Famiglia
di Paul-Henry Chombart de Lauwe
Famiglia
sommario: 1. Introduzione. 2. Famiglia, specie umana e civiltà. a) L'apporto delle teorie. b) La lezione delle società non macchiniste. c) Il modello dominante della famiglia occidentale. 3. Le società industriali e la famiglia oggi. a) La famiglia oggetto o soggetto? b) L'unità ‛famiglia', l'economia e il denaro. c) Famiglia, spazio e condizioni di vita. d) Famiglia, strutture sociali e mobilità. e) Trasmissione sociale e politica della famiglia. 4. I rapporti uomo-donna e bambino-adulto. a) La dissociazione tra sessualità, procreazione, amore. b) La coppia in discussione. c) Il desiderio di procreare. d) Il significato delle comunità. 5. Conclusione: nuove forme di famiglia? □ Bibliografia.
1. Introduzione
La famiglia, considerata nella società industriale come agente sociale della procreazione, costituisce il punto d'incontro dei sessi e delle generazioni. Spesso presentata come la base di ogni organizzazione sociale e come simbolo di unità, di pace e di ordine, essa è anche, in realtà, la sede dei più profondi conflitti psicologici e uno dei bersagli delle lotte sociali e delle rivoluzioni. Se la si osserva nel corso della storia e la si guarda dal punto di vista delle trasformazioni delle strutture e delle istituzioni, essa costituisce per taluni l'elemento stabile e permanente, mentre altri pongono soprattutto in risalto la sua diversità come pure la difficoltà di definirla. La famiglia - presentata come un gruppo elementare composto da un uomo, una donna e i loro bambini - è infatti un modello di creazione relativamente recente nella vita dell'umanità.
Utilizzato per molto tempo come strumento di potere, tale modello di famiglia ha implicato fino ai giorni nostri l'ineguaglianza dell'uomo e della donna e l'ineguaglianza degli adulti e dei bambini: ineguaglianze, entrambe, suscettibili di giustificarne molte altre. Oggi, la famiglia diviene oggetto di contestazione in due modi apparentemente contraddittori. Da un canto, varie correnti reclamano la distruzione o lo sconvolgimento di questo modello dominante; dall'altro, la difesa di una certa forma di famiglia può costituire una necessità - in un determinato momento - per le classi dominate nelle loro lotte contro l'opera di disgregazione ch'esse imputano ai gruppi dominanti. Vedremo le ragioni per le quali questi due atteggiamenti possono trovare uno sbocco comune nella costruzione di una nuova società.
La famiglia non si riduce al gruppo coniugale. Se la si osserva in varie civiltà, i suoi limiti e le sue strutture divengono molto meno precisi. A un tempo gruppo, istituzione, strumento di trasmissione sociale, di scambio, di potere, essa assume un ruolo assai complesso che la obbliga a intervenire in tutti i campi della società. Per evitare confusioni in quanto diremo nel corso di questo articolo, sarà opportuno distinguere, seppur in modo assai sommario: 1) la coppia, composta da due persone che hanno una vita sessuale comune; 2) la famiglia nucleare o gruppo coniugale nel senso più ristretto (padre, madre, figlio); 3) la comunità familiare tradizionale che - oltre al padre, la madre e i figli - comprende discendenti o ascendenti, parenti più o meno lontani, amici, subordinati conviventi in modo permanente in uno o più edifici, su un territorio comune e sotto l'autorità di un capofamiglia (nelle città industriali l'espressione amministrativa ‛famiglia', ménage, designa talvolta un gruppo assai ristretto di tal genere, comprendente l'insieme delle persone viventi sotto uno stesso tetto, in un appartamento o abitazione individuale); 4) il gruppo coniugale esteso, comprendente genitori, figli, nipoti, pronipoti, i quali, pur non abitando più insieme, si ritrovano periodicamente e attuano tra di loro un sistema di aiuto reciproco più o meno sviluppato; 5) la ‛parentela' o ‛gruppo di parentela', che rappresenta l'insieme delle persone che si riconoscono parenti; 6) il ‛lignagglo', che comprende tutte le persone che si riconoscono quali discendenti da un antenato comune; 7) il ‛clan', la ‛fratria', la gens, che sono gruppi basati sulla parentela che, a vari livelli e in vari modi, svolgono un ruolo politico, economico, religloso, in una determinata società; 8) le nuove ‛comunità', delle quali parleremo diffusamente più oltre.
Per capire cos'è oggi la famiglia in rapporto ai vari gruppi testé elencati, e per rispondere alla domanda se essa possa trasformarsi radicalmente in avvenire oppure mantenersi nelle forme attuali, dobbiamo prima situarla nella specie umana e nella storia delle civiltà, per passare poi ad analizzarla nelle società industriali capitaliste e socialiste. È in tal modo, infatti, che potremo mettere meglio in risalto i rapporti uomo-donna e bambino-adulto e cercare quindi nuovi orientamenti per l'avvenire.
2. Famiglia, specie umana e civiltà
Sull'origine della famiglia e sulle sue funzioni, sul suo ruolo repressivo o liberatorio, sulla necessità del suo mantenimento o della sua soppressione, si sono scontrate le teorie più diverse, e le scoperte successive degli storici e degli etnologi hanno contribuito a scardinare le concezioni tradizionali. Tali scoperte, sebbene siano state spesso utilizzate in modo arbitrario - dall'una o dall'altra parte - nel tentativo di dimostrare teorie e tesi affermate a priori senza un sufficiente controllo delle fonti, hanno tuttavia segnato un progresso importante.
a) L'apporto delle teorie
Teorie quali quella di J. J. Bachofen, ripresa dall'etnologo L. Morgan, le quali affermavano l'esistenza della promiscuità primitiva e della libertà sessuale totale, vengono oggi abbandonate in seguito a nuove scoperte che forniscono osservazioni molto più numerose e precise sulla repressione della sessualità fin dai tempi più antichi. Esse sono state tuttavia di aiuto a Engels quando scriveva il suo libro L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, il cui ruolo è stato decisivo nella demolizione delle teorie fissistiche, soprattutto di quella di L.-G.-A. Bonald, che è stata il supporto delle più irriducibili correnti integraliste durante tutto il XIX secolo e fino ai nostri giorni. La famiglia era apparsa allora come un'istituzione-chiave per ogni programma, sia di trasformazione rivoluzionaria sia di riproduzione conservatrice della società. Il ruolo politico della famiglia vi assumeva il suo pieno risalto.
Pur estranei al materialismo storico di Engels, gli anarchici e gli utopisti sono stati in prima linea in questa battaglia. Ch. Fourier, nel suo ‟nuovo mondo amoroso" e nel suo ‟falansterio", dove il desiderio viene finalmente liberato e la sessualità può manifestarsi in tutte le sue forme senza dissimulazione, è teso verso l'avvenire e la costruzione di una società ideale. Allo stesso tempo, in tutt'altra direzione, gli studi approfonditi dei rapporti tra le condizioni di vita delle famiglie e i loro comportamenti (E. Engel, P. G. F. Le Play, B. 5. Rowntree e più tardi M. Halbwachs) ponevano in risalto la vera condizione delle famiglie più svantaggiate e fornivano, a volte anche senza volerlo, un sostegno alle teorie sull'ineguaglianza e sull'antagonismo delle classi sociali. L'aspetto economico della vita delle famiglie e dei loro bisogni veniva studiato da altri autori come una ‛funzione', alla quale altre funzioni venivano ad aggiungersi in un'interpretazione detta ‛funzionalista', che ha assunto forme diverse (Durkheim, Malinowski, Merton, Parsons), mentre un'altra interpretazione complementare basata sullo ‛strutturalismo' metteva in risalto le strutture interne della famiglia e la famiglia stessa nell'insieme delle strutture sociali. In particolare, famiglia e parentela sono indissociabili da una struttura di comunicazione e di scambio generalizzato nella società; tra lo scambio delle donne e lo scambio dei beni sussistono infatti rapporti precisi, che era indispensabile studiare per capire il ruolo e il significato sociale del matrimonio (Lévi-Strauss).
La psicanalisi, da parte sua, ha avuto influenze contraddittorie sullo studio della famiglia. Da un lato, la teoria freudiana si riferisce a un immagine molto tradizionale dei ruoli del padre, della madre e del figlio, immagine che corrisponde alla società nella quale Freud ha vissuto. D'altro canto, la rivelazione dei conflitti familiari, del parricidio primitivo, dell'influenza dell'ambiente familiare sul bambino in tenera età e sul suo sviluppo psicologico futuro, tende a distruggere la visione idilliaca tradizionale della famiglia. In questa seconda prospettiva, non bisogna meravigliarsi di vedere teorici rivoluzionari detti ‛freudomarxisti', dei quali W. Reich è stato il più celebre rappresentante, far leva al contempo su Marx, Engels, Freud e Fourier.
Riferirsi a tutte queste teorie, che sono state elaborate di pari passo con le scoperte scientifiche e le trasformazioni tecniche ed economiche delle società contemporanee, è indispensabile per capire come viene analizzata al giorno d'oggi la famiglia nelle società che hanno preceduto la civiltà industriale e nelle prime fasi di quest'ultima, e vedere quindi quali insegnamenti è possibile trarne per la ricerca di nuove vie.
b) La lezione delle società non macchiniste
Nelle più antiche società a noi note, l'importanza dei sistemi di parentela prevale su quella dell'organizzazione territoriale, ed è destinata ad aumentare progressivamente in seguito. La parentela non è basata su vincoli ‛naturali', sulla consanguineità, ma su vincoli culturali di unione o di ripudio. Le esclusioni e le scelte preferenziali non sono dettate da rapporti di discendenza, ma obbediscono a norme dipendenti dalle condizioni economiche e dal complesso dei rapporti sociali. La ‛parentela classificatoria' consiste nel classificare gli individui per categorie secondo le generazioni e i sessi, e nel designare tutti gli individui di una stessa categoria con uno stesso nome. Per un uomo, tutte le donne della generazione di sua madre sono madri, tutte quelle della sua generazione sono sorelle, con le quali non può sposarsi, o, al contrario, cugine, che può prendere in moglie. Egli può sposarsi di rado con le cugine ‛parallele', cioè le figlie delle sorelle della madre, e deve spesso sposare le figlie dei fratelli della madre, cioè le cugine ‛incrociate'. La proibizione dell'incesto non è legata - come ha giustamente mostrato Lévi-Strauss - a precauzioni istintive inerenti alla consaguineità, bensì a misure d'ordine sociale.
