FANCELLI
. Famiglia di artisti, soprattutto scultori e stuccatori, oriundi da Settignano (Firenze), di cui i più importanti sono:
Luca. - Scultore e architetto, nato nel 1430 a Settignano da Iacopo di Bartolomeo, tagliapietra, morto ivi nel 1495. Ventenne fu mandato da Cosimo dei Medici a Mantova ai servizî di Lodovico II Gonzaga: vi rimase coi successori di questo, Federico III e Francesco IV, e in questa città spiegò la sua maggiore attività. A lui sono dovuti il castello di Revere col magnifico portale scolpito, e in Mantova la nova domus nel gruppo costruttivo di palazzo ducale; il palazzo di S. Sebastiano del quale resta poco più del porticato interno; quello attualmente dei Ruggerini in Piazza Purgo; le case degli Arrivabene e dei marchesi Benzoni e non poche altre. Riformò la costruzione ducentesca del palazzo di Virgilio, detto poi della Ragione, riducendola nello stato che oggi ancora si vede. Attese a ville gonzaghesche a Luzzara e a Gonzaga ed alla Chiesa di Soave, ora demolita, che egli giudicava con grande compiacimento bellissima cosa. Di lui si hanno belle testate di camini e lesene scolpite in marmo nelle raccolte del palazzo ducale di Mantova. Su disegni di L.B. Alberti, dopo la morte di questo, eresse in Mantova le chiese di S. Andrea e di S. Sebastiano - di quella sono sue le ornamentazioni, pilastri e capitelli, di questa le belle transenne - e la cappella dell'Incoronata nella cattedrale. L'ebbe collaboratore il Mantegna, per il quale lavorò il camino e le porte della sala degli sposi nel palazzo ducale di Mantova. Fu anche architetto militare e si devono a lui le opere difensive dei Castelli di Bigarello, di Villimpenta, di Casteldario, dei due castelli di Sermide, sempre nel Mantovano. Idraulico, bonificò il territorio fra Fissero e Mincio con canali e chiaviche che consentivano, ove fosse occorso per necessità strategiche, l'allagamento del territorio di Governolo a sinistra del Basso Mincio. Ebbe molta rinomanza ai suoi tempi: così nel 1487 fu chiamato a Milano da Giovanni Galeazzo Sforza per la cupola del duomo, che pareva minacciare; nel 1490 andò a Napoli, invitato dal duca Alfonso di Calabria, per i disegni di Castel Capuano; Lorenzo il Magnifico lo volle spesso a Firenze ove collaborò col Brunelleschi a S. Maria del Fiore e con l'Alberti a Palazzo Riccardi; attese anche a Palazzo Pitti e ad altre costruzioni.
Domenico. - Scultore. Nacque nel 1469 a Settignano, morì a Saragozza il 21 aprile 1519. Prima alla scuola dei grandi marmorai fiorentini e particolarmente con Mino da Fiesole, passò poi gran parte della sua vita in Spagna, dove fu uno dei maggiori propagatori dell'influenza italiana. Dal Bertaux gli fu attribuita la tomba dell'arcivescovo D. Diego Hurtado de Mendoza (1509) a Siviglia, in cui si sente il ricordo del mausoleo romano di Paolo II, opera di Giovanni Dalmata e di Mino da Fiesole. Nel 1512 terminò per la chiesa di S. Tommaso d'Ávila la tomba dell'infante don Giovanni, figlio di Isabella la Cattolica; che rammenta la tomba di Sisto IV del Pollaiolo. Molta grazia fiorentina si ritrova in un'altra importante opera del F.: il mausoleo dei re cattolici nella cappella reale di Granata (1517). Gli si può anche attribuire la tomba del cardinale Pedro de Mendoza a Toledo. Nel 1518 fu incaricato di scolpire il mausoleo del cardinale Ximenes, che nelle grandi linee doveva ricordare quello dei re cattolici. Ma il F. non lasciò che il disegno del monumento, poi eseguito dall'Ordoñez. Questi, attraverso il F., subì profondamente, come Vasco de la Zarza e alcuni altri scultori spagnoli del sec. XVI, l'influenza della scultura toscana.
Pandolfo. - Scultore. Nacque a Mantova, morì a Pisa nel 1526. Di famiglia era originario da Settignano, forse era parente di Domenico F. ed è anzi possibile che abbia lavorato con lui in Spagna. Si può identificare con un "Pandolfo Fiorentiuo" che lavorò nel 1521 con Bartolomeo Ordoñez. A Pisa, nel 1523, collaborò con lo Stagi nel duomo, tra altro nell'altare di S. Biagio e nel capitello del candelabro pasquale: è opera graziosa, ancora completamente imbevuta di spirito quattrocentesco.
Cosimo. - Scultore, nato a Roma nel 1620, morto ivi il 3 aprile 1688. Scolaro del Bernini, sotto la cui direzione eseguì, assieme ad altri scultori, la decorazione in stucco della navata centrale di S. Pietro, passò, dal 1647, a collaborare con Pietro da Cortona, fino alla morte di questi (1669). Appartengono a questo periodo tra altro: probabilmente tre statue di sante nella chiesa sotterranea dei Ss. Luca e Martina (tra il 1648 e il 1650); alcune sculture di stucco e marmo e un bassorilievo di bronzo con la Deposizione in S. Maria della Pace (prima del 1656); rilievi, putti, angeli, decorazioni di stucco in S. Carlo al Corso (tra il 1652 e il 1660); due rilievi rappresentanti quattro apostoli e la Sacra Famiglia nella chiesa sotterranea e nella sacristia di S. Maria in Via Lata (prima del 1662). Dal 1662 al 1665 eseguì col Ferrata gli stucchi del soffitto della Chiesa nuova. Per la cappella Gavotto in S. Nicola da Tolentino fece, dopo il 1668, il rilievo e la decorazione di bronzo dell'altare, e forse anche il ritratto di G.B. Gavotto. Opere eseguite dal F. senza la collaborazione di Pietro da Cortona sono: sei modelli di angeli per la cappella del papa (1658) e la tomba del cardinale Widman in S. Marco (1660); e alcune statue di Evangelisti per il duomo di Lucca (1663). Morto Pietro da Cortona fece ancora numerose altre sculture, in gran parte in collaborazione con C. Ferrata, per varie chiese di Roma (S. Maria Maggiore, S. Maria sopra Minerva, S. Girolamo della Carità, Gesù, S. Giovanni in Fonte, Propaganda Fide ecc.). Opere sue si trovano anche nelle Marche e in Romagna. Il F. accentuò certi aspetti dell'arte di Pietro da Cortona, conferendo alle sue sculture una singolare grazia ed eleganza d'atteggiamenti e d'esecuzione.
V. tavv. CXXIII e CXXIV.
Bibl.: Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XI, Lipsia 1915 (con bibl.). V. inoltre, per Luca: W. Braghirolli, L. F., in Archiv. stor. lombardo, III (1876), pp. 610-38; St. Davari, Della chiesa di S. Sebastiano in Mantova e dello scultore L. F., in Rass. d'arte, 1901, pp. 93-95; A. Venturi, Storia dell'arte ital., VIII, 1, Milano 1923. - Per Domenico: P. Andrei, Sopra D. F. Fiorentino e Bart. Ordoñez spagnolo, Massa 1871 - Per Pandolfo: L. Tanfani, Delle opere di scultura di P. F. e di Anastasio Stagi nel duomo di Pisa, Pisa s. a.; C. Aru, in L'Arte, IX (1906), pp. 469-72; R. Papini, Pisa, Roma 1912, pp. 60-61.