Fantascienza
La diffusione della fantascienza è nettamente cresciuta in alcune delle principali nazioni industriali negli ultimi 100-125 anni, anche se con alti e bassi locali di non grande rilevanza. Questo genere narrativo ha influenzato alcuni strati sociali importanti al di là della loro consistenza numerica, in particolare persone con istruzione universitaria e giovani scrittori; esso ha fornito capolavori in senso tradizionale come pure opere senza pretesa per il consumo di massa.
L'ambito di questo genere letterario è determinato dalla sua stessa definizione in modo più chiaro che nella maggior parte degli altri casi: la storia e la teoria della fantascienza sono tra loro in una relazione di feedback. Sulle origini storiche della fantascienza e sulla sua natura non vi è unanimità fra gli studiosi. La posizione di chi scrive è che la fantascienza sia la forma letteraria dello 'straniamento cognitivo' (v. cap. 3; v. Suvin, 1979 e 1988) e che debbano essere accettati come primi esempi di fantascienza non solo tutta la narrativa utopistica e gran parte dei voyages extraordinaires, ma anche molti generi affini risalenti, ad esempio, alla Repubblica di Platone, a Luciano di Samosata, a Moro, Cyrano e Swift. Questo problema può essere superato se si ricorda che tra il XVII e il XVIII secolo, all'epoca delle rivoluzioni borghesi (e specialmente della rivoluzione industriale), accanto ai luoghi tipici della fantascienza, il passato e lo spazio, fu introdotto il futuro, concepito come una quarta dimensione (come ad esempio in La macchina del tempo di H. G. Wells). E questo mutamento operato dalla fantasia, omogeneo al tipo di vita introdotto dal capitalismo, è così fondamentale da caratterizzare l'intero cronotopo della fantascienza anche là dove essa continua (come in Verne o nelle prime avventure interplanetarie) a essere collocata nello spazio, o addirittura nei casi in cui ritorna al passato (come in Uno yankee del Connecticut alla corte di re Artù di Mark Twain o nel sottogenere fantascientifico del 'romanzo preistorico'). Pertanto si può individuare un corpus - lo si chiami poi "passaggio all'anticipazione" (v. Suvin, 1983) o fantascienza tout court (v. Scholes e Rabkin, 1977) - il cui termine a quo è l'ambiguo gruppo di scritti dell'epoca delle rivoluzioni democratiche. Questo corpus inizierebbe con gli entusiasmi per le innovazioni più radicali di L'an 2440 di Sébastien Mercier e del Prometeo liberato di Percy Bysshe Shelley, e con la reazione a esse del Frankenstein di Mary Wollstonecraft Shelley e di alcuni racconti di Poe. Il corpus della fantascienza risultante da un approccio di questo tipo, accettabile nelle sue linee generali, potrebbe essere suddiviso in una parte premoderna e in un'altra moderna, con Wells come momento di passaggio fra il cronotopo newtoniano e quello einsteiniano, tra un'anticipatoria pretesa all'estrapolazione e 'mondi possibili' alternativi, peraltro decisamente analogici al nostro.
Tuttavia, la soluzione proposta non risolve i più seri problemi che nascono quando si voglia stabilire i confini della fantascienza, distinguendola in 'basso' dal genere fantasy (narrativa fantastica orrorifica o 'eroica' alla J. R. R. Tolkien), e in 'alto' da alcune verosimili 'parabole' come la kafkiana In der Strafkolonie o il racconto Tlön, Uqbar, Orbis tertius, compreso nelle Ficciones di Borges. Mentre nel secondo caso il problema rimane teoricamente irrisolto (ad esempio, bisogna includere nella fantascienza gli ultimi lavori di Stanisław Lem o addirittura il film Yellow submarine dei Beatles?), il problema dell'attuale valutazione del genere fantasy è empiricamente più serio perché nel circuito consumistico oggi predominante tale genere viene spesso venduto insieme alla fantascienza senza essere esplicitamente qualificato come tale o col nome di speculative fiction (romanzo di immaginazione). Questo è un problema di origine recente, manifestatosi col rifiuto del razionalismo capitalistico e burocratico che si è venuto rafforzando dopo gli anni sessanta ed è culminato in una teoria (e in alcuni casi in una pratica) letteraria 'postmoderna' che nega ogni possibilità di classificazioni restrittive di questo tipo. Pur riconoscendo che tutte le definizioni hanno un senso solo entro un contesto di riferimento prestabilito per fini determinati e che esse quindi non sono eterne ma sociostoriche, questo articolo parte dal presupposto che non abbia senso confondere H. P. Lovecraft o i surrealisti con Robert A. Heinlein, con i fratelli Strugackij o con Ursula K. Le Guin. Il fatto che nessuno di essi usi la verisimiglianza del realismo ottocentesco costituisce una base classificatoria troppo esile; né l'esistenza di zone grigie e di strani ibridi è sufficiente a determinare un cambiamento della situazione.Infine, la letteratura di fantascienza è di primaria importanza sul piano sociologico e ideologico come terreno di prova e serbatoio di idee per i molto più diffusi (e di solito assai inferiori) fumetti, film e serials televisivi di fantascienza. La struttura e l'ambito di interessi di queste forme sono però così diversi (ad esempio, molti film di fantascienza sono di fatto film dell'orrore) che non possono essere presi in considerazione in questa sede.
