TACCHINARDI, Fanny
TACCHINARDI, Fanny (Francesca Felicita Maria). – Nacque a Roma il 4 ottobre 1807, terzogenita (dopo Carolina e Ulisse) di Nicola, tenore, allora impegnato nel teatro Argentina (v. la voce in questo Dizionario), e di Maria (?) Angiola Tacchinardi, sua parente, anch’ella artista lirica. Fu battezzata il 6 ottobre nella parrocchia di S. Maria ad Martyres (Pantheon), padrino il romano Francesco Natalizi. L’atto di battesimo testimonia inequivocabilmente l’anno di nascita, in altre fonti coeve e nei dizionari correnti posticipato al 1812; sulla lastra tombale nella cappella di famiglia (cimitero storico di Neuilly-sur-Seine) la data di nascita è spostata avanti di altri due anni, 4 ottobre 1814.
Fanny si formò musicalmente con il padre Nicola, belcantista insigne e attore acclamato. È probabile che abbia conosciuto il futuro marito, il compositore recanatese Giuseppe Persiani, nel 1827: a carnevale il padre tenne il ruolo eponimo in un’opera nuova di quest’ultimo, Attila in Aquileja (Parma, teatro Ducale), e il 26 dicembre quello dell’antagonista nel suo Gastone di Foix (Venezia, Fenice). I due giovani si sposarono a Firenze nella chiesa dei Ss. Simone e Giuda il 5 agosto 1829, testimoni Tommaso Gazzarrini e Tommaso Tinti (nell’atto di matrimonio Fanny è indicata come ventiduenne e «lavorante a casa»); l’anno successivo, il 15 agosto, nacque in città il loro unico figlio Alessandro, battezzato nella medesima chiesa, padrino l’impresario Alessandro Lanari; anche nell’atto di battesimo del figlio, Fanny è detta «atta a casa».
Sebbene Nicola desiderasse che la figlia si esibisse solo in ambito privato, Fanny esordì fortuitamente al teatro degli Avvalorati di Livorno, sotto l’ala di Lanari, il 21 luglio 1832, sostituendo Rosalbina Carradori Allan, indisposta, come protagonista nella Francesca da Rimini di Giuseppe Fournier (Chiti-Marri, 1994), al fianco di Rosmunda Pisaroni (Paolo). L’impeccabile dominio della tecnica e della prassi belcantistica, unita alla spigliatezza scenica, frutti dell’insegnamento paterno, nonché la voce intonatissima e caratterizzata in zona acuta, favorirono il veloce avvio della carriera. Fu prima donna in Giulietta e Romeo di Nicola Vaccaj al Nuovo di Padova (17 novembre 1832) e in Corradino (Matilde di Shabran) di Goachino Rossini al S. Samuele di Venezia (gennaio 1833).
Raggiunse notorietà nazionale esibendosi accanto a Giuditta Pasta nel Tancredi di Rossini (Amenaide) alla Fenice il 23 febbraio 1833. Nella stagione veneziana cantò per la prima volta come Adina nell’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti (2 marzo 1833): la parte fu poi tra i suoi cavalli di battaglia. Nell’estate-autunno al Carcano di Milano, Persiani presentò Danao re d’Argo con la moglie come protagonista; Fanny fu inoltre l’eroina eponima nella Beatrice di Tenda di Vincenzo Bellini, Rosa nelle Cantatrici villane di Valentino Fioravanti, Carolina nel Matrimonio segreto di Domenico Cimarosa e Amina nella Sonnambula di Bellini, opere ch’ella tenne in repertorio per tutta la carriera.
Di tanti suoi ritratti in costume, perlopiù litografici, il più eloquente è quello dipinto da Karl Brjullov nel 1834, che la raffigurò appunto nei panni di Amina (San Pietroburgo, Accademia di belle arti). Un giornalista milanese così la descrisse: «Madama Tacchinardi-Persiani non è grande, ma di belle forme: nella sua interessante fisionomia traspare un’ombra di dolce malinconia, e due occhi non meno vivaci che belli fan prova ch’ella conosce cosa sia un intimo sentire. Di sentimento è pure non dubbio indizio tutto il suo modo di rappresentare. Il suo metodo, il modo in cui dice i recitativi, tutto è bello e puro; essa è degna figlia e allieva di suo padre, il tenore Tacchinardi, sì meritamente celebrato» (Teatri, arti e letteratura, 1833, n. 490, p. 196).
