FALSO (lat. falsum; fr. faux; sp. falsificación; ted. Fälschung; ingl. forgery)
"Falso" indica in senso larghissimo qualsiasi alterazione, mutazione o soppressione del vero. Non ogni falso è però delitto: nei riguardi penali il falso risulta, come qualunque reato, dal concorso di due elementi: l'oggettivo (materialità del fatto) e il soggettivo (imputabilità e responsabilità dell'agente). Dal punto di vista civilistico, invece (querela di falso civile; incidente di falso), si considera soltanto l'elemento oggettivo perché la prova del falso è diretta a sanzionare l'inefficacia parziale o totale di un documento, indipendentemente dall'imputabilità e dalla responsabilità dell'agente, che può essere, ad esempio, non imputabile, per età o pazzia, o anche del tutto ignoto. I legislatori incriminarono la falsità nella parola (falso giudiziale), nella moneta (falso nummario), nella scrittura (falso documentale), nei segni (falso degli emblemi), nella persona (falso personale), ecc.
Per i falsi testimoni, la legge di Mosè comminava la pena del taglione e le dodici Tavole quella della morte, mediante precipitatio e saxo. La lex Cornelia de falsis reprimeva la falsità nei testamenti e nelle monete. La lex Iulia de maiestate considerava come crimen maiestatis la falsificazione dei documenti pubblici. Più tardi, con le costituzioni imperiali e con i responsa prudentum, furono estese le antiche norme sul falso e si crearono nuovi delitti (quasi falsa); ad esempio, la falsificazione di pesi e misure, l'assunzione di falso nome a scopo fraudolento, la termini motio, la partus suppositio, ecc. L'editto di Rotari stabiliva il taglio della mano per chi avesse falsificato un documento. La stessa pena era applicata al falso monetario presso i Longobardi e i Carolingi. Pene severe erano comminate per i falsarî dalle costituzioni di Federico II e dalla cosiddetta Carolina cioè la costituzione criminale di Carlo V (1532). In Francia i rei di falsi monetarî erano cuciti in un sacco insieme con un gatto, un serpente e un gallo e annegati; oppure uccisi mediante ebollizione. Alle gravi pene contro i falsarî la Chiesa aggiunse la scomunica. Le riforme leopoldine (1786) accolsero criterî più umani.
Intanto si veniva elaborando e precisando il concetto del falso, un tempo così vago e indeterminato che i vecchi pratici vi comprendevano numerosissimi fatti e, in genere, tutte le frodi e le truffe accompagnate da falsità. La creazione della categoria dei delitti contro la fede pubblica sembra dovuta, almeno per quanto riguarda l'Italia, a G. Filangieri (Scienza della legislazione, Napoli 1780-85) e a Giuseppe Raffaelli (Nomotesia penale, 1820). Fede pubblica è, sostanzialmente, la fiducia collettiva nella quale si svolgono alcuni rapporti sociali. La fiducia è, quindi, non un fatto individuale e contingente, ma un fenomeno collettivo permanente, che costituisce un bene appartenente alla società. Mentre la violazione della fiducia individuale può costituire truffa, abuso di fiducia ecc., quella della fiducia collettiva costituisce, in genere, crimen falsi. Il codice penale del 1889, mentre collocava il falso giudiziale tra i delitti contro l'amministrazione della giustizia, poneva tra i delitti contro la fede pubblica: la falsità in monete; in sigilli; in bolli pubblici e loro impronte; in atti; in passaporti, licenze, certificati, attestati e dichiarazioni; e le frodi nei commerci, nelle industrie e negl'incanti.
Il codice penale del 1930 comprende tra i delitti contro la fede pubblica (Libro II-Titolo VII) la falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo (cap.1); la falsità in sigilli o strumenti o segni di autenticazione, certificazione o riconoscimento (cap. II); la falsità in atti (cap. III); la falsificazione personale (cap. IV). Le frodi nei commerci, nelle industrie e negl'incanti, le quali non costituiscono, come la migliore dottrina aveva rilevato, vere falsità, ma quasi-falsità, sono state collocate in altre categorie.