Nell'Europa del XIX secolo un notevole numero di opere di fantascienza cominciò ad acquisire uno status ideologico e commerciale di massa: è questo il caso della fantascienza per ragazzi delle riviste francesi per famiglia, della 'guerra del futuro' degli opuscoli e dei libelli prima solo inglesi e poi europei, delle previsioni politiche delle ali estreme della destra e della sinistra che combattevano il presente borghese (Émile Souvestre, Nikolaj Černyševskij, William Morris), delle congetture scientifico-utopistiche di un gruppo divenuto molto popolare (Camille Flammarion, Kurd Lasswitz, Rosny Ainé e i loro seguaci in tutto il continente), il cui principale esponente è Herbert G. Wells. La fantascienza europea continuò a produrre fino agli anni quaranta scrittori originali e a volte popolari, che si rifacevano a Verne e Wells (Paul Scheerbart, A. A. Bogdanov, Karel Čapek, Aleksej Tolstoj, S. I. Witkiewicz, Karin Boye). Nel corso del XX secolo si sviluppò negli Stati Uniti un genere commerciale assai vitale (che si autodefinì fantascienza): prima nelle riviste popolari pulp per adolescenti (a partire dagli anni dieci) e poi nelle edizioni tascabili per il mercato di massa (negli anni quaranta). La tradizione statunitense aveva precursori locali ben conosciuti, quali Edward Bellamy e i serials di avventure per ragazzi. Dopo le guerre mondiali essa dilagò e sopraffece quasi tutte le tradizioni delle altre nazioni, anche se alcune di queste resistettero, o grazie alla censura (come nel caso dell'URSS dopo il 1928), o tenendo aperto il dialogo tra la fantascienza popolare e una sia pur esile letteratura fantascientifica 'nobile' o filosofica (ad esempio Olaf Stapledon, Aldous Huxley, George Orwell e altri nel Regno Unito).
Attraverso la ricerca sociologica e i tentativi di ricavarne una teoria coerente è stato possibile chiarire quali siano i lettori di fantascienza statunitensi. Questa ricerca è ancora solo agli inizi ed è quindi limitata. Per cominciare, nessuno, tranne forse qualche editore che tiene gelosamente il segreto, ha mai calcolato il numero dei lettori: sono un centinaio di migliaia oppure milioni? Nondimeno, poiché il profilo dei lettori statunitensi sembra possa essere valido come modello, per quanto talvolta estremizzato, anche nel caso dei lettori europei e giapponesi, e poiché praticamente non esiste una circolazione di massa della letteratura fantascientifica - distinta dai fumetti e dai mass media - nell'emisfero meridionale del nostro pianeta, i lettori statunitensi verranno qui esaminati come popolazione 'tipica' nel senso lukácsiano del termine, cioè non come media, ma come tendenza storica latente.Risulta con chiarezza che gli appassionati di fantascienza rappresentano una vera e propria sottocultura, con una fiorente rete di comunicazioni costituita da innumerevoli riviste (fanzines o fan magazines) e riunioni annuali, in permanente dialogo con gli editori e gli scrittori di fantascienza sui quali esercitano una seria influenza.
