famiglia
È l’istituzione fondamentale delle diverse società umane, ossia la struttura sociale più semplice, che è alla base del processo evolutivo di tutte le civiltà storiche. La compongono individui legati da matrimonio, parentela (di consanguineità o affinità) o rapporti di dipendenza (f. domestica), che, assicurando continuità biologica e culturale alla comunità di appartenenza, diventano partecipi della funzione principale di questa istituzione. Accanto all’originaria finalità riproduttiva, nel corso delle epoche storiche e dei diversi contesti socioculturali, la f. ha assunto numerose altre funzioni, che vanno dall’educazione dei figli alla cooperazione economica e materiale rispetto alla produzione e fruizione di beni comuni. Ne consegue l’eccezionale varietà di forme che caratterizza la storia della f., in specie nel mondo occidentale di Età moderna e contemporanea; oltre agli storici, questo tema ha infatti attratto studiosi di svariate discipline, come antropologi e sociologi, il cui apporto ha determinato la nascita di classificazioni e metodi di ricerca ulteriori. Pertanto i modelli oggi più utilizzati dagli storici della f. sono quelli che meglio rispondono all’esigenza di ricostruire processi di lunga durata e di garantire risultati di valenza multidisciplinare. Nella seconda metà del 19° sec. fu introdotta la distinzione tra f. patriarcale e matriarcale, scaturita dal bisogno di identificare e descrivere anzitutto le funzioni del capo-f., ruolo riconosciuto rispettivamente all’uomo o alla donna. Hanno in seguito prevalso altre distinzioni, come quella tra f. nucleare (o elementare, o coniugale, o biologica) e plurima, giacché le teorie sull’esistenza di società matriarcali e matrilineari (in cui la parentela era tracciata sulla base della consanguineità per via femminile, come presso le tribù africane degli ashanti) si dimostrarono inapplicabili allo studio delle civiltà storiche, tutte caratterizzate, dall’Età antica alla fine dell’Età moderna, dalla connotazione patriarcale. Il criterio di classificazione che assegnava importanza al numero e alle caratteristiche delle unioni matrimoniali assunse al contrario un’importanza fondamentale: tra le f. classificate come plurime, quella poligamica di tipo poliginico, costituita da un uomo che sposa più donne (talora sorelle e spesso disposte in ordine gerarchico tra loro), prevalse presso le civiltà di origine semitica (fenici, ebrei, arabi), e all’opposto la f. poliandrica, formata da una donna che ha più mariti, fu un’assoluta rarità presso le civiltà storiche (mentre è attestata presso alcune tribù esquimesi).
La f. complessa, in cui una coppia di coniugi condivide con uno o più consanguinei la medesima residenza (f. estesa), o incentrata su più unioni monogamiche (anche quelle contratte da figli, parenti coresidenti, dipendenti e servi: f. multipla), rappresentò la tipologia familiare più diffusa nelle culture antiche, in specie di origine indoeuropea. In Grecia e a Roma prevalse questo tipo di f., unitamente all’uso della patrilocalità, ovvero la consuetudine di trasmissione per via maschile della dimora di residenza. Inoltre la legislazione romana conferì all’uomo capo-f. un ruolo giuridico ed economico di grande importanza: l’autorità del paterfamilias regolava la totalità dei rapporti sociali ed economici che intercorrevano fra i suoi sottoposti (moglie, figli, parenti conviventi, dipendenti e servi) e quelli della f. con l’esterno. Anche presso le popolazioni germaniche che diedero vita alle principali civiltà romano-barbariche, prevalse la f. complessa (estesa o multipla), composta da individui di generazioni diverse imparentati per via maschile, e inserita in gruppi sociali più vasti che svolgevano compiti sociali, politici e militari (sippen). A partire dall’Alto Medioevo, la tipologia familiare più diffusa divenne invece quella nucleare patriarcale, incentrata su un’unione monogamica stabile e socialmente legittimata, e cioè formata essenzialmente da due coniugi e dalla loro prole. Questo mutamento fu legato in primo luogo alla diffusione del cristianesimo, che determinò l’abolizione del divorzio, in uso presso greci e romani, e attribuì sacralità al vincolo matrimoniale. Influirono in secondo luogo i cambiamenti politici, economici e sociali legati alla rinascita delle città: la f. complessa sopravvisse, e in certi casi fino alle soglie dell’Età contemporanea, soprattutto nelle campagne, dove rimase funzionale a specifiche esigenze produttive (così nelle aree mezzadrili), o presso le classi aristocratiche, per es. per ragioni di prestigio sociale derivanti dal legame tessuto dalla f. con una specifica area urbana o rurale. D’altro canto fattori di carattere economico condizionarono anche le f. dell’aristocrazia cittadina, come dimostra il caso degli alberghi genovesi, sorti in età tardo-medievale: ogni albergo rappresentò l’unione di più nuclei familiari, i cui membri assunsero il cognome della f. più importante della consorteria, e in prevalenza si legarono a quest’ultima anche mediante vincoli