La legge penale protegge pertanto l'interesse relativo alla pubblica fede in quanto esso attiene alla pubblica fiducia che deve essere riposta: a) nella circolazione della moneta e valori ad essa assimilati; b) nella sincerità delle pubbliche autenticazioni, certificazioni o attestazioni; c) nella sincerità di dichiarazioni o attestazioni di volontà giuridicamente rilevanti, ossia atte a produrre conseguenze giuridiche; d) nella sincerità di dichiarazioni o manifestazioni attinenti alla persona, alle quali la legge attribuisce effetti giuridici. Le falsità personali comprendono, infatti, alcune ipotesi delittuose (sostituzione di persona, usurpazione di titoli od onori, ecc.) nelle quali l'inganno cade sulla persona o sull'identità o sullo stato o su qualità personali, e si dirige all'autorità o verso un numero indeterminato di persone. Ad esempio, nell'usurpazione di titoli, si viola quella fiducia che la generalità dei cittadini ripone nel pubblico uso di segni, ufficiali o no, o di distintivi di particolari onori, uffici o cariche, o nella pubblica autoattribuzione di dignità, decorazioni, ecc.
Altre falsità sono prevedute in leggi diverse, dando luogo talora ad altri titoli di reato; ad esempio, la falsificazione di libri di commercio da parte del commerciante fallito (bancarotta fraudolenta, art. 860 cod. commercio). Particolari forme di falsità sono contemplate altresì nei codici militari (art. 179 e seg. cod. pen. per l'esercito): falso documentale, falso in congedi temporanei, fogli di licenza e di via, falso in attestati militari, ecc. In genere, il falso è di competenza dei tribunali militari quando dal fatto può derivare un danno al servizio, all'amministrazione militare o a persone appartenenti alla milizia per cose concernenti siffatta loro qualità, anche se in realtà il danno reale effettivo sia sofferto da persona estranea alla milizia.
Falsità in monete, in carte di pubblico credito, ecc. - Il nuovo codice penale prevede nel capo I del titolo settimo del libro II la falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo; nel capo II dello stesso titolo la falsità in sigilli o in strumenti o in segni di autenticazione, certificazione o riconoscimento.
Oggetto del falso nummario è, anzitutto, la moneta di qualsiasi specie metallica, nazionale o straniera, purché avente corso legale nello stato italiano o fuori di esso (art.453, n.1). Moneta a corso legale è quella che lo stato ha dichiarato mezzo valido di pagamento e della quale impone l'accettazione per il valore legalmente attribuitole. La moneta coniata (pecunia signo publico signata) rappresenta un valore determinato, serve di misura al valore delle altre merci, facilita gli scambî. Lo stato, imprimendo sulla moneta il suo segno, ne certifica e ne garantisce il valore quantitativo e qualitativo, sicché la falsificazione della moneta è delitto contro la fede pubblica.
Agli effetti della legge penale, sono parificate alle monete le carte di pubblico credito, italiane o straniere. Per carte di pubblico credito s'intendono: a) quelle che hanno corso legale come moneta; b) le carte e cedole al portatore emesse dai governi; c) tutte le altre carte aventi corso legale emesse da istituti a ciò autorizzati (art. 458).
Contraffare (art. 453, n.1) significa dare l'apparenza di moneta o di carta di pubblico credito a un metallo o a una carta. Indifferente, agli effetti penali, è il procedimento usato (coniatura, getto, galvanoplastica, litografia, zincografia, processi fotomeccanici in genere).
L'alterazione (art. 453, n. 2) consiste nel dare, in qualsiasi modo, a monete o carte di pubblico credito genuine, l'apparenza di un valore superiore. Una forma di alterazione particolare alle monete metalliche è quella che consiste nello scemarne in qualsiasi modo il valore, mediante tosatura, lisciatura, raschiatura, acidi, ecc., allo scopo di appropriarsi di quella parte del metallo che viene così sottratta alla moneta (art. 454);
È equiparato al contraffattore, agli effetti della pena: a) chiunque, non avendo concorso alla contraffazione o all'alterazione, ma di concerto con chi l'ha eseguita, ovvero con un intermediario, introduce nel territorio dello stato le monete contraffatte o alterate, o le detiene, o le spende, o le mette altrimenti in circolazione; b) chiunque, al fine di metterle in circolazione, acquista o comunque riceve, da chi le ha falsificate, ovvero da un intermediario, monete contraffatte o alterate. L'aver ritenuto sufficiente, per la equiparazione, la prova del concerto anche soltanto con un intermediario, l'aver preveduto l'ipotesi della detenzione e del ricevere comunque, e quindi anche a titolo gratuito, ha rinvigorito notevolmente la tutela penale, in confronto al codice abrogato. La detenzione, di concerto con il contraffattore o un intermediario, e l'acquisto sciente da parte di costoro, al fine di mettere in circolazione le monete, costituisce dunque, non già ricettazione, come per il codice abrogato, ma falso. Quando non sia provato il concerto con il contraffattore o con l'intermediario, l'introduzione nel territorio dello stato, l'acquisto o la detenzione di monete contraffatte o alterate, al fine di metterle in circolazione, la spendita o la messa in circolazione sono meno gravemente punite (art. 455). Se dai fatti preveduti negli articoli 453 e 455 derivi una diminuzione nel prezzo della valuta o dei titoli di stato, o ne sia compromesso il credito nei mercati, interni o esteri, le pene sono aumentate. Il nuovo codice ha soppresso l'attenuante della facile riconoscibilità (art. 259 cod. abrogato).
