FANO (A. T., 24-25-26)
È l'antica Fanum Fortunae (sporadica è la forma Flano), cosiddetta per il "tempio alla Fortuna" ivi esistente. È città del litorale marchigiano, in provincia di Pesaro-Urbino, sede vescovile. È posta a 14 m. s. m., 3 km. a NO. della foce del Metauro, di cui domina l'ampia e fertilissima piana deltizia; la città possiede un canale che ne costituisce il porto canale, munito di lanterna. L'antica Via Flaminia, da Roma a Rimini, raggiunge l'Adriatico a Fano. Fano possiede istituti di beneficenza antichissimi, come il Brefotrofio, l'Ospedale civile, il Monte di pietà; inoltre un orfanotrofio maschile e uno femminile, un ospizio marino, asili infantili, una ricca biblioteca comunale, una scuola d'arte e scuole classiche e il collegio Nolfi, già sede di studî universitarî, una cassa di risparmio. È nota stazione balneare. Il movimento del suo porto-canale è notevole; ancor più notevole l'attività peschereccia; estesa la bachicoltura e la filatura della seta.
Il territorio del comune (kmq. 122,27), con quote estreme di m. o e di m. 223, è costituito di dolci colline e di estese piane deltizie e litoranee; il suolo agricolo (ha. 11.358), fertile, è a coltura intensiva di grano, viti, olivi, alberi da frutta, ortaggi. La popolazione del comune, che nel 1881 era di 21.737 abitanti, saliva ai 24.730 nel 1901, ai 38.538 nel 1921 (di cui 11.690 nel centro capoluogo, i rimanenti in una ventina di piccoli o piccolissimi agglomerati o nelle case sparse) e ai 30.759 (di cui 19.067 agglomerati e 11.692 nelle case sparse) il 2i aprile 1931 (dati provvisorî).
Fano è stazione ferroviaria della grande linea litoranea adriatica ed è capolinea della recente linea metaurense per Urbino. Nei dintorni, a 6 km. dal mare e a monte della Via Flaminia, su un colle (m. 223) dominante la città, la pianura deltizia e l'Adriatico, è l'eremo camaldolese di Monte Giove, con cimitero sotterraneo.
Monumenti. - I monumenti più notevoli del periodo romano sono l'Arco di Augusto e alcuni tratti del recinto murato riadattato nel Medioevo. Della fase romanica v'ha un'insigne testimonianza nel palazzo della Ragione (1299), la cui torre, però, venne ricostruita da Luigi Vanvitelli, e nella facciata del duomo, opera verosimilmente d'un maestro Rainerio verso la metà del sec. XII, che modellò anche gli altorilievi ora murati nel cortile del palazzo vescovile, ma rimaneggiata circa un secolo dopo. Gotico è il palazzo malatestiano nella ricostruzione del 1421 ad opera di Pandolfo Malatesta; per la scultura va ricordato il monumento funerario a Paola Bianca Malatesta (m. nel 1398) in S. Francesco, eseguito da Filippo di Domenico da Venezia; per la pittura affreschi riminesi in S. Maria del Metauro e in S. Domenico, che ne ha altri di Ottaviano Nelli. Del 1438 è l'interessante Rocca Malatestiana; al 1491 risale l'Arco Borgia Cybo; al 1495 la chiesa di S. Michele; del 1547 è quella di S. Paterniano attribuita a Iacopo Sansovino. Del Rinascimento è un polittico di M. Giambono, nella Pinacoteca, che ha altresì una tavola di G. Santi, mentre un'altr'opera di questo artista si vede in S. Maria Nuova, che vanta due quadri del Perugino. Il Barocco offre una manifestazione organica in S. Pietro in Valle, costruita nel 1617 da G.B. Cavagni, con pitture del Reni, del Cantarini, di A. Viviani, ecc. In duomo la cappella Nolfi è affrescata dal Domenichino, e quivi si vedono, tra l'altro, un dipinto di Lodovico Carracci e uno di Andrea Lilli; una tela di Alessandro Tiarini si trova in S. Paterniano; opere del Guercino e dei Bibiena si conservano in S. Agostino che ha resti gotici di architettura e pittura.
