, dando inizio a una signoria che – con intermittenza, ma con una sostanziale continuità – governò la città sino al 1501. Il controllo dei Manfredi su F. e su una microregione che comprese saltuariamente anche Imola, Lugo, Bagnacavallo e la Val di Lamone si fece più solido a partire dal 1341, con la signoria di Giovanni di Francesco Manfredi, e soprattutto dal 1379, quando Astorgio I ottenne da Urbano VI la nomina a vicario apostolico. La concessione del vicariato apostolico definì il potere dei Manfredi sulla città: per quanto a tempo determinato e con obbligazioni formalmente più pesanti di quelle dei vicari imperiali, il vicariato apostolico rappresentava infatti una forma potente di legittimazione e una cornice formale di relativa stabilità. I Manfredi furono condottieri e signori: la struttura multipla del loro dominio signorile sulla città, l’intrecciarsi degli assi ereditari e i diversi schieramenti per i quali militarono a tempi alterni segnarono il destino della città, oggetto nel secondo Quattrocento delle mire incrociate di fiorentini e di sforzeschi. La situazione divenne ancora più complessa a partire dal 1473, allorché Girolamo Riario, nipote di papa Sisto IV, divenne signore di Imola, perduta nel 1471 da Taddeo Manfredi. Il tradizionale vuoto politico centrale della regione, sin qui riempito dalle lotte fra i diversi piccoli principi di volta in volta assecondati o ostacolati dalle potenze maggiori, divenne il terreno d’elezione di nuove, per quanto effimere, creazioni: gli Stati dei nipoti papali, in grado con relativa facilità di spodestare i signori locali, impoveriti e poco amati dai sudditi. Il convergere conflittuale di tanti interessi incrociati sulla regione avrebbe dettato le sorti della dinastia manfrediana e del suo controllo su F., sempre più ostaggio gli uni e l’altra di manovre politiche molto al di sopra del loro orizzonte.
Con la fine del Quattrocento, allorché il sistema degli Stati italiani venne messo duramente alla prova dalla calata di Carlo VIII e di Luigi XII – e localmente la geografia politica della regione venne rimodellata con brutale efficacia da un altro principe di discendenza papale, Cesare Borgia detto il Valentino – il giuoco si fece ancora più duro. La signoria manfrediana non sopravvisse a questo inasprirsi e mutare dei termini del confronto: Astorgio III di Galeotto, imprigionato dal duca Valentino durante la conquista di F., scomparve a Roma nel 1502, e l’ultimo tentativo del fratellastro Francesco (Astorgio IV) di riconquistare la città non resse nel 1503 alla pressione veneziana.
F. e i Manfredi, come si è detto, affiorano negli scritti storici di M. laddove le loro vicende incrociano gli interessi fiorentini nella regione, e occupano l’attenzione di M. segretario tra il 1498 e il 1503, allorché Firenze tenta di controllare e dirigere a proprio vantaggio l’epilogo della dominazione manfrediana sulla città.
Nelle Istorie fiorentine, M. ricorda quattro episodi principali relativi ai Manfredi e alla città. Negli anni Quaranta del Trecento, quando Ludovico il Bavaro confermò il controllo dei vari signori romagnoli sulle diverse città della regione, segnando un momento di svolta nella geografia politica della Romagna papale, Giovanni di Francesco Manfredi è ricordato in una costellazione di minute, ma turbolente dominazioni signorili, che sarebbero scomparse gradualmente nel corso dei successivi centocinquant’anni (Istorie fiorentine I xxx 3). Guidantonio Manfredi compare due volte nelle Istorie, quando Firenze spinge le sue mire in direzione della Val di Lamone (IV xiii 1; V xix 11); Astorgio II a sua volta viene menzionato, al soldo di Firenze, durante la campagna toscana di Ferrante d’Aragona negli anni 1453-54 (VI xxviii 12). Questa campagna, e il voltafaccia con cui Astorgio era passato dal servire Alfonso d’Aragona ai fiorentini nel 1446, furono all’origine della violenta ostilità del re nei confronti di Manfredi che condusse alla sua estromissione dalla lega italica, ricordata da M. poco dopo (VI xxxii 11). Di nuovo, le vicende di F. e dei Manfredi affiorano nella narrazione di un momento cruciale per la storia fiorentina: M. lega, infatti, la malattia di Carlo di Astorgio II, signore di F., nel 1477-78 alle manovre antimedicee alla vigilia della congiura del 1478. La malattia di Manfredi avrebbe, infatti, secondo M., permesso all’arcivescovo Francesco Salviati e a Girolamo Riario di inviare a Firenze e poi in Romagna Giovan Battista da Montesecco, condottiero papale coinvolto nel complotto, senza insospettire Lorenzo (VIII iv 1). L’ultima significativa vicenda manfrediana che attira l’interesse di M. è la congiura e l’assassinio di Galeotto di Astorgio Manfredi nel 1488. Manfredi venne assassinato da una cospirazione guidata dalla moglie Francesca, figlia di Giovanni Bentivoglio: Firenze assunse su di sé il compito di tutelare la vedova e soprattutto il giovanissimo erede, Astorgio III, difendendone i diritti contro l’altro potenziale erede legittimo, Ottaviano di Carlo II Manfredi, e insieme affermò con forza il proprio protettorato sulla città (VIII xxxv 1-9).