È punita altresì la spendita dolosa di monete falsificate ricevute come buone (art. 457). Particolari norme prevedono poi la falsificazione dei valori di bollo, ossia della carta bollata, delle marche da bollo, dei francobolli e degli altri valori a questi equiparati dalle leggi speciali (art. 459); la contraffazione, la detenzione, l'acquisto e l'alienazione della carta filigranata in uso per la fabbricazione delle carte di pubblico credito o dei valori di bollo (art. 460); la fabbricazione o detenzione delle filigrane e di strumenti destinati esclusivamente alla contraffazione o alterazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata (art. 461). È stabilita la non punibilità per colui che, avendo commesso uno dei delitti sopra ricordati, riesca, prima che l'autorità ne abbia notizia, a impedire la contraffazione l'alterazione, la fabbricazione o circolazione delle cose anzidette (art. 463). Altre forme minori di falsità sono prevedute, negli articoli 462, 464, 465 e 466, relativamente alla falsificazione di biglietti di pubbliche imprese di trasporto, di uso di valori di bollo da altri contraffatti o alterati, ecc.
Falsità in sigilli o strumenti o seggi di autentificazione, ecc. - Le pubbliche autorità e gli uffici pubblici adoperano segni i quali attestano o concorrono ad attestare simbolicamente la genuinità dei documenti, o comprovano, simbolicamente o meno, il compimento di un atto, o stanno a indicare la qualità, lo stato, la potenzialità di una cosa. Tali segni, e gli strumenti con i quali si producono, formano oggetto della pubblica fede. Tutela penale, a titolo di falsità, è concessa: a) al sigillo dello stato, destinato a essere apposto sugli atti del governo; b) ai sigilli di un ente pubblico o di un pubblico ufficio; c) agli strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione; d) alle impronte di pubblica autenticazione o certificazione. È punito altresi chi essendosi procurati i veri sigilli o i veri strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione, ne fa uso a danno altrui, o a profitto di sé o di altri. In generale, può dirsi che duplici sono le ipotesi delittuose relativamente a queste falsità. La contraffazione del sigillo, dello strumento o dell'impronta e quella dell'uso doloso del sigillo ecc., da parte di chi non abbia concorso alla contraffazione. Tra i reati contro la fede pubblica il nuovo codice ha compreso altresì la contraffazione o alterazione di marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, delle opere dell'ingegno o dei prodotti industriali, o di brevetti, disegni o modelli industriali, nazionali o esteri, e l'uso, da parte di chi non abbia concorso alla contraffazione o all'alterazione, di tali cose (art. 473). Fuori dei casi di concerto nella contraffazione, alterazione o uso, sono puniti altresl a titolo di falsità l'introduzione nel territorio dello stato per farne commercio, la detenzione per vendere, la messa in vendita o in circolazione di opere dell'ingegno o di prodotti industriali, con marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati (art. 474). Affinché possano essere applicate le norme sul falso, è tuttavia necessario che siano state osservate le norme delle leggi interne o delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale. In difetto di tale requisito potranno trovare applicazione, nei congrui casi, gli articoli 514 e 517, posti tra i delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio ed aventi, perciò, un'obiettività giuridica diversa dal falso. Secondo il nuovo codice, pertanto, costituisce falsità soltanto la violazione di quella particolare pubblica fede, la quale deriva dalla legale adozione dei mezzi di riconoscimento che garantiscono la circolazione dei prodotti intellettuali o industriali o rendono privilegiati speciali processi o tipi di fabbricazione.
