farmacologia
Scienza che si propone lo studio dei farmaci e delle leggi secondo le quali si svolgono i fenomeni indotti da tali sostanze nell’organismo.
I più antichi riferimenti sull’impiego di droghe s’incontrano in libri sacri dell’antica civiltà indiana e soprattutto in papiri egiziani, in cui si accennava all’uso dell’aloe, della scilla, del giusquiamo. Numerose preparazioni farmaceutiche (per es., unguenti e polveri) furono usate nell’antica Grecia già nel periodo preippocratico; solo con Ippocrate, però, ebbero inizio i primi tentativi di interpretare scientificamente l’azione dei medicamenti. Nel Medioevo, al fiorire della civiltà araba si deve la diffusione in Occidente di importanti droghe, come la valeriana e il rabarbaro. Nel 19° sec. l’introduzione di metodi sperimentali accurati permise di elevare la f. a dignità di scienza autonoma: il farmacologo tedesco Rudoplh Buchheim (1820-1879) e il suo allievo Oswald Schmiedeberg (1838-1921) operarono una classificazionione dei farmaci sulla base dei meccanismi d’azione, mentre gli studi di R.P. Heidenhain e soprattutto di C. Bernard comportarono un nuovo approccio sperimentale delle terapie mediche, basate sull’uso mirato e sistemico dei farmaci. Dopo il primo medicamento di sintesi, l’aspirina, introdotta alla fine del secolo scorso (1899), le fondamentali ricerche di P. Ehrlich portarono allo studio e alla produzione di composti organici arsenicali, efficaci nel trattamento della sifilide. Ancora più ampie possibilità terapeutiche furono aperte dalla scoperta, verso il 1930, delle proprietà batteriostatiche dei sulfamidici per la lotta contro le affezioni streptococciche e stafilococciche, e successivamente, all’inizio della Seconda guerra mondiale, dalla produzione industriale del primo antibiotico, la penicillina, già studiato alcuni anni prima da A. Fleming. Numerosissimi altri farmaci sono impiegati con successo nel periodo a partire dalla seconda metà del 20° sec.: l’isoniazide per il trattamento della tubercolosi; gli adrenocorticoidi per il trattamento delle artriti reumatoidi e delle infiammazioni; la cloropromazina per le malattie mentali; gli antistaminici per il trattamento degli stati allergici; gli antidiabetici orali; gli estrogeni e i progestinici come contraccettivi orali; le clorochine per il trattamento della malaria; anestetici locali (lidocaina, ecc.) e miorilassanti, utili nelle operazioni chirurgiche, ecc.
Compiti della f. sono lo studio delle modificazioni funzionali prodotte da qualunque sostanza attiva e l’individuazione delle leggi che regolano gli effetti biochimici dei farmaci (➔ farmacodinamica), le loro eventuali azioni associate e la risposta dell’organismo nelle diverse condizioni fisiologiche, patologiche, ambientali e sperimentali; la precisazione dei rapporti esistenti fra la struttura molecolare dei farmaci e la loro specifica azione; l’esame delle modalità dell’assorbimento, delle trasformazioni e dell’eliminazione dei farmaci introdotti per le diverse vie naturali o artificiali (➔ farmacocinetica); la determinazione delle dosi terapeuticamente utili e dei loro più razionali modi di impiego (➔ posologia); la segnalazione delle forme di abnorme suscettibilità o modificata tolleranza ai farmaci o di resistenza ad essi (➔ farmacoresistenza); lo studio dell’azione dannosa delle sostanze tossiche attive (➔ tossicologia). Nell’ambito di un crescente sviluppo, hanno assunto autonomia branche della f. come la chemioterapia, volta a individuare interazioni selettive dei farmaci con la vita, la riproduzione e l’attività aggressiva di microrganismi patogeni e di cellule neoplastiche, e la farmacogenetica, che studia le risposte farmacologiche in funzione di varianti genetiche degli organismi così come le conseguenze dei farmaci sul genoma (➔ farmacogenomica).