V. tavv. CXXV a CXXVIII.
Storia. - L'antica Fanum Fortunae sulla costa dell'Umbria, lungo la Flaminia, fu centro romano di collegamento tra l'interno e la costa, noto per la disfatta di Asdrubale del 207 a. C. e per la basilica di Vitruvio, da lui stesso descritta (V,1,6; per i resti, v. Notizie scavi, 1903). Il centro, sorto intorno al tempio e sviluppatosi per la centralità della via, che univa la valle del Tevere con la Gallia Cispadana, per quanto in origine modesto (è menzionato per la prima volta nel 49 a. C. quando Cesare, passato il Rubicone, lo occupò con una coorte), acquistò notorietà e importanza per la sua opportunità stradale. Municipio, compreso nella Pollia, ebbe una colonia augustea di veterani (colonia Iulia Fanestris). Fu circondato di mura da Augusto, che venne onorato con un arco ancora esistente, poi restaurato e dedicato a Costantino, dal quale, forse, derivò la cita l'epiteto di Flavia, sostituito a Iulia.
Caduto l'Impero di Occidente, seguì le sorti della Pentapoli marittima di cui fece parte; distrutta dai Goti (538), fu restaurata da Belisario. I Longobardi, sconfitti due volte (554-743) nelle sue vicinanze, l'ebbero per poco, cacciati da Pipino che la comprese nella donazione alla Chiesa confermata da Carlomagno (755-774) La soggezione alla Chiesa, anche prima del secolo XII, era soltanto nominale perché la città, costituitasi a comune, agiva liberamente sotto la reggenza dei consoli prima, poi dei podestà, estendendo il contado fino a comprendervi la città di Fossombrone, causa di guerre e d'interdetto. Nel riparto per la ricostruzione di Cagli (1289) fu tassata più di qualunque altra città delle Marche. Alla libertà del comune recarono grave danno le contese tra le famiglie, divise in fazioni devote alla chiesa o all'impero, che cercavano di dominarlo; più grave ancora i podestà, tra i quali i Malatesta, che profittando delle discordie e sbarazzandosi con ogni mezzo dei rivali, riuscirono a rendersene padroni assoluti. Nel 1355 vennero fatti vicarî della Chiesa e da allora comincia anche legalmente la dominazione malatestiana durata fino al 1463. Nel 1357, quasi ad affermazione dell'alto dominio ecclesiastico, il cardinale Albornoz (v.) riunì in Fano il Parlamento generale della Marca, in cui furono approvate e promulgate le famose Costituzioni egidiane. Pio II, accusando Sigismondo Malatesta di delitti più o meno provati, gli mosse guerra per spogliarlo dei dominî, e Fano, dopo un assedio durato quattro mesi, si arrese al cardinale legato di Teano e al conte Federico di Montefeltro, comandante dell'esercito pontificio, il 25 settembre 1463, a condizioni onorevolissime, precipua quella per cui non sarebbe mai stata sottoposta ad altri, ma direttamente al pontefice che vi avrebbe tenuto un governatore. Il nuovo dominio fu turbato da contese col contado, da fazioni cittadine e soprattutto da fiere opposizioni alle investiture che, contro i patti, la chiesa ne fece in persona di altri, fra cui il duca d'Urbino, al quale la città non volle sottomettersi in alcun modo. A poco a poco il reggimento comunale degenerò in un'oligarchia quasi ereditaria e di qui il decadimento di esso e della città. Nell'invasione francese subì danni rilevanti per bombardamenti e taglie gravose; passò dai Francesi agli alleati austro-russo-turchi, poi di nuovo ai Francesi; fece parte del regno d'Italia e del regno di Murat per tornare alla chiesa nel 1815. Dopo i moti del 1831 e del 1849, in cui ebbe reggenze provvisorie, un altro ne tentò arditamente nel giugno del 1859 costituendo un governo provvisorio che durò pochi giorni per il sopraggiungere degli Svizzeri guidati da mons. Bellà, finché il 12 settembre 1860 le truppe italiane la occuparono ponendo fine, sanzionata dal plebiscito, alla dominazione papale.