Nel Carnevale 1834 al Valle di Roma spettò a Fanny il ruolo della protagonista nelle prime due opere scritte per lei, I promessi sposi dell’esordiente Luigi Gervasi (19 gennaio 1834), che cadde, e I due incogniti dell’anconetano Giuseppe Bornaccini (5 febbraio 1834), che registrò un successo tiepido. Fu Nicola a spingere Lanari, impresario del teatro fiorentino della Pergola, suo amico ed ex socio, a commissionare a un già famoso Donizetti Rosmonda d’Inghilterra, con la figlia protagonista (27 febbraio 1834), accanto a Gilbert-Louis Duprez, Giuseppina Merola e Carlo Porto.
La Compagnia d’industria e belle arti che gestiva i teatri napoletani stipulò un contratto con Lanari, che nel marzo del 1834 inviò a Napoli la sua compagnia di artisti: ne facevano parte anche Fanny, scritturata come «prima donna di cartello di merito distinto», e Persiani. La cantante fu acclamata al teatro del Fondo con opere già rodate come Le cantatrici villane, L’elisir d’amore, Beatrice di Tenda e al San Carlo con Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart (Zerlina) e I Capuleti e i Montecchi di Bellini (Giulietta); poi ebbe una parentesi genovese, scritturata al Carlo Felice per il Carnevale 1835. Ritornata a Napoli, consacrò la propria fama con il ruolo eponimo nella seconda opera scritta per lei da Donizetti, Lucia di Lammermoor (San Carlo, 26 settembre 1835), accanto a Duprez, Porto e Domenico Cosselli. L’opera ebbe diciotto recite fino al 26 dicembre e fu ripresa anche per Carnevale. Da quel momento, l’eroina per eccellenza del teatro musicale romantico italiano, l’innocente e infelice Lucia, nell’immaginario collettivo assunse le fattezze dell’esile e bionda Fanny. Nel periodo napoletano Fanny fu prima donna anche in altre quattro opere scritte per lei, La sposa di Egisto Vignozzi (Fondo, 3 novembre 1834; primo libretto di Salvadore Cammarano), L’orfana russa di Pietro Raimondi (Fondo, 26 agosto 1835), Lara di Henri de Ruolz, da Lord Byron (San Carlo, 19 novembre 1835), e Il disertore per amore di Luigi e Federico Ricci (Fondo, 11 febbraio 1836).
Con il successo della Lucia la cantante acquisì lo status di «prima donna di prima sfera», al fianco di Giuseppina Ronzi De Begnis e Maria Malibran (la quale, tra l’altro, al San Carlo aveva interpretato il 27 gennaio 1835 la nuova fortunata opera di Persiani, Ines de Castro). Tuttavia non parve intuire appieno la portata innovativa del capolavoro donizettiano, legata com’era a gusti belcantistici tradizionali. Durante la stesura chiese invano a Donizetti di chiudere l’opera con l’aria della protagonista, forse considerando che affidare il finale al tenore comportasse una diminutio del suo prestigio di prima donna. Nel dicembre del 1836 a Venezia, in presenza dell’autore, volle rimpiazzata la cavatina di Lucia con quella di Rosmonda, Perché non ho del vento, che adottò pure nella ‘prima’ parigina dell’opera l’anno dopo al Théâtre-Italien: la sostituzione entrò nell’uso e negli spartiti francesi coevi, presumibilmente non senza il consenso dell’autore, che la fece sua nella versione francese dell’opera, nel 1838.
