FALCONERIA
La f. è l'arte di addomesticare uccelli rapaci e di addestrarli a cacciare a vantaggio dell'uomo; a tale scopo nel Medioevo venivano utilizzate diverse specie di falchi, principalmente il falco pellegrino (f. in senso stretto), ma anche l'astore e lo sparviero (in questi casi si parla più propriamente di accipitria).La caccia con gli uccelli era conosciuta nell'Occidente a partire dalla fine del sec. 4°, importata dall'Oriente dai Germani, ma il suo massimo sviluppo si colloca negli ultimi secoli del Medioevo; da allora in poi essa compare in innumerevoli rappresentazioni figurate, la cui comprensione è possibile grazie alle fonti testuali e in particolare ai trattati di falconeria.I primi trattati rimasti risalgono alla metà del sec. 10° (Grimaldus; Anonimo di Vercelli; Bischoff, 1984), ma fu il sec. 12° a segnare il rapido sviluppo del genere, con diversi testi latini, brevi e di natura terapeutica, noti con i nomi degli autori: Dancus Rex, Guillelmus, Gerardus, Alexander, Grisofus (Tilander, 1963; Grisofus medicus, 1964); alla stessa epoca risalgono l'Epistola ad Ptolomeum e il trattato di Adelardo di Bath, De cura accipitrum. Della prima metà del sec. 13° è il De arte venandi cum avibus di Federico II di Svevia, capolavoro del genere e fonte principale per la conoscenza della f. medievale. L'opera è corredata da illustrazioni: le miniature del manoscritto più antico (Roma, BAV, Pal. lat. 1071) sono ricche di particolari, anche se il loro realismo non deve essere sovrastimato (Yapp, 1983). Nello stesso ambiente culturale siciliano furono curate le traduzioni dei testi arabi di Moamin e di Ghatrif. Gli altri trattati in latino sono di rilievo più per la storia della veterinaria che non per la storia della caccia. A partire dal sec. 13° alcuni di questi testi vennero tradotti nelle lingue volgari e in seguito comparvero opere autonome, numerose in Francia, in Spagna e in Italia. Per le notizie sulle tecniche di caccia sono particolarmente importanti il Livre du Roy Modus et de la Royne Ratio e il Roman des deduis di Gace de la Buigne (Blomqvist, 1951); queste fonti sono completate dalle allusioni alla f. che compaiono frequentemente nelle opere narrative (Van den Abeele, 1990a).La caccia con gli uccelli è documentata iconograficamente per la prima volta nei mosaici di Argo, in Grecia, databili alla fine del sec. 4°, costituiti da quattro scene di caccia (Åkerström-Hougen, 1974). L'Alto Medioevo è sorprendentemente povero di rappresentazioni figurate, contrariamente a quanto lascerebbero sperare i testi; è da tenere presente che per la qualificazione di un'immagine come scena di f. non basta la semplice rappresentazione di un uccello rapace; a esso va associata una figura umana o una preda tipica della caccia con gli uccelli oppure un accessorio per la falconeria. Tra le immagini di f. propriamente dette vanno annoverate, oltre alle celebri scene del ricamo di Bayeux (Bayeux, Tapisserie de Bayeux; Yapp, 1987), oreficerie come la borsa di Sutton Hoo (Hicks, 1986), rare miniature e alcuni rilievi. Nei paesi scandinavi e soprattutto in Svezia, fino al sec. 11° vanno segnalate le raffigurazioni di cavalieri e di uccelli rapaci sulle stele runiche (Åkerström-Hougen, 1981). A partire dal sec. 12° i temi iconografici della f. ebbero grande importanza e rilevante diffusione; in questo fenomeno si può cogliere il segno di un nuovo sviluppo della pratica della caccia con gli uccelli, come del resto è testimoniato dal moltiplicarsi dei trattati tecnici. Un impulso decisivo in questo processo fu senza dubbio determinato dal contatto con la f. orientale, avvenuto per il tramite delle crociate. Forma di caccia sottile e impegnativa, ove il piacere estetico contava più delle