Falsità in atti. - Le disposizioni penali sulla falsità in atti tutelano specificamente l'interesse relativo alla pubblica fede inerente agli atti pubblici o privati (documenti), in quanto contengono manifestazioni (dichiarazioni, attestazioni, certificazioni) di volontà giuridicamente rilevanti, cioè atte a produrre conseguenze giuridiche. Il codice penale del 1930 distingue gli atti in: atti pubblici, in genere, comprese le concessioni amministrative; copie autentiche di atti pubblici; scritture private; copie autentiche di atti privati; attestazioni circa il contenuto di atti pubblici e privati; registri; notificazioni (articoli 476-493). Agli effetti delle disposizioni sul falso documentale, nella denominazione di atti pubblici e di scritture private sono compresi non soltanto gli atti originali, ma anche, rispettivamente, le copie autentiche di essi, quando, a norma di legge, tengano luogo degli originali mancanti (art. 1333 seg. cod. civile). La falsificazione di un atto giuridicamente rilevante contiene in sé stessa l'attitudine a produrre un pubblico o privato nocumento (nocumento potenziale) e perciò il codice del 1930 non ha riprodotto espressamente tale condizione (articoli 275,280 cod. pen. del 1889). Per la falsità in atto pubblico è sufficiente la coscienza e la volontà di perpetrare il falso; non occorre, nell'agente, un fine speciale. Nella falsità in scrittura privata, invece, occorre anche il fine di procurare a sé o ad altri, un vantaggio, o di recare ad altri un danno. Per la falsità in atto pubblico non occorre l'uso; per quella in scrittura privata è, invece, necessario l'uso, o la scienza che altri faccia uso della scrittura falsa. La falsità in scrittura privata non seguita dall'uso non è punibile, neppure a titolo di tentativo. Di regola, per le scritture private non è punito il falso ideologico, o intellettuale, per il quale il documento non è falsificato, in tutto o in parte, nella sua essenza materiale (falso materiale), ma creato vero nella forma, pur essendo falso, in tutto o in parte, nella sostanza. Sono equiparati agli atti pubblici, ai soli effetti della pena, il testamento olografo, la cambiale e ogni altro titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore (art. 491). Dall'equiparazione soltanto quoad poenam consegue che anche rispetto a tali documenti si applicano le regole relative alla falsità in scrittura privata, per ciò che concerne il momento consumativo (uso), il fine specifico, e la non punibilità del falso ideologico. Si avverta che le carte e cedole al portatore emesse dai governi e tutte le altre aventi corso legale emesse da istituti a ciò autorizzati sono carte di pubblico credito (art. 458), parificate alle monete; la falsità in tali carte e cedole è, pertanto, punibile come falso nummario, e non come falso documentale.
Le disposizioni sulle falsità commesse da pubblici ufficiali (art. 476 seguenti) si applicano altresì agl'impiegati dello stato, o di un altro ente pubblico, incaricati di un pubblico servizio (art. 358, n.1), relativamente agli atti che essi redigono nell'esercizio delle loro attribuzioni ossia nell'adempimento dei loro doveri d'ufficio. Secondo il nuovo codice penale, l'abuso di foglio in bianco, cioè di un foglio in cui il sottoscrittore abbia lasciato bianco un qualsiasi spazio destinato ad essere riempito, costituisce sempre, vi sia stato o meno affidamento, falsità strumentale, perché in ogni caso viene creata la falsa prova di un documento non vero. Presupposto del delitto è che l'agente abbia il possesso di un foglio firmato in bianco per un titolo che importi l'obbligo o la facoltà, in forza di una norma giuridica o d'un negozio giuridico, di riempire il foglio in bianco, sì da dare vita a un atto pubblico, o a un atto privato avente un contenuto non diverso da quello al quale attiene l'obbligo o la facoltà.