L'unione tra un uomo e una donna non ha per unico scopo la procreazione, ma fa parte di un sistema di scambi tra gruppi di parenti. La poligamia - consistente nell'unione sia di un uomo con più donne (poliginia), sia di una donna con più uomini (poliandria) - è assai diffusa e la famiglia nucleare monogamica è relativamente recente. Quale che sia la forma dell'unione, essa si colloca in un sistema complesso, la cui forma più antica è rappresentata dal clan. Il clan, gruppo di parentela assai esteso che svolge un ruolo economico e politico, è caratterizzato da una denominazione comune, da un emblema, dalla credenza nella discendenza da un mitico antenato comune e spesso da norme di esogamia. La discendenza e la trasmissione del nome e dei beni può essere patrilineare (tramite il padre) o matrilineare (tramite la madre). La residenza degli sposi è patrilocale (nel clan del marito) o matrilocale (nel clan della moglie). Un sistema matrilineare e matrilocale avvantaggia la moglie e pone il marito in una condizione svantaggiosa di disorientamento, benché egli conservi l'autorità virile anche nel nuovo clan. Il vero e proprio matriarcato (autorità della moglie) costituisce l'eccezione, ammesso e non concesso che esso sia mai esistito. L'eguaglianza dei sessi nella coppia, come nell'intera società, è una conquista da realizzare; non è dunque un ritorno alle origini.
L'incontro tra un uomo e una donna è in linea di principio vincolato da una serie di norme e di divieti; esso si colloca in un sistema complesso di rapporti economici e sociali; rientra in un giuoco di equilibri tra gruppi rivali e complementari, il che presuppone molti conflitti d'interesse e di potere. Spesso i membri di un clan, che entrano a far parte di un altro dan attraverso il matrimonio, sono al contempo prigionieri del loro nuovo clan e solidali con il loro ex clan, di cui restano pur sempre agenti e portavoce. I figli che nascono dalla loro unione diventano a loro volta elementi di questo sistema. Essi non vengono educati soltanto da quelli che noi chiamiamo il padre e la madre, ma da varie persone, e in un ambiente sociale dove si formano gradatamente apprendendo i vincoli che li uniscono a una discendenza maschile o femminile, a un clan, a un lignaggio, a cugini i cui ruoli variano secondo le società. La famiglia nucleare appare solo assai lentamente. Essa si stabilisce in un'abitazione individuale o in un'area riservata in un edificio collettivo, e svolge un ruolo economico di produzione, un ruolo di procreazione, un ruolo d'identificazione, un ruolo di trasmissione sociale, un ruolo religioso.
Se consideriamo l'abitazione, vediamo che la disposizione delle varie dimore singole in un recinto chiuso, quella dei vani in un unico edificio, quella degli spazi attribuiti a questa o quella persona riproducono la trama dei rapporti sociali, delle relazioni, delle funzioni, delle barriere, dei divieti, delle comunicazioni. L'analisi della pianta dell'abitazione consente di ricostruire lo spazio del figlio in rapporto alla madre, ai fratelli è sorelle, alle altre spose del padre, al padre ecc. Essa mette in risalto i rapporti di predominio uomo-donna, i rapporti tra donne, i rapporti tra bambini, tra servitori o prigionieri e i familiari del capo. Essa mostra anche lo spazio accordato agli antenati e i rapporti che i vivi conservano con i morti tramite gli altari, il vasellame, le immagini, gli oggetti familiari, i luoghi di culto, i quali presentano tutti caratteri simbolici.
Tale rapporto con gli antenati non si limita all'evocazione, alle preghiere e ai molteplici omaggi. La trasmissione del nome, la trasmissione dei beni, la trasmissione dei modelli, dei sistemi di rappresentazione e di valori può associarsi alla credenza nella reincarnazione di un antenato in un bambino, il che conferisce a quest'ultimo un potere particolare. La filiazione biologica non costituisce la spiegazione di questi vincoli di dipendenza, giacché gli interessati la conoscono male. Sono i sistemi di scambi e di credenze che vi assumono invece un ruolo decisivo. La discendenza è legata alla religione, al culto dei morti, come pure all'economia e alle norme giuridiche.
Il matrimonio viene concepito come un atto di scambio, un contratto tra due parti corrispondenti ai clan o alle parentele degli sposi. Esso consacra alleanze, equilibra poteri, circoscrive possibili conflitti, assicura la trasmissione sociale, il rapporto con gli antenati e con la discendenza. È un atto economico, giuridico, politico. Esso rende istituzionale l'incontro tra i due principi opposti corrispondenti ai due sessi, ma non coincide necessariamente con la regolamentazione dell'atto sessuale. Le unioni libere persistono in molti luoghi e, in questo caso, il matrimonio viene considerato come una consacrazione alla quale si perviene in un secondo tempo. I rapporti sessuali tra ragazzi e ragazze prima del matrimonio sono assai frequenti e talvolta sono anche istituzionalizzati, come presso i Trobriandi, studiati un tempo da Malinowski, e in molte altre società non macchiniste. I rapporti sessuali extraconiugali si riscontrano un po' dappertutto e i divieto a tal riguardo sono lungi dall'essere così rigorosi come si è voluto affermare. In linea di massima, la sessualità, la procreazione e il matrimonio non vengono confusi.
c) Il modello dominante della famiglia occidentale
Non è soltanto in seguito all'osservazione delle società non macchiniste relativamente chiuse che si sono modificate le nostre concezioni della famiglia. Lo studio del matrimonio, della sessualità; della famiglia nelle civiltà di grandi dimensioni ha avuto una certa influenza sull'evoluzione delle idee nella civiltà industriale. La generalizzazione della poliginia presso i musulmani ha suscitato da molto tempo negli europei la coscienza che il loro tipo di famiglia non era universale. La trasformazione della famiglia cinese all'epoca imperiale, durante la quale si passa dalla famiglia indivisa a un tipo di famiglia patriarcale, o al contrario la persistenza della zadruga presso gli slavi hanno condotto i ricercatori a porsi molte domande. Ma la genesi del modello familiare che gli europei hanno finito con l'imporre nella civiltà industriale dev'essere soprattutto ricercata nelle civiltà greca e romana, presso i Celti e i Germani e nella civiltà detta ‛cristiana'. Le opposizioni e i contrasti tra talune tendenze presenti in queste diverse civiltà fanno sentire i loro effetti ancora oggi.
Il gruppo coniugale monogamico, nel quale è soprattutto il padre a detenere l'autorità, è stato fino ai nostri giorni il modello dominante della famiglia nelle società sviluppatesi nei paesi europei. La Sacra Famiglia del Vangelo ha dato a tale modello un supporto mitico. In realtà, sembrano confluirvi varie influenze anteriori. L'immagine della famiglia monogamica ebraica e la figura poetica dell'Amore eterno del Cantico dei Cantici vi hanno avuto la loro parte. Nel cristianesimo primitivo un uomo e una donna si univano liberamente ‛davanti a Dio' e ‛si davano' il matrimonio senza l'intervento dei genitori o della legge. Stranamente, l'immagine della coppia ideale appare anche in Platone, nella Grecia del quinto secolo prima di Cristo, in cui l'omosessualità era in onore. La distinzione tra Eros, amore legato al desiderio carnale, e Agape, amore disinteressato, spirituale, è già un preludio alle due concezioni dell'amore mistico e dell'amor cortese del cavaliere medievale per la donna idealizzata. Anche la famiglia greca è caratterizzata dal potere paterno, e Freud riprenderà per la psicanalisi il mito di Edipo uccisore del padre. Presso i Celti, l'amore sembra essere stato relativamente libero: la donna in particolare era molto più indipendente, il che rendeva più facili i rapporti fisici tra uomini e donne a prescindere dalla famiglia e dalla procreazione. Presso i Germani, la famiglia cognatica nella quale i cognati, parenti in linea femminile, hanno gli stessi diritti degli agnati, parenti in linea maschile, conferisce alla donna un ruolo più importante che non nei paesi mediterranei. Tale eguaglianza tra parenti ha facilitato in una certa misura l'eguaglianza tra gli sposi, e la famiglia - nei paesi protestanti - subirà questa influenza.
La famiglia coniugale attuale è stata caratterizzata da questa impronta germanica ed è stata presentata come una specie di contrazione della famiglia cognatica. Ma tutta la tradizione romana e l'apparato giuridico che ci è stato tramesso da Roma svolgono anch'essi il loro ruolo. Tanto più che il modello cristiano della famiglia coniugale è stato ripreso dalla Chiesa, divenuta potenza temporale sostenuta dallo Stato fin dai tempi dell'imperatore Costantino, e dai re dei vari paesi d'Europa. La famiglia è divenuta allora - in una società come la Francia prima del 1789 - uno strumento di potere. La famiglia coniugale era legata alla casa e alla terra. Il padre, capofamiglia, formava con la moglie e i figli, nipoti, domestici, amici, una specie di piccola comunità, la mesnie, nella quale egli rappresentava il potere di diritto divino del re. Le famiglie nobili, che detenevano un potere talvolta rivale di quello del re, si contraddistinguevano per i loro sistemi di alleanze matrimoniali, che in talune epoche hanno dominato la vita politica. I matrimoni permettevano di raggruppare terre, di aumentare la potenza di una casata, di svolgere un ruolo dominante.
