ANTITIROIDEI, Farmaci
Sono sostanze diverse tra loro per provenienza, per costituzione chimica e per meccanismo di azione: aventi però tutte in comune la proprietà di inibire la tiroide, specie se iperfunzionante. Alcune di queste sostanze - come i sieri antitiroidei - sono in via di progressivo abbandono (G. Marañon addirittura ritiene che agiscano con il meccanismo della suggestione); altre - come lo iodio e la dijodotirosina - sono ancora largamente adoperate, ma solo per la preparazione degli ammalati alla tiroidectomia, stante la temporaneità dei loro effetti. Farmaci antitiroidei per eccellenza vengono invece considerati oggi i cosiddetti tioureidi gozzigeni, introdotti in terapia da E. B. Astwood nel 1943. Essi (i più adoperati sono per ora il metiltiouracile, il propiltiouracile e l'aminotiazolo) non guariscono definitivamente le sindromi tiroidee iperfunzionali, ma consentono delle remissioni tanto più lunghe quanto più è durato il trattamento (di parecchi mesi); e, associati allo iodio, permettono una migliore e più pronta preparazione degli ammalati all'intervento chirurgico. Il loro uso tuttavia non è esente da inconvenienti di ordine tossico (non prevedibili nel singolo caso), il più temibile dei quali è l'agranulocitosi a volte mortale; questa in una statistica recente (1947) di M. E. Morton figura nella proporzione dell'1,88% su 2445 casi. Per fortuna, pare che in Italia tale grave complicazione sia assai meno frequente.
Lo iodio e la dijodotirosina agirebbero in base alla legge di massa, inibendo nella tiroide l'attività dei fermenti proteolitici che scindono la tireoglobulina e permettono il passaggio in circolo dell'ormone (E. De Robertis). Con l'uso, per ora limitatissimo, degli isotopi radioattivi dello iodio si aggiungerebbe anche la possibilità di una irradiazione interna della tiroide, nella quale lo iodio stesso elettivamente si fissa (v. isotopismo, in questa App.). Diverso è il meccanismo d'azione dei tioureidi, che consiste nell'impedire la trasformazione dello ioduro (forma in cui lo iodio circola nell'organismo) in iodio libero (forma in cui deve trovarsi lo iodio per la sintesi intratiroidea della tiroxina): col risultato che la tiroide viene a trovarsi nella impossibilità di fabbricare il suo ormone, nonostante la iperplasia (con relativo aumento di volume) in essa provocata dalla iperincrezione tireotropica della ipofisi, che entra in iperattività compensatoria, in seguito alla caduta delle riserve tiroxiniche dell'organismo (C. G. Mackenzie e J. B. Mackenzie; Astwood e collaboratori).