Tra il 1949 e il 1974 almeno un nucleo 'autoselezionatosi' e più attivo di appassionati presentava le seguenti caratteristiche (v. Mullen e Suvin, 1978, pp. 238 ss., e in particolare l'articolo di Albert Berger): hanno iniziato a leggere fantascienza tra gli otto e i tredici anni; sono in gran parte giovani, il 40-60% ha meno di 24 anni e soltanto un 15% circa è sopra i 40; in un periodo compreso tra le due date menzionate è cambiato l'orientamento professionale della maggioranza degli appassionati: da una maggioranza indirizzata in senso più strettamente scientifico si passa a una maggioranza più orientata verso le scienze sociali e umane; del 50% di appassionati costituito da professionisti e tecnici, solo il 10-20% sarebbero scienziati in senso stretto; sono in prevalenza uomini, anche se la percentuale di lettrici è cresciuta dopo gli anni sessanta da circa 1/10 a 1/3, parallelamente al cambiamento nell'orientamento professionale (e ideologico) appena menzionato e alla comparsa di scrittrici di fantascienza di prim'ordine; vivono in maggioranza in città con più di 250.000 abitanti. È forse ancora più indicativo il fatto che la maggioranza dei lettori adulti di fantascienza abbia un livello di istruzione universitario e un reddito più elevato (anche di due o tre volte) rispetto a quello dell'americano bianco medio. Inoltre, questa maggioranza si considera a torto o a ragione in fase ascendente e pensa di avere molte possibilità di successo nel proprio campo. Al contrario, anche se non abbiamo statistiche etniche, è chiaro che i lavoratori manuali, i Neri e le altre minoranze etniche, la popolazione rurale e - in misura decrescente - le donne sono considerevolmente sottorappresentati fra i lettori di fantascienza statunitensi.
Ipotesi come quelle di Gérard Klein che, tenendo conto principalmente del lettore ideale quale risulta dalla stessa letteratura fantascientifica, ritiene che la frazione sociale egemonica a cui di regola si rivolge la fantascienza - e i cui destini sono quelli presi in considerazione da questo genere letterario - "sia la classe media impegnata nei settori scientifico e tecnologico" (ibid., p. 246), sembrano uscire rafforzate da questi dati. Tuttavia bisogna sottolineare ancora che la frammentarietà di questi dati richiede non solo un lavoro più sistematico, ma anche differenziazioni interne fra - poniamo - fanatici divoratori di questo genere letterario da una parte, e lettori occasionali dall'altra. Sarebbe ancor più importante riuscire a distinguere i vari gruppi in base alle loro ideologie: dalle femministe e dagli utopisti di sinistra agli alti ufficiali delle forze armate e al nascente sottogruppo della 'fantascienza mercenaria' (per esempio, Robert Adams).
Da questa analisi sembra inoltre che vi siano tre principali (e in parte sovrapposti) gruppi di statunitensi colti che non leggono fantascienza: il gruppo dei passivi, quello dei tradizionali umanisti antitecnologici, e infine quello dei sostenitori dell'attuale status quo. Una migliore qualificazione sociale dei sostenitori della fantascienza sarebbe, io penso, quella di definirli come un raggruppamento o congerie di frazioni all'interno di quella parte della fascia superiore della piramide socioeconomica statunitense che ha a che fare con i nuovi settori economici e tecnologici del terziario, o 'industria dei servizi', e comprende l'industria della comunicazione (media e istruzione) e le donne che lavorano, come anche gli studenti universitari e delle scuole superiori. La peculiare posizione intermedia di questo gruppo è la ragione dei rapidi mutamenti ideologici nella fantascienza, come risulta in forma particolarmente chiara dal repentino cambiamento di orientamento, dalla tendenza radicalmente sovversiva dei principali scrittori tra il 1961 e il 1974 al conformismo e alla chiusura nel privato degli ultimi 15 anni (v. Fitting, 1979). È importante sottolineare che questo processo si è verificato di pari passo con un'altra tendenza: molti scrittori (come Heinlein) hanno infatti trascurato le esigenze dei loro lettori più sofisticati per la ricerca dei facili successi ottenibili presso il grande pubblico coi diritti cinematografici o con un best-seller anche se di livello più basso; anche il confine con il genere fantasy, inteso sia come racconti dell'orrore che come racconti eroici, è divenuto più indistinto.
