Falsembiante (Falsosembiante)
Personificazione del Fiore, che corrisponde a " Faus Semblanz " del Roman de la Rose. Nell'allegoria amorosa del poemetto F. (letteralmente ‛ falsa sembianza ', ‛ aspetto ingannevole ') rappresenta l'atteggiamento di sagace simulazione che è necessario all'amante per pervenire al possesso amoroso.
Il suo ingresso nel racconto coincide con l'adunata dell'esercito di Amore, a cui egli si presenta accompagnato da Costretta-Astinenza (che gli sarà sempre unita nel corso dell'azione); Amore è dapprima sorpreso nel vederlo tra il suo seguito (in palese contrasto con il codice cortese), ma finirà per accettarlo in seguito alle insistenze dei suoi baroni (LXXIX-LXXXVI; cfr. Rose 10459 ss.). L'intervento di F. era stato anticipato da Amico, il quale aveva suggerito ad Amante di ricorrere alla simulazione per venire a capo di Malabocca (cioè per ridurre all'impotenza i perfidi maldicenti, che turbano il commercio degli amanti); così in L 1-4 (A Malabocca vo' primieramente / che tu sì no gli mostri mal sembiante, / ma se gli passe o dimore davante, / umile gli ti mostra ed ubbidente) è già adombrato il nome del personaggio (come al v. 1 del sonetto successivo lo sarà quella di Costretta-Astinenza; v.), mentre la prefigurazione è anche più esplicita in LXIX 5-8 Malabocca, che così ti travaglia, / è traditor: chi 'l tradisce non erra; / chi con falsi sembianti no ll'afferra, / il su' buon gioco mette a ripentaglia (ma poi il motivo della simulazione come mezzo necessario per il successo amoroso percorre tutto il discorso di Amico; la parola sembiante è anche in LV 7 e 11, LXII 10). La comparsa della personificazione esprime appunto la messa in atto dei suggerimenti di Amico da parte dell'Amante, dopo le perplessità iniziali.
F. e Costretta-Astinenza avranno il compito di dare scacco matto a Malabocca (LXXXIV 3-4; cfr. Rose 10719-22); per realizzarlo i due si travestiranno da religiosi (in antitesi con l'addobbo militare degli altri vassalli), e si recheranno da lui come pellegrini. Ottenutane l'ospitalità, riescono, non senza difficoltà, a persuaderlo di avere ingiustamente calunniato Amante e Bellaccoglienza, e mentre egli s'inginocchia per confessarsi, F. gli taglia la gola con un rasoio che aveva portato con sé, nascosto nel seno (CXXXI -CXXXVI; cfr. Rose 12082 ss.). In tutto l'episodio le parti di Costretta-Astinenza e di F. appaiono tra loro complementari, rappresentando la prima una simulazione passiva (simulata indifferenza nei confronti della donna amata), il secondo una attiva (finta amicizia nei confronti degli odiati maldicenti). Dopo l'uccisione di Malabocca, sarà sempre F. a rivolgere lusinghiere parole alla Vecchia, ottenendo che essa rechi i doni di Amante a Bellaccoglienza e interceda in favore di questi (CXXXVIII; cfr. Rose 12401 ss., dove però a parlare non è il solo Faus Semblanz, ma il gruppo formato da lui, Astenance, Courteisie, Largece). Fin qui il ruolo del personaggio è sostanzialmente identico a quello del Roman de la Rose; non troveranno invece riscontro nel Fiore gli ulteriori svolgimenti che esso avrà in Jean de Meun (cfr. 12487 ss., 14739 ss., 15247, 19345 ss., 19439 ss.).
Tale è la funzione di F. nella narrazione amorosa. Il suo significato valica tuttavia i confini di questa, per investire profondi contenuti etici e politici. Nell'ampio ritratto che F. traccia di sé davanti alla corte di Amore (son. LXXXVII-CXXVI), egli ci appare come raffigurazione dell'ipocrisia vista nella molteplicità delle sue guise sociali (cfr. CI), ma specialmente dell'ipocrisia ecclesiastica e più precisamente monastica. La simulazione, che ci è parsa condizione necessaria per il successo amoroso, è vista qui come fondamento di potenza politica. Di una parvenza di povertà e di religione, gli ordini mendicanti hanno fatto strumento di un immenso potere (Così abbiamo impreso mare e terra, / e sì facciam per tutto ordinamento, CXXIII 9-10), che si presenta in tinte apocalittiche, come anticipazione dell'Anticristo (CXXIII). La critica contro i mendicanti viene condotta in forme radicali, denunciandone il tradimento degli obblighi di povertà e di astinenza, la spietata persecuzione condotta contro i chierici illuminati (come Sigeri e Guglielmo di Sant'Amore) che hanno cercato di smascherare l'inganno, il furore interessato delle persecuzioni antipatarine. La critica giunge a mettere in discussione la pratica stessa delle elemosine, applicata indiscriminatamente, in contraddizione con l'imperativo biblico del lavoro. Alla polemica antiecclesiastica si congiunge poi quella antiborghese (son. CXVIII), di modo che nel discorso di F. trovano rappresentazione le forze che all'aristocratico decaduto D. dovevano apparire come cagioni del corrompimento dell'ordine tradizionale.
Il discorso di F. occupa una posizione privilegiata nel poemetto (quasi latore di un messaggio ideale), come appare anche dal suo collocarsi proprio nel centro di esso. I temi che vi si agitano, pur con profonde trasformazioni, continueranno a riproporsi nelle successive opere dantesche, e in particolare nella Commedia. Esso trova significative rispondenze nell'episodio infernale degli ipocriti (anch'essi rappresentati in abito monastico), com'è già stato rilevato dagli studiosi (cfr. in particolare E. Raimondi, I canti bolognesi dell'Inferno dantesco, in Dante e Bologna nei tempi di Dante, Bologna 1967, 242), così come in quello di Gerione (se ne confronti la descrizione: La faccia sua era faccia d'uom giusto, / tanto benigna avea di fuor la pelle, / e d'un serpente tutto l'altro fusto [If XVII 10-12], con questa di F.: Agnol pietoso par quand'uon l'ha visto, / di fora sì fa dolze portatura; / ma egli è dentro lupo per natura [CXXXI 5-7], affini anche nel giro sintattico). Mentre ampie risonanze esso avrà nelle invettive antimonastiche del Paradiso.
Accanto al più comune Falsembiante, compare anche la forma Falsosembiante (LXXXVII 2, XCIV 1, CIV 1, CXXX 1, CXXXV 1). Quando F. si presenta da Malabocca, il nome verrà scomposto nei suoi due elementi, sì da esprimere l'inganno in cui questi è caduto, non riconoscendo la falsità nei modi dell'Amante: Malabocca conobbe ben Sembiante, / ma non ch'e' fosse Falso (CXXXI 9-10).