Nel 1498 M., come segretario, ebbe a che fare con F. e i Manfredi nel vivo dell’azione politica. La signoria di Astorgio negli anni successivi sarebbe stata minacciata da Ottaviano Manfredi, che mirava a recuperare la città – dal 1495, complice la caduta del regime mediceo, nell’orbita veneziana – stavolta con il sostegno fiorentino (LCSG, 1° t., pp. 66, 93, 165). Alla morte di Ottaviano, assassinato nell’aprile 1499, e dopo l’ingresso di Luigi XII a Milano nell’ottobre dello stesso anno, F. e Astorgio III entrarono nel mirino del Valentino. Firenze seguiva preoccupata questi sviluppi, nella consapevolezza di doversi muovere con prudenza nell’assicurare il suo rinnovato appoggio al giovane Manfredi: le lettere scambiate fra M. e la Signoria nell’inverno del 1500 testimoniano la difficile situazione fiorentina di fronte al papa (LCSG, 1° t., pp. 426, 513, 515, 516-17). L’ultimo episodio di questa vicenda è del 1503. Scomparsi sia Alessandro VI il 18 agosto 1503 sia il suo immediato successore, Pio III, il 18 ottobre dello stesso anno, M. è a Roma dal 26 ottobre al 18 dicembre per seguire il conclave da cui sarebbe uscito pontefice Giuliano Della Rovere. In questi mesi si consumò l’ultimo tentativo di un Manfredi di tornare a F.: Francesco (Astorgio IV), figlio naturale di Galeotto, venne chiamato dai faentini nel settembre del 1503 ed entrò in città con un cugino naturale, Astorgio figlio di Lancillotto di Astorgio II. Firenze, a lungo incerta, non si sbilanciò troppo nel sostenere Manfredi (LCSG, 3° t., pp. 281, 282-83), ma poi, vista la crescente debolezza di Cesare Borgia e l’appoggio di cui Manfredi sembrava godere in città, ordinò ai suoi ufficiali nella regione di appoggiarlo (pp. 285-86). Il pericolo però non era più il Valentino, ma Venezia che, approfittando della situazione e della duratura influenza nella regione, nel novembre mosse risolutamente verso F. occupandone il contado e assediandone la città. Abbandonata dal papa, che non voleva, come ebbe a scrivere Marin Sanudo, che «bastardi la dominino» (I diarii, a cura di R. Fulin, F. Stefani et al., 5° vol., 1879-1903, p. 342), e da Firenze (la Signoria scriveva a M. il 16 novembre che i faentini non «avevano tanti aiuti che bastassino a levare loro i veneziani dalle spalle», LCSG, 3° t., p. 369), la città si arrese il 18 novembre, negoziando con Venezia l’incolumità e un vitalizio per tutti i Manfredi superstiti purché si impegnassero a vivere fuori dal territorio faentino.
Bibliografia: Fonti: M. Sanudo, I diarii, a cura di R. Fulin, F. Stefani et al., Venezia 1879-1903; Cronica breviora aliaque monumenta faventina a Bernardino Azzurrinio collecta, in RIS, 28.3, a cura di A. Messeri, 1907-1921; Statuta Faventiae, in RIS, 18.5, a cura di G. Ballardini, 1929-1930; L. de’ Medici, Lettere (1460-1490), coord. N. Rubinstein, 16 voll., Firenze 1977-2011; N. Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, a cura di F. Bausi, Roma 2001.
Per gli studi critici si vedano: A. Messeri, Galeotto Manfredi, signore di Faenza. Medaglione storico, Faenza 1904; A. Messeri, A. Calzi, Faenza nella storia e nell’arte, Faenza 1909; A. Missiroli, Astorgio III Manfredi signore di Faenza (1488-1501), Bologna 1912; G. Filippini, Taddeo Manfredi signore d’Imola e sue relazioni con gli Sforza, Urbania 1913; G. Donati, La fine della signoria dei Manfredi in Faenza, Torino 1938; P. Zama, I Manfredi signori di Faenza, Faenza 1954; J. Larner, Signorie di Romagna. La società romagnola e l’origine delle signorie, Bologna 1972; A. Medri, Il duplice assassinio di Galeotto Manfredi (1477-1488), Faenza 1972; P. Jones, The Malatesta of Rimini and the papal state, Cambridge 1974; Faenza nell’età dei Manfredi, Faenza 1990; R. Fubini, Italia quattrocentesca. Politica e diplomazia nell’età di Lorenzo il Magnifico, Milano 1994; M. Pellegrini, Congiure di Romagna. Lorenzo de’ Medici e il duplice tirannicidio a Forlì e a Faenza nel 1488, Firenze 1999; I. Lazzarini, Manfredi Astorgio I, Manfredi Astorgio II, Manfredi Astorgio III, Manfredi Astorgio IV, Manfredi Carlo II, Manfredi Francesco, Manfredi Galeotto, Manfredi Giovanni, Manfredi Guidantonio, Manfredi Ottaviano, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 68° vol., Roma 2007, ad voces.