FALERO (Φάληρον, Phalērum)
Ampia insenatura ad E della penisola di Aktè (Pireo), limitata ad O dal promontorio di Mounichia e ad E dal Capo Coliade. La sua estensione è di circa km 2,5; al centro è lo sbocco in mare del Cefiso.
Di facile approdo, rappresentò il primo porto di Atene, da cui distava solo venti stadi (Paus., viii, 10, 4). Il porto vero e proprio si deve probabilmente porre all'estremità N-E della baia, nelle vicinanze dell'odierna chiesa di H. Gheorghios, nella zona detta Trispyrgoi (Ph. Negris.). Un lungo muro (il τὸ ϕοληεικὸν τεῖχος di Tucidide, II, 13, 7) univa Atene al suo porto; è probabile che corresse a S del percorso delle posteriori Lunghe Mura, congiungenti Atene al Pireo (Judeich, p. 156). La tradizione ricorda dal F. le partenze dei più antichi eroi ateniesi: da qui infatti salpò Menesteo con la sua flotta, diretto a Troia (Paus., i, 1, 2) e ancor prima Teseo (Paus., l. c., e Plut., Tes., 17 e 22) diretto alla reggia di Minosse per vendicare la morte di Androgeo.
Con l'adattamento a porto del Pireo, ad opera di Temistocle, l'importanza del F. decrebbe. Sono testimoniati però dalle fonti letterarie ed epigrafiche edifici, per lo più di carattere sacro, anche posteriori al V secolo. Di un santuario di Demetra parla Pausania (I, I, 4 e x, 35, 2) il cui àgalma è stato ipoteticamente identificato dallo Hekler con una statua ritratto della villa DoriaPamphili (Roma). Questo naòs era stato conservato semibruciato, in ricordo dell'offesa ricevuta dai Persiani. Ancora Pausania ricorda un santuario di Atena Sciras (i, 1, 4 e 36, 4) e un tempio di Zeus (i, 1, 4); e ancora un naòs di Hera sulla strada che dal F. portava ad Atene (i, 1, 5 e x, 35, 2), incendiato dallo stesso Mardonio durante l'invasione persiana e in seguito conservato senza porte e senza tetto. Conteneva una statua di culto, che Pausania attribuisce ad Alkamenes (v. hera).
Anche numerosi altari sono ricordati: ad Androgeo, figlio di Minosse, ai figli di Teseo e a Falero che secondo gli Ateniesi fu compagno di Giasone in Colchide (Paus., i, 1, 4); agli dèi detti "Sconosciuti" e agli Eroi (Paus., l. c.; Diog. Laert., i, 10, 3; Poll., viii, 118); e inoltre le tombe di Aristeides (Plut., Arist., i) e di Musaios (Diog. Laert., i, Proem., 3; Anth. Pai., vii, 615). Si aggiunga ancora il ricordo dell'Eleusinion, restaurato da Pericle, ricordato in un'iscrizione del 447-6 (K. Kuruniotis, Eleusiniakà, i, 1932, p. 173 ss.). Sono pure attestati i culti di Apollo Delio (I. G., i2, 310) e di Posidone (Dionis., 10). Altre menzioni generali del F. si trovano in Strabone (ix, 1, 398) e in Erodoto (libri v, vi, e viii, passim).
Scavi greci hanno rinvenuto una necropoli dell'VIII-VII sec. a. C. (trovamenti ceramici del tardo-geometrico e corinzio) e anche tombe più recenti. Dal F., poi, provengono due rilievi marmorei su alti basamenti iscritti, in calcare, conservati ora al Museo Nazionale di Atene. Il primo, dedicato da Xenokrateia, figlia di Xeniades al Cefiso e agli dèi σύμβωμοι è decorato con una scena di non ben chiaro significato. Ritenuta in un primo tempo (Stais, Wilamowitz-Moellendorf, Léchat) la raffigurazione di Ione a Delfi secondo la versione euripidea, viene ora con più probabilità interpretata (Walter) come scena di consacrazione di un fanciullo al cospetto di un congresso di divinità: Apollo, Leto (?), Cefiso, ninfe (come ricorda l'iscrizione) e altre divinità locali, tra cui Acheloo. L'altro rilievo (leggermente più tardo) dedicato da un certo Kephisodotos, figlio di Demogenes insieme a un altare è decorato da entrambi i lati: da una parte è un rilievo con una quadriga condotta da Hermes e montata da Echelos e Basile (o Iasile, secondo il Walter). La raffigurazione ritorna con strette affinità in pìnakes di Locri e in monete siciliane. L'altro lato porta un rilievo con tre ninfe, Hermes, Cefiso una generica figura maschile (Demos di Atene? Boutades?). Entrambi i rilievi mostrano influssi dell'arte fidiaca post-partenonica e sono databili al 420 circa; contemporanei tra loro e, probabilmente, della stessa bottega.
Bibl.: W. Wrede, in Pauly-Wissowa, XIX, 1938, c. 1663, s. v. Phaleron; D. Levi, in Enc. It., XIV, 1932, p. 745 ss., s. v. Porto e mura; Ph. Negris, in Ath. Mitt., XXIX, 1904, p. 350 ss.; K. Lehmann, Die ant. Hafenanlagen d. Mittelmeeres, Lipsia 1923, pp. 79, 101, 247; A. v. Gerkan, Gr. Stadteanlagen, Berlino-Lipsia 1924, p. 55; J. Day, Phaleron and the Phaleric Wall, in Trans. a. Proc. Am. Phil. Ass., LIX, 1928, p. 164 ss.; W. Judeich, Topographie v. Athens, Monaco 1931, p. 155, nota 1, pp. 158, 425 ss., 458. Necropoli: K. Kuruniotis, in Arch. Ephemeris, 1911, p. 246 ss.; P. Pelekidis, in Arch. Deltion, 1916, p. 13 ss. Rilievi del F.: R. Kekule v. Stradonitz, in Berliner Winckelmannsprogramm, LXV, Berlino 1905; Th. Homolle, in Revue Archéol., XI, 1920 (1), p. 1 ss.; S. Papaspiridi, Guide du Musée Nat., Atene 1927, p. 54 ss., con bibl. precedente; O. Walter, in Arch. Ephem., 1937 (1938), p. 97 ss.; G. E. Rizzo, in Boll. d'Arte, 1938, p. 329; J. Warin, in Revue Archéol., XIII, 1939 (1), p. 143 ss.; Ch. Picard, Manuel, II, Parigi 1939, p. 833, con bibl. precedente. Statua di villa Doria-Pamphili: A. Hekler, in Jahrbuch, XLII, 1927, p. 67 ss. = E. A. 2337.