FANCELLI
Famiglia di scultori originari di Settignano (Firenze), un ramo della quale si stabilì a Roma. Capostipite di questo ramo fu Carlo, nato a Settignano nel 1577 circa da Iacopo, come si desume dall'atto di morte (Roma, Arch. stor. d. Vicariato, Parrocchia di S. Nicola in Arcione, Libro d. morti, ad annum). Trasferitosi a Roma, sposò, prima del 1606, Isabella Ghetti, sorella di Cosimo, soprastante alla Fabbrica di S. Pietro dal 1607 al 1616 (priva di fondamento è la notizia del Pascoli [1736] secondo la quale Carlo sposò la figlia di un mercante di nome Balsimelli).
Continuando probabilmente una tradizione di famiglia e grazie all'aiuto del cognato, svolse un'intensa attività come scalpellino nell'ambito dei cantieri legati alla committenza papale, operando nella compagnia formata da Agostino Radi, Battista Castelli, Costantino Ferrini e Francesco Borromini. Inoltre era in amicizia con Flaminio Ponzio, che tenne a battesimo uno dei suoi figli nel 1610 (Ibid., Parrocchia di S. Marcello, Libro d. battesimi, ad annum).
Dal 1609 al 1619 lavorò ad alcune fontane dei giardini vaticani (quelle dello Scoglio e del Belvedere e quella che si trovava a piazza Scossacavalli, ora davanti a S. Andrea della Valle), alla facciata di S. Pietro e al Quirinale; dal 1626 alla morte partecipò ai lavori nei palazzi vaticani, a palazzo Barberini, nuovamente al Quirinale, nel Pantheon, a Castel Sant'Angelo, a ponte Sisto, a palazzo Barberini a Monterotondo e nelle chiese dì S. Sebastiano in Campo Vaccino, S. Croce dei Lucchesi, S. Anastasia.
Carlo ebbe otto figli, nati negli anni dal 1606 al 1627 (è errata la notizia riportata dal Thieme-Becker di un figlio Antonio nato nel 1606): Iacopo Antonio, Margarita, Giovanni Battista, Alessandro, Giovanni, Cosimo, Francesco e Maddalena; di questi continuarono la tradizione di famiglia, con risultati di diverso livello, Iacopo Antonio e Cosimo (cfr. le rispettive voci in questo Dizionario), Francesco e Giovanni (le opere di quest'ultimo, morto a 36 anni nel 1652, sono sconosciute). La numerosa famiglia viveva nella parrocchia di S. Nicola in Arcione, dove Carlo morì il 7 ott. 1640.
Francesco nacque a Roma il 23 genn. 1624, settimo figlio di Carlo, e si formò nella bottega paterna seguendo l'esempio dei fratelli Iacopo Antonio e Cosimo. Per il principe Giovan Battista Borghese Francesco lavorò come capomastro scalpellino con continuità dal 1659 alla morte, sotto la direzione di Carlo Rainaldi, spesso insieme col capomastro muratore Pietro Giacomo Mola. Il suo contributo alla decorazione della chiesa dei Ss. Gregorio e Antonino a Monte Porzio Catone, ricordato dal Pascoli (1736), fu consistente.
Edificata per volere del principe Borghese su progetto di Carlo Rainaldi, la chiesa fu fondata nel 1666, Francesco collaborò alla sua ornamentazione con il Mola ed il fratello Cosimo, svolgendo anche un ruolo di coordinamento tra le maestranze. Per eseguire gli intagli di tutti i lavori in marmo (cornici di tre quadri, balaustre e mensole degli altari e dei coretti, acquasantiere con teste di cherubini, stemma Borghese e, nella facciata, capitelli, cornicione e rustico del fregio), fu pagato dal 1668 al 1678 (Vodret Adamo, 1990).
Per i Borghese Francesco lavorò nel 1668 al pavimento della cappella Paolina a S. Maria Maggiore, in occasione dell'allestimento dell'apparato per le quarantore (Noack, 1929) e nel 1670 a due fontanelle per la villa Pinciana. Dal 1671 al 1675 fu impegnato nella maggiore impresa edilizia promossa dal principe Borghese, la ristrutturazione del palazzo di Roma. Oltre ai lavori di scalpello, come cornici di porte e finestre, eseguì intagli di pietra per il giardino, fece il pavimento in marmi mischi della galleria (1674) e diversi pezzi di arredamento, come fontane e tavolini di alabastro (Arch. Borghese, vol. 1477 n. 796; Hibbard, 1958 e 1962). Nell'Archivio Borghese sono registrati inoltre pagamenti per lavori di scalpello nelle seguenti fabbriche: chiesa di Montefortino (1659), villa Pinciana (1663, 1671), fienile fuori porta del Popolo (1664), granaio a S. Giovanni Decollato (1666), casa a ponte Sisto (1669), villa Mondragone a Frascati (1671, 1675, ricordati dal Pascoli, 1736), Castel di Pratica e castello di Mentana (1671).
