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fallire

Enciclopedia Dantesca (1970)
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fallire (fallare; condiz. falleria, fallarei)


Il verbo presenta una gamma di significati che sostanzialmente coincide con quella di ‛ fallare ', di cui è del resto un allotropo.

Ricorre nel senso di " sbagliare " e in quello di " commettere una colpa " più o meno grave: Fiore CLXVII 1 La lupa... per non fallire / a prender ella pecora o montone / ... ne va... un cento e più assalire; Rime LI 12 (usato come sostantivo) dolenti / son li miei spirti per lo lor [degli occhi, che hanno commesso il gran fallo del v. 2] fallire; Cv IV XXV 10 di questa paura [di disonoranza] nasce un pentimento del fallo, lo quale ha in sé una amaritudine che è gastigamento a più non fallire; Fiore XVIII 1 " Tu falli troppo verso quell'amante " / disse Venusso " che cotanto t'ama... " (e XVII 14, XXIV 2 e 12, XCIV 4, CXCII 1), dove significa più precisamente " commettere la colpa " di non adempiere al dovere. Con lo stesso significato: If XXIX 120 me... / dannò Minòs, a cui fallar non lece, nel giudicare i dannati; Fiore CXIV 11 se 'n cavalleria alcun volesse / intender... / non falleria già sed e' chiedesse; CXXXVI 3, CLVI 8, e, con soggetto inanimato, Pg IX 121 Quandunque l'una d'este chiavi [dell'angelo custode] falla, / che non si volga dritta per la toppa / ... non s'apre questa calla.

Con senso più marcato s'incontra (sostantivato) in Vn VIII 9 9 Morte villana... / convenesi ch'eo dica / lo tuo fallar [" il tuo colpevole agire ", Pazzaglia] d'onni torto tortoso; Rime CVI 10; Pd VI 102 (con costrutto intransitivo pronominale) L'uno al pubblico segno i gigli gialli / oppone, e l'altro appropria quello a parte, / sì ch'è forte a veder chi più si falli, " chi più pecchi, faccia contro all'aquila " (Andreoli; secondo il Chimenz il ‛ si ' è pleonastico, ma si tratta verisimilmente di forma mediale; il Tommaseo vede infatti nell'espressione un latinismo); V 53 L'altra [delle due cose che si convegnono a l'essenza del sacrificio, v. 43] ... / puote ben esser tal, che non si falla [" non si commette peccato "] / se con altra materia si converta (secondo alcuni commentatori , falla è congiuntivo, da ‛ fallire '; cfr. Scartazzini-Vandelli); e così in Cv I III 3, IV XXV 4 e 7, Fiore LXXVI 2, CCIV 9.

Significa " non conseguire ", " non raggiungere " un fine, una meta: If XV 56 Se tu segui tua stella, / non puoi fallire a glorïoso porto (costante la costruzione con ‛ a ': cfr. anche Guittone [Segre-Marti, Prosa 53]: " troppo fòra periglioso dannaggio... se per defetto vostro voi falliste a perfetta... fine "; per la variante fallare, cfr. Petrocchi, ad l.). Lo stesso costrutto in Fiore III 12 chi mi serve... / a la mia grazia non può già fallire, " non può non ottenere il mio favore " (Petronio), e in CCXXX 1, con un altro verbo: Per più volte falli' [" non riuscii "] a lui ficcare (che riprende il passo di CCXXIX 13 'l fatto andò in falligione). Con il valore consimile di " non giungere a compimento ", " non realizzarsi pienamente ": Pg VI 35 la speranza di costor non falla andrà confrontato col verso cavalcantiano " la speranza, ch'è stata fallace / ... m'à fatto perder dilettevole ore " (La forte e nova 22-24; ma il Landino interpreta: " non gl'inganna "; Daniello: " non è fallace o vana ", e così molti dei moderni, di sul v. 32 sarebbe dunque loro speme vana...?); Fiore CCII 13 spesso falla [" non si avvera "] ciò che 'l folle crede; equivale a " non corrispondere a ciò che è designato dal compimento " (Crusca), quindi " mancare il segno ", nell'espressione ‛ fallare il colpo ' di Cv IV V 13, con allusione al tentativo di Muzio Scevola andato a vuoto (è l'unico caso in cui il verbo è usato transitivamente); l'incompletezza di una metamorfosi biologica è espressa in Pg X 129 siete quasi antomata in difetto, / sì come vermo in cui formazion falla (" deficit ", Benvenuto; " non viene a compimento di formarsi ", Buti).

È costruito impersonalmente in Fiore CCXI 4 poco ne fallì d'a terra andare, " mancò poco che non cadesse a terra " (Petronio; cfr. ‛ fallare ' nel passo di egual senso del Boccaccio Dec. II 10 7 " incappò una volta... a toccarla, e di poco fallò che egli quella una non fece tavola ").

Anche nel senso di " venire a mancare ", " venir meno ": If XIII 122 poi che forse li fallia la lena [" gli veniva a mancare il fiato "], / di sé e d'un cespuglio fece un groppo (così anche in Pg XXXI 52 'l sommo piacer sì ti fallio / per la mia morte; Fiore CXLIX 11, CCVl 7, LXXXV 3, CXIV 4 quel che gli fallisce al su' managgio, " gli manca per il suo mantenimento ", Petronio). Con lo stesso valore di " mancare ", in senso proprio, in Pg XIII 61 li ciechi a cui la roba falla, / stanno a' perdoni, e figurato in Fiore CXLIII 6 s'ogn'altra risposta ti fallasse, " ti venisse a mancare ". Da questo significato fondamentale il verbo ne assume, nel Fiore, vari altri; CXLVII 7 le mie promesse gli venian fallate, " gli venivano meno " (lo stesso costrutto col verbo ‛ venire ', in XLII 7 certana sie ch'i' ti verre' fallato, " non manterrei il mio impegno ", e, in uso attivo, poco più oltre, Allora avre' fallato a lui e te, v. 9); CXX 11 molte volte fallarei in dolere, " verrei meno dal dolore "; e infine CLXVIII 7 almen le converrebbe pur fallare / alle gioie che ciascun l'avria recate, dovrebbe " per lo meno rinunziare ", ecc. (tutte queste interpretazioni sono del Petronio).

Il participio passato, unito a ‛ Cuor ' a formare un nome proprio, ricorre in Detto 325 Povertà... / Figlia fu a Cuor-Fallito.

Vocabolario
fallire
fallire v. intr. e tr. [dal lat. fallĕre «ingannare» (nel medio passivo «ingannarsi, sbagliare»), con mutamento di coniug.] (io fallisco, tu fallisci, ecc.). – 1. intr. (aus. avere), ant. Commettere un fallo o una colpa, sbagliare: Fallir...
falliménto
fallimento falliménto s. m. [der. di fallire]. – 1. ant. a. Fallo, errore: fare f., commettere errore; senza f., infallibilmente, con certezza di non errare. b. Mancanza, difetto di qualche cosa: f. di vittovaglia (G. Villani). 2. Stato...
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