Circa il fine, il momento consumativo ecc., vale quanto abbiamo detto sopra, a proposito della distinzione tra falsità in atti pubblici e falsità in scritture private (articoli 486 e 487 cod. pen.). Se l'agente sia venuto in possesso del foglio firmato in bianco per un titolo diverso da quello che importi l'obbligo o la facoltà di riempirlo (ad es. in seguito a furto o a ritrovamento), si applicano le disposizioni sulle falsità materiali in atti pubblici o in scritture private. Tali disposizioni si applicano altresì nella ipotesi del privato che scriva o faccia scrivere nel foglio firmato in bianco un atto pubblico, perché soltanto il pubblico ufficiale può avere il possesso di un foglio firmato in bianco per un titolo che importi l'obbligo o la facoltà di scrivervi un atto pubblico. È punito altresi l'uso di un atto che si conosce falso. In tal caso l'agente non deve aver concorso alla falsità, altrimenti si applicherebbero le norme sul concorso (art. 489). L'uso comprende qualsiasi modo di servirsi dell'atto falso per uno scopo giuridicamente efficiente: economico, morale, politico, ecc. Costituisce crimen falsi anche la distruzione, la soppressione o l'occultamento di un atto pubblico o di una scrittura privata, quando si miri a insidiare e a ledere l'interesse probatorio derivante dal documento.
Bibl.: M. Finzi, I reati di falso, Torino 1920.
Falsità in giudizio. - Sotto il capo "Della falsità in giudizio" compreso nel titolo "Dei delitti contro l'amministrazione della giustizia" il codice penale del 1889 configurava tre distinti delitti: 1. la falsa testimonianza, perizia o interpretazione (art. 214-217); 2. la subornazione (articoli 218-220) e 3. lo spergiuro della parte in causa civile (art. 221). Nel nuovo codice (1930) la falsità in giudizio è preveduta negli art. 371-377, ma non forma un capo a sé, essendo compresa, sempre sotto il titolo dei delitti contro l'amministrazione della giustizia, nel più ampio capo dei delitti contro l'autorità giudiziaria (cap. I, tit. III, libro II). Alle tre figure di delitto del codice precedente, il nuovo codice ne aggiunge una quarta, la frode processuale, che pure rientra nella categoria delle falsità in giudizio. Le sanzioni comminate per questi delitti sono dirette alla tutela del regolare funzionamento dell'amministmzione della giustizia, occorrendo garantire che le dichiarazioni personali, cui è necessario ricorrere per la prova dei reati, siano conformi al vero. Il nuovo codice contempla:1. il falso giuramento della parte all'art. 371;2. la falsa testimonianza all'articolo 372;3. la falsa perizia o interpretazione all'art. 373;4. la frode processuale all'art. 374;5. la subornazione all'art. 377. L'art. 375 tratta delle circostanze aggravanti per i delitti di falsa testimonianza, di falsa perizia o interpretazione e di frode processuale e l'art. 376 della ritrattazione quale causa di non punibilità della falsa testimonianza e della falsa perizia o interpretazione. L'art. 384 contempla poi alcuni casi di non punibilità, che possono trovare applicazione anche nei delitti di falsa testimonianza, di falsa perizia o interpretazione e di frode processuale.
Il falso giuramento o spergiuro. - Può essere commesso solo da chi sia parte in giudizio civile. Parte è chi sta in giudizio per far valere un diritto in nome proprio. Il dolo dello spergiuro consiste nella coscienza di giurare il falso. L'elemento materiale del delitto consiste nella prestazione del falso giuramento. La falsità può consistere nell'affermazione del falso o nella negazione del vero. È invece controverso se basti la semplice reticenza: la tesi negativa si fonda sulla considerazione che la reticenza equivale a rifiuto di giurare. Il delitto di cui trattasi, avendo carattere formale, si consuma con la semplice prestazione del giuramento, indipendentemente dall'effetto che ne consegue e indipendentemente dall'ammissibilità e validità del giuramento. Non è configurabile il tentativo. Il giuramento probatorio, considerato dall'art. 371 c. p., può essere il giuramento decisorio (deferito o riferito direttamente da una parte all'altra) o il giuramento deferito dal giudice (suppletorio o estimatorio). La legge non fa distinzione tra le due specie di giuramento se non quanto agli effetti della ritrattazione che, a differenza del codice precedente, dal codice nuovo è ammessa soltanto per il giuramento deferito d'ufficio, sia per la considerazione che, in questo caso, la parte non ha facoltà di riferire il giuramento all'altra, sia perché il principio della irrevocabilità del giuramento, sancito nell'art. 1370 cod. civ., secondo l'insegnamento più accreditato, concerne esclusivamente il giuramento decisorio. Mentre però, per il codice abrogato, la ritrattazione determinava una semplice attenuazione di pena, per il codice attuale invece essa ha efficacia discriminante, escludendo la punibilità dello spergiuro. A tale effetto, peraltro, la ritrattazione deve essere fatta prima della sentenza definitiva, ancorché non irrevocabile, che decida sulla domanda giudiziale, vale a dire prima della sentenza di merito, con cui viene definita la causa civile, indifferente se in prima istanza o in grado di appello o anche in sede di rinvio. Quindi, la ritrattazione è valida ancorché fatta dopo una sentenza che assolva dall'osservanza del giudizio per mancanza di presupposti processuali, o dopo una sentenza interlocutoria, incidentale o provvisionale. La pena prevista per lo spergiuro è della reclusione da sei mesi a tre anni e la condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici. Si osserva che la sentenza di condanna dello spergiuro non può impedire che la sentenza civile si basi sul giuramento prestato, nonostante l'accertata falsità del medesimo, ma potrà dar luogo a un'azione civile per risarcimento del danno derivatone.