motivazioni utilitaristiche, la f. si addiceva bene al modello della vita cortese, anche perché, contrariamente alla caccia ad animali di grossa taglia, potevano prendervi parte anche le donne.Dalla pittura murale alla decorazione di oggetti d'uso, scene di f. sono attestate in tutte le forme artistiche, anche se solo raramente, nell'arte medievale, esse costituiscono il soggetto esclusivo di un'opera. Al Tardo Medioevo risalgono alcune pitture murali a soggetto profano di grande realismo (per es. negli affreschi della c.d. camera del Cervo nel palazzo dei Papi di Avignone e del castello del Buonconsiglio a Trento) e si hanno attestazioni di opere oggi scomparse (Mantova, Ferrara). Se la pittura di cavalletto del sec. 15° si rivela relativamente povera, la produzione tardomedievale di arazzi, più orientata verso i temi della vita cortese, annovera varie scene di falconeria. Tra tutte le arti è la miniatura a offrire in questo senso il maggior numero di esempi, sia nell'illustrazione dei testi di f. o di storia naturale, sia nei manoscritti di opere letterarie, sia nei calendari dei salteri o dei libri d'ore, sia nelle scene allegoriche o nelle decorazioni marginali. Il tema della f. compare anche nelle statue di cavalieri con il falcone sul pugno, che simboleggiano i mesi di Maggio o Aprile, nei portali delle cattedrali gotiche dell'Ile-de-France e dell'Italia settentrionale, in alcuni falconieri rappresentati sulle misericordie (per es. nelle cattedrali di Worcester, Beverley Minster e Bruges), sui manici di coltelli in osso (Howe, 1983), e soprattutto nelle scene galanti, assai frequenti su cofanetti, coperchi e tavolette in avorio prodotti dalle botteghe parigine del 14° secolo. Nella metallistica si conservano pochi esempi: sono note alcune scene a smalto e alcuni acquamanili in forma di cavaliere con il falcone.È raro che si possano identificare gli uccelli rapaci o semplicemente distinguere gli uccelli da f. da quelli da accipitria (Yapp, 1981). Il realismo si accresce in alcuni esemplari tardi: due falchi pellegrini sono perfettamente individuabili nell'Offiziolo di Gian Galeazzo Visconti (Firenze, Bibl. Naz., B.R. 397, c. 48r) e un astore nella parte bassa dell'affresco con i re Magi di Benozzo Gozzoli nel palazzo Medici a Firenze.Gli accessori della f. sono spesso riprodotti in maniera assai dettagliata: a partire dalla metà del sec. 13° l'uccello rapace ha spesso la testa coperta dal cappelletto, un cappuccio in pelle, destinato a impedirgli la visione fino al momento della caccia. Alle zampe degli uccelli si notano dei sonagli e dei geti, corti laccetti di pelle che servivano a trattenere l'uccello sul pugno del cacciatore, alla cui estremità veniva attaccata, tramite un tornetto costituito da due anelli girevoli, la c.d. lunga, una correggia più lunga che serviva ad attaccare l'uccello alla pertica o al sedile. L'uomo porta il falcone sul pugno, nell'Occidente medievale generalmente il destro (contrariamente alla pratica orientale), protetto da un solido guanto; spesso porge al falcone il tiratorio, una zampa di pollo o di un altro uccello che esso può beccare. Per richiamare il falcone, il cacciatore si serve del c.d. logoro, una sorta di simulacro di uccello costituito da due ali di volatile fissate a una correggia; si tratta dell'attributo più distintivo del falconiere, che viene spesso rappresentato nell'atto di far roteare il logoro per attirare il proprio falcone. Talvolta si nota la presenza di un valletto che porta una lunga pertica che serviva a battere i cespugli per far levare in volo la selvaggina, scopo per il quale si usavano anche tamburelli; tutti questi oggetti mutarono assai poco nel corso dei secoli.Portato sul pugno, il falco compare spesso come