Donizetti la stimava sin dagli esordi («è freddina freddina, ben precisa però, e intonatissima», scrisse a Lanari da Milano il 28 ottobre 1833; Zavadini, 1948, p. 338) ma diffidava della sua propensione a privilegiare i melodrammi del marito. In vista di Pia de’ Tolomei – sua nuova opera, la terza destinata alla voce della Tacchinardi – da dare a Venezia nel Carnevale 1837 dopo l’Ines de Castro di Persiani, il 21 maggio dell’anno prima scriveva preoccupato da Napoli all’impresario committente Lanari: «Lo scrivere colla Sig.ra Tacchinardi è reso oggi un imbarazzo, e ciò non per colpa sua: quando questa brava cantante non fa il suo dovere, tutto il mondo dice, è per favorire le opere di suo marito; e tu stesso in Firenze ne hai veduto prova. Nella Lucia io fui vittima, poiché essa non era al certo il migliore astro, quando aveva una scena che alle prove faceva tremare Duprez, ed io stesso sentia molte volte dirmi “si calerà il Telone doppo l’aria della Persiani”. La cosa fu all’opposto... io non ne so il perché, ma certo è però che per schivare ogni diceria conviene che quella buona Fanny si sfiati, se non più, almeno al pari di quello che fa nelle opere di suo marito» (ibid., p. 410). Pia de’ Tolomei andò in scena il 18 febbraio 1837, con un successo di stima che non l’aiutò a restare sui cartelloni, da cui scomparve intorno al 1860. Alla cantante Donizetti dedicò ancora l’aria Oh luce di quest’anima, scritta per la ‘prima’ francese della Linda di Chamounix (Théâtre-Italien, 17 novembre 1842), che divenne la più famosa della partitura e assicurò la fortuna dell’opera fino a fine secolo. La omaggiò inoltre dedicandole il sesto brano delle Rêveries napolitaines, il duettino L’addio, versi di Felice Romani. Fanny cantò anche nella ‘prima’ locale dell’Adelia allo Her Majesty’s di Londra l’11 marzo 1843 (Ashbrook, 1986, p. 145).
La stagione veneziana della Fenice, in cui Fanny ottenne 32.000 franchi di cachet (solo la Pasta, tempo prima, ne aveva ottenuti 35.000), segnò l’acme della carriera italiana. Probabilmente a Venezia i coniugi Persiani conobbero l’impresario parigino Carlo Severini, che scritturò la cantante come stella del Théâtre-Italien, offrendole 80.000 franchi per dieci mesi. Prima della trasferta parigina Fanny si esibì al teatro di Porta Carinzia a Vienna, eccellendo nella ‘prima’ locale della Lucia e in una ripresa dei Puritani di Bellini, tanto da essere nominata «cantatrice da camera dell’Imperatore». Conquistò il pubblico parigino il 7 novembre 1837, come Amina nella Sonnambula, indi come Lucia il 12 dicembre.
Il soggiorno francese da temporaneo si trasformò in definitivo: fino al 1849 la cantante fece la spola, allora consueta, tra il Théâtre-Italien e lo Her Majesty’s di Londra (generalmente in estate-autunno), sfoggiando il consueto repertorio. Tentò invano di sostenere la carriera operistica del marito: interpretò Ines de Castro al Théâtre-Italien (all’Odéon) il 24 dicembre 1839 in una versione adattata alla sua voce e, sempre da protagonista, le due ultime sue opere, la semiseria Il fantasma, data agli Italiens il 14 dicembre 1843, e L’orfana savoiarda, presentata con esito sfortunato al Circo di Madrid il 25 luglio 1846. Persiani si dedicò infine all’organizzazione teatrale: nel 1846-47, riconvertito al melodramma il Covent Garden di Londra, investì sul magistero artistico della compagnia denominata La vieille garde, che riuniva le glorie passate del Théâtre-Italien, ossia Fanny stessa, il soprano Giulia Grisi, il tenore Giambattista Rubini, il baritono Antonio Ronconi e, nei primi tempi, anche il basso Luigi Lablache, con la clausola che tutti i componenti venissero sempre ingaggiati. Persiani perse però il confronto con lo Her Majesty’s diretto da Benjamin Lumley, e con I masnadieri di Giuseppe Verdi (luglio 1847), talché i due coniugi subirono un tracollo finanziario. Per i debiti contratti, Fanny dovette calcare le scene ancora per molti anni nei ruoli prediletti, nonostante i continui attacchi di raucedine. Il 26 ottobre 1848 si esibì agli Italiens in un curioso rifacimento in chiave ‘rivoluzionaria’ del Viaggio a Reims di Rossini, dal titolo Andremo a Parigi, senza grande eco. Nel 1850 era ancora agli Italiens; a fine anno accettò con la Grisi e il tenore Mario una scrittura a Pietroburgo, dove restò anche nel 1851. Nel biennio 1854-55 comparve al Comunale di Bologna e al Regio di Torino. L’ultima esibizione attestata risale al febbraio del 1859: rimpiazzò Rosina Penco come Zerlina in un modesto Don Giovanni al Théâtre-Italien, pallido riflesso dell’antico fulgore vocale.
