FĀṬIMAH
IMAH Figlia di Maometto e moglie del cugino di lui, ‛Alī (v.), quarto califfo. Le notizie autentiche sulla sua vita sono molto scarse, e quanto di lei racconta la tradizione, con evidenti fini di edificazione religiosa e di rivendicazione politica, è da ritenersi in massima parte leggendario. Di sicuro non vi è che la notizia del matrimonio con ‛Alī, avvenuto, a quanto pare, uno o due anni dopo lo stanziamento di Maometto a Medina, e quella della sua morte in età ancor giovane, di poco posteriore a quella del padre (11 èg., 632-33 d. C.). La fama straordinaria di F. e la venerazione di cui essa fu fatta segno presso i musulmani (mentre le altre tre figlie di Maometto, Zainab, Ruqayyah, Umm Kulthüm, sono pressoché dimenticate) sta in ciò, che a lei fanno capo le rivendicazioni legittimistiche dei discendenti di ‛Alī (v. alidi); i quali vedono in lei, madre di al-Ḥasan e di al-Ḥusain, il tramite che unisce le varie dinastie alidiche alla persona fisica del Profeta. Da ciò deriva l'epiteto di Āl Fāṭimah "famiglia di Fāṭimah", che si trova spesso usato per designare gli Alidi.
Poiché la venerazione per ‛Alī e per i suoi discendenti si sviluppò tanto presso i sunniti quanto presso gli shī‛iti, si comprende come anche i primi abbiano attribuito a F. il più alto grado di virtù morali e religiose, esaltandone la povertà, l'umiltