fame
Vocabolo di uso poetico (con una sola eccezione nel Convivio), che ricorre spesso in senso proprio, a proposito anche di animali allegorici: nella selva oscura un leone parea che contra me venisse / con la test'alta e con rabbiosa fame (If I 47); la lupa simboleggiante l'avarizia dopo 'l pasto ha più fame che pria (I 99; e fame sanza fine cupa è quella attribuita allo stesso animale, in Pg XX 12).
Nel Purgatorio, la gente dei golosi in fame e 'n sete... si rifà santa (Pg XXIII 66; lo stesso accostamento a ‛ sete ', in Pd XXXII 54; a ‛ freddo ', in Fiore CVII 3 e Pg XXIX 37, dov'è da notare l'uso dei termini al plurale: se fami, / freddi o vigilie... soffersi). Il sintagma ‛ per f. ', sempre in senso proprio, ricorre in If XXXII 127, Pg XXIV 28, Pd XXX 141. Da notare il passo di If XXXIII 23, dove il conte Ugolino ricorda la Muda, / la qual per me ha 'l titol de la fame, alludendo alla " torre in sulla piazza degli anziani ", in cui egli e i suoi " morirono di fame... e d'allora innanzi la detta carcere fu chiamata la torre della fame, e sarà sempre " (G. Villani VII 128). Cfr. ancora Pg XXII 149, Pd IV 2.
Figurato, vale " desiderio intenso ", in If XV 71 l'una parte e l'altra [i Bianchi e i Neri] avranno fame / di te [Dante], " idest ‛ desiderium habendi te in suo consortio ' ", Benvenuto; e così l'Ottimo, l'Anonimo, il Landino. Ma Scartazzini-Vandelli, sulle orme del Castelvetro, preferiscono intendere, col Todeschini, " ti odieranno a morte "; ed è questa l'interpretazione accolta da parecchi dei commentatori moderni (cfr. per es. U. Bosco [in D. vicino, Caltanissetta-Roma 1966, 113]: " l'essere in odio all'uno e all'altro partito costituirà per Dante un onore "); " I tuoi avversari ti desidereranno per eseguire le condanne pronunziate contro di te " (Casini-Barbi, che trattano ampiamente la questione). Il Pagliaro invece ritorna all'interpretazione più antica: " Lo ‛ aver fame ' di una persona, in ragione della fama (onor) che essa ha conseguito, detto di fazioni politiche in contrasto, non può significare altro se non il desiderio di ciascuna di potere attrarre al vantaggio proprio quel valore politico, che l'alto prestigio dell'ingegno e dell'opera può costituire. Ed è questo appunto che il poeta intende... " (Ulisse 642-643). Lo stesso valore di " vivo desiderio " in Pd XXXI 105, dove però in molte edizioni si leggeva fama: per tutta la questione cfr. Petrocchi, ad l.
Come " desiderio di conoscenza ", in Cv I I 13, dove D. invita qualunque è... ne la umana fame rimaso ad ‛ assettarsi ' ad una mensa con li altri simili impediti, offrendo la sua vivanda col pane, che la far[à]... gustare; così anche nel Paradiso, nell'invocazione rivolta agli spiriti che formano l'immagine dell'aquila: solvetemi... il gran digiuno / che lungamente m'ha tenuto in fame, / non trovandoli in terra cibo alcuno (XIX 26). In Pg XXVII 117 f., ancora usato al plurale, indica, con maggior estensione di significato, " desiderio di felicità " che trascende l'umano: Quel dolce pome [" idest summum bonum ", Benvenuto] che per tanti rami / cercando va la cura de' mortali, / oggi [" quia hodie videbis Beatricem ", Benvenuto] porrà in pace le tue fami (cfr. Boezio Cons. phil. III II 3).
Indica invece " desiderio " di beni terreni, nel passo di Pg XXII 40 Per che non reggi tu, o sacra fame / de l'oro, l'appetito de'mortali?, che D. traduce dal virgiliano " quid non mortalia pectora cogis, / auri sacra fames ! " (Aen. III 56-57), traendolo però a diverso significato. Per la complessa questione, ampiamente trattata, fra gli altri, dal Mancini (" Bull. " XIV [1907] 226-227), v. SACRO.