FATICA (dal lat. fatīgo "mi stanco); fr. e ingl. fatigue; sp. fatiga; ted. Mühe)
È la diminuzione del potere funzionale degli organi e dei tessuti provocata da un eccesso di lavoro, caratterizzata da una diminuzione o dalla perdita dell'eccitabilità (e in generale delle diverse manifestazioni energetiche: calore, elettricità, modificazioni chimiche, ecc.) alla quale, nell'uomo, s'accompagna una sensazione di malessere che ha valore di fenomeno generale di difesa. Secondo l'energia specifica dei diversi tessuti e organi, ciascuno dei quali ha una curva di fatica propria e diversa da individuo a individuo (A. Mosso), nella fatica del muscolo s'ha diminuzione o perdita della contrattilità; per il nervo, della conducibilità; per l'organo uditivo, della facoltà di percepire i suoni, ecc. I complessi fenomeni della fatica sono stati studiati specie per l'apparato muscolare e dimostrati anche per il sistema nervoso.
Nei muscoli dello scheletro la fatica si manifesta più rapidamente che nei muscoli lisci. In condizioni normali il lavoro incessante del cuore non produce fatica perché fra i tempi di contrazione delle orecchiette e dei ventricoli sono intercalate pause di riposo notevolmente più lunghe dei tempi suddetti. L'insorgenza della fatica muscolare, più che da un esaurimento dei materiali dinamogeni disponibili (che in pratica può difficilmente avverarsi), dipende dall'accumulo dei prodotti di rifiuto che si formano durante l'attività muscolare e quindi dalla loro quantità, dalla rapidità con la quale vengono eliminati (ampiezza e velocità circolatoria), dall'integrità o meno degli organi (in prima linea le capsule surrenali) che neutralizzano o distruggono i prodotti suddetti, nonché degli altri fattori fisiologici strettamente legati all'attività muscolare (centri nervosi). Che si tratti di fenomeni di natura essenzialmente tossica, risulta dalle classiche esperienze di A. Mosso che riproduceva i fenomeni della fatica nell'animale sano trasfondendogli il sangue d'un animale sperimentalmente sopraffaticato; da quelle di C. Bouchard che dimostrano l'aumento della tossicità dell'urina. Mediante complesse manipolazioni fisico-chimiche Weischardt dalla sostanza muscolare stessa ha estratto una "tossina della fatica" che iniettata riproduce i fenomeni della fatica; s'è tentato perfino di derivarne un siero antitossico, per immunizzare dalla fatica, con risultati minimi negli animali, nulli nell'uomo. Queste sostanze tossiche, chimicamente non definite, avrebbero un'azione simile a quelle del curare (v.) agendo specialmente sulla placca motrice. Nella diminuzione dell'elasticità muscolare avrebbe grande importanza l'aumento della capacità d'imbibizione del colloide muscolare in rapporto all'accumulo dei metaboliti acidi e specialmente degl'idrogenoioni dell'acido lattico che in condizioni normali, invece, per la massima parte è scisso e trasformato in glicogeno. La fisiologia sperimentale, studiando i tracciati grafici ottenuti dalla contrazione d'un muscolo isolato ed eccitato a intervalli assai brevi che non concedono i fenomeni di restauro, ha visto rapidamente decrescere e annullarsi l'ampiezza e la durata della scossa, aumentare il tempo d'eccitazione latente, modificarsi i normali rapporti della fase ascendente e discendente; H. Kronecker ne ha dedotto le sue classiche "leggi della fatica". Indagini più sottili hanno dimostrato che la fatica diminuisce nel muscolo la produzione del calore più rapidamente (A. V. Hill) di quella del lavoro meccanico, nonché dell'elasticità, del tono muscolare e della corrente d'azione; numerose e importanti ricerche sono state eseguite sulla variazione della composizione del sangue e delle urine sotto l'influenza della fatica e specialmente sui rapporti tra fatica e ghiandole endocrine. I fenomeni della fatica insorgono rapidissimi nell'animale privato delle capsule surrenali e, trasfondendone il sangue in altro animale, si provocano effetti curarizzanti. Indirettamente l'ipofisi, inibendo l'azione surrenale (che distrugge o neutralizza le tossine della fatica) potrebbe suscitare i fenomeni della fatica. Sono noti i sintomi di grave astenia della malattia di Addison (ipofunzione surrenale) e d'alcune lesioni ipofisarie: gigantismo, acromegalia (iperfunzione ipofisaria). Ma sembra che oltre alle surrenali, l'organismo sia protetto dai veleni della fatica anche dal fegato, dai reni, e forse dal polmone. Notevoli pure sono gli studî dell'influenza della fatica sull'apparecchio circolatorio. A parte il cuore da sforzo (v.), si nota un'accelerazione cardiaca (d'origine nervosa, riflessa, piuttosto che chimica); inizialmente un aumento della pressione differenziale (per un aumento più spiccato della pressione massima rispetto a quella minima) seguito da diminuzione tanto più rapida quanto più tardi cessa il lavoro. Le condizioni di lavoro del muscolo eccitato sperimentalmente sono assai diverse da quelle che si svolgono in condizioni fisiologiche, come possono essere studiate con l'ergografo (v.) introdotto da A. Mosso (Reale accademia dei Lincei, 1888). Di grande importanza pratica sono i metodi diretti ad apprezzare la fatica basandosi sullo stato fisiologíco e il valore funzionale dell'organismo; fra i molti proposti il più semplice e il più pratico sembra essere lo studio della pressione arteriosa, specialmente del tempo necessario per il ripristino alle condizioni normali.