FASCIATURE e APPARECCHI
Fasciature. - In medicina per fasciatura o bendaggio s'intende l'applicazione attorno a una parte del corpo d'una o più fasce o bende, allo scopo di proteggere dalle infezioni provenienti dall'esterno una lesione superficiale, come una ferita accidentale, una fistola, un taglio chirurgico, ecc.; allo scopo di mantenere aderente alla cute una medicatura, di ridurre o mantenere ridotti monconi di frattura o capi ossei dislocati, d'immobilizzare un'articolazione, di correggere una contrattura, ecc. Le fasce sono strisce di tela lunghe parecchi metri, larghe da 5 a 30 cm. circa, arrotolate da un estremo all'altro. Il tessuto più comunemente usato è il cotone, ma in determinati casi s'adoperano la lana, il lino, la canape, la seta.
Nei vecchi trattati di medicina si dava una grandissima importanza alla tecnica delle fasciature che rappresentavano la base indispensabile per l'esercizio dell'arte chirurgica. Ecco come U. Fischer descrive le tipiche fasciature usate fino a 50 anni fa e ora pressoché abbandonate: "Se partendo dal 1° giro circolare si avviluppa in sopra o in sotto il membro corrispondente, in modo che il giro seguente copra in parte il precedente, si ha la dolabra currens ascendente o discendente; se i giri non si cuoprono si avrà la dolabra repens. Se il membro aumenta con mediocre rapidità si fanno i cosiddetti giri rovesci ottenendo che stiano a eguale distanza l'uno dall'altro e giacciano rivolti in una stessa linea, senza fare pieghe. Se si descrivono giri a 8 in guisa che i giri coprano in linea ascendente e discendente e i punti d'incrocio si trovino nella stessa linea, si ha la cosiddetta spica ascendente o discendente. I giri a 8 che avviluppano gomito, ginocchio, calcagno, formano la testuggine. La mitra d'Ippocrate è la fasciatura più antica a noi nota; la si è trovata che copriva il capo delle antichissime mummie" (fig. 3, nn. 1-4).
Le fasce di garza di cotone, a tutti note, di prezzo conveniente, leggiere, soffici, adattabili a qualunque parte del corpo, hanno reso inutile ogni complicazione di tecnica; tuttavia occorre un certo esercizio per ottenere bendaggi perfetti. Le fasciature di garza s'adoperano per proteggere i tagli chirurgici o accidentali, e tenervi aderenti le compresse sterili di garza e lo strato di cotone idrofilo. Le compresse di garza e di cotone hanno sostituito le vecchie filacce che sotto forma di pallottole, pennelli, piumaccioli, setoni, s'usavano fin dai tempi d'Ippocrate. A scopo espulsivo, prima d'un intervento negli arti, s'applica una benda elastica che copre tutta la parte dall'estremità fino alla radice. Ottenuta l'emostasi artificiale, si mantiene per mezzo d'uno o più giri d'un tubo elastico. Questo metodo, conosciuto col nome di A. Esmarch (v.), fu invece pubblicato prima da Olinto Grandesso Silvestri. Nella cura delle varici, delle flebiti, dell'edema cronico s'adoperano fasce di flanella. Una semplificazione delle fasciature s'ottiene usando una soluzione adesiva (resina mastice, o resina dammar disciolta in etere o benzolo) che viene spennellata sulla cute, attorno alla ferita da proteggere. La compressa di garza viene fissata, anziché con giri circolari di fascia, con un foglio di garza che aderisce strettamente mediante la soluzione di cui viene pennellata la cute. Si distacca a suo tempo con un batuffolo imbevuto d'etere o di benzina. In altri casi si può fissare la compressa con strisce di cerotto adesivo, al caucciù, poste in croce. Questi cerotti a base di caucciù a tutti noti, che si fissano direttamente sulla pelle, in precedenza sgrassata con l'alcool o la benzina, hanno completamente sostituito i cerotti e gli empiastri usati in medicina fin dai tempi più remoti. L'emplastrum ad fracturas ossium non solo serviva per fissare e indurire i giri di fascia, ma doveva avere una speciale influenza curativa sulla formazione del callo. La ricetta degli empiastri costituiva un segreto che si tramandava di generazione in generazione. Per ogni affezione si può dire che esistesse il suo particolare empiastro. Oribasio ne propone un centinaio di specie, tutte a base di sostanze picee. Le sostanze più usate erano l'albume d'uovo, l'olio rosato, l'aceto. Sono oggi completamente caduti in disuso.
