fair value
<fèër vä'liùu> locuz. sost. ingl., usata in it. al femm. – Locuzione inglese la cui traduzione letterale, «valore o prezzo equo», rappresenta uno dei pilastri adottati nei principi contabili internazionali (International accounting standards, IAS) per la valutazione di attività e passività da inserire nei bilanci delle imprese, tanto a fini del rendiconto ad azionisti e potenziali investitori, quanto a fini di controllo preventivo e successivo delle autorità di regolazione e supervisione dei mercati. Secondo il paragrafo 32 degli IAS, recepito dagli organismi comunitari e successivamente dall’Organismo italiano di contabilità, il f. v. è formalmente definito come «il corrispettivo al quale un’attività può essere ceduta o una passività può essere trasferita in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili». Va sottolineato che non si tratta necessariamente di un prezzo di mercato, anche se, laddove un prezzo negoziato su mercati ufficiali esista, esso deve essere comunque preso come base della valutazione. Un’applicazione eccessivamente ampia del f. v. può comportare implicazioni negative. Durante la crisi dei mutui (v.), infatti, la valutazione di prodotti finanziari complessi in base ai principi contabili del f. v. ha determinato la brusca riduzione dell’attivo di bilancio delle banche in possesso di tali titoli, le quali si sono trovate improvvisamente sottocapitalizzate. Perdite di bilancio che al momento risultavano solo virtuali, hanno costretto le banche a vendere le proprie attività per ridurre il proprio leverage (v. ), alimentando in tal modo il rischio di una deflazione da debito, ossia dell’innesco di un circolo vizioso fra vendita a basso prezzo di attività fortemente illiquide, perdite bancarie con caduta dei finanziamenti, diminuzione nel livello generale dei prezzi ed elevata propensione alla liquidità. L’indubbia prociclicità del metodo del f. v. ha spinto le autorità di politica economica e gli estensori delle regole contabili IAS negli Stati Uniti e nell’Unione Europea a rimuovere alcuni principi cardine della redazione degli attivi di bilancio in base al f. v. così da evitare che perdite bancarie aggravassero i processi di deleveraging e causassero un’ulteriore caduta nel prezzo delle attività finanziarie ad alto rischio e a bassa liquidità.