ALBERTOLLI, famiglia
Giocondo, architetto e decoratore, nato in Bedano nel Canton Ticino, il 24 luglio 1742, morto a Milano il 15 novembre 1839. Dal padre, ch'ebbe nome Francesco e fu buon architetto, inviato appena tredicenne a Parma, dove prosperava fiorentissima dal 1742 l'Accademia di belle arti istituita da Filippo di Borbone, rivolse i suoi primi studî alla figura e alla scultura, sotto la disciplina dell'abate Peroni. Nel 1770 è in Toscana a decorare di stucchi la villa del Poggio Imperiale; ma presto, lasciati quei lavori al fratello Grato, va a Roma per studiare sull'antico, poi a Napoli, dove lavora per Carlo Vanvitelli nella chiesa dell'Annunziata che egli edificava su disegno del padre. Invitato dal Piermarini a Milano, nel 1774 inizia, con soddisfazione dell'arciduca Ferdinando, la decorazione delle sale del palazzo reale.
Da allora il suo nome è associato alla storia di tutti gli edifici monumentali che si elevarono a Milano sul declinare del Settecento. Dopo una breve riapparizione alla corte di Toscana è di nuovo a Milano nel 1775, ove sorge, sotto gli auspici di Maria Teresa, sull'esempio di Parma e di Verona, un'accademia di belle arti, che presto assurge ad importanza capitale. L'A. col Piermarini fece parte del primo gruppo d'insegnanti, fondando una scuola d'ornato, che fu detta la prima d'Europa (così Defendente Sacchi) e ch'egli diresse fino al 1812. Era considerato come il restauratore del "buon gusto" classico, e fu tra gli artisti più eminenti che, tra la fine del sec. XVIII e l'inizio del XIX, fecero di Milano la cittadella dell'arte neoclassica. I suoi insegnamenti si diffusero soprattutto per mezzo delle varie sue opere, ch'egli pubblicò fra il 1782 e il 1805 giovandosi per l'intaglio delle tavole dei migliori incisori del suo tempo; tra questi il figlio suo Raffaele, Domenico Aspari, Giacomo e Michelangelo Mercoli ticinesi, Giuseppe Longhi ed altri. La prima serie di questi saggi uscì dunque nel 1782 col titolo di Ornamenti diversi, ecc., dedicata al Piermarini. Incoraggiato dal buon successo e dall'appoggio del principe di Kaunitz, primo ministro a Vienna, l'A. ne pubblicò una seconda serie nel 1782, una terza, col titolo di Miscellanea per i giovani studiosi del disegno, ecc., nel 1796, e l'ultima nel 1805. Tra le opere sue nel Milanese, particolarmente notevoli sono quelle ch'egli eseguì per il palazzo reale di Milano e la villa reale di Monza; per le sale dei palazzi Belgioioso, Busca Arconati, Melzi e Greppi e per la villa Melzi di Bellagio. Tra i suoi migliori saggi di architettura, il restauro del palazzo Melzi a Porta Nuova e l'altar maggiore di S. Marco in Milano. Merita anche di essere particolarmente ricordata la ricomposizione da lui attentamente curata a Moncucco, nella villa dei conti Andreani, d'una cappella di stile e di carattere bramantesco, scomposta a Lugano.
Nell'ornato le sue fonti sono costantemente l'antico e il più corretto Cinquecento; ma dell'antico, in grazia fors'anche della sua educazione di scultore, gli piacquero e gli parvero degni d'imitazione quasi soltanto gli ornamenti in scultura dei cinque ordini; sconsigliava l'imitazione "dell'inverosimile e secco stile delle pitture, che si veggono nelle grotte delle antiche terme di Roma, nelle rovine di Ercolano e altrove....". Una sorgente d'ispirazione così limitata poteva facilmente generare nelle opere dell'A. un greve senso di monotonia; ma gli vennero in soccorso una gagliarda e ferace fantasia che gli permise di variare all'infinito i non numerosi elementi dell'arte sua, ed un'attenta osservazione del vero, da lui superbamente stilizzato (vedansi fra i suoi saggi le tavole della Miscellanea riproducenti Aquile, acutamente osservate). Ricordava ai giovani il precetto di Vitruvio: Neque enim picturae probari debent, quae non sunt similes veritati.
La sua opera va spesso confusa con quella dei parenti, ch'egli condusse con sé dal Ticinese: oltre al fratello Grato (morto nel 1812), di cui si disse, meritano ricordo Raffaele, Ferdinando e Fedele.
Raffaele (1770-1812), figlio di Giocondo, collaboratore del padre e a lui aggiunto nell'insegnamento dell'ornato all'accademia di Milano, fu incisore valente e buon disegnatore; intagliò molti disegni paterni.
Ferdinando, nato a Bedano nel 1781, morto nel 1844, figlio d'un fratello di Giocondo e suo genero, fu suo allievo dal 1795; gli succedette nel 1834 nell'insegnamento dell'ornato architettonico all'accademia di Brera, ufficio che tenne fino alla morte. Nominato nel 1804 professore di architettura e di ornato al liceo di Verona, vi disegnò e incise le fabbriche del Sanmicheli. A Roma più tardi incise e pubblicò i Fregi del Foro Trajano. Fu poi all'estero, ma si convinse, secondo scriveva allo zio Giocondo, "non doversi per le arti del disegno cercare i tipi fuori d'Italia". Trattò abilmente l'acquatinta; eseguì con questa tecnica le tavole dell'Antolini per il Foro Bonaparte, quelle per l'arco del Sempione e per altre opere architettoniche del Cagnola. Sua unica ma squisita opera d'architettura in Milano fu il palazzo dei conti Taverna, nella via del Monte Napoleone, costruito intorno al 1834.
Fedele, nato a Bedano nel 1789, morto nel 1832, fratello di Ferdinando, fu da lui condotto all'accademia di belle arti di Venezia nel 1807; lavorò poi sotto la guida del pittore Borsato, ma presto passò, come i parenti suoi, alla decorazione. Notevoli, fra gli ornati che eseguì per la villa di Monza, sotto la direzione di Giocondo, le decorazioni parietali, con motivi di fiori e fogliami e uccelli fantastici: tardo riflesso, in pieno fiorire delle forme neoclassiche, dell'arte cinese in voga nel Settecento.
Bibl.: Di Giocondo A. esistono note autobiografiche da lui novantenne date al Cantù, che le pubblicò nella sua storia della città e diocesi di Como, II, Firenze 1836. Vedi anche D. Sacchi, in Gazzetta di Milano, 17 novembre 1839 e 23 novembre 1839; A. Somazzi, il Cavaliere G. A. di Bedano, Bellinzona 1883; Necrologia di Fedele A., in Gazzetta di Milano, 20 maggio 1832; Necrologia di Ferdinando A., ibid., 24 maggio 1844; A. Caimi, Gli Istituti scientifici letterarî ed artistici di Milano, Milano 1889; G. Mezzario, I Maestri Comacini, Milano 1893; G. Bianchi, Gli artisti ticinesi, Lugano 1900; A. Kauffmann, G. A., Strasburgo 1911.