Apparecchi. - Quando la fascia è adoperata allo scopo di fissare su una parte del corpo (testa, tronco, arti) stecche rigide, oppure viene imbevuta di sostanze che hanno la proprietà d'indurirsi, viene a costituire un apparecchio contentivo. Rappresenta in certo modo uno scheletro esterno, simile al dermascheletro degli Artropodi. Si distinguono a. provvisorî (dì cartone, stecche metalliche, legno, riuniti con fasce amidate), a. gessati (il materiale che indurisce è la pappa di gesso), a. ortopedici (di celluloide, cuoio, parti metalliche articolate); servono a immobilizzare, a scaricare, a correggere, a sostituire nella funzione una parte del corpo umano. L'azione immobilizzante è richiesta soprattutto nella cura delle fratture e della tubercolosi articolare. Mitiga il dolore, evita gli attriti tra superficie articolari, favorisce il riassorbimento degli essudati e delle emorragie, evita le deformità. È errato il concetto del volgo che l'apparecchio applicato a un'articolazione malata sia causa dell'anchilosi. La perdita del movimento non è cagionata dall'apparecchio, ma dalla malattia. L'azione di scarico consiste nell'impedire che sulla parte malata si faccia sentire il peso del corpo quando l'arto poggia al suolo. Lo scarico è indispensabile nella cura della tubercolosi osteoarticolare. L'azione correttiva rispetto alle deformità (accorciamenti, deviazioni, anchilosi, contratture, pseudoartrosi, ecc.), molto complessa, fa parte integrante dei metodi curativi usati in ortopedia (v.). L'azione sostitutiva va intesa per quanto riguarda la funzione (p. es. apparecchi per paralisi parziale della mano), mentre le parti anatomiche, negli amputati, vanno sostituite con gli arti artificiali o prostesi.
Apparecchi provvisorî. - Come fasciatura d'urgenza nei fratturati per infortunî nella vita civile, o in guerra, si ricorse a stecche, ferule, assicelle di materiale semiduro, adattabile alle parti da immobilizzare. S'usarono i materiali più disparati: V. Assalini nell'assedio di Saragozza (1808) faceva porre sulle membra rotte, pelli di capra tolte di recente, che asciugandosi diventavano rigide; J. Braun (1818) raccomandava le verghe di salice; G. R. Mayor e A. Bonnet (1836) i semicanali di fili metallici, ecc. Presentemente s'adoperano i fogli di cartone per le docce da applicare agli arti estesi, le lamine di zinco o d'alluminio per gli arti tenuti in flessione. Con un paio di robuste forbici, un coltello e qualche fascia di tela o di garza amidata si possono confezionare apparecchi solidissimi che permettono il trasporto dei malati fino all'ospedale. Il cartone per essere modellato esattamente sulla parte dev'essere posto a bagno nell'acqua calda e rammollito. Tra gli apparecchi provvisorî hanno una grandissima importanza quelli a trazione continua. In caso di frattura del femore o delle ossa della gamba possono costituire un ottimo mezzo di cura anche a domicilio.
Si prepara una striscia di cerotto adesivo, di lunghezza doppia dell'arto, indi si fissa nel mezzo una tavoletta di legno, forata al centro, larga circa 15 cm. Il cerotto viene fatto aderire sull'arto ben rasato e sgrassato con benzina, in modo che la tavoletta corrisponda alla pianta del piede, da cui è tenuta discosta 5 cm. I malleoli, la testa del perone, la cresta della tibia vengono protetti da un sottile strato di cotone. Le due strisce longitudinali vengono fissate all'arto con varî giri circolari di cerotto e con fasce di garza. Una cordicella fissata al centro della favoletta e passante per una puleggia che sta ai piedi del letto (ferro da trazione) sostiene il peso. Per avere una buona estensione nelle fratture di coscia dell'adulto occorre un peso di 15-30 kg. Materasso duro, letto più alto ai piedi che alla testa, bende imbottite per la controestensione, cuscinetti d'appoggio per il calcagno e per la regione sacrale, ecco quanto occorre per poter esercitare una buona sorveglianza dell'infermo ed evitare i decubiti (fig. 3, n. 5).