matrimoniali, pratiche residenziali e partecipazione ai commerci marittimi. Più in generale, l’endogamia, ossia la consuetudine di contrarre matrimonio all’interno di una ben definita cerchia di referenti sociali, economici e politici (solitamente parenti affini), divenne caratteristica di molte élite dell’Europa moderna, in specie cittadine, tendenti a costituire un gruppo sociale più vasto della semplice f.; un gruppo che fosse in grado di imporsi sulla scena cittadina o nell’ambito di una stessa professione o mestiere. Questa tendenza accomunò la maggior parte delle civiltà comunali italiane ai centri commerciali del Nord-Europa, come quelli della Lega anseatica o dell’area fiammingo-borgognona, e anzi per tutto l’antico regime il processo evolutivo della f. europea di area mediterranea, sia rurale sia urbana, non fu sostanzialmente diverso da quello che caratterizzò la parte settentrionale del continente. Questa conclusione rappresenta uno dei massimi risultati della recente storiografia, che ha notevolmente ridimensionato l’importanza della f. mediterranea, un modello proposto a partire dagli anni Settanta dagli studiosi anglosassoni (Cambridge group) ed equivalente a una f. complessa di tipo patriarcale con caratteri specifici (giovane età dei coniugi, patrilocalità, scarsa frequenza di seconde nozze). La f. mediterranea prevalse in realtà solo entro limitate aree del Meridione italiano, e con particolare riferimento ad alcuni periodi storici e a specifiche dinamiche socioeconomiche. Il contributo della scuola anglosassone è stato comunque determinante per descrivere il processo di trasformazione della f. europea dal Medioevo all’Età contemporanea, e per concludere che la f. nucleare fu nel complesso prevalente (e in specie nel Nord-Europa), ma entro un quadro marcato da numerose variabili (area atlantica/mediterranea, città/campagna, specifico periodo storico di osservazione, condizioni sociali, politiche ed economiche, età dei coniugi in rapporto agli anni di matrimonio). La classificazione anglosassone, accoglie infatti cinque tipologie fondamentali (f. nucleare, estesa, multipla, senza struttura, solitari), che vengono identificate in base a criteri diversi («household», i coresidenti in base a fonti di varia natura; «fuoco», i coresidenti in base alle fonti prodotte dalle istituzioni politiche, in specie per esigenze fiscali), mentre i metodi classici per lo studio della f. occidentale sono quattro: economia dell’aggregato domestico, approccio demografico, storia dei sentimenti e psicostoria. L’incrocio dei risultati prodotti mediante l’uso di queste metodologie ha consentito anche di fissare la soglia di transizione dall’Età moderna a quella contemporanea.
I caratteri odierni della f. in Occidente sono cioè il risultato dei profondi mutamenti avvenuti a partire dall’Illuminismo e dalla Rivoluzione industriale (innalzamento dell’aspettativa di vita e dell’età al matrimonio in specie per la donna, introduzione del divorzio e aumento delle seconde nozze, diminuzione delle nascite e drastica riduzione della mortalità infantile, accresciuta importanza dell’infanzia, dell’istruzione e dell’educazione dei figli, esigenze di maggiore intimità fra i coniugi e di libertà sessuale, progressiva attenuazione delle differenze sociali, economiche e politiche fra uomo e donna e scomparsa del patriarcato). Nel corso del 20° sec. la f. complessa è perciò diventata una tipologia rara, e la stessa f. nucleare, in specie di tipo tradizionale, ha mostrato i primi segni di una crisi che oggi si traduce nell’elevato numero di solitari (celibi, nubili, vedovi/e), nella notevole diminuzione delle nascite e all’opposto nella crescita dei matrimoni civili, delle unioni extra-matrimoniali, dei divorzi, delle adozioni, delle unioni legalmente riconosciute fra individui dello stesso sesso (anche in Paesi di tradizione cattolica come la Spagna) e dell’emarginazione sociale. Aspetti che sono tutti oltremodo caratteristici delle società più evolute (Europa, America del Nord e buona parte di quella meridionale, Australia e Giappone), e in particolare delle aree urbane, con l’unica eccezione degli insediamenti e delle periferie in cui è notevole l’incidenza delle f. frutto di immigrazione recente (talora di tipo complesso e comunque caratterizzate da tassi di natalità mediamente più elevati). Più in generale, una delle maggiori sfide che ha davanti la civiltà contemporanea è quella di potenziare la tradizionale funzione della f., istituzione regolatrice dei rapporti sociali e culturali, e di quello fra uomo e risorse disponibili. Per es. in Cina e in India la f., in prevalenza nucleare o complessa, rimane al centro del problema rappresentato da una crescita demografica troppo sostenuta. Invece la f. poliginica rappresenta oggi una percentuale minima delle strutture familiari del pianeta, ma è ancora molto diffusa nei Paesi africani e islamici e fra gli indiani di religione musulmana; caratterizza cioè alcune delle società più arretrate, specie sul piano della disparità fra i sessi e dei livelli di istruzione.