DELLA VALLE, Fantino
Nacque a Traù in Dalmazia, nella prima metà del sec. XV; secondo il Gliubich appartenne alla nobile famiglia traguriense dei Cipriani. Non si hanno notizie sulla sua giovinezza né sulla sua formazione: comunque nel 1462 risulta già definito "egregius utriusque iuris doctor" e più tardi figura tra gli uditori del Sacro Palazzo. Le prime notizie sul conto del D. sì hanno quando, durante il pontificato di Pio II, si acuì la questione boema, legata al riconoscimento di Giorgio di Podĕbrady e ai difficili rapporti tra la Sede apostolica ed il nuovo sovrano, divenuto ben presto accondiscendente verso la forte componente hussita del suo regno. Precedentemente il re si era dimostrato disponibile alle richieste di Callisto III, e all'indomani della propria incoronazione aveva inviato presso la Sede apostolica come proprio procuratore il D., il quale era certamente a Roma nell'autunno del 1459 (infatti stese una relazione sui gravi disordini che i partigiani del nobile romano Tiburzio avevano creato quell'anno nella città: ed. da Fr. Polacky, in Fontes Rerum Austriacarum, sez. 2, XX: cfr. Pastor, II, p. 85). Alle molte promesse del Podiebrad, che proclamava di voler far rispettare la religione cattolica in Boemia e combattere i Turchi, non seguirono però i fatti; Pio II affidò allora al D., definito dal cardinale Giacomo Ammannati "uomo fedele al re ed amico della Sede Romana", una missione a Praga con il compito di sollecitare l'ambasceria boema, promessa da lungo tempo ma che tardava a farsi vedere.
Nonostante le precise indicazioni del pontefice, il D. non esitava ad attenuare le mancanze del sovrano boemo, adducendo a motivo dei suoi ritardi le forti difficoltà interne incontrate. Soprattutto i fatti di Breslavia, dove l'intera popolazione utraquista si era ribellata contro il vescovo cattolico che aveva pubblicamente predicato contro l'uso del calice nella comunione per i laici, sembravano impedire il concretizzarsi di un serio impegno nella lotta contro i Turchi. Nello stesso momento scriveva però al Podiebrad da Roma, il 5 apr. 1461, che ogni ulteriore ritardo avrebbe molto peggiorato la sua posizione agli occhi del pontefice. Il 2 apr. 1462 la Camera apostolica pagava al D., che in questa occasione è detto canonico di Zara, 100 fiorini d'oro "per le spese da sostenersi nel viaggio presso il re di Boemia per trattare i fatti della fede cattolica" (Archivio di Stato di Roma, Camerale I, Mandati, reg. 837, c. 3v); egli giunse a Praga soltanto verso la metà del mese successivo.
Il Podiebrad lo ricevette soltanto il 13 agosto: con fermezza inaspettata il D. ricordò al re il giuramento che lo legava alla Sede apostolica e che gli aveva assicurato l'appoggio del papa nell'ottenere il trono di Boemia, in base al quale egli doveva rinunciare alla osservanza delle "Compattate" (gli accordi stipulati tra i Boemi ed il concilio di Basilea nel 1433 e pubblicati nel 1436 alla presenza dell'imperatore Sigismondo) ed in particolare all'uso del calice nella comunione per i laici; invitò quindi il re a riconoscere apertamente la propria obbedienza al pontefice. Il Podiebrad inveì violentemente contro il D. rimproverandogli di non aver adempiuto ai suoi doveri di procuratore regio. A nulla servì la professione di fedeltà dell D., poiché il re lo fece imprigionare insieme al proprio prefetto del sigillo, Procopio di Raben, sospetto a sua volta di aderire all'ortodossia. La prigionia del D. durò circa tre mesi, al termine dei quali il re lo liberò per le insistenti preghiere dell'imperatore e di altri sovrani d'Europa, in particolare di Ludovico IX di Baviera, dopo essersi persuaso di non poterne mutare l'animo con le minacce. Né cessarono qui le calamità per il D., poiché di lì a poco, essendo di passaggio per Ratisbona, si tentò di somministrargli del veleno.