Apparecchi gessati. - L'apparecchio gessato ha sostituito tutti i diversi apparecchi contentivi usati fino al 1851. Il merito d'avere introdotto in chirurgia l'uso delle bende gessate spetta ad A. van Mathysen. L'uso del gesso era conosciuto dai medici arabi che lo applicavano sotto forma di poltiglia, come ora si fa per ottenere le forme di gesso. Altre volte ponevano attorno al membro fratturato cortecce d'albero e v'aggiungevano la pappa di gesso. Mathysen per primo adoperò una fascia cosparsa di polvere di gesso. Il metodo fu poi seguito da tutti, con poche varianti. Il gesso cotto, o solfato di calcio anidro (CaSO4), ha la proprietà, quando venga bagnato di rapprendersi in pochi minuti, formando una massa compatta e resistente. Per gli usi chirurgici la polvere di gesso viene sparsa uniformemente sopra una fascia di garza resa rigida da un sottile strato d'amido. La preparazione della garza (appretto) ha grande importanza perché ritardando la presa, lascia uno spazio di tempo conveniente per poter modellare l'apparecchio. Le fasce vengono preparate con uno speciale arganetto e conservate in scatole di latta a chiusura perfetta perché l'umidità, idratandole, le deteriorerebbe. Si può accelerare la presa con l'aggiunta d'allume crudo o di silicato di potassa, e, invece, ritardarla col fosfato sodico (0,1%), con l'amido, con la glicerina.
Per confezionare un apparecchio occorrono: fasce gessate, acqua tiepida, ovatta in rotolo (leggermente gommata su una delle facce), flanella tubolare di differenti diametri, una robusta forbice e un coltello; (si rimuove l'apparecchio con le tenaglie di Stille; fig. 3, n. 6). Protetto l'arto con la flanella e con l'ovatta e tenuto da un assistente nella posizione che dovrà mantenere entro l'apparecchio contentivo, s'immergono le fasce gessate nell'acqua tiepida. Cessato il gorgoglio e spremuto leggermente l'eccesso d'acqua, s'applicano in strati eguali, fino a formare un apparecchio dello spessore di circa mezzo centimetro, nei punti più soggetti a sforzo, d'un terzo di centimetro nelle altre parti. Quando il gesso incomincia a far presa, si modella rapidamente l'apparecchio nelle sporgenze e rientranze della parte, in modo da farlo aderire esattamente senza cagionare costrizioni eccessive. La parte da ingessare dev'essere tenuta immobile finché l'apparecchio non abbia fatto presa, poiché ogni movimento inconsulto produce crepe che tolgono solidità alla fasciaura gessata. Per asciugarsi l'apparecchio impiega 24 ore, meno se viene esposto a una sorgente di calore o all'azione d'un ventilatore ad aria calda. Si rifinisce l'apparecchio proteggendo i margini con la flanella rivoltata e fatta aderire con giri di fascia amidata; v'è chi pennella la superficie del gesso con uno strato protettivo di resina o di celluloide sciolta in acetone. Si rimedia d'urgenza alla rottura d'un apparecchio con l'applicarvi alcuni giri di fascia gessata, o fissando alcune stecche di legno o di zinco mediante una fascia amidata.
Gli apparecchi male applicati o non sorvegliati, dato che vengono tenuti talora per cinque o sei mesi, possono produrre compressione e quindi ulcerazioni della cute in corrispondenza d'apofisi o creste poco imbottite, oppure possono dar luogo a disturbi di circolo; ciò si manifesta con cattivo odore proveniente dall'interno dell'apparecchio, gonfiore, cianosi delle dita. Spesso disturbi gravi insorgono senza che il malato si lamenti.