La falsa testimonianza. - Storicamente spesso si confonde e si identifica con lo spergiuro; fu variamente colpita nelle varie legislazioni. Nel sistema italiano la nozione del delitto di falsa testimonianza prescinde dal fine propostosi dall'agente, né il giuramento attiene alla sua essenza; nel codice abrogato atteneva però alla configurazione tipica del reato, accordando detto codice un'attenuante nel caso di testimonianza resa senza giuramento. Ora non più. Soggetto attivo della falsa testimonianza può essere solo chi, citato o volontariamente presentatosi, deponga come testimone innanzi all'autorità giudiziaria, ordinaria o speciale, civile o penale, o anche davanti agli organi della giustizia amministrativa, in periodo istruttorio o in giudizio. Fra le giurisdizioni speciali sono da comprendersi i cosiddetti arbitrati obbligatorî, non gli arbitrati liberi, perché gli arbitri veri e proprî non hanno giurisdizione né propria né delegata, ma derivano le loro facoltà dalla volontà delle parti e le loro decisioni non sono esecutive, se non intervenga l'organo giurisdizionale dello stato. L'elemento materiale del delitto può consistere nell'affermazione del falso, nella negazione del vero o nella reticenza. La falsità deve cadere sull'oggetto della prova, deve cioè riscontrarsi rispetto all'esame principale o supplementare, non anche rispetto all'interrogatorio personale, diretto a stabilire l'identità personale del testimone, nel qual caso potrà invece ricorrere l'ipotesi del delitto punito dall'art. 495 cod. pen. L'elemento morale, ossia il dolo, consiste nella volontarietà del fatto: volontà cosciente di mentire o di nascondere la verità. Si tratta di delitto istantaneo, che è consumato tosto che si sia affermato il falso o negato o sottaciuto il vero. Si richiede peraltro che la deposizione sia finita, per la considerazione che la medesima costituisce un atto complesso, ma inscindibile. Non è ammesso il tentativo. La pena ordinaria è la reclusione da sei mesi a tre anni. Sono poi previsti aggravamenti di pena (art. 375 c. p.) se dal fatto deriva una condanna: la pena è della reclusione da 1 a 5 anni se la condanna derivata dalla deposizione mendace è alla reclusione non superiore ai 5 anni; della reclusione da 3 a 12 anni, se è superiore ai 5 anni; della reclusione da 6 a 20 anni, se la condanna è all'ergastolo e infine si applica l'ergastolo se dal fatto deriva una condanna alla pena di morte. L'art. 384 stabilisce poi alcuni casi di non punibilità. Esso ammette invero l'esenzione da pena a favore dell'agente che, nel commettere il delitto, si sia trovato in uno stato di necessità, sia stato cioè costretto alla deposizione mendace dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore. Chi debba intendersi per prossimo congiunto è stabilito nell'art. 307 cod. pen. Nel capoverso, l'articolo 384 esclude la punibilità, se il fatto è commesso da chi per legge non avrebbe dovuto essere assunto come testimone (testimoni eccettuati), ovvero avrebbe dovuto essere avvertito della facoltà di astenersi dal rendere testimonianza (testimoni esentati); (si vedano gli articoli 348 segg. cod. proc. pen.). Altra circostanza esimente da pena è la ritrattazione (art. 376 cod. pen.). A differenza dell'art. 371, l'art. 376 richiede, agli effetti dell'esenzione da pena, che il colpevole, non soltanto ritratti il falso, ma manifesti inoltre il vero. La ritrattazione è efficace se avvenga nel procedimento penale, in cui il testimone ha prestato il suo ufficio, prima che l'istruzione sia chiusa con sentenza di non luogo a procedere ovvero prima che il dibattimento sia chiuso, o sia rinviato a causa della falsità; e, in una causa civile, se avvenga prima che sulla domanda giudiziale sia pronunciata sentenza definitiva (di merito), anche se non irrevocabile.
