FARRO (dal lat. far, lat. scient. Triticum dicoccum Schrank)
Fu il primo grano che, all'inizio della civilizzazione, i pastori nomadi della Siria e dell'Egitto coltivavano, ed è stato trovato nelle antichissime tombe egiziane. Per i suoi caratteri esterni si avvicina assai alla spelta o farricello (T. spelta L.), col quale ha in comune la comune dell'infiorescenza che a maturità si spezza, con le spighette che cadono insieme con gli articoli della rachide e i frutti compressi lateralmente con solco stretto tenacemente chiusi dentro le glumette (grani vestiti), ma se ne distingue per l'infiorescenza breve e densa, che quando si guarda dal lato delle spighette non mostra la rachide fra esse, e per le glume acute all'apice. La spelta, invece, ha infiorescenza allungata, lassa, che guardata dal lato delle spighette mostra bene la rachide fra queste, ha le glume troncate alla sommità e i frutti meno compressi lateralmente. Per i caratteri interni le due specie differiscono molto, poiché il farro ha nuclei con 14 o 28 cromosomi; la spelta con 21 o 42.
La patria d'origine del farro è la Palestina e le regioni vicine, ove cresce spontaneamente una forma affine, il T. dicoccoides Körnicke, con spighette spesso con 1 fiore fertile.
Il farro presso i Greci e i Romani. - Il farro (ζειά) è già noto in Omero, come dimostra, fra l'altro, l'usuale epiteto della campagna "donatrice di farro" (ζείδωροσ ἄρουρα). I Romani più antichi si cibavano soprattutto di farro; ma, anche quando la coltura del grano, già nota nell'Italia meridionale sin dal sec. V a. C., cominciò a diffondersi nel resto dell'Italia si continuò a coltivare il farro, che era più resistente e cresceva anche in terreni poco fertili. Ve ne erano diverse specie, che si distinguevano per il colore, la bontà, la grossezza del chicco. Ridotto in farina, serviva a formare la puls, che è il cibo nazionale degli antichi Romani. Appunto per l'antichità dell'uso, il farro ebbe in età tarda importanza nelle cerimonie del culto. Agli dei campestri i contadini offrivano farro in chicchi, ovvero pane o pappa di farro. La mola salsa, chicchi o farina di farro misti al sale, era ingrediente necessario nei sacrifici cruenti; offerte di farro si facevano a Cerere, nelle feriae sementivae, e ai Lari; di farina di farro era la focaccia (libum) che si offriva agli dei in alcune solenni ricorrenze: a Giano, il primo dell'anno, alla Mater Matuta, nei Matralia. Dall'offerta del pane di farro (panis farreus) prendeva il nome l'antico rito nuziale della confarreatio (v. matrimonio).
Bibl.: Orth, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III A, col. 1600 segg., s. v. Spelt; G. Finsler, Homer, I, Lipsia-Berlino 1914, p. 163 segg.; Masquelez, in Daremberg e Saglio, Dict. des ant. gr. et rom., s. v. Cibaria, I, p. 1141 segg.