fame
Sensazione viscerale stimolata dal bisogno del cibo. L’assunzione di cibo è una delle componenti più importanti del comportamento animale e, come tale, è sottoposta a uno stretto controllo da parte di segnali fisiologici che determinano il senso fisico della f. e della sazietà. Il peso corporeo appare regolato omeostaticamente (➔ omeostasi, controllo nervoso della) da un sistema dotato di uno o più valori di riferimento, grazie al quale viene mantenuto costante per lunghi periodi di tempo. Tuttavia, tale valore di riferimento può variare da individuo a individuo e per uno stesso individuo a seconda delle condizioni fisiche e di fattori ambientali. Al contrario, il rapporto tra dispendio energetico giornaliero (in kcal) e massa metabolica (che è data dal valore della massa corporea elevato a potenza 0,75) risulta essere estremamente costante. Questo rapporto (chiamato anche legge di Kleiber) è circa uguale a 70 ed è valido per animali di specie diversa o della medesima specie che possono alimentarsi liberamente. Prove sperimentali dimostrano che se un organismo viene sottoposto ripetutamente a perdite di peso (come durante una dieta dimagrante) si possono verificare variazioni a lungo termine delle sue funzioni metaboliche, che hanno come effetto ultimo quello di riportare il peso a un valore per cui il rapporto tra dispendio energetico e massa metabolica torna a essere 70. Il controllo omeostatico descritto è operato da meccanismi nervosi complessi, sia centrali sia periferici, che portano alle ben note sensazioni di f. e sazietà.
Il comportamento alimentare viene attivato da numerosi fattori, sia fisiologici sia sociali. Se è vero, infatti, che determinati segnali corporei informano il cervello quando le riserve nutritive sono in esaurimento, è altrettanto vero che l’assunzione di cibo può essere condizionata secondo il classico paradigma pavloviano. Risultati sperimentali dimostrano che alcune delle variabili più importanti in grado di condizionare la sensazione di f. sono l’orario dei pasti e il numero di persone che vi partecipano. Gli influssi sociali possono sopraffare gli effetti dei fattori metabolici e determinare una tendenza a ignorare gli indicatori interni di sazietà. I segnali fisiologici che regolano f. e sazietà possono essere divisi in due categorie: a breve e a lungo termine. I segnali a breve termine sono costituiti principalmente dalle proprietà chimiche del cibo; agiscono stimolando la f. attraverso i recettori presenti nella bocca e inibendola a livello del sistema gastrointestinale ed epatico. I segnali a lungo termine, invece, sono una prerogativa delle cellule adipose. Quando queste contengono trigliceridi in abbondanza, viene avviata la secrezione di un ormone peptidico (la leptina) che esercita una funzione inibitoria sui meccanismi nervosi che regolano l’assunzione di cibo. Sia i segnali a breve termine sia quelli a lungo termine vengono veicolati in modi differenti verso l’ipotalamo. In partic., l’ipotalamo laterale è tuttora considerato il centro della f. poiché la sua attivazione porta a un aumento dell’assunzione di cibo. Esso contiene due gruppi neuronali che rilasciano i neurotrasmettitori peptidici oressina e MCH (ormone concentrante la melatonina) e proiettano ad aree cerebrali coinvolte nella motivazione, nel movimento volontario e nel metabolismo. Una lesione circoscritta all’ipotalamo ventromediale (IVM), invece, ha come conseguenza immediata una forte iperfagia. Questo ha fatto credere per molti anni che tale regione ipotalamica fosse il principale ‘centro della sazietà’. Tuttavia, la situazione risulta ben più complessa. Le lesioni di quest’area distruggono anche le fibre che connettono IVM e nucleo paraventricolare dell’ipotalamo con il nucleo del tratto solitario. Questo riceve informazioni, riguardanti le sostanze nutritive, dalla lingua, dallo stomaco, dal duodeno e dal fegato; alterazioni della sua funzionalità possono ripercuotersi sul comportamento alimentare di un animale. Inoltre, risulta compromessa la regolazione del sistema nervoso autonomo con aumento dell’attività parasimpatica del nervo vago e conseguente produzione di insulina. Questo porta, infine, alla mancata utilizzazione delle riserve nutritive dell’organismo e alla continua assunzione di cibo.
Nella società moderna i disturbi alimentari sono, purtroppo, una realtà sempre più presente. Alcuni individui diventano obesi senza tener conto dei problemi di salute e dei rischi di morte prematura; altri possono divenire ossessionati dal desiderio di perdere peso, riducendo progressivamente la quantità di cibo ingerito e aumentando l’attività fisica fino al punto in cui il calo ponderale raggiunge un livello critico, spesso fatale. Le cause di questi disturbi sono molteplici e spaziano da fattori sociali e di apprendimento a meccanismi ereditari innati (➔ anoressia/bulimia). Le nuove prerogative delle società industrializzate, infatti, allontanano la regolazione dell’assunzione di cibo dal reale fabbisogno fisiologico, e l’alimentazione assume spesso un valore sostitutivo rispetto a determinate necessità affettive. Recenti ricerche hanno individuato, inoltre, alcune anomalie metaboliche responsabili dell’insorgenza di obesità. Tra queste, difetti nella produzione di leptina, nel suo trasporto attraverso la barriera ematoencefalica, o nel suo legame con i recettori presenti nel cervello, potrebbero interferire con il senso di sazietà e quindi provocare l’ingestione incontrollata di cibo. Anche per quanto riguarda l’anoressia nervosa, il grado di ereditarietà riscontrato in pazienti affetti da questa patologia fa supporre che alla sua origine vi siano cause fisiologiche. Il suo trattamento farmacologico può essere reso possibile dallo studio di anomalie nella regolazione dei neurotrasmettitori e dei neuropeptidi che sono deputati al controllo dell’assunzione di cibo.