Un caso particolare è quello della fantascienza sovietica e principalmente russa. Essa è stata in larga misura - anche se mai totalmente - tagliata fuori dal mercato mondiale da pressioni sia interne che esterne. Ha avuto origine nel XIX secolo dalle comuni radici europee e dalla fantascienza popolare tedesca, e si è sviluppata negli anni venti - anni di avanguardie artistiche e leniniste - ricercando una propria connotazione originale e alternativa, con una decisa coloritura politica, e tentando di costituirsi come letteratura di connessione fra scritti popolari e d'avanguardia (come nelle splendide commedie di Vladimir Majakovskij e nelle opere di Andrej Platonov). Tuttavia già nel 1921 era stata rifiutata la pubblicazione dell'antiutopico Noi di Evgenij Zamjatin e, intorno al 1928, iniziò una generale repressione della fantascienza; alla metà degli anni trenta essa era ormai ridotta a genere letterario per ragazzi destinato alla divulgazione tecnologica e alla propaganda nazionalistica. Il 'disgelo' chruščëviano portato nella fantascienza da La nebulosa di Andromeda di Ivan Efremov, aprì nel 1958 la strada a una serie di scrittori fra i quali emergono Arkadij e Boris Strugackij, anche se non bisognerebbe dimenticare Il'ja Varšavskij, Anatolij Dneprov, Genrich Al'tov, Dmitrij Bilenkin, Sever Gansovskij, Gennadij Gor, Olga Larionova, Igor Rosochovatskij, Andrej Sinjavskij, Vadim Šefner (v. Suvin, 1976 e 1979; v. Britikov, 1970; v. CASS, 1984; v. Nudelman, 1989). Il profilo dei lettori di fantascienza sovietici sembra, sulla base di dati ancora più esigui, simile a quello degli americani, anche se con un rapporto più stretto con la narrativa "alta" e con un maggior interesse per le novità ideologiche. Alla metà degli anni sessanta venne reintrodotta la censura; dopo coraggiose battaglie, gran parte della fantascienza sovietica ripiegò negli anni settanta - in un'interessante, sebbene non perfetta, sincronia con i ripiegamenti statunitensi - verso la tradizione locale della leggenda popolare.
Ho sostenuto a lungo che la fantascienza è un genere letterario le cui condizioni necessarie e sufficienti sono la presenza e l'interazione di straniamento e cognizione. Questo vuol dire che la specificità che definisce la fantascienza è l'egemonia di cronotopi narrativi (collocazioni spazio-temporali) e/o agenti radicalmente differenti rispetto alle norme dominanti nella società a cui appartengono sia l'autore che il lettore ideale, e tuttavia cognitivamente non impossibili rispetto a una causalità materiale. Ho ellitticamente chiamato questi due parametri 'straniamento' e 'cognizione': il primo distingue la fantascienza rispetto ai generi 'realistico' o 'empiricamente mimetico', e il secondo rispetto agli altri generi non realistici: la principale tecnica formale della fantascienza, che deriva dall'atteggiamento di straniamento, è pertanto una cornice immaginaria o un possibile mondo alternativo all'ambiente empirico dell'autore.
Rivendicare alla fantascienza uno straniamento analogo alla posizione epistemologica delle scienze non significa affatto che essa è o potrebbe essere semplicemente divulgazione scientifica o anche previsione tecnologica, come è con Jules Verne, o con la fantascienza americana fra le due guerre mondiali, oppure in URSS sotto lo stalinismo. Questo rappresenta uno stadio inferiore, anche se talvolta legittimo, della fantascienza. Anche il roman scientifique di Verne ebbe successo con lettori che si avvicinavano alla fantascienza per la prima volta proprio perché introduceva una sola nuova variabile tecnologica, facilmente assimilabile, in un mondo altrimenti noto. Un tale 'romanzo scientifico' ha una struttura basata su uno straniamento effimero, più adatto a un racconto del mistero che alla fantascienza. Al contrario, l'approccio tipico della migliore fantascienza, la sua funzione cognitiva, consiste nel riflettere sulla realtà. Tale approccio non è né futurologico né scientistico, è piuttosto critico.