La Rivoluzione francese ha inteso porre fine all'onnipotenza del padre nella famiglia, ma il modello dominante è stato ripreso sotto altra forma, a suo modo altrettanto rigida, sotto la Restaurazione, con l'elaborazione di una teoria integralista cui si è fatto cenno in precedenza. Nel complesso dei paesi europei e nel Nordamerica, lo sviluppo del capitalismo ha permesso alle grandi famiglie borghesi di ricostituire vere e proprie dinastie, baluardi del potere delle classi dominanti. Oltre a ciò, soprattutto nei paesi protestanti, una morale nuova legata alla religione ha giustificato la corsa al profitto e all'accumulazione del capitale da parte dei capifamiglia. Il ruolo dell'imprenditore, uomo provvidenziale che, realizzando le sue opere, rispondeva sulla terra all'attesa di Dio, è stato messo bene in luce da Weber. Per guadagnarsi il paradiso, il capofamiglia doveva lavorare sino allo stremo delle proprie forze ammassando un'eredità che i suoi figli, a loro volta, avrebbero messo a frutto. Una siffatta alleanza tra religione e capitalismo, che si basava su una morale del profitto, ha avuto conseguenze politiche ed economiche i cui effetti risentiamo ancora oggi.
Tuttavia, a partire dal XIX secolo i processi di trasformazione sono andati accelerandosi e la famiglia ne ha subito le conseguenze. Il movimento di urbanizzazione, rafforzato da un rapido sviluppo industriale, ha contribuito a stemperare l'immagine della famiglia rurale tradizionale. La comunità del villaggio rendeva obbligatoria una comunicazione costante tra i membri di un gruppo coniugale e i parenti, i vicini, i compagni di lavoro. Lo stesso gruppo, nei grandi agglomerati, è spesso sembrato rinchiudersi in se stesso, cercare una difesa nell'isolamento. Ma attualmente le famiglie giovani non riescono più a superare da sole le loro difficoltà e si rivolgono ai parenti diretti o agli amici. Si ricostituisce così una rete di rapporti, in parte per necessità, in parte sulla base di modelli tradizionali persistenti.
Nella prima metà del XX secolo gli antagonismi tra famiglie di classi sociali differenti hanno assunto nuove forme. Nei ceti sottoproletari e nei gruppi più svantaggiati delle bidonvilles di tutti i paesi sono divenute abituali la libera unione e una grande mobilità familiare. La classe operaia dal suo canto sembra essersi spesso orientata verso un tipo di famiglia più stabile. È vero che in molte coppie operaie ciascuno dei partners è stato già sposato con un altro coniuge; ma, una volta costituitasi, la nuova coppia si dimostra completamente stabile. Tale stabilità della coppia e del gruppo coniugale è vigorosamente difesa dai paesi socialisti. La grande borghesia, a sua volta, ha conservato il proprio attaccamento per la famiglia-stirpe (famille-souche) del tipo descritto in passato da Le Play, pur accordando libertà sessuale soprattutto agli uomini, a patto di salvare le apparenze. Tra i due estremi, le classi medie e gli ambienti intellettuali si sono invece dimostrati più sensibili alla ricerca di nuove vie.
Tenendo presenti le trasformazioni della famiglia dalle origini fino alla metà del XX secolo, potremo meglio analizzare il posto ch'essa occupa, in seno alle società industriali odierne, in rapporto al complesso delle strutture e delle istituzioni. Da un canto, le trasformazioni tecniche, economiche e demografiche hanno comportato un profondo mutamento delle condizioni di vita delle famiglie e dei rapporti sociali. D'altro canto, le immagini e i modelli della famiglia nel complesso della società sono andati modificandosi in funzione della riscoperta delle vecchie forme di parentela, della varietà dei tipi presi in esame e dei cambiamenti successivi che si sono prodotti. I modelli della famiglia monogamica e della patria potestà hanno tuttavia conservato il loro ascendente. La donna è stata idealizzata per essere meglio asservita. Il gruppo coniugale si trova isolato come prima e può di conseguenza essere utilizzato come strumento di una certa politica.
3. Le società industriali e la famiglia oggi
Così come si presenta dopo la seconda guerra mondiale, nella seconda metà del XX secolo, la famiglia è oggetto di una polemica incessante in rapporto alle contraddizioni sempre più evidenti della civiltà industriale in generale e del sistema capitalistico in particolare; cionondimeno, sembra rinascere sempre dalle sue ceneri e conservare una sorprendente vitalità.
a) La famiglia oggetto o soggetto?
La famiglia può essere studiata come istituto e come oggetto nel complesso delle strutture sociali o come gruppo vivente e come soggetto nei rapporti quotidiani dei suoi membri. In realtà, solo la fusione dei due approcci consente di analizzare i processi di trasformazione e di capire come possano apparire nuovi tipi di famiglia.
Un primo esame si riferisce alla designazione stessa del gruppo familiare. La raccolta di dati statistici ha costretto progressivamente le amministrazioni a tener conto di una unità di residenza e di consumo denominata ‛famiglia' (ménage) - che richiama alla memoria la mesnie -, distinta dal gruppo coniugale e costituita dalle persone (siano o non siano parenti) conviventi in uno stesso appartamento o in una stessa abitazione individuale. Questa circostanza, legata alle trasformazioni dell'habitat e della vita economica, ha avuto come conseguenza che il gruppo coniugale non è stato più considerato quale unità di base di tutta la vita sociale. I compagni di lavoro, un gruppo di giovani, un uomo e una donna che convivono, una coppia di omosessuali vengono ufficialmente considerati come ‛famiglie', nel senso amministrativo della parola, se coabitano ‛sotto lo stesso tetto'. Per quanto riguarda il censimento, la produzione, il consumo, l'abitazione, questa unità ‛famiglia' è la sola presa in considerazione. Essa è di ordine materiale e non corrisponde a un soggetto, bensì a un oggetto che rientra in un inventario e in un meccanismo amministrativo. Ma al contempo, visto dall'interno, il gruppo così costituito può riconoscersi come unità vivente e come soggetto senza costituire per questo, da un punto di vista legale, un gruppo coniugale.
Dal punto di vista demografico, il gruppo coniugale resta la sede principale della procreazione e dell'allevamento dei figli, ma può sia essere ufficializzato dal matrimonio sia corrispondere a una libera unione. Una donna nubile può riconoscere da sola il proprio figlio e formare con lui una specie di gruppo coniugale senza padre. Lo Stato accorda il proprio appoggio al gruppo coniugale sposato, quale miglior garante di una politica demografica. Da questo punto di vista, la famiglia è un obiettivo, uno strumento, un oggetto di tale politica. Gli assegni familiari che cercano di compensare parzialmente il deficit dei bilanci delle famiglie numerose non si prefiggono soltanto uno scopo umanitario; nei paesi ricchi, questi sussidi si sforzano di mantenere un equilibrio demografico più o meno compromesso. Parimenti, il rifiuto di consentire il libero uso dei contraccettivi recentemente scoperti, e poi il loro controllo rigoroso allorquando le leggi vengono modificate, dipendono allo stesso tempo da considerazioni morali tradizionali e dal timore che si diffonda la pratica della limitazione delle nascite.
La coppia, sposata o non sposata, che vuol essere soggetto attivo scegliendo il momento in cui desidera avere un figlio, è ancora sottoposta a numerose pressioni.
b) L'unità ‛famiglia', l'economia e il denaro
Nel campo del lavoro il gruppo coniugale, e più in generale la ‛famiglia' intesa in senso amministrativo, costituiscono la sede di riproduzione della forza-lavoro e rappresentano quindi, anche sotto questo aspetto, un obiettivo della strategia politica. I gruppi dominanti hanno tutto l'interesse che le famiglie della classe operaia siano in grado di contribuire alla riproduzione senza usufruire tuttavia di un troppo largo benessere, che le renderebbe meno disponibili alla produttività. La difesa della famiglia è divenuta così uno scopo politico per la classe operaia, che pensa in tal modo di conservare uno strumento di lotta contro l'influsso dell'egemonia borghese. Il collegamento tra classe sociale, lavoro e famiglia è stato messo in rilievo da studi approfonditi che hanno analizzato soprattutto le famiglie in cui il padre o la madre avevano subito licenziamenti.
Viene detto, ancora troppo spesso, che il gruppo familiare, o la ‛famiglia', non costituiscono più delle unità di produzione nella vita cittadina. Questo è vero in rapporto alle famiglie rurali, che costituiscono aziende agricole con le quali esse si identificano. Ma la famiglia urbana fornisce, in realtà, un lavoro produttivo molto importante: lavori domestici, preparazione degli alimenti, riparazioni, cura dei figli ecc., compiti che sarebbero considerati come produttivi se venissero eseguiti da professionisti. Sono stati perfino effettuati dei calcoli per dimostrare che il numero delle ore di lavoro definito improduttivo effettuato nelle famiglie superava quello delle ore di lavoro produttivo nel complesso delle attività produttive di una nazione.
Non c'è più bisogno invece di sottolineare l'importanza del gruppo familiare e del ménage in materia di consumo. Dal secolo scorso, gli studi dei bilanci familiari operai (E. Engei, E. Ducpétiaux, B. S. Rowntree; M. Halbwachs ecc.) hanno consentito di porre in evidenza l'equilibrio delle varie voci: alimentazione, alloggio, abbigliamento, cure, svaghi, istruzione dei figli ecc. Tali ricerche hanno permesso al contempo di precisare i bisogni, di mostrare la loro evoluzione e di fare un'analisi molto più precisa del funzionamento delle famiglie in rapporto alle condizioni di vita loro imposte, ai redditi, all'habitat. Il fatto che le famiglie povere fossero talvolta obbligate a impiegare quasi due terzi del loro reddito nell'alimentazione per un vitto limitato, mentre le famiglie ricche ne impiegavano meno del 15% per un vitto lussuoso, poneva meglio in risalto l'ineguaglianza delle famiglie rispetto ai loro consumi. Lo scarto tra queste percentuali si è oggi ridotto ma resta pur sempre notevole; e se non sussistono più, a rigore, classi interamente ‛oziose', come quelle che studiava Th. Veblen in America all'inizio del secolo, il ‛consumo vistoso' delle famiglie ricche resta una consuetudine assai diffusa: lo sfoggio di ricchezze (residenze, yachts, cavalli da corsa) permette di proclamare il proprio potere senza per questo dover assolvere gli obblighi fiscali che, divenendo sempre più pesanti, mirerebbero a ridurre le disparità. In realtà tali disparità sussistono e - secondo taluni osservatori - tendono persino ad accentuarsi all'interno di una stessa società, dato che l'aumento del capitale si realizza più rapidamente tra coloro che possiedono già molto danaro. Che dire allora delle disparità crescenti tra le famiglie povere dei paesi del Terzo Mondo (dove le carestie fanno ancora morir di fame uomini, donne e bambini a migliaia) e le famiglie più ricche dei paesi fortemente industrializzati?