Morì il 3 maggio 1867, per un aneurisma cerebrale, nell’anonimo caseggiato di boulevard Pereire, nella periferia tra Parigi e Neuilly, dove da tempo i coniugi Persiani si erano trasferiti da rue Mont-Blanc 55. È sepolta con il marito, il figlio Alessandro e altri membri della famiglia a Neuilly-sur-Seine.
Se fino agli anni Trenta del XIX secolo il tipo vocale femminile predominante nel teatro d’opera fu quello del contralto dall’ampio registro sopranile (esempi insigni Pasta e Malibran), a lungo la critica ha voluto ravvisare in Fanny Tacchinardi l’antesignana del soprano lirico-leggero. La tesi va rivista alla luce di oggettive considerazioni storico-musicali, suffragate dalle fonti.
Per Alexandre Dumas, che la sentì a Napoli nel 1835 in Lara di Ruolz, «la Taquinardi était une espèce de rossignol qui chante comme une autre parle; [...] rien n’était comparable à la douceur de cet organe, jeune et pur, mais rarement dramatique. Du reste, talent intelligent au suprême degré, sans devenir jamais ni mélancolique ni passionné» (Le corricolo, 1843, parte I, VIII). Ascoltatala nella Lucia agli Italiens nel dicembre del 1837, Théophile Gautier assicurò che la sua voce «a une étendue extraordinaire, une douceur et une vibration surprenantes; [...] elle va sans effort jusqu’au ré et au fa aigus. La méthode de madame Persiani est sûre, large, irréprochable. C’est la même perfection de détail, le même fini de fioriture que madame Damoreau, à cette différence près que madame Damoreau n’a à gouverner qu’une voix assez faible, et que madame Persiani maîtrise et dirige avec une admirable facilité un organe d’une puissance extraordinaire» (Histoire de l’art dramatique, Paris 1858, I, p. 80). Un critico inglese così la descrisse, dopo la ‘prima’ londinese di Lucia il 5 aprile 1838: «Ha una voce da soprano in piena regola (a legitimate soprano), senza un gran volume di suono, ma chiaro, flessibile, puro, con le note migliori tra il Do centrale e l’ottava superiore. Sa prodursi in mille cadenze intricate, con un’immensa flessibilità di voce, senza fallire mai il bersaglio anche nei lanci più ardui. Fa col canto quel che Paganini fa col violino [...] Il suo gesto, che non ha la maestà della Pasta né il pathos della Malibran, brilla per un’ineguagliata naturalezza» (The Musical review and record of musical science, literature and intelligence, 1838, n. 50, p. 60).
In seguito la voce si evolvette e fino al 1842 il repertorio della cantante si estese a parti nuove: la Contessa nelle Nozze di Figaro e Fiordiligi in Così fan tutte di Mozart, nonché Rosina nel Barbiere di Siviglia di Rossini, in cui prese l’uso di cantare, nell’aria della lezione, le variazioni della Malibran su Nel cor più non mi sento dalla Molinara di Giovanni Paisiello.