Arte della stampa. - Vi è stata introdotta dal tipografo Girolamo Soncirio, che vi impresse dal 1502 al 1508, e, saltuariamente, nel 1515 e 1516; il primo libro, Opuscula latina variorum auctorum. datato 10 aprile 1502, è conosciuto in unico esemplare (Biblioteca Civica di Trieste); contiene 18 poesie cristiane di autori antichi e di umanisti, compilazione di Lorenzo Abstemio che ebbe, fino al 1505, parte attiva nelle edizioni fanesi del Soncino, fatta esclusione per i libri ebraici. Del Soncino, oltre al Petrarca del 1503, va ricordato ancora il Dechacordum christianum del card. Marco Vigerio, stampato nel 1507, adorno di silografie. In Fano ìl 12 settembre 1514 il tipografo forlivese Gregorio de' Gregori stampa il primo libro in caratteri arabi: Kitāb ṣalāt as- sawā‛ī, conosciuto col titolo di Horologium breve. Segue l'attività del veronese Giacomo Moscardi, del quale si conoscono 7 edizioni (1566-1571). Nel 1591 Pietro Farri di Venezia vi stampa qualche volume e vi riprende un'attività continuata dal 1604 al 1612. I successivi stampatori di Fano hanno scarsa importanza.
Bibl.: Oltre agli studî pubblicati nel periodico Studia picena (Fano 1926 segg.), v.: I. Lauro, Historia e pianta della città di Fano, Roma 1634; P. Nigosanti, Della Faneide ovvero guerra della città di Fano con un compendio della origine e historie di quella, Venezia 1640; P. M. Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, Fano 1751; G. Colucci, Delle antichità di Fano della Fortuna, in Antichità picene, IX, Fermo 1790; P. Mancini, Illustrazione dell'arco di Augusto in Fano, Pesaro 1826; M. Fabi ed E. Francolini, Breve guida... della città di Fano, Pesaro 1863; A. Billi, Monumenti dell'episcopio fanestre, Fano 1864; C. Marcolini, Lettera al sig. conte canonico Alessandro Billi, ecc., Fano 1866; id., Notizie storiche della provincia di Pesaro e Urbino, Pesaro 1868; L. Masetti, Memorie della Biblioteca comunale di Fano, Fano 1873; id., Cenni sul... collegio ed università Nolfi in Fano, Fano 1880; G. Manzoni, Annali tipografici dei Soncino, III, Bologna 1883; A. Ricci, Memorie..., Fano 1884; A. Zonghi, Repertorio dell'antico archivio comunale di Fano, Fano 1888; R. Mariotti, Fano e la Repubblica francese nel sec. XVIII, Fano 1893-1896; F. Poggi, Origini e antichità di Fano, Fano 1895; G. Castellani, L'assedio di Fano nel 1463 narrato da Pier Antonio Paltroni, Fano 1896 e 1898; id., La zecca di Fano, in Rivista italiana di numismatica, XII-XIV (1899-1901); G. Grimaldi, Le Marche illustrate nella storia, nelle letterature e nelle arti, Fano 1901 e segg.; D. Spadoni e altri, L'Esposizione marchigiana, Macerata 1905; G. Castellani, Jacopo del Cassero e il codice dantesco della Biblioteca di Rimini, in La Bibliofilia, VIII (1906); E. Calvi, Tavole storiche dei comuni italiani, parte 2ª: Marche, Roma 1906; Studi marchigiani, Macerata 1907; G. Castellani, La "breve aura di libertà" a Fano, in La Tribuna, XXVII, n. 171, Roma 1909; L. Asioli, La chiesa di S. Domenico a Fano, Fano 1910; G. Castellani, G. Moscardi, in La Bibliofilia, XIII (1911-12), pp. 59-77; L. Serra, Itinerario artistico delle Marche, Roma 1921, pp. 23-28; G. Castellani, Gli avanzi della cinta augustea della colonia Giulia Fanestre, Fano 1925; id., Il primo libro stampato a Fano, Firenze 1926; L. Bertalot, Il primo libro di Fano, Firenze 1928; E. Ricci, Le Marche, Torino 1929, capitoli 11°, 12°, 16°; L. Serra, L'arte nelle Marche, Pesaro 1929; L. Serra, Le Gallerie comunali delle Marche, Roma s. a.; G. Castellani, L. Abstemio e la ripografia del Soncino a Fano, Firenze 1930. - Per quello che riguarda l'antica Fanum Fortunae vedi anche: Corpus Inscr. Lat., XI, p. 924 segg.; H. Nissen, Italische Landeskunde II, Berlino 1902, pp. 383-384; C. Hülsen, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VI, coll. 1996-1997.