Familiares regis
I familiares regis si inquadrano all'interno di quella sfera, caratterizzata dalla vicinanza diretta al sovrano, che genericamente va sotto il nome di Curia regis. Data la posizione di particolare prestigio e la loro valenza squisitamente politica, i familiares regis non trovano posto nella normativa regia, ma è possibile trarre qualche informazione meno generica da alcuni documenti della cancelleria.
Nel 1238 furono qualificati familiares del re i vescovi di Palermo, di Capua e di Ravello e il conte di Acerra; il sovrano, "una cum dilectis familiaribus et fidelibus nostris", redasse un ordine indirizzato al baiulo, ai giudici e al capitolo di Brindisi (Acta Imperii inedita, I, p. 630).
I familiares, comunque, facendo parte della Curia regis, potevano avere cognizione su alcune controversie presentate "in curia" ed emanare le relative sentenze; erano destinatari di specifici tributi (ibid., p. 672); ricevevano in consegna i quaterni racionum dei maestri camerari e di altri ufficiali locali. Dotati di un proprio sigillo, potevano rilasciare apodixe ‒ ossia ricevute ‒ relative sia alla ricezione dei libri contabili sia alla verifica della buona amministrazione degli ufficiali che a loro rendevano ragione dell'attività ultimata. Potevano agire collegialmente o singolarmente, nel senso che ciascun familiare poteva percepire una parte dei proventi della baiulacio o della gabella dall'ufficiale competente, e doveva tenere un quaderno sul quale annotava queste entrate (ibid., pp. 677-678). L'attività per così dire istituzionale dei familiares regis contribuisce a inquadrare questi soggetti in un ambito specifico all'interno di un organismo ampio e articolato ‒ la Curia regia, appunto ‒ che riunisce in un insieme pressoché inscindibile funzioni e istituzioni, non legate fra loro da nessi esclusivi e preordinati. In altri termini, la Curia rappresentava il vertice del governo del Regno e al suo interno conteneva tutti i segmenti che ne caratterizzavano l'attività: poteva evidentemente accadere che sorgessero contrasti fra questi segmenti, contrasti la cui risoluzione era affidata direttamente alla decisione del sovrano. Nel 1238, Federico II, dopo aver sentito il parere della Curia ‒ "habito consilio curie nostre" ‒, formulò un suo mandato in deroga a una sentenza già data dai "familiares nostri" sullo stesso argomento (ibid., pp. 640-641). E ancora, esemplificativo della distinzione delle competenze all'interno della Curia, è il caso del contrasto sorto fra i rationales, preposti istituzionalmente a tenere i rendiconti di tutte le amministrazioni periferiche, e i familiares, ai quali aveva consegnato i rendiconti della sua amministrazione Leo de Giovenazzo, camerario di Puglia, nel 1242: i rationales di-sconoscevano la rendicontazione in quanto non presentata regolarmente, ma il sovrano intervenne dando loro dettagliate istruzioni su tutta la complessa vicenda e ordinando di procedere come indicato, così da garantire alla Curia i suoi diritti e agli ufficiali devoti un trattamento adeguato alla loro retta amministrazione (ibid., pp. 677-678).
fonti e bibliografia
Acta Imperii inedita, I. Oltre alle opere complessive sulla realtà politico-istituzionale fridericiana, si rinvia specificamente ai seguenti studi e alla bibliografia ivi citata: W. Heupel, Der sizilische Grosshof unter Kaiser Friedrich II., Stuttgart 1940; E. Mazzarese Fardella, Aspetti dell'organizzazione amministrativa nello stato normanno e svevo, Milano 1966; H. Enzens-berger, La struttura del potere nel Regno: corte, uffici, cancelleria, in Potere, società e popolo nell'età sveva (1210-1266). Atti delle seste giornate normanno-sveve (Bari-Castel del Monte-Melfi, 17-20 ottobre 1983), Bari 1985, pp. 49-70; H. Takayama, "Familiares regis" and the Royal Inner Council in Twelfth-Century Sicily, "English Historical Review", 104, 1989, pp. 357-372.