Soprattutto, dirime la questione circa il colore e l’estensione della sua voce a partire da quel periodo la riscrittura dell’aria di Adina, Prendi, per me sei libero fatta da Donizetti per lei in occasione della trionfale ‘prima’ francese dell’Elisir d’amore al Théâtre-Italien il 17 gennaio 1839, più centrale rispetto alla versione originale (ed. Latte, Paris 1839), definita in frontespizio «air pour mezzo soprano», con un’estensione dal do centrale al si acuto (Ciarlantini, 2001, pp. 145-147). Fondamentale la testimonianza dei fratelli Léon e Marie Escudier, che nel 1840 indicavano l’estensione di Fanny dal si grave (su cui «elle se pose avec une grande fermeté») al mi sopracuto: «Ajoutez à cela une souplesse et une flexibilité sans égales» (L. e M. Escudier, Études biographiques sur les chanteurs contemporains, Paris 1840, pp. 132 s.). Di certo la voce della Tacchinardi era caratterizzata in acuto e si scurì progressivamente con gli anni (altrimenti la cantante non avrebbe mai potuto interpretare Maria di Rohan di Donizetti al Circo di Madrid nell’estate del 1846 e Norina del Don Pasquale agli Italiens nel marzo del 1850), ma doveva aver posseduto da sempre anche nella zona centrale una capacità d’accento e una pienezza di suono superiori allo standard dei soprani lirico-leggeri odierni. La cantante, belcantista di rango, eccelleva anche nel genere comico e semiserio, dove il recitativo riveste enorme importanza (le parti di Adina, Zerlina, Carolina, Rosina, Rosa nelle Cantatrici villane, Amina nella Sonnambula ecc., interpretate per lustri, lo dimostrano). Se però si considera il suo gusto interpretativo personale, si osserva che, per quante opere nuove abbia ‘creato’, non volle mai discostarsi dal repertorio belcantistico tradizionale, scansando il melodramma di Verdi e di altri autori della nuova generazione romantica.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Archivio storico della parrocchia della basilica di S. Pietro, Liber baptizatorum della parrocchia di S. Pietro in Vaticano, c. 292v, atto del 6 ottobre 1807; Firenze, Archivio storico della chiesa dei Ss. Simone e Giuda, Stato dell’anime per gli anni 1815-1817; Registro dei matrimoni della parrocchia di S. Simone (1818-1831), n. 169 (5 agosto 1829); Archivio di Stato di Firenze, Stato civile toscano, Nascite a. 1830, Comunità di Firenze, Reg. 150, a. 2184 (atto di nascita di Alessandro Persiani); Firenze, Biblioteca nazionale centrale, Carteggi vari, 209, 91-94 (quattro lettere, le uniche sinora rivenute, di cui tre alle cognate recanatesi Maria Francesca e Rosa Persiani, parzialmente pubblicate in Ciarlantini, 1992); Carteggi vari, 209, 83-90 (otto lettere di Alessandro Persiani); Carteggi vari, cassetta 411 (tre lettere di Giuseppe Persiani e una di Carolina Tacchinardi, sorella di Fanny). Si veda anche la voce Tacchinardi Nicola in questo Dizionario.
G. Crippa, F. T. P., in Strenna teatrale europea, Milano 1840, pp. 83-100; A. Pougin, necrologio dei coniugi Persiani, in La France musicale, XXXIII (1869), n. 34, p. 264; G. Radiciotti, Teatro, musica e musicisti in Recanati, Recanati 1904, pp. 109-160; G. Tebaldini, Giuseppe Persiani e F. T., in Rivista musicale italiana, XII (1905), pp. 579-591; G. Zavadini, Donizetti. Vita, musiche, epistolario, Bergamo 1948, pp. 338 s., 410; R. Celletti, F. T., in Enciclopedia dello Spettacolo, IX, Roma 1962, coll. 621 s.; G. Gualerzi, Lucia, un soprano che viene da lontano, programma di sala per Lucia di Lammermoor, Firenze, teatro Comunale, 1982, pp. 265-277; J. Gheusi, Les trois créateurs, in L’avant-scène opéra, 1983, n. 55 (Lucia di Lammermoor), pp. 98-102; W. Ashbrook, Donizetti. La vita, Torino 1986, pp. 75 s., 87 s., 103-106, 128, 145, 156, 217 n. 120; P. Ciarlantini, Giuseppe Persiani e F. T. Due protagonisti del melodramma romantico, Ancona 1988; T.G. Kaufman, Giuseppe and F. P., in Donizetti Society Journal, 1988, n. 6, pp. 123-151; P. Ciarlantini, Ritratto di una primadonna: F. T.-P., in CN. Comune Notizie. Rivista del Comune di Livorno, n.s., 1992, n. 3, pp. 41-58; R. Chiti - F. Marri, Testi drammatici per musica della Biblioteca Labronica di Livorno, parte II, in Quaderni della Labronica, 1994, n. 56, scheda 424; P. Ciarlantini, F. T. P.: ritratto biografico ed artistico della prima Lucia, in Il Teatro di Donizetti. La vocalità e i cantanti, a cura di F. Bellotto - P. Fabbri, Bergamo 2001, pp. 125-152; M. Jahn, Die Wiener Hofoper von 1836 bis 1848, Wien 2004, ad ind.; G. Pagannone, La “Pia de’ Tolomei” di Salvadore Cammarano, Firenze 2006, pp. 3-13, 48-54; C. Frigau Manning, Chanteurs en scène. L’œil du spectateur au Théâtre-Italien (1815-1848), Paris 2014, ad indicem.