FASCISMO (XIV, p. 847; App. I, p. 571; II, 1, p. 904)
La più recente legislazione sul f. non ha la finalità d'irrogare sanzioni penali, amministrative o disciplinari, come è stato per i provvedimenti legislativi emanati immediatamente dopo la caduta del regime fascista, bensì quella di impedire che possa essere nuovamente costituito un partito fascista. La vigente legislazione è cioè ispirata a principî di pacificazione per il passato, ma altresì di fermezza perché esso non si riproduca nell'avvenire.
Già con la legge 3 dicembre 1947, n. 1546, erano state emanate norme per la repressione dell'attività fascista. Ma esse, da un lato, apparivano troppo strettamente vincolate alla clausola dell'art. 17 del trattato di pace, che non permette la rinascita di organizzazioni fasciste in Italia; dall'altro, non erano neppure idonee ad attuare il precetto della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. Divieto che si ricollega ai criterî e alle finalità che informano l'art. 49 della Costituzione medesima, il quale contempla il diritto per tutti i cittadini di associarsi liberamente in partiti, per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale, dovendosi questa esigenza ritenere senz'altro negata dal f., il quale aveva soppresso le fondamentali libertà personali e politiche e le istituzioni democratiche, e aveva esaltato principî e metodi negatori di ogni democrazia.
È stata perciò emanata la legge 20 giugno 1952, n. 645, tuttora vigente quantunque la perdurante disapplicazione delle norme fondamentali in essa contenute possa talora far dubitare di una sua implicita abrogazione.
Il nucleo fondamentale della legge è costituito dai primi tre articoli, che sono quelli diretti a reprimere la ricostituzione, sotto qualsiasi forma, del partito fascista. A tal fine l'art. 1 dispone che si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando un'associazione o un movimento persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività all'esaltazione di esponenti, principî, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista. Le attività incriminate debbono potersi riferire alle associazioni o ai movimenti e rivestire, quindi, un carattere collettivo, laddove reati di apologia e manifestazioni di carattere fascista meramente individuale sono previste e punite dagli artt. 4 e 5. Le sanzioni penali sono stabilite, ovviamente in misura diversa, sia per i promotori e organizzatori sia per gli aderenti. Le pene sono aggravate se l'associazione o il movimento assume, in tutto o in parte, il carattere di organizzazione armata o paramilitare ovvero fa uso di mezzi violenti di lotta.
L'accertamento dell'esistenza delle condizioni previste dalla legge per aversi la ricostituzione del partito fascista è attribuito alla magistratura, in ossequio all'esigenza democratica di offrire le più sicure garanzie a favore dei movimenti o delle associazioni incriminate. Alla sentenza dalla quale risulti la riorganizzazione segue il provvedimento del ministro per l'Interno, che ordina lo scioglimento e la confisca dei beni dell'associazione o movimento. Il governo, peraltro, nei casi straordinarî di necessità e di urgenza, può adottare il provvedimento di scioglimento e di confisca dei beni mediante decreto-legge senza dover far ricorso a un procedimento giudiziario. Quest'ultima disposizione, che non era contenuta nel disegno di legge governativo, venne introdotta dal Parlamento ed è stata una di quelle più avversate perché consentirebbe di colpire chiunque sia politicamente inviso alla maggioranza che detiene il potere.