La fantascienza ha, naturalmente, un suo repertorio di funzioni e di tecniche (v. Delany, 1977; v. Jameson, 1976; v. Lem, 1973; v. Parrinder, 1979 e 1980; v. Rose, 1976 e 1980; v. Suvin, 1988; v. Wolfe, 1979) che, nonostante la sua variabilità storica, possiede un nucleo stabile, in quanto tutte le tecniche di straniamento di questo genere sono in un rapporto di feedback con la conoscenza a cui si mira. Sono tutti elementi costitutivi di un novum importante, o di un inconsueto modo di essere del nuovo, che cambiano in modo decisivo aspetti cruciali del 'mondo possibile' del racconto, costituendo il paradigma, il modello o il tropo complessivo del racconto stesso (v. Suvin, 1979, cap. 4, e 1988, cap. 13). Questo cambiamento può essere semplicemente giocoso ma nei casi più significativi si sposa con la speranza di scoprire un ambiente, un gruppo di esseri, una situazione, una intelligenza o una diversa rappresentazione del 'bene supremo' radicalmente migliori - o anche con la paura e il disgusto per il loro contrario.
In questa sede posso accennare solo brevemente a un parametro determinante, la relazione tra il tipo di 'mondo possibile' proprio di un dato genere letterario e il 'mondo zero' corrispondente all'ambiente empiricamente verificabile dell'autore (o, più precisamente, alle nozioni prevalenti su di esso). Nelle opere realistiche, che si suppone corrispondano direttamente al mondo empirico, l'etica non ha una relazione diretta con la fisica. Al contrario, i mondi dei generi non realistici, come il mito, il genere fantasy o i racconti di fate, sono positivamente orientati verso il protagonista. Un racconto di fate o una fiaba sono caratterizzati dal trionfo del protagonista, che trova nel proprio mondo le armi e gli aiuti magici necessari. Simmetricamente opposti, i racconti dell'orrore - una laicizzazione del mito tragico, così come la fiaba deriva dal mito dell'eroe vittorioso - sono caratterizzati dall'atroce impotenza del protagonista. Nelle leggi di un 'mondo possibile' della fantascienza non c'è niente di eticamente orientato verso i suoi protagonisti. Nel tipico rapporto che la fantascienza stabilisce col suo lettore, nella vraisemblance della fantascienza, non c'è alcuna garanzia a priori del successo o del fallimento del protagonista (anche se questa situazione può essere modificata da 'protocolli' ideologici che si sovrappongono a essa in particolari tipi di fantascienza, quali quelli utopistico e antiutopistico). Nella misura in cui i 'mondi possibili' della fantascienza sono neutrali verso i loro abitanti, essa condivide con la letteratura 'nobile' un approccio maturo, analogo a quello della scienza e della filosofia moderne, e gli orizzonti cronotopici non predeterminati di questo approccio.
Questo breve articolo, che si occupa principalmente delle prospettive generali del genere fantascienza, dovrebbe essere integrato da una serie di discorsi sociostorici specifici. Così, bisognerebbe esaminare in maniera sistematica le varie tradizioni nazionali della fantascienza, come pure le sue varie forme e sottogeneri (dall'avventura spaziale ai viaggi nel tempo, dagli extraterrestri ai supermen e ai robot). Inoltre, a un più alto livello di sintesi, potrebbe risultare utile una interpretazione della storia della fantascienza come risultato di due tendenze in conflitto: la prima è una concezione estetica potenzialmente implicita nel genere ed evidente in tutti i suoi scrittori più significativi, che si manifesta in concomitanza al sorgere di gruppi sociali sovversivi e alle loro istanze relative a un maggiore sviluppo delle forze produttive e delle conoscenze; la seconda è un orientamento -dominante nella fantascienza di second'ordine, che è poi la maggior parte della fantascienza, e tendente all'evasione mistificatrice - che dipende dalle pressioni dell'ideologia egemone. Questa tendenza si insinua anche nei maestri, nella forma del catastrofismo di Mary Shelley e di Wells, del positivismo di Verne, dell'agnosticismo di Lem, della world-reduction (v. Jameson, 1976) e della caratterizzazione individualistica di Le Guin, del simbolismo esistenzialista dei fratelli Strugackij, ecc. La forte presenza di un elemento cognitivo in chiave romanzesca si amalgama in una fertile miscela con i piaceri ludici dello straniamento. Al contrario, quando produttività e conoscenza sono trattate da una classe sociale in declino non come i fondamenti della creatività ma come mezzi di profitto, lo straniamento è degradato a superficiale sensazionalismo.