Di ritorno a Roma il D. compare come cappellano del Sacro Palazzo nel 1463, quando fu elevato al titolo di vescovo di Scardona, succedendo a Giacomo Bragadin (trasferito alla diocesi di Nona in Dalmazia il 5 marzo 1462); in seguito fu tra gli uditori del Palazzo, trovandosi menzionato tra coloro che si susseguirono nell'ufficio, ai quali Paolo Il concesse il privilegio dell'esenzione dalla tassa per la spedizione delle bolle.
Il D. morì a Roma verso la fine del 1474, dopo essere divenuto familiare del cardinale Oliviero Carafa, che gli dedicò una iscrizione nella basilica di S. Maria Maggiore e si occupò di fare eseguire i suoi lasciti testamentari.
Nelle ultime disposizioni il D. si ricordò soprattutto dei suoi connazionali: alla chiesa di S. Girolamo degli Schiavoni lasciava perciò 400 fiorini d'oro allo scopo di ampliare l'ospizio per i pellegrini slavi, che aveva ancora una sede alquanto angusta; ma soprattutto volle che la sua ricca biblioteca andasse ad arricchire quella del convento domenicano di S. Croce nell'isola di Bua, in Dalmazia, proprio di fronte alla città di Spalato. Fu lo stesso cardinale Carafa che si preoccupò dell'invio dei codici, accompagnandoli con una lettera inviata il 10 genn. 1476 al priore del convento, frate Martino, lettera cui fece seguito, il 16 gennaio, un breve di Sisto IV che ribadiva la natura del legato, e cioè divieto di esportare i codici dal convento, dove avrebbero dovuto servire alla pubblica consultazione. Lo stesso pontefice aveva nel frattempo conferito al cardinale Marco Barbo, il 27 ott. 1475, i canonicati di Trento, Zara e Cividale, che erano rimasti vacanti dopo la morte dei D., mentre il vescovato di Scardona passò a Nicolò Modrussense il 3 nov. 1475. Un'ultima notizia risulta infine da un atto dell'Archivio di Spalato, del 5 genn. 1478, coi quale Bettina, sorella del defunto D., che qui viene detto - ma forse erroneamente - uditore di Rota, dichiarava di aver ricevuto una somma di denaro inviatale da Roma dal vescovo di Spalato, Giovanni Dacre, che l'aveva avuta dal cardinale Carafa, ancora una volta esecutore testamgntario del Della Valle.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Camerale I, Mandati, reg. 837, c. 3v; I. Ammannati Piccolomini Epistolae et commentarii, Mediolani 1506, cc. 397r-399v; P. Paschini, Il carteggio fra il card. Marco Barbo e Giovanni Lorenzi (1481-1490), Città del Vaticano 1948, p. 7; O. Raynaldi, Annales eccles. ab anno MCXCVIII ubi card. Baronius desinit, XIX, Romae 1663, §§ 17-21; D. Farlato, Myricum sacrum, IV,Venetiis 1769, pp. 305, 410 s.; W. Hofmann, Forschungen zur Geschichte der kurialen Behörden, II, Roma 1914, p. 28; G. Praga, L'arcivescovo di Spalatofra Zanettino da Udine e il priorato benedettino di S. Leonardo di Padova, in Arch. stor. per la Dalmazia, XII (1931), p. 370; L. von Pastor, Storia dei papi, I-II, Roma 1925, ad Ind.;M.Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, I, Roma 1942, pp. 399 s.; G. Kokša, S. Girolamo degli Schiavoni, Roma 1971, p. 7; S. Gliubich, Diz. biografico degli uomini illustri della Dalmazia, Vienna 1856, pp. 100 s.; G. Moroni, Diz. di erudizione storico-ecclesiastica, XII, p. 47;LXXIX, p. 190; C. Eubel, Hierarchia catholica Medii Aevi..., II, Monasterii 1914, p. 255.