La ricerca del profitto, che spinge le grandi imprese a sviluppare il consumo in una direzione per esse vantaggiosa, ha ripercussioni profonde sulla vita delle famiglie. Il diffondersi dell'acquisto a rate, che permette alle famiglie di usufruire più rapidamente dei beni desiderati, ha per contropartita una specie di asservimento di cui gli interessati si rendono conto troppo tardi per poter modificare l'organizzazione delle spese in funzione dei redditi. L'alloggio, l'automobile, la televisione vengono acquistati a rate. Le cambiali di fine mese assorbono completamente il reddito e creano spesso uno squilibrio nel bilancio. Bisogna allora trovare il danaro, dunque lavorare di più. Non ci si dedica più al lavoro sindacale o politico, e il tempo che avrebbe dovuto essere disponibile per la cultura viene assorbito dalle ore di lavoro supplementare. Una volta ancora le famiglie divengono semplici strumenti del sistema economico capitalistico e non sono più padrone dell'orientamento della propria esistenza.
Il reddito e il consumo delle famiglie sembrano avere una certa influenza sulla fecondità. Le famiglie dei paesi ricchi, a partire da un certo livello di vita, non incrementano più la natalità, mentre i paesi poveri hanno una popolazione in espansione. La politica demografica su scala mondiale è strettamente connessa ai modelli familiari ai quali i singoli paesi sono legati, alle condizioni di vita consentite alle famiglie, ai sistemi di rappresentazioni e di valori che ostacolano o facilitano le pratiche contraccettive.
c) Famiglia, spazio e condizioni di vita
Anche i nuovi rapporti tra la famiglia e lo spazio debbono essere studiati su scala mondiale. L'eccessiva concentrazione urbana ha costretto le famiglie povere a restringere il loro spazio vitale in modo talvolta drammatico. Le varie figure che occupavano spazi tradizionali in funzione dei loro ruoli sono costrette a vivere ammucchiate in appartamenti troppo ristretti o in capanne di bidonvilles. I rapporti tra vicini sono spesso turbati da un'assenza d'isolamento acustico che rende difficilmente sopportabile il rumore degli altri. I disturbi del comportamento nei figli, anche se non dipendono interamente da tali penose condizioni materiali, sono tuttavia strettamente collegati a esse. I genitori, esasperati dalle continue difficoltà, non sono più padroni delle loro reazioni nei confronti dei figli e il loro nervosismo si ripercuote sui rapporti con essi, dando luogo a perturbazioni affettive che possono rivelarsi gravi.
Architetti, urbanisti, sociologi si sono adoperati per cercare una via d'uscita dalle contraddizioni fra il perfezionamento delle tecniche di costruzione e la degradazione dei rapporti famiglia-spazio. Ma i loro sforzi sono vani nella misura in cui la speculazione sui terreni e sulle costruzioni comporta un aumento dei prezzi e i progetti non sono concepiti prima di ogni altra cosa in funzione dei bisogni delle famiglie, ma sono orientati da interessi economici e finanziari. Le famiglie, schiacciate da condizioni di vita troppo difficili, stentano a reagire e restano, in questo come in altri campi, strumenti di un potere per esse invisibile.
L'organizzazione del tempo non pone meno problemi dell'organizzazione dello spazio. Per trovare un alloggio più spazioso e godere talvolta di un giardino, le famiglie si spostano verso periferie lontane, ma pagano in spese di trasporto, in stanchezza e in perdita di tempo ciò che guadagnano in spazio. I membri della famiglia che lavorano giungono a casa spossati e non dispongono che di scarsissimo tempo per recuperare le loro forze lavorative. Dovunque, nella vita quotidiana, le famiglie dei lavoratori sono sempre più dipendenti dalle condizioni materiali e stentano sempre più a divenire soggetti attivi. Ne consegue una serie di perturbazioni nei rapporti, nella comunicazione, nella socializzazione dei figli, di cui è superfluo sottolineare gli effetti sul diffondersi, nelle grandi città, dell'uso della droga, dei disturbi mentali, della delinquenza, della violenza in tutte le sue forme.
d) Famiglia, strutture sociali e mobilità
Le nuove condizioni di vita hanno ripercussioni anche sulla trasformazione delle strutture sociali in una società presa nel suo complesso, nonché sulla struttura interna delle famiglie. L'antagonismo tra le famiglie delle classi povere e quelle delle classi ricche è lungi dallo scomparire; esso può persino essere rafforzato da un nuovo sistema di protezione del patrimonio delle famiglie ricche. Possedere un capitale non è più sufficiente per conservare l'eredità ai figli, salvo in un numero assai ristretto di famiglie, ma un ‛capitale in titoli di studio' tende a preservare i privilegiati, nella misura in cui i diplomi di studi superiori permettono l'accesso a stipendi elevati. Le barriere degli esami sono barriere economiche, giacché solo i ragazzi sufficientemente protetti, che si trovano in condizioni vantaggiose per proseguire i loro studi fino alla fine senza doversi guadagnare da vivere, possono giungere all'università e alle grandi scuole di specializzazione. La percentuale degli studenti universitari provenienti dalla classe operaia resta ancora assai bassa nella maggior parte dei paesi capitalistici, e anche quando la mobilità sociale aumenta, come negli Stati Uniti, le barriere di classe continuano tuttavia a sussistere. Gli individui che varcano tali barriere tendono a richiuderle dietro di loro.
In caso di avanzamento sociale, le divisioni in classi si ritrovano all'interno dello stesso sistema di parentela. Mutare di posizione e di classe può costringere a cambiare i propri rapporti con i parenti e i vecchi amici, che fanno sempre parte della classe da cui si esce e i cui interessi sono ora in conflitto con quelli della classe in cui si entra. Tali rinunce, tali cambiamenti provocano conflitti tra i modelli tradizionali di attaccamento alla parentela (di cui abbiamo visto l'importanza preponderante nelle società non macchiniste), e le tendenze ‛moderniste' che spingono gli individui all'isolamento e alla ricerca di traguardi personali nella concorrenza per l'impiego, il guadagno, il prestigio nel sistema capitalistico.
Nel complesso delle strutture e dei rapporti sociali, la contemporanea dipendenza della famiglia dalle classi sociali e dai sistemi di parentela si riflette sugli status, sui rapporti e le strutture al suo interno. I ruoli del padre, della madre, dei figli sono segnati dai modelli dell'ideologia dominante proveniente dalla classe al potere e, nello stesso tempo, dai nuovi rapporti sociali di produzione che mutano le condizioni della donna, dell'uomo e degli adolescenti nel lavoro e nella vita professionale. La donna che lavora fuori casa ha un impiego del tempo meno spezzettato di prima, allorché rimaneva a casa e consacrava tutta la sua giornata alle molteplici piccole attività quotidiane. Inversamente, l'impiego del tempo da parte dell'uomo, che era diviso per grandi settori (lavoro, trasporti, pasti, sonno, ecc.), diviene più dispersivo allorché partecipa ai lavori di casa. I due ritmi tendono a divenire simili, e ciò è causa di mutamenti nel comportamento e nei rapporti reciproci.
e) Trasmissione sociale e politica della famiglia
Le trasformazioni delle tecniche, dei rapporti sociali e delle relazioni modificano il ruolo della famiglia anche nella trasmissione sociale e nella socializzazione dei figli. Nelle società non macchiniste, il bambino si formava nel complesso della comunità del villaggio in rapporto con i genitori e i vicini. Lo zio materno poteva svolgere un ruolo più importante di quello del padre e le cerimonie d'iniziazione erano affidate a notabili, che avevano ùn ruolo ben definito nelle prove che il candidato doveva superare. Per contro, nelle società europee prima del XIX secolo, il gruppo coniugale si assumeva pressoché da solo, sotto l'autorità del padre, il compito dell'educazione dei figli. Come abbiamo visto in precedenza, la famiglia era uno strumento di potere, nella misura in cui contribuiva a preparare il figlio a una vita sociale orientata secondo gli interessi delle classi dominanti. Lo sviluppo della scuola pubblica e la scolarizzazione obbligatoria hanno tolto alla famiglia una parte delle sue prerogative, affidando l'istruzione del figlio a maestri a essa estranei. In tal senso la famiglia si è relativamente democratizzata, benché l'autorità del padre sia rimasta forte fino a questi ultimissimi anni; il gruppo coniugale è sempre la sede principale dell'apprendimento della cultura da parte dei giovani, malgrado le scuole materne e gli asili-nido, che sono d'altronde ancora molto insufficienti nella maggior parte dei paesi. La famiglia appare ancora, soprattutto, come il luogo della trasmissione dei valori morali e spirituali. Essa si fonda sulla religione come la religione si fonda su di essa, e i ‛riti di passaggio' della prima comunione e del matrimonio restano spesso i segni di questo attaccamento, anche in famiglie che non sono per il resto né credenti né praticanti. Le nuove forme di contrasto tra adolescenti e genitori, le rivolte dei giovani, lo sviluppo delle ‛bande', i fenomeni beatnik e hippy, l'apparizione di una ‛cultura' dei giovani o l'affermazione di una ‛controcultura', sono manifestazioni di profondi mutamenti nel processo di socializzazione e di maturazione sociale. Il parricidio è forse già consumato? È forse l'annuncio della fine della famiglia?
