FALISCI
. Popolo dell'Etruria meridionale, che occupava la regione fra i monti Cimini e il Tevere per un'estensione di circa 400 kmq., confinando a nord col territorio di Orvieto, a ovest con quello di Tarquinia, a sud con quello di Veio e con l'Agro Capenate, a est con Umbri e Sabini. Loro capitale era Falerii (Civita Castellana); città del territorio falisco era Fescenia, di ubicazione non precisata. La tradizione considerava Falerii come colonia argiva. I Falisci, contro Roma, furono alleati dei Fidenati nel 437-6, dei Veienti fra il 402 e il 395, di Tarquinia nel 357, della Confederazione etrusca nel 293. Nel 241, all'inizio della guerra punica, vengono sottomessi, Falerii distrutta e ricostruita nel fondovalle. Strabone (V, 226) riporta la notizia che i Falisci per nazione e per lingua erano autonomi rispetto agli Etruschi. Questo confermano le 500 iscrizioni che dal sec. VI in poi ci sono rimaste: esse mostrano infatti un'imponente penetrazione linguistica etrusca, ma un fondo linguistico indoeuropeo. L'alfabeto, di provenienza etrusca, mostra pure punti di contatto con quello latino (v. alfabeto, II, p. 381).
L'iscrizione più nota è quella, conosciuta in due esemplari non identici, di due calici tratti dal sepolcreto della Penna: foied vino pipafo cra carefo "oggi voglio bere del vino, domani non ne avrò. Essa ci dà ulteriori notizie sulla parentela del dialetto falisco, perché il futuro in fo manca nei dialetti del gruppo osco-umbro e si trova invece, sotto la forma bo, in latino. Il dialetto falisco è quindi latino, ma ha subito, prima di quello etrusco, una penetrazione linguistica osco-umbra, testimoniata dall'f in carefo (lat. carebo) come in loifirtat- (lat. libertat-).
I più antichi dati archeologici della regione falisca sono quelli delle cavernette di Corchiano. Ma il quadro organico di una civiltà non lo troviamo se non nei sepolcreti di Monte S. Angelo, presso il lago di Martignano, all'estremo ovest della regione falisca. Rito funebre incineratore, ossuario villanoviano, scarsità del corredo sono in relazione coi ritrovamenti di Tolfa e Allumiere, dell'età di transizione fra il bronzo e il ferro. A Narce, nella valle del Treia, a 9 km. da Falerii si sono trovati sepolcreti assai ricchi, che rispecchiano una fase alquanto più recente di civiltà, incinerazione dominante ma non esclusiva, urne nascoste in custodie di tufo o in dolî. A Falerii infine le tombe a incinerazione (Montarano) sono la minoranza. Pare così confermata la tesi di F. v. Duhn, che vi sia stata un'immigrazione dall'ovest. Le tombe più recenti a fossa e a camera non permettono invece di distinguere la penetrazione etrusca da un'ipotetica penetrazione umbro-sabina, riconoscibile secondo il Duhn attraverso le bare costituite da tronchi d'albero scavati.
Per gli scavi e i ritrovamenti di Falerii, v. Falerii veteres. Nel territorio, a Corchiano, si è trovato un sepolcreto di tombe a pozzo, a fossa, a camera, con ceramica falisca; a Vignanello residui di un tempio con terracotte decorative, tombe a camera con ceramica falisca. Dei culti, quello di Feronia che radunava presso il Soratte Etruschi, Sabini e Romani appartiene a rigore all'Agro Capenate. La divinità principale era Giunone Curite di cui i Romani rispettarono il tempio; oltre Apollo e Mercurio già citati, Minerva fu trapiantata in Roma con l'attributo di capta (Ovidio, Fasti, III, 843), e una divinità quadrifronte appare in Roma come Janus quadrifrons (Servio, ad Aen., VII, 607).
Bibl.: Ch. Hülsen, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VI, coll. 1969-1972 (s. v. Falerii e Falisci); Falisker, in M. Ebert, Reallexikon der Vorgeschichte, III, Berlino 1924; W. Deecke, Die Falisker, Strasburgo 1888; G. Buonamici, Il dialetto Falisco, Imola 1913; E. Stolte, Der faliskische Dialekt, Monaco 1926; F. v. Duhn, Italische Gräberkunde, I, Heidelberg 1924, pp. 367 segg.; L. A. Holland, The Faliscans in prehistoric times, in Papers of the Amer. Acad. Rome, V (1925); E. Stolte, Faliskische Bibliogr., in Glotta, XVII (1918), pp. 113-117; Corpus Inscriptionum etruscarum, II, 11, nn. 8001-8448, 8548-8600; G. Q. Giglioli, in Not. scavi, 1930, 336-341; L. Pareti, Le Origini etrusche, Firenze 1926, p. 306 segg.