A Francesco vengono attribuite le quattro statue raffiguranti santi e profeti poste a coronamento dell'abside di S. Maria Maggiore nella sistemazione rainaldiana voluta da Clemente X (Martinelli, 1975).
Questa attribuzione, basata su una generica affermazione del Pascoli (1736: "molto faticò nella facciata della tribuna della chiesa di S. Maria Maggiore") e non sostenuta da prove documentarie, è dubbia poiché si tratta di un'impresa prettamente scultorea, e sarebbe l'unico esempio nella produzione di Francesco, solitamente attivo come scalpellino. Negli anni della sistemazione della tribuna (1670-73), inoltre, Francesco riceveva pagamenti per lavori diversi nell'esterno della cappella Paolina (1672-73, Arch. Borghese, vol. 208) e ciò potrebbe aver portato all'affermazione del Pascoli, che anche in altri casi riporta notizie non corrette. Secondo il Petraroia (1987) accanto a Francesco in questa occasione potrebbe aver operato il fratello scultore Iacopo Antonio, ma ciò è improbabile data l'età avanzata di questo. Più probabile potrebbe essere un intervento di Cosimo, che realizzò nello stesso cantiere le due figure reggistemma (cfr. voce Cosimo in questo Dizionario).
Ancora il Pascoli (1736) sostiene che Francesco lavorò nella chiesa di S. Marta al Collegio Romano, rimodernata nel 1672-73 su progetto di Carlo Fontana, ma l'ornamentazione interna in stucco fu eseguita da L. Retti e da G. Roncati (Guerrieri, 1990); potrebbero essere di Francesco i lavori di scalpello. Inoltre il biografo menziona un suo intervento nel monastero e nella chiesa di S. Maria Annunziata delle Turchine in via Sforza sull'Esquilino, fondata nel 1671 dalla principessa C. Orsini Borghese e consacrata nel 1676, e ricorda "parecchie fontane d'alabastro e d'altro marmo" che furono inviate in Spagna dal marchese del Carpio. Francesco abitava in via in Arcione con i familiari; si sposò tre volte: nel 1652 con Ippolita Saleri, nel 1657 con Maddalena Sarnitani e nel 1670 con Marta Rubini, ed ebbe dalla seconda moglie due figli, Iacopo e Carlo, che diventarono entrambi scalpellini.
Francesco morì a Roma il 14 marzo 1681 e fu sepolto nella chiesa di S. Nicola in Arcione.
Iacopo, primogenito di Francesco, nacque a Roma il 25 luglio 1658. Fu avviato al mestiere di scalpellino dal padre, con il quale collaborò nel cantiere della chiesa di Monte Porzio Catone scolpendo l'iscrizione sulla facciata nel 1681, per subentrare, alla morte di lui, al servizio dei Borghese. Nell'Archivio Borghese sono registrati pagamenti per i suoi interventi a villa Pinciana: eseguì lavori di scalpello e intaglio sulle facciate della villa (aquile e draghi di travertino), nel giardino dei fiori (1688) e nel casino (1702). Inoltre lavorò nel palazzo di Mentana (1703) e in una casa presso Ripetta (1703-04). Il Pascoli (1736), che probabilmente ebbe notizie dallo stesso Iacopo, ancora vivo quando scrisse le Vite, cita i suoi interventi in alcune fontane (di S. Pietro in Montorio, non più esistente; una in piazza Navona, probabilmente quella del Moro, restaurata nel 1708 da Giovan Battista Contini; altre che furono spedite in Spagna), in un sepolcro nella chiesa di Gallese e in un altro a S. Bibiana, nella cappella di S. Giuseppe a S. Maria della Scala, decorata alla fine del '600. Iacopo si sposò nel 1690 con Beatrice Martini e visse con lei ed il fratello Carlo in via in Arcione, poi in vicolo dei Tedeschi e, dal 1697, in piazza Barberini. Morì a Roma il 27 nov. 1738 e fu sepolto nella tomba di famiglia a S. Nicola in Arcione.
