FARETRA (gr. ϕαρέτρα; lat. pharĕtra)
Astuccio di legno leggiero, talvolta di avorio o di metallo, in cui gli arcieri tenevano le frecce. L'etimologia si suole collegare con il verbo ϕέρω, a causa della natura portatile dell'oggetto. Soprattutto le pitture vascolari c'informano sulle diverse fogge di esso e sulla maniera di portarlo. Quanto alla forma, la faretra appare generalmente come una cassetta, piuttosto allungata e rastremata all'estremità inferiore, talvolta invece cilindrica, o più o meno appiattita. Spesso è munita di coperchio (πῶμα), e ha la superficie decorata con disegni che probabilmente riproducono lavori a intarsio. La faretra generalmente era sospesa alla spalla destra dell'arciere, perché questi potesse più facilmente estrarne le frecce, con un gesto quasi meccanico, come vediamo, ad esempio, nella nota statua dell'Artemide di Versailles (v. artemide, IV, tav. CXL); ma qualche volta essa era attaccata alla cintura e pendeva lungo la coscia. La correggia di cuoio con cui la faretra era appesa si chiamava pharetrozonium.
La faretra è portata dalle divinità guerriere o cacciatrici, come Ercole e Artemide, talvolta anche da Apollo, da Cupido e dalle Amazzoni. Nei poemi omerici se ne trova già il ricordo: quindi dovette essere in uso forse già nell'età micenea.
Dalla faretra va distinto il gorytos (γορυτός), di cui si sono trovati taluni bellissimi esemplari in metallo sbalzato nelle necropoli della Russia meridionale, e che non era tanto una semplice custodia delle frecce, quanto un astuccio in cui venivano conservate tutte le armi dell'arciere: l'arco e le frecce.
Bibl.: C. de la Berge, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités, IV, p. 427. Pharetra. V. armi; arco.