FARAONE (Φαραώ, ebr. Par῾üh, lat. tardo Pharao)
Termine egiziano, che significa "casa eccelsa", cioè il palazzo reale, e che dalla XVIII dinastia (circa XV sec. a. C.) diviene il titolo dei re egiziani. Il tema iconografico che gli Egiziani hanno con più costanza affrontato e di cui hanno fornito sempre nuove varianti, entro uno schema largamente tradizionale, è quello della rappresentazione del loro sovrano. Proprio nell'ambito della rappresentazione regale nasce l'esigenza del ritratto personale che identifica soprattutto alcune caratteristiche e che quelle mette in risalto (e avviene spesso che esse diventino canoniche per tutta la generazione dei contemporanei). Basta pensare alla fisionomia così psicologicamente caratterizzata di un Amenemḥēt III e a quella così piena di ethos regale di un Khephren, o al volto di un Amenophis III e di un Ekhnaton che han determinato le caratteristiche fisiche delle sculture del tempo con la serenità aggraziata e dolce del primo e con l'emaciata espressività del secondo. Ma il re si distingue sempre, nelle figurazioni, per una serie di attributi di vario genere, che lo differenziano dal comune degli uomini e ne sottolineano la qualità soprannaturale.
Le più antiche figurazioni di sovrani, sulle tavolozze votive predinastiche, li mostrano in forma simbolica, come toro o come leone che calpesta e distrugge le città nemiche ed i nemici stessi. È una rappresentazione assai lontana dalla nostra concezione figurativa, e ancora assai legata ad esperienze di pittografia: la concezione è ancora echeggiata nelle titolature regie del Nuovo Impero, in cui il sovrano avrà fra i suoi titoli quello di "Toro possente". Con queste esperienze pittografiche è certo connessa la rappresentazione del re "Scorpione" (che noi chiamiamo così per non saper leggere il geroglifico dello scorpione usato a scriverne il nome) figurato nelle sembianze di quell'animale, che con una picca distrugge i muri di una città fortificata vinta. In questa serie non si esita a collocare le grandi stele regali tinite nella necropoli regia di Abido (fra le quali particolarmente illustre la stele del "Re Serpente"), in cui il nome scolpito del sovrano è certo sentito come una sua "rappresentazione" grafica. Ma questo filone, che rappresenta un tipo di mentalità sciolta da specifici obblighi figurativi e che si affida indiscriminatamente ad ogni mezzo evocativo, scompare come elemento tradizionale già in epoca arcaica, per cedere il posto alla impostazione di un "ritratto" più o meno tipizzato, ma comunque completamente antropomorfo. Già la tavolozza di Narmer dell'alba della I dinastia ci dà una tipologia regia che diverrà tradizionale: il sovrano è rappresentato con un breve e stretto perizoma, legato alla vita con una cintura dalla quale pende una coda. Tale coda, originariamente di lupo, diviene in seguito una coda taurina. Il mento è ornato di una falsa barba diritta, legata con due nastri. Sul capo del re una faccia della tavolozza mostra la corona "bianca" (propria del re della Vallata, e che è un'alta tiara che si restringe verso l'alto), l'altra la corona "rossa" del re del Delta, che è una specie di modio su cui si drizzano due appendici, una dritta sulla nuca, una arcuata davanti. Queste due corone saranno tipiche per tutto il tempo seguente. Le statue arcaiche di Khasekhem seduto in trono portano la corona bianca, ma non hanno la barba. Il vestito è un mantello che copre il corpo dalle spalle a mezza gamba, e che è usato nelle feste del giubileo; sulla parte anteriore dello zoccolo della statua sono rappresentati nemici caduti immaginati come calpestati dai piedi del re. Il motivo sarà ripreso in epoca più tarda quando, sotto i piedi del sovrano saranno raffigurati nove archi, simbolo dei popoli stranieri. Simile trono è quello della statua di Djoser (III dinastia), e simile il costume. Ma l'acconciatura è assai diversa: una pesante parrucca inquadra il volto barbato e sulla parrucca è un copricapo di stoffa a strisce, che ricade sul davanti e che dietro giunge all'altezza della nuca. Questo copricapo, negli esempî appena più tardi, nasconde completamente i capelli e, con la corona bianca, rappresenta la più normale acconciatura regale. Sono le forme che più permettono di mettere in evidenza il gusto di composizione plastica e di solidità geometrica propria della scultura di questo tempo. Con la IV dinastia comincia ad essere usato - anche se non con molta regolarità - l'ureo come elemento dell'acconciatura. Esso manca alle corone, e appare sul copricapo di stoffa; e solo col Medio Regno diventerà elemento praticamente obbligatorio nella rappresentazione regia. Alla stessa epoca data la figurazione ai due lati del trono, della unione simbolica delle piante araldiche dell'Alto e del Basso Egitto. Accanto alla figura del f. seduto si ha, assai più rara, la figura stante. Tipici, sotto Mykerinos, i gruppi del re con dee e con la moglie, in cui si pone per la prima volta un rapporto di composizione di figure. I personaggi sono tutti di uguale altezza, contro quello che sarà l'uso più tardo. Ma è notevole che allo stesso livello siano anche personaggi seduti e personaggi stanti: segno evidente di un carattere prevalentemente figurativo e non rituale del rapporto.
La tipologia regia costituitasi durante il regno memfita resta praticamente immutata fino alla XVIII dinastia: più che per differenze iconografiche le varie epoche differiscono per ragioni stilistiche. L'unica cosa da notarsi è il diffondersi dell'uso dell'ureo anche con le corone e il maggiore impiego della corona "rossa" o di una forma mista di corona, che riunisce le caratteristiche della "bianca" e della "rossa". Con la fine della XVIII dinastia si ha un profondo rivolgimento nella tipologia regia. Già Amenophis III comincia a figurare in abiti diversi da quelli tradizionali, ed il figlio Ekhnaton è rappresentato nel costume egiziano civile del tempo, che copre il torso e le gambe, anziché nell'antico perizoma. Alle corone rituali del regno si sostituisce la "corona azzurra" o "elmo". Il re mantiene come insegna della sua qualità l'ureo sulla fronte e i copricapi rituali: ma per il resto abbandona tutti i vecchi abiti. I piedi, finorà nudi, sono calzati di sandali; si fa più frequente il tipo imberbe. D'altra parte, scettri, insegne, pastorali - che finora sono stati piuttosto riserbati alle rappresentazioni piane - sono più facilmente presentati anche in figurazioni a tutto tondo. Il modello più evidente del nuovo gusto e del nuovo stile è il Ramesses II di Torino, o il Ramesses VI che trascina un prigioniero. Sono esperienze che finora eran riserbate alla figurazione piana, e che ora, col farsi più pittorica l'arte egiziana, diventano normali anche nella statuaria. Per tornare all'antica tipologia bisognerà attendere l'epoca saita che volontariamente scarterà tutti gli elementi nuovi, e tornerà, con poche varianti di costume, al modello così solidamente plastico che era stato concepito nell'epoca memfita. L'epoca greco-romana innova poco, e prosegue, mutandone talvolta il significato stilistico, le abitudini rappresentative saite, e cioè in ultima analisi quelle dell'epoca più antica.
Bibl.: v. egiziana, arte, A, Opere Generali.