Nella fantascienza questa tensione è chiaramente percepibile perché essa, dal momento stesso in cui è stata inserita entro il sistema dei generi letterari per il mercato di massa, è stata 'esiliata' in una sorta di 'riserva' per gli appassionati o in un ghetto commerciale. Questo isolamento protettivo all'inizio è stato probabilmente benefico, consentendo al genere di svilupparsi in autonomia. Tuttavia, il fatto che molti appassionati, nel Nordamerica e nell'Europa occidentale, non leggessero altra letteratura divenne presto - al più tardi a partire dagli anni sessanta - un elemento negativo perché significò tagliar fuori la fantascienza dal normale confronto con quel che di meglio si scriveva nelle altre forme e negli altri generi della narrativa. Il divario fra le migliori opere del genere e la narrativa di quart'ordine che (come in tutti gli altri generi) costituisce almeno il 90% della produzione corrente si è da allora allargato in maniera sempre più preoccupante. Si potrebbe probabilmente dimostrare come modelli estranei al telos della fantascienza ne abbiano indebolito le potenzialità. Abbiamo già ricordato il modello della divulgazione scientifica (con la nuova variante della pseudofuturologia). La sottoletteratura individualista (per essere più chiari, la letteratura western ma anche i romanzi gialli) e il genere fantasy di tipo occultista sono diventati sempre più importanti negli ultimi trent'anni. Da Hugo Gernsback ed E. R. Burroughs, i fondatori della fantascienza per il mercato di massa, alla 'psicostoria' di Isaac Asimov e ai supermen junghiani di Frank Herbert, uno pseudomagico abracadabra deforma alcune tra le opere di fantascienza più note e riduce tutti i suoi orizzonti alla monotonia della Morte. Il tempo della fantascienza è allora ridotto a uno stato di 'coscienza puntiforme', a un'astrazione a-storica, e i suoi sogni a occhi aperti diventano incubi incoerenti o melodrammi piuttosto che ammonimenti o celebrazioni.
La chiara involuzione della fantascienza attualmente presente sul mercato, dominato dagli Stati Uniti, potrebbe essere direttamente collegata alle enormi pressioni ideologiche ed economiche dovute al distorto uso che ne viene fatto dalla televisione e da Hollywood nell'ambito della drastica svolta a destra avvenuta dopo la metà degli anni settanta. In questo deserto rimangono solo poche 'oasi' rappresentate - negli Stati Uniti - dalla fantascienza femminista e dai suoi discendenti indiretti e, in parte, dalla 'cyberpunk' di William Gibson. Ma le ricerche per dare sostanza a questi particolari discorsi critici rimangono in larga misura da farsi.Nondimeno la migliore fantascienza - che si trova nelle opere di autori come Heinlein, Clifford Simak, i fratelli Strugackij, Lem, Le Guin, Philip K. Dick, Tom Disch, Samuel Delany, Norman Spinrad, J. G. Ballard, Klein, Michel Jeury, i coniugi Braun, C. J. Cherryh, Gibson, Marge Piercy - è sempre diretta, più o meno esplicitamente, contro i sistemi di potere che impediscono la realizzazione umana delle persone, contro la vera demonologia, quella della guerra, contro il mercato alienante e la burocrazia. In questo senso più ampio, sono i "paradigmi assenti" (v. Angenot, 1979) di ogni narrazione di fantascienza tipica a conferirle necessariamente la funzione di parabola: de nobis - o meglio - de possibilibus pro nobis fabula narratur (v. Suvin, 1988, pp. 185 ss.). La migliore fantascienza presuppone (al di là della coerenza e delle felici soluzioni tecniche) cognizioni più complesse e più ampie: essa mostra soprattutto l'uso e l'effetto di un novum sul piano politico, psicologico e antropologico e, di conseguenza, i pregi e difetti di nuovi 'mondi possibili'. Una volta che siano stati soddisfatti gli elastici criteri della strutturazione letteraria, un elemento cognitivo (il novum, spesso ricavato dalle scienze umane) diventa misura della qualità estetica, del piacere specifico che può essere ricercato nella fantascienza.
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