È possibile chiederselo, ma reazioni di segno contrario dimostrano con grande chiarezza sino a qual punto la famiglia sia uno strumento politico. Da un lato si riscontra un'evoluzione del diritto, la quale, però, non si muove che molto lentamente nel senso della democratizzazione. Per esempio, l'autorità paterna è poco a poco sostituita, nei vari Stati europei, dall'autorità dei genitori, ripartita in egual misura tra il padre e la madre. In altri paesi, la liberalizzazione del divorzio ha provocato violente battaglie tra i partiti e ha contribuito a modificare la scena politica. In altri ancora la procedura è stata recentemente modificata per consentire agli sposi di separarsi ‛consensualmente', invece di essere costretti a rimproverarsi ‛torti reciproci', che assai di frequente dovevano inventare anche senza averne nessuna voglia. La maggiore età è stata abbassata a 18 anni in molti paesi. D'altro canto la difesa della famiglia diventa facilmente un mezzo per conservare le tradizioni, per difendere le forme superate della religione, per lottare contro i movimenti di emancipazione dei giovani. Ad essa si ricorre soprattutto nella prospettiva del mantenimento o dello sviluppo della natalità, considerata da taluni come la sola garanzia, per una nazione, di disporre di un potenziale umano sufficiente per l'industria e per l'esercito.
I rapporti tra la famiglia e la politica possono assumere in tal caso due forme. La politica familiare di tipo autoritario consiste sempre nel servirsi della famiglia quale strumento di trasmissione degli intenti dei gruppi dominanti. L'appoggio dello Stato, mediante la concessione degli assegni familiari o di altri vantaggi, consiste allora nel mantenere una struttura favorevole a un'espansione demografica o a una socializzazione del bambino che lo renda maggiormente propenso ad accettare le decisioni venute dall'alto. Le famiglie sono allora ‛oggetto' dell'attenzione interessata dello Stato. Al contrario, la politica familiare di tipo democratico consiste nel difendere i loro diritti, nel formulare rivendicazioni in funzione dei loro bisogni, delle loro aspirazioni, dei loro progetti. Le famiglie si considerano come soggetti attivi organizzati in movimenti o in sindacati allo scopo di un'azione comune per esercitare pressioni sui governi. Non sono dunque lo strumento di un potere, ma pretendono di detenere esse stesse un potere e di servirsene.
In queste due prospettive, tuttavia, la famiglia viene difesa nella sua forma attuale, senza che vengano rimesse in discussione le sue strutture e la sua ragion d'essere. Da questo punto di vista un ‛ministero', della famiglia, delle associazioni di genitori di alunni o dei sindacati di famiglie possono convergere nella loro azione su taluni punti. Altri siutomi, altri comportamenti, altre aspirazioni sembrano invece approdare a una messa in discussione molto più radicale. È necessario dunque approfondire l'analisi dei processi di trasformazione e interrogarsi sul significato dei mutamenti in atto.
4. I rapporti uomo-donna e bambino-adulto
Le nuove scoperte scientifiche e i mutamenti nei modi di produzione, nell'equilibrio demografico, nelle condizioni di vita, nelle strutture sociali portano a interrogarsi non soltanto sul posto e sul ruolo della famiglia in tali processi di trasformazione ma, soprattutto, sui rapporti uomo-donna e bambino-adulto, sulla coppia, sulla paternità, sulla sessualità, sull'amore.
a) La dissociazione tra sessualità, procreazione, amore
Le contraddizioni - riscontrabili nella civiltà industriale su scala mondiale - tra lo sviluppo tecnologico e l'involuzione, che si manifesta nella degradazione dell'ambiente naturale, nelle guerre, nei regimi totalitari, nelle ineguaglianze sociali, comportano, per le famiglie, una prima forma d'inquietudine. Allo stesso tempo, l'accelerazione dell'incremento demografico nei paesi del Terzo Mondo e l'arresto della crescita nei paesi più ricchi sono all'origine di una duplice ansietà. Il timore di giungere rapidamente alla saturazione del pianeta si accompagna, nei paesi industrializzati, al timore di essere sommersi dagli abitanti dei paesi della fame. Tutto ciò può incidere sul comportamento delle famiglie verso la procreazione.
Tale comportamento risente in misura ancor maggiore dell'influenza delle nuove scoperte della biologia e della medicina. I rapidi progressi dell'embriologia lasciano intravvedere alle coppie possibilità di azione sempre più vaste nei confronti della procreazione. La fecondazione artificiale già permette a una donna di essere fecondata senza avere rapporti diretti con un partner maschile. Dal momento che lo sperma può essere conservato in determinate condizioni, sono già state create le banche di sperma come un tempo furono create quelle del sangue. Ma sono stati soprattutto il perfezionamento e la diffusione dei metodi contraccettivi che hanno contribuito a scardinare le norme tradizionali relative ai rapporti sessuali, permettendo così alle famiglie di programmare le nascite. È ovvio che una parte di tali metodi non data da oggi, ma le facilitazioni e la sicurezza, di cui la ‛pillola' soprattutto è apportatrice, hanno mutato i dati del problema. Il dibattito è divenuto pubblico e persino talune chiese hanno mutato le loro posizioni al riguardo. Se la legalizzazione dell'aborto ha incontrato maggiori opposizioni, tuttavia una relativa libertà è stata acquisita in molte nazioni, il che ha permesso di percorrere un'ulteriore tappa verso il controllo della procreazione.
Conseguenza di tali trasformazioni è il fatto che la sessualità può essere considerata in se stessa, indipendentemente dalla generazione e dall'amore. Da un lato le classiche ‛trappole' della natura, che utilizza il desiderio per sviluppare la specie, sono ormai sventate e dall'altro la distinzione tra l'atto sessuale libero e l'amore duraturo si chiarifica e si generalizza. L'uomo e la donna possono scegliersi sia per trovare un piacere comune, sia per amore, sia per avere un figlio. La famiglia, ristretta al gruppo coniugale regolato nell'istituto del matrimonio, era il luogo in cui queste tre finalità si trovavano riunite. Lo è sempre, e lo resterà, nelle nuove condizioni? Per rispondere a tale interrogativo è necessario prima di tutto interrogarsi sul ruolo dell'uomo, della donna e del bambino nella società.
b) La coppia in discussione
Il rapporto gerarchico tradizionale uomo-donna nella coppia e nella società è rimesso ovunque in discussione, ma in modi più o meno radicali e più o meno diversificati secondo le nazioni, i gruppi sociali, i regimi economici e politici, le ideologie dominanti, il dinamismo delle forze progressiste (v. DONNA).
Il primo movimento parte da una presa di coscienza della condizione delle donne e del loro sfruttamento, sotto molteplici forme, in tutte le società. Svantaggiate dal diritto matrimoniale, relegate a posti di minor rilievo nella produzione, escluse dai posti dirigenziali e di responsabilità, adibite ai lavori domestici mentre i loro mariti lavorano fuori casa, esse hanno uno status nettamente inferiore a quello degli uomini, almeno nelle società capitalistiche. Anche nelle società socialiste, in cui esse occupano un posto rilevante nella produzione e in cui il principio dell'eguaglianza è acquisito, non sempre condividono le mansioni domestiche alla pari con gli uomini, e non sono alla pari con essi nelle alte cariche della vita economica, amministrativa, politica. Se, in tutto il mondo, alcune donne sono divenute capi di Stato, queste sono pur sempre eccezioni che sembrano confermare la regola. Ovunque l'emancipazione e la liberazione della donna incontrano resistenze. Infatti, tale liberazione mette in discussione una concezione millenaria del rapporto tra i sessi e l'immagine tradizionale della coppia e della famiglia, di cui abbiamo seguito la storia.
La soppressione dei tabù della sessualità ha concesso alle donne un'occasione per uscire da questa condizione di dipendenza, almeno in quanto il piacere femminile viene preso in considerazione nella stessa misura di quello maschile. In un certo senso la donna, oggetto di piacere, è divenuta soggetto del suo piacere. Ma, in società in cui tutto viene ricondotto al denaro, la donna è rimasta oggetto sessuale che la pubblicità sfrutta per la ricerca del profitto. L'espressione anglosassone sex shop è significativa e il sesso è più che mai oggetto di commercio. Le riviste e i film pornografici, o semplicemente erotici, espongono il corpo e il sesso della donna per il piacere dell'uomo, mentre, il più delle volte, i tabù persistono allorché si tratta del sesso maschile. Anche se la condizione delle prostitute tende a mutare, la prostituzione non scompare e molte donne affermano che essa è un riflesso della condizione generale delle donne, che vengono sfruttate sessualmente nella vita quotidiana.
La ribellione femminile non si limita al campo della sessualità. I movimenti femministi hanno avuto un grande sviluppo ottenendo risultati importanti in molti paesi. La solidarietà femminile, prima limitata alla vita quotidiana, si è estesa a tutti i campi del lavoro e della vita pubblica in cui le donne si trovino a dover difendere i loro diritti. Presentandosi talvolta sotto forme estremistiche, taluni di questi movimenti sono apparsi come i promotori di una specie di guerra dei sessi, ma tali esagerazioni non devono celare gli aspetti positivi nè l'ampiezza dell'azione intrapresa. Il problema fondamentale è ormai posto: il rapporto fra uomo e donna, così come è stato vissuto nella famiglia tradizionale, è superato; e, con la mente rivolta ai mutamenti sopravvenuti in tale rapporto, l'intera organizzazione sociale viene rimessa in discussione. Se lo status e il ruolo della donna sono mutati, la pianta e la sistemazione della casa sono destinate a modificarsi, e, se l'abitazione cambia forma, l'organizzazione dello spazio deve essere riconsiderata nel suo complesso. Abbiamo visto parimenti che il lavoro professionale della donna provoca una trasformazione dei ritmi quotidiani della coppia, dunque un cambiamento nell'organizzazione del tempo. L'ingresso delle donne - con posti di responsabilità - nelle imprese, nell'amministrazione, nella vita politica, potrebbe far mutare i dati di fatto dell'economia, dell'occupazione, dell'autorità e, ancor più, quelli della parentela e della famiglia.
Il cambiamento di status della donna non può essere preso in considerazione se non lo si mette in rapporto con quello dell'uomo. Una crisi dell'identità femminile comporta una crisi dell'identità maschile. È una crisi del predominio, poiché ogni concezione di potere si ricollega, in un modo o in un altro, alla concezione del predominio nella coppia e nella famiglia. La liberazione della donna non può realizzarsi senza rimettere in discussione le figure dell'uomo capofamiglia, del padre detentore dell'autorità, del marito che manda avanti la famiglia con il proprio lavoro. Il modello tradizionale europeo, di cui abbiamo visto la genesi, le trasformazioni e la persistenza nel corso della storia, è respinto in linea di principio in tutti gli aspetti dell'esistenza, e tuttavia resiste ovunque, nonostante le grandi dichiarazioni internazionali moltiplicatesi dopo l'‛anno della donna'.