Dell'altro figlio di Francesco Carlo, nato il 21 ott. 1660 e morto il 19 maggio 1698, menzionato come scalpellino dal Pascoli e nei documenti parrocchiali, non è nota l'attività.
Iacopo ebbe un figlio, Francesco; nato a Roma il 16 febbr. 1692, fu anch'egli scalpellino, come risulta dai documenti parrocchiali. Egli visse in piazza Barberini con la moglie Veronica ed i figli, poi con la moglie Prassede, infine con Maria Anna fino alla morte, avvenuta il 19 sett. 1750 (il Pascoli menziona un figlio di Iacopo, che lavorò agli ornamenti della fontana di Trevi, a cui erroneamente attribuisce il nome di Carlo).
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. stor. del Vicariato, Parrocchia di S. Marcello, Libri dei battesimi, voll. 8-10, 19, 20, 26; Ibid., Parrocchia di S. Nicola in Arcione, Stati delle anime, voll. 43-53; Ibid., Matrimoni, voll. 6-7 (Francesco); Ibid., Libri dei morti, voll. 28-29 (Carlo), 32 (Francesco), 33 (Iacopo); Ibid., Parrocchia di S. Maria in via Lata, Matrimoni, vol. 1; Ibid., Parrocchia di S. Susanna, Stati delle anime, voll. 12, 26-53 (Iacopo e Francesco II); Ibid., Libri dei morti, vol. 3; Arch. segr. Vaticano, Arch. Borghese, vol. 23, n. 36; vol. 208; vol. 1460; vol. 1477, n. 796; vol. 1666, n. 1719; vol. 56-66; vol. 56-78, nn. 520, 524; vol. 5683, n. 174; vol. 5691; vol. 5699, n. 346; Arch. di Stato di Roma, Camerale I, Giustificazioni di Tesoreria, b. 77, fasc. 2 (Carlo); L. Pascoli, Vite de' pittori, scultori ed architetti moderni, II, Roma 1736, pp. 475 ss.; A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma nei secoli XV, XVI e XVII, II, Milano 1881, p. 167 (Carlo); O. Pollak, Ausgewählte Akten zur Geschichte der römischen Peterskirche (1535-1621), in Jahrbuch der k. Preuszischen Kunstsammlungen, XXXVI (1915), pp. 81, 86, 89-99 (Carlo); Id., Die Kunsttätigkeit unter Urban VIII., I, Wien 1927, ad Indicem (Carlo); F. Noack, Kunstpflege und Kunstbesitz der Familie Borghese, in Repertorium für Kunstwissenschaft, I (1929), p. 218 (Francesco I); C. D'Onofrio, Le fontane di Roma, Roma 1957, p. 194 n. 16 (Carlo); H. Hibbard, Palazzo Borghese Studies, I, The garden and its fountains, in The Burlington Magazine, C (1958), pp. 206-210 (Francesco I), n. 32 (Iacopo); II, The galleria, ibid., CIV (1962), pp. 15 s. (Francesco I); Ragguagli borrominiani (catal.), a cura M. Del Piazzo, Roma 1968, ad Indicem; H. Hibbard, Carlo Maderno and Roman architecture, London 1971, ad Indicem (Carlo); Ilpalazzo del Quirinale, Roma 1973, pp. 245 s., 248, 257, 259 (Carlo); A. Martinelli, S. Maria Maggiore sull'Esquilino, Roma s.d. [ma 1975], p. 59 (Francesco I); P. N. Pagliara, Monterotondo, in Storia dell'arte ital. (Einaudi), VIII, Torino 1980, p. 256 (Carlo); La basilica romana di S. Maria Maggiore, a cura di C. Pietrangeli, Firenze 1987, p. 244 (Francesco I); P. Petraroia, L'unità di scultura e architettura nel colonnato di S. Pietro. Varianti e trasgressioni, in Le statue berniniane del colonnato S. Pietro, a cura di V. Martinelli, Roma 1987, pp. 240, 243 n. 12 (Francesco I); R. Vodret Adamo, La vicenda storica di Monte Porzio Catone e la committenza artistica di una grande famiglia romana: i Borghese, in L'arte per i papi e per i principi nella campagna romana. Grande pittura del '600 e del '700 (catal.), II, Roma 1990, pp. 167, 178, 179, 183 (Francesco I e Iacopo); M. B. Guerrieri, Gli stucchi di S. Marta al Collegio Romano nell'attività di L. Retti, in Boll. d'arte, LXXIV (1990), p. 111 n. 15 (Francesco I); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, pp. 241, 243.