I corsetti gessati s'applicano per immobilizzare la colonna vertebrale, per correggere o impedire deviazioni del capo o del tronco. Quando il corsetto immobilizza il capo, prende il nome di Minerva gessata. Per confezionare un corsetto negli ospedali si fa uso d'un apposito apparecchio di sospensione a muro che consente d'esercitare la trazione sul capo e dà un appoggio alle mani e al bacino. In caso di necessità può servire una carrucola fissata nel vano d'una porta.
Gli apparecchi per arto superiore vengono applicati a malato seduto, o malato supino. Nel primo caso l'arto viene affiddato a un assistente, nel secondo occorre un reggitesta e un sostegno per il tronco. In caso d'urgenza può servire un portacatino per dare appoggio al capo e una stecca di legno che fa da ponte tra il reggicapo e il tavolo. Un apparecchio a trazione continua, mediante tubo elastico, presenta qualche di difficoltà. Prima d'applicare il gesso occorre fissare le strisce di cerotto al braccio, con la tecnica descritta; il tubo di caucciù viene teso fra la tavoletta fissata al cerotto e una staffa metallica.
Gli apparecchi per l'arto inferiore s'applicano ora a malato in piedi, ora a malato supino. Nel primo caso è sufficiente un appoggio per le mani (in caso di necessità due sedie), nel secondo occorre un reggibacino e meolio ancora un apposito letto da trazione (fig. 3, nn. 5, 8). Per la riduzione di fratture, per la correzione di deformità tale letto ortopedico è indispensabile.
Apparecchi ortopedici. - Si differenziano dalle fasciature gessate, per il materiale con cui vengono confezionati, perché di maggiore durata, perché possono essere applicati e rimossi a volontà (fig. 3, nn. 9-13). È un grave errore, purtroppo diffuso nel volgo, che i fabbricanti d'apparecchi ortopedici possano sostituirsi al medico e dare consigli sull'opportunità d'applicazione dei presidî ortopedici a seconda delle malattie. Spesso un apparecchio ortopedico male applicato fa più male d'un medicamento preso a rovescio. Per fabbricare un buon apparecchio occorrono officine attrezzate modernamente, ove si possa lavorare la celluloide, il cuoio, i metalli, e ove si possano prendere i modelli in gesso. La direzione e il collaudo degli apparecchi debbono essere affidati a un chirurgo ortopedico.
Il materiale preferito è la celluloide, prodotto ottenuto trattando il collodio con la canfora. Si può adoperare in foglio perché, posto nell'acqua bollente, si rammollisce, diventa plastico e assume la forma del modello, ma per lo più s'usa come pasta fluida, disciolto in acetone. Sul modello di gesso, spalmato con una sostanza oleosa, s'infila una maglia tubolare che viene impregnata di celluloide liquida. A questo primo strato vengono aggiunti, per sovrapposizione, pezze di calicot impregnate di celluloide, fino a ottenere, con 8-10 strati, un apparecchio sufficientemente robusto. Armato di fili d'acciaio, diviene ancora più resistente. L'apparecchio diviso in due valve, orlato di cuoio ai margini, fornito di ganci, o cinghie, levigato all'esterno, foderato all'interno, assume caratteri di robustezza e di praticità. Il caucciù, la fibra vulcanizzata, il feltro poroplastico, la colla, il silicato di potassa, la garza amidata hanno in ortopedia un uso assai limitato. Il cuoio è stato in gran parte sostituito dalla celluloide come materiale adoperato per la confezione di busti, o apparecchi per coscia e bacino. Rappresenta tuttavia un materiale indispensabile per la finitura o per la confezione d'alcune parti degli apparecchi. I metalli più usati sono il ferro omogeneo, l'acciaio, il bronzo fuso, l'acciaio al nichel cromovanadio, l'ottone, l'alluminio, il duralluminio.
Bibl.: Y.-B. Thillaye, Traité des bandages et appareils, 3ª ed., Parigi 1815; E. Fischer, Dottrina delle fasciature ed apparecchi, in Encicl. chirurg., Napoli 1886; F. Delitala, Gli apparecchi ortopedici, Bologna 1921; F. Härtel e F. Loeffler, Der Verband, Berlino, 1921; A. Serra. Gli apparecchi gessati, Bologna 1923.