Teoricamente, la remunerazione della donna che svolge un'attività professionale può essere superiore a quella del marito. Teoricamente, se la presenza femminile in casa non è più costante, può toccare all'uomo di doversi occupare dei pasti, dei bambini, dell'andamento della casa. Inserita in modo più diretto nella vita sociale e nella produzione, la donna può pretendere - sempre in teoria - di discutere su un piano di eguaglianza le decisioni importanti. (Senonché molti uomini interpretano questa nuova divisione dei compiti come un oltraggio alla loro dignità virile. Se accettano di addossarsi taluni compiti, ne rifiutano altri, e i modelli collettivi sono tanto forti che, se essi accettassero questi altri compiti, finirebbero col sentirsi screditati persino agli occhi di alcune donne del loro ambiente. Il peso della casa resta quindi a carico della donna, sia come doppia attività, qualora ella conservi il proprio lavoro, sia come unica attività qualora lo lasci. In quest'ultimo caso, il marito accetta ancor meno di condividere i lavori domestici poiché la donna è in linea di massima disponibile per dedicarvisi.
Il machismo, spesso preso come esempio dell'attaccamento del maschio alla propria superiorità, non è soltanto una caratteristica dell'America Latina, dalla quale il termine proviene. Nel momento in cui il nuovo modello femminile giunge gradatamente a prender forma, la maggior parte degli uomini non trova un nuovo modello maschile per controbilanciarlo. Sopravviene così il disorientamento e ci si rifugia spesso in comportamenti aggressivi, cercando di riconquistare l'autorità perduta, o in forme diverse di rinuncia. Al contempo, la messa in discussione del gruppo coniugale come anche le sollecitazioni che giungono agli uomini dalla pubblicità erotica li spingono a disinteressarsi delle donne che restano legate alle loro funzioni tradizionali, e a cercare compagne più giovani, con le quali sperano di trovare un nuovo equilibrio soddisfacendo allo stesso tempo i loro desideri. I romanzi e i film su tale argomento si moltiplicano e sono una testimonianza evidente delle incertezze della coppia.
Spogliata delle costrizioni del matrimonio, degli obblighi familiari, dei doveri reciproci, dei modelli di comportamento, la coppia appare ormai ‛nuda'. Cosa resta dunque di essa? O piuttosto, che cos'è una coppia? Al di fuori del rapporto uomo-donna la nozione di coppia appare per i gemelli, per ‛gli amici inseparabili ma senza alcun legame sessuale, e anche per gli omosessuali. Platone, nel suo Simposio tante volte citato, evoca anche esseri umani che, originariamente ‛rotondi', sono stati poi divisi in due parti. Queste tendono disperatamente a ritrovarsi e, se ci riescono, a riunirsi di nuovo. Il successo di tale mito della coppia esprime quella sensazione di mistero che si prova in presenza dell'attrazione reciproca di due esseri e allo stesso tempo una specie di fatalismo, di predestinazione, che si ritrova costantemente nella letteratura occidentale. Ma volgiamo l'occhio più lontano. Altri miti si riferiscono all'esistenza di due principi originari, opposti e complementari, sui quali si fondano tutte le altre divisioni o complementarità. Questi due principi si ritroverebbero nella donna e nell'uomo, ad esempio presso i melanesiani come principio umido e principio asciutto (Leenhardt), e la divisione dei sessi orienterebbe tutta la vita sociale.
Il problema può essere posto in altri termini. Nella coppia uomo-donna, quali sono gli aspetti più importanti? La procreazione? Ma sappiamo bene che in molte società procreazione e coppia non sono collegate. Il vero genitore può essere un uomo diverso dal marito ufficiale. La discendenza, la paternità, il riconoscimento del figlio, che dipendono dal marito, sono problemi distinti dalla vera e propria procreazione. È forse l'atto sessuale che caratterizza la coppia nelle società europee? Lo si potrebbe credere, dal momento che la stessa chiesa cattolica ammette come caso di annullamento del matrimonio la sua non consumazione. Ma l'unione sessuale non basta da sola a definire una coppia. Questa unione può essere temporanea e la vita sessuale può svolgersi con compagni successivi. Si tratta allora di amore? Ma che cos'è l'amore? Da un lato il cristianesimo ha divinizzato l'Amore: ‟Dio è Amore". Dall'altro, la psicanalisi, pur ricollegando i sentimenti amorosi al desiderio sessuale, ci fornisce un'immagine della libido che supera questo solo desiderio e lo stesso Freud ne parla come di un'energia ‟che si ricollega a ciò che noi condensiamo nella parola amore". L'incontro di un uomo e di una donna nella coppia sarebbe allora l'espressione di un moto più profondo al quale il mistero delle origini conferisce un particolare potere di attrazione, la manifestazione di una tendenza che non si muoverebbe soltanto in direzione della procreazione?
Tra l'uomo e la donna si svolge in realtà il dramma della comunicazione e dell'alterità. L'uomo e la donna sono due estranei, trascinati l'uno verso l'altro da un violento desiderio di unione e sconvolti a ogni istante dalle reazioni che li oppongono l'uno all'altro. L'amore è la scoperta straordinaria che permette a un essere di uscire da se stesso; ma questa unione con l'altro si realizza a spese della libertà. L'unione è, nel peggiore come nel migliore dei casi, un'alienazione, cioè uno stato nel quale colui che era estraneo all'altro esce da se stesso per appartenere all'altro. L'amore è dunque una successione di stupori e di disillusioni, e nella maggioranza dei casi una stagione fugace. Rari, e per questo più sorprendenti per l'immaginazione dei poeti come per quella dei popoli sono invece gli amori duraturi. E anch'essi, sono la cosa migliore o la peggiore?
È forse, la famiglia, il luogo dove l'amore può durare? Non è invece una trappola in cui l'uomo e la donna si trovano presi? Una vecchia formula faceva dire a una giovane donna che si rivolgeva al marito il giorno stesso delle nozze: ‟e ora tu sei mio padre, mio figlio, mio fratello, il mio amante e il mio giovane sposo". Ma tale visione idilliaca non dura che una stagione. In seguito, l'immagine del padre cancella le altre. L'amante e giovane sposo diviene il padre dei figli, quindi il nonno dei nipoti. La giovane sposa si trasforma in madre e in nonna. A poco a poco l'amore cede il posto alla morale e al dovere, nel migliore dei casi alla tolleranza e alla comprensione reciproche, che consentono un'unione duratura. La famiglia diviene un gruppo-rifugio intorno al padre e alla madre. Essa è allora sentita da alcuni come un ambiente soffocante, come il luogo dei conflitti e delle contraddizioni di cui parlavamo all'inizio di questo articolo, e da altri come un ambiente gradevole nel quale i figli possono svilupparsi e nel quale in seguito essi amano ritornare.
Oggi, siamo di fronte a una nuova svolta. Alla figura classica della donna rivolta alla natura e dell'uomo visto come espressione della società con le sue istituzioni e le sue norme sono state già opposte altre immagini. All'immagine dei figli sottomessi ai genitori dovremo forse opporre quella di nuovi rapporti bambino-adulto? Alcuni teologi parlano di un passaggio dalla religione del padre alla religione del fratello, e alcuni psicanalisti (G. Mendel, A. Mitscherlich) interpretano la rivolta contro il padre come l'annuncio di una società fondata su nuove basi. Se l'immagine del padre ha dominato sotto nuove forme la vita sociale nel XX secolo (soprattutto nei regimi dittatoriali) e se d'altra parte il suo declino è cominciato, l'immagine della donna e quella della coppia si sono anch'esse trasformate. È possibile l'incontro di un uomo e di una donna, liberati dal peso delle istituzioni paternalistiche? La sola vera coppia è una coppia di amanti, sogno dei poeti, a un tempo fragile ed eterna, che viene sempre evocata nelle canzoni; oppure ci avviamo verso la scomparsa dell'idea di coppia, anche se intesa in senso temporaneo? Se c'è qualcosa di nuovo dopo Tristano e Isotta e dopo Giulietta e Romeo, è l'idea che si può costruire una società dove il libero amore non sia fatalmente maledetto. Ma, in verità, nessuno sa ancora come.
I rifiuti, le evasioni, le rivolte, le esperienze di ogni specie sono significative. Gli amanti sembrano sempre sfuggire al tempo e allo spazio. Se, in un detto popolare sudamericano, l'orgasmo viene rappresentato come la ‛piccola morte', è perché conduce per un momento i partners al di là dei limiti temporali e spaziali della società e di se stessi. Ma l'incontro uomo-donna è solo la ricerca del piacere e dell'evasione? È forse una soluzione per un uomo cambiare compagna, amare contemporaneamente molte donne e incontrarle quando gli pare e piace, e, per una donna, amare contemporaneamente molti uomini e trovare con loro il piacere liberamente? Per un verso, l'abolizione dei tabù e la liberazione sessuale, che hanno contraddistinto questi ultimi anni, hanno permesso fino a un certo punto di uscire da un moralismo soffocante e di superare divieti e repressioni le cui tragiche conseguenze sono state ormai dimostrate. Ma tutti i problemi sono stati per questo risolti?