distintivo di status sociale. Necessitando di molto tempo libero e di molti mezzi, la f. ebbe di fatto un certo carattere di esclusività sociale, in alcuni casi incoraggiata da prescrizioni normative; essa era così una componente essenziale dello stile di vita aristocratico nell'Europa medievale, anche se il suo esercizio non può essere considerato in realtà appannaggio della sola nobiltà (Oggins, 1989). L'iconografia presenta di fatto una tendenza ad accentuare questo legame con la nobiltà; così il falco diventa un attributo della figura allegorica di questa (Parigi, BN, fr. 1584, c. 175v) e in un manoscritto di Aristotele è portato da alcuni dei membri delle assemblee della aristocracie e del royaume opposte alla tymocracie (Bruxelles, Bibl. Royale, 11201-2, c. 2r). Il falcone compare frequentemente nei sigilli nobiliari, benché sia molto raro nell'araldica. Portato da un santo, esso ne segnala, nell'arte del sec. 15°, l'ascendenza aristocratica, a meno che la sua presenza non sia da collegare a una leggenda (per es. s. Bavone di Gand).Altrettanto frequente è la presenza del falco nelle scene galanti (Vaivre, 1985; Friedman, 1989); nella letteratura, il rapace è un attributo caratteristico dell'amante cortese, il che si lega a un simbolismo più generale che lo associa all'atto d'amore (Van den Abeele, 1990a). L'iconografia ne ha trasmesso numerose illustrazioni, che vanno talvolta a completare i testi: così, in molte raffigurazioni dell'incontro di Tristano e Isotta nel frutteto, Tristano porta un falcone benché la scena si svolga di notte.Nel campo morale, l'uccello rapace ha un valore ambivalente: talvolta è attributo di virtù quali la speranza, la libertà, la sobrietà. Può essere associato a un'idea di concordia, dato che questo svago si praticava senza l'uso di armi: un messaggero che si presenti con l'uccello sul pugno manifesta così le sue intenzioni pacifiche. Nel Tacuinum sanitatis del sec. 15° di Liegi (Bibl. Univ., 1041, c. 70v), si vedono degli uccelli da caccia appollaiati sullo sfondo della scena che illustra la nozione di quies. Più spesso però esso accompagna le immagini dei vizi, principalmente l'orgoglio (Parigi, BN, fr. 1581, c. 57r) e l'invidia (Parigi, BN, fr. 400, c. 53v), ma anche altri, per es. nelle Bibles moralisées (Friedman, 1984; Garnier, 1994).Il falco compare frequentemente nelle rappresentazioni dell'Incontro dei tre vivi e dei tre morti e anche nelle danze macabre; in questi casi combina così il significato sociale (si tratta di principi) e quello morale (il testo insiste sul loro orgoglio).Nel campo didattico, il rapace caratterizza la giovinezza, o più raramente l'adolescenza, nelle rappresentazioni delle età della vita. Lo si trova anche come attributo del temperamento sanguigno.Un ambito privilegiato per le scene di f. nell'arte medievale è costituito, a partire dal sec. 12°, dall'iconografia dei mesi; per lo più esse illustrano il mese di Maggio, talvolta quello di Aprile. In alcuni esempi inglesi il motivo illustra invece un mese dell'autunno, che era infatti la stagione più adatta per la caccia con gli uccelli.Un ultimo campo è quello della parodia, che si sviluppa in un gran numero di decorazioni marginali di manoscritti: costituiscono allusioni ironiche una scimmia che tiene un falcone o un logoro, o anche un personaggio che sorregge un gufo, uccello notturno inutile per la caccia.
Bibl.:
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Ed. in facsimile. - Federico II, De arte venandi cum avibus. Ms. Pal. lat. 1071 Biblioteca Apostolica Vaticana. Fak-simile, a cura di C.A. Willemsen (Codices e Vaticanis selecti, 31; Codices selecti phototypice impressi, 16), 2 voll., Graz 1969.
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