Falsa perizia o interpretazione (art. 373). - Quanto si è detto per la falsa testimonianza vale anche per il delitto commesso dal perito o dall'interprete che, nominato dall'autorità giudiziaria, dà pareri o interpretazioni mendaci o afferma fatti non conformi al vero. La condanna però importa, oltre all'interdizione dai pubblici uffici, l'interdizione dalla professione o dall'arte.
Subornazione. - Nella speciale sanzione dell'art 377 cod. pen. incorre chiunque offre o promette denaro o altra utilità a un testimone, perito o interprete, per indurlo a una falsa testimonianza, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, oppure, accettata bensì l'offerta o la promessa, la falsità non venga però commessa. Ove la falsità venisse commessa, non si avrebbe più l'ipotesi criminosa prevista da questo articolo, ma concorso nel reato di falsa testimonianza, punito con le sanzioni dell'art. 110 cod. pen. Si tratta di una sostanziale differenza introdotta dal nuovo codice in confronto al codice Zanardelli per quanto concerne la configurazione di questo reato, la nozione tipica della subornazione essendo nel codice abrogato collegata alla commissione della falsità, rientrando invece nel tentativo di subornazione il caso dell'istigazione respinta o accolta senza effetto. Altra differenza vi è quanto all'impiego dei mezzi usati dal subornatore, che devono consistere nell'offerta o promessa di danaro o altra utilità, ad esclusione di qualsiasi altro mezzo, e in particolare della minaccia che nel codice Zanardelli figurava nell'ipotesi del tentativo. Nel codice vigente l'uso della violenza o della minaccia per indurre altri a deporre il falso costituisce lo speciale delitto represso nell'art. 610 cod. pen. La relazione avverte che per aversi subornazione occorre che la qualità di testimone, interprete o teste, del subornato sussista nel momento della subornazione. Le pone previste per il delitto di subornazione sono quelle stabilite per la falsa testimonianza, perizia o interpretazione, ridotte dalla metà ai due terzi. La condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici.
Frode processuale. - Il codice vigente reprime con la reclusione da sei mesi a tre anni un reato di nuova creazione, la frode processuale (art. 374), che pure rientra nella categoria dei delitti di falsità in giudizio ed è concepita, secondo le dichiarazioni del relatore, quale un reato di pericolo, che, come tale, prescinde dal porre, quale condizione di punibilità, il conseguimento dello scopo. Nelle sanzioni dell'art. 374 incorre "chiunque, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, al fine di trarre in inganno il giudice in un atto d'ispezione o di esperimento giudiziale, ovvero il perito nella esecuzione di una perizia, immuta artificiosamente lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone. La stessa sanzione è prevista per il caso in cui il fatto sia commesso nel corso di un procedimento penale, o anteriormente ad esso; ma, in tal caso, la punibilità è esclusa, se si tratti di reato, per cui non si possa procedere che in seguito a querela, richiesta o istanza, e questa non sia stata presentata. "Potranno con questa sanzione punirsi" (avverte la relazione) "quelle forme di calunnia, che - secondo la espressione carrariana - cadono sul formale del reato e sono commesse mediante alterazioni materiali, dirette ad aggravare la condizione d'un imputato. Vi rimane altresì compreso il favoreggiamento reale, che nel codice Zanardelli ipotizzava l'art. 225, con la espressione "chiunque sopprime o in qualsiasi modo disperde o altera le tracce o gli indizî di un delitto". Le circostanze aggravanti dell'art. 375 riguardano pure questo reato ed espresso richiamo è fatto anche al reato di frode processuale nell'art. 384, che concede l'impunità a chi abbia commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore.
Per le falsificazioni di oggetti d'arte v. falsificazione; per le falsificazioni di documenti storici, v. Storia: Metodologia.