Secondo una visione ottimistica, valida per taluni ambienti, è in atto una tendenza verso un accomodamento tra rigidità delle istituzioni e maggiore tolleranza nel campo della sessualità e della vita sentimentale. Prima del matrimonio, i giovani hanno generalmente varie esperienze e la scelta del coniuge avviene con una migliore conoscenza della vita sessuale, il che permette, in una certa misura, di evitare gli errori. Coppie molto unite possono ammettere libertà passeggere da una parte e dall'altra senza dar loro il carattere drammatico dell'infedeltà e dell'adulterio. Si ammette una maggiore sincerità. La moglie o il marito vengono meno spesso ‛ingannati', poiché hanno meno ragioni di nascondere il loro comportamento al di fuori del matrimonio. In questa prospettiva, tutti i gradi d'intensità sono riscontrabili nella vita sentimentale, dall'amore tra due esseri che dura tutta una vita (Bourbon-Busset), al semplice cameratismo ragionevole dei coniugi che raggiungono un'intesa sufficiente per godere insieme dell'esistenza, senza esser costretti per questo a rimanere definitivamente uniti. Cambiamenti inattesi possono sempre sopraggiungere. L'amore può trasformarsi in cameratismo e l'amicizia tollerante ridiventare amore. Nei casi migliori, la coppia tende a essere, nel vero senso della parola, una libera unione. Tale libertà ha tuttavia dei limiti; uno dei più evidenti è ancora oggi la presenza dei figli e i rapporti che si stabiliscono tra questi e i genitori.
c) Il desiderio di procreare
È possibile parlare dell'incontro uomo-donna senza parlare dei figli? Gli amanti più appassionati e i meno preoccupati dell'avvenire non vengono presi un bel giorno dal desiderio di avere un figlio? ‟Avere un figlio con te. Avere il figlio che noi abbiamo voluto". La dissociazione sessualità-procreazione-amore è di breve durata. Il desiderio di procreare è così diffuso che un gran numero di coppie sterili finiscono sempre col chiedere di adottare bambini abbandonati. Talune di esse - è bene chiarirlo - lo fanno talvolta per motivi d'interesse, e gli uffici competenti sono costretti a prendere molte precauzioni. Ma nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di genitori adottivi eccezionalmente attaccati e premurosi. Si è anche verificato il caso limite di coppie di omosessuali che hanno reclamato il diritto di adottare un figlio. Se le nuove tecniche di contraccezione e la liberalizzazione dell'aborto hanno reso più facile il rifiuto del figlio, che può anche corrispondere a un sentimento molto profondo, esse hanno conferito nello stesso tempo al desiderio di procreare una nuova forza. Invece di essere subito, il figlio è voluto, in un momento liberamente scelto. Più netta è la divisione tra coloro che vogliono un figlio e coloro che lo rifiutano.
Il desiderio di procreare assume molteplici aspetti. Esso nasconde innanzitutto due insidie: quella, già segnalata, della specie che utilizza il desiderio per riprodursi e quella della società che vuole anch'essa prolungarsi attraverso i bambini. Biologicamente e socialmente l'individuo viene spinto verso il bambino e attratto da lui. È parimenti attratto da un individuo dell'altro sesso con il quale intuisce di poter procreare il figlio del loro desiderio comune. Questa comunione del desiderio nel figlio può costituire un aspetto privilegiato dell'incontro uomo-donna come pure un'insidia. Ma il figlio è anche desiderato per se stesso, per tutta la ricompensa, tutta la gioia, la felicità e la speranza che apporta all'adulto. Essere circondati da bambini è un obiettivo che la famiglia consente a suo modo di raggiungere, ma che può anche essere ottenuto con altri mezzi, e ci sono celibi e nubili che dedicano volontariamente tutto il loro tempo all'educazione dei fanciulli. D'altro canto il bambino e l'infanzia costituiscono ‛un mondo diverso', il mondo del mito e del sogno nel quale gli adulti proiettano i loro rimpianti, le loro aspirazioni, la loro contestazione della società. La letteratura del XIX e del XX secolo abbonda di testimonianze su tali immagini e sul processo di mitizzazione dell'infanzia (M. J. Chombart de Lauwe). Tale atteggiamento nei confronti del bambino è tuttavia un fenomeno relativamente recente nei paesi europei. Alcuni secoli or sono, malgrado la figura ideale di Gesù bambino, l'immagine del bambino era assai negativa e l'adulto doveva sbarazzarsi delle radici infantili della propria personalità. Nel XVIII secolo il bambino diviene oggetto di giuoco (v. Ariès, 1960), e bisogna attendere Rousseau perché l'immagine divenga positiva e si ricerchi nel fanciullo l'innocenza e la purezza della natura.
Oggi la famiglia resta per il figlio un luogo di contraddizione affettiva. Strumento della socializzazione, dell'apprendimento dei comportamenti e delle norme, della formazione sotto l'autorità dei genitori, essa è costrizione, obbligo, luogo di conflitto, dal quale il fanciullo che cresce cerca poco a poco di allontanarsi. Al contempo, però, la famiglia è rifugio, luogo di comunicazione, e genera un clima affettivo particolare (che rappresenta anche una fonte di alienazione). È inoltre oggetto di un attaccamento il cui potere di attrazione spesso persiste nell'adulto, che sente il bisogno di ritornarvi con i propri figli, mantenendo così un legame tra le generazioni che facilita la riproduzione sociale. Nell'adolescente la contraddizione è sentita con maggiore violenza. Il padre autoritario, il padre assente o rinunciatario vengono respinti con furore o disprezzo. La coppia disunita o quella troppo unita e ripiegata su se stessa non sono tollerate. Tutto si frantuma e gli adolescenti cercano una compensazione, una vendetta o un'evasione rifugiandosi in gruppi di giovani che si oppongono agli adulti oppure abbandonandosi alla delinquenza o alla droga.
La famiglia è sorpassata anche per il bambino e l'adolescente, come per l'adulto? Il nido, l'asilo, la scuola, i gruppi di animazione, i gruppi sportivi e di svago rappresentano nuove istituzioni capaci di assolvere una parte delle funzioni una volta proprie della famiglia? La rivolta contro la scuola segue di pari passo la rivolta contro la famiglia, dato che entrambe le istituzioni sono espressione dell'ideologia dominante e strumenti per la riproduzione di una società che i giovani rifiutano. In realtà, tutte le istituzioni vengono rimesse contemporaneamente in discussione e la famiglia è il punto di partenza di questo movimento che la supera. Il disagio e la speranza generati da una siffatta situazione appaiono in modo più concreto nell'esperienza comunitaria.
d) Il significato delle comunità
Il movimento comunitario non è del tutto nuovo. Abbiamo visto che utopisti come Ch. Fourier e R. Owen sono stati promotori nell'Ottocento di esperienze comunitarie, di cui ritroviamo traccia soprattutto nel Nordamerica. Esperienze analoghe sono state tentate anche nei paesi socialisti durante i periodi rivoluzionari. Ma l'attuale estensione del movimento e la sua multiformità gli conferiscono un significato completamente diverso. Prima, durante e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, alcuni tentativi di comunità di lavoro o di comunità su basi spirituali possono essere segnalati come antecedenti, almeno nella misura in cui la vita in comune già allora obbligava a modificare i comportamenti abituali e i rapporti tra gruppi familiari, adulti celibi e bambini. Le comunità che da qualche anno si sono diffuse in numerosi paesi si presentano, nella maggioranza dei casi, con un volto molto più contestatario che le ravvicina, anche se in un contesto affatto diverso, agli utopisti più rivoluzionari. La presa di coscienza delle contraddizioni in cui sfocia lo sviluppo tecnologico capitalistico sotto l'aspetto dell'ambiente materiale, della produzione, del consumo e dei rapporti sociali ha accelerato nei giovani il movimento di rottura con le organizzazioni sociali orientate dalle ideologie dominanti. Ritroviamo l'opposizione tra società istituzionalizzata e cultura vissuta, ma in questo caso il rapporto dialettico tra i due poli non può più stabilirsi e i giovani delle comunità cercano prima di tutto di vivere respingendo le istituzioni sorpassate, a cominciare dalla famiglia quale essi l'hanno conosciuta.
Una tipologia - fatalmente artificiosa - delle comunità può consentire di mettere meglio a fuoco i problemi che, nel complesso del movimento comunitario, riguardano direttamente la messa in discussione della famiglia.
Un primo tipo è caratterizzato dall'importanza attribuita alla rottura con i modi di produzione del sistema capitalistico. Tre sottotipi possono essere distinti: le comunità che si dedicano all'agricoltura e alla ricerca di un nuovo equilibrio ecologico; quelle che tendono a inventare o a rinnovare forme di artigianato; quelle che cercano sotto diverse forme un compromesso nella microindustria. In questi vari tipi i problemi della famiglia vengono affrontati in funzione dello scopo perseguito e la vita in comune non implica necessariamente una radicale messa in discussione della coppia e del gruppo familiare, ma soltanto dei rapporti tra coppie e tra generazioni.
Un secondo tipo è orientato verso i problemi spirituali e culturali. Talune comunità sono caratterizzate dalla preoccupazione di una ricerca religiosa, nella quale spesso predominano gli influssi orientali. Tale ricerca può giungere fino alla rinuncia totale alla vita sessuale, alla coppia e a ogni forma di famiglia. Altre si riallacciano a varie forme di espressione artistica: esistono comunità di attori ambulanti (di cui si hanno esempi in altre epoche), comunità di pittori e di scultori, che sono spesso vicine alle comunità artigianali e in misura più o meno limitata si concedono, in una condizione di marginalità, le stesse libertà di queste ultime.
Un terzo tipo comprende le comunità che insistono soprattutto sulla sessualità e cercano di stabilire rapporti completamente liberi tra uomini e donne (alcune praticano anche l'omosessualità). Ci sono comunità che, rifacendosi a W. Reich, si spingono oltre il maestro, e rifiutano i limiti da lui fissati alla ricerca di rapporti senza costrizioni (come ad es. per quanto riguarda la protezione dei fanciulli). Questo genere di comunità non dura se non intervengono altri stimoli ed esse si riducono a uno degli altri tipi.
Completamente diverso è il quarto tipo, che raggruppa comunità nate da preoccupazioni sociali ed educative. Le loro aspirazioni si muovono nel senso di una ricerca dello sviluppo individuale, di nuove forme di vita di gruppo; si verifica spesso un inserimento nella vita locale che le spinge a partecipare a progetti di trasformazione regionale. L'importanza attribuita alla comunicazione, ai rapporti tra il soggetto-individuo, il soggetto-gruppo, la società e l'ambiente, le spinge verso esperienze che permettono loro di trovare organizzazioni intermedie in grado di sostituire la famiglia e la scuola tradizionali. Esse possono arrivare ad abbozzare dei programmi politici. Molte partono con la ferma intenzione di trovare forme sostitutive della famiglia tradizionale. Insistono poi particolarmente su un assetto dello spazio che corrisponda ai nuovi rapporti che vogliono stabilire tra le persone, sulla cura in comune dei bambini, sull'aiuto reciproco tra le coppie, sui servizi comuni, ecc. Sono esse a proporre la maggior parte dei cambiamenti immediatamente realizzabili nell'ambito della famiglia, ma non sono sempre quelle che si spingono più lontano.
Un posto a parte può essere accordato alle comunità del quinto tipo, che si distaccano più nettamente delle altre da ogni legame con le società esistenti e cercano, senz'alcun proposito di azione politica e sociale, di realizzare, ai margini della civiltà industriale, il ‛mondo diverso' che gli adulti si accontentano abitualmente di sognare o di proiettare sul fanciullo mitizzato (v. sopra, § c). Queste comunità, soprattutto quelle degli hippies, vengono spesso considerate, più ancora delle altre, con una certa ironia o un certo timore dai rappresentanti delle famiglie, dei gruppi e dei partiti politici più tradizionali. Tuttavia sono esse che a volte si spingono il più avanti possibile nella ricerca di nuovi modi di vita, e le loro esperienze, che hanno le sembianze di utopie vissute, sono tra le piu istruttive.
Infine un sesto tipo, e non il meno importante, potrebbe comprendere tutti i tentativi o le realizzazioni non effimeri sviluppatisi nell'ambito di società uscite da un mutamento politico rivoluzionario, come per esempio le dom kommuna, case collettive costituitesi nell'URSS intorno al 1920 e, recentemente, le comunità dei villaggi in Cina. In quale misura la famiglia tradizionale viene sconvolta da tali esperienze o in quale misura essa giunge, al contrario, a ricostituirsi limitando le trasformazioni progressiste?
Una delle esperienze più durature e più note, quella del kibbutz israeliano, è, da questo punto di vista, significativa. Nata dall'entusiasmo rivoluzionario dei giovani volontari, essa è stata all'inizio una radicale rimessa in discussione dei sistemi di rappresentazioni e di valori delle ideologie dominanti in rapporto alla famiglia. L'eguaglianza totale dei sessi, l'assunzione dell'educazione dei bambini da parte della comunità hanno corrisposto a esperienze vissute. Ma i pionieri ritengono ora che la loro rivoluzione sia stata tradita e che i compromessi successivi abbiano fatto perdere all'impresa la sua capacità di rottura. Ciò non toglie che tale realizzazione possa conservare un valore di esempio.
Comunque, le comunità dei vari tipi, che non è d'altronde facile distinguere, data la diversità delle loro esperienze così ricche, provocanti ed effimere, sono interessanti tanto per i loro fallimenti che per i loro successi. La maggior parte delle comunità che hanno tentato di sbarazzarsi completamente della famiglia si sono imbattute fino a ora in due problemi di capitale importanza: il ruolo delle coppie e l'educazione dei figli. La libertà sessuale e lo scambio dei compagni hanno urtato contro la formazione di coppie, che si sono trovate in contrasto con gli altri membri. La cura dei figli da parte dell'intera comunità ha suscitato discussioni e provocato scontri più o meno rudi. Ma tutti questi tentativi hanno dimostrato che il modello tradizionale della famiglia era definitivamente superato e che altre vie si erano aperte.
Lentamente, alcune linee di azione e di riflessione vanno profilandosi. Il rifiuto dell'ambiente - ritenuto degradante - creato dalla società industriale, il rifiuto della società consumistica, il rifiuto delle ideologie del profitto e della concorrenza, il rifiuto delle repressioni, dei tabù, delle ineguaglianze, delle guerre, delle dittature, ecc., vanno di pari passò con un'aspirazione di fondo alla comunicazione, allo sviluppo individuale in un ambiente sociale nuovo che implichi, in linea di massima, il rispetto dell'ambiente naturale e l'instaurarsi di nuovi rapporti uomo-natura. In siffatte condizioni, è la famiglia tradizionale, in quanto punto di partenza delle trasformazioni, che viene rimessa in discussione prima di ogni altra cosa. Ma il progetto non è solo quello di cambiare la famiglia, bensì di ‛partire' in altro modo, ed ecco perché il problema dei rapporti uomo-donna e bambino-adulto viene posto dalle comunità, in tutta la sua portata, in un modo senza dubbio più clamoroso di come sia mai accaduto nella società industriale.
5. Conclusione: nuove forme di famiglia?
Mai la famiglia è stata più apertamente e più largamente contestata nel corso dei secoli, se si eccettuano alcuni periodi rivoluzionari; eppure, mai essa è sembrata offrire altrettanta capacità di resistenza. Il matrimonio, nonostante venga messo radicalmente in discussione, non scompare e il gruppo familiare sembra conservare le sue funzioni di procreazione, di unità di consumo, di socializzazione dei figli, di rifugio affettivo, di riproduzione della società, di mantenimento di numerose tradizioni. In realtà, è la superficie che resiste, mentre le trasformazioni avvengono in profondità. Si può forse affermare che sono sempre lo stesso uomo e la stessa donna a vivere in comune, che sono gli stessi figli a vivere presso genitori ancora inconsci della nuova immagine che offrono loro? Se tali cambiamenti continuano a realizzarsi senza che abbia luogo una presa di coscienza, è possibile che si produca una disgregazione della famiglia, la cui conseguenza sarebbe la disgregazione delle forme di società a noi note.
La discordanza tra l'istituto della famiglia, che resta stabile, e i mutamenti che si verificano quotidianamente nell'intimo del gruppo familiare diverrebbe così evidente da finire con lo sfociare in rotture brutali. Già il paternalismo nella vita universitaria ha provocato le rivolte studentesche, il paternalismo padronale viene denunciato dai sindacati e dai partiti di sinistra, sebbene il paternalismo politico resti pur sempre molto forte anche nei paesi detti democratici. L'immagine del padre, contestata nella stessa vita familiare, sopravvive in altre istituzioni e l'immagine della madre, vilipesa in romanzi divenuti rapidamente celebri, si ritrova dietro il ‛maternalismo' dei servizi sociali e provoca egualmente, in vari paesi, violente reazioni. Se si accentua la discordanza tra la società istituzionalizzata e la cultura vissuta, possono verificarsi nuove situazioni esplosive.
Il problema è sapere se la famiglia scomparirà o se essa si rinnoverà sotto altre forme, con altre immagini dell'uomo, della donna, del figlio e un'altra concezione dei loro rapporti reciproci. La famiglia resterà il luogo privilegiato in cui si trovano riuniti procreazione, sessualità e amore? La specie, la società e l'individuo sentiranno il bisogno di mantenerla? O, al contrario, il rapporto uomo-donna e il rapporto bambino-adulto troveranno, nelle comunità o altrove, altre modalità di realizzazione?
La concezione che associa intimamente procreazione, sessualità e amore è relativamente recente nell'umanità e la sua attuale dissociazione può far pensare a un ritorno alle origini. Ma il ritorno alle origini è un mito di cui abbiamo già dimostrato la fragilità. Per noi è più interessante individuare il processo di genesi di un movimento di trasformazione dei rapporti uomo-donna e bambino-adulto nel complesso delle trasformazioni tecniche, economiche e sociali, e seguire i progressi e i regressi momentanei che s'iscrivono in questo più ampio movimento. Orbene, l'unione procreazione-sessualità-amore può essere considerata da gruppi diversi sia come un regresso sia come un progresso, secondo che essa venga imposta o venga liberamente scelta. Utilizzata dai gruppi dominanti come fondamento di un istituto familiare destinato a mantenere il loro potere e ad assicurare a loro vantaggio la riproduzione della società, l'unione corrisponde a un regresso. Al contrario, liberamente scelta in una società in cui la dissociazione non pone problemi, essa può consentire a un uomo e a una donna che lo desiderino di vivere allo stesso tempo il piacere fisico, la gioia di avere un figlio e un amore non esclusivo che può estendersi ai figli e ai parenti, con la tendenza a una comunicazione generalizzata. In altri termini, se la famiglia-istituto controlla il vissuto della coppia, la società è condannata a ripetersi e a irrigidirsi in se stessa. Al contrario, se il vissuto impone un rinnovamento costante, la scoperta di nuovi rapporti e di nuove strutture è possibile. In tal senso, la libera procreazione, la libera sessualità, l'amore, il desiderio della prole possono forse divenire i fondamenti duraturi di rapporti uomo-donna e fanciullo-adulto ancora sconosciuti. Il ruolo di trasmissione sociale, il ruolo politico, il ruolo economico, attribuito finora alla famiglia, non potrebbero invece essere assolti altrove e in altro modo? Tale rivoluzione presuppone l'eliminazione del predominio nel rapporto uomo-donna e nei rapporti tra generazioni, come pure nei rapporti tra etnie e tra classi sociali. Essa presuppone quindi un cambiamento profondo e radicale della società.
In tale prospettiva il paragone tra paesi, classi sociali, ambienti, gruppi in seno ai quali la famiglia conserva una maggiore vitalità e gruppi invece nei quali essa viene più violentemente contestata, può costituire motivo di riflessione. In una ricerca intrapresa da un gruppo di operai ci ha colpito vedere che i rappresentanti della loro classe erano più attaccati alla famiglia di quelli delle classi medie e soprattutto degli ambienti intellettuali. Tale attaccamento sembra attribuibile, in parte, a un tradizionalismo che riproduce inconsciamente il modello di famiglia imposto dall'ideologia dominante. Ma tale spiegazione resta superficiale. In condizioni di vita difficili, la famiglia costituisce una necessità, e l'attaccamento all'istituto familiare è presentato come una reazione alla disgregazione che la borghesia vuole imporre. In quale misura allora gli operai risentono dei movimenti più profondi che si nascondono sotto le agitazioni superficiali o in quale misura riproducono invece modelli imposti dall'educazione scolastica, dai mass media, da un certo assetto dell'ambiente? Analisi più precise potrebbero consentire di rispondere a questa domanda.
Ci chiediamo parimenti se le esperienze comunitarie e le rivolte dei giovani aprano nuove strade o siano invece tentativi senza futuro. Questi interrogativi restano aperti e il campo di studio è ancora vasto. Solo oggi, comunque, i problemi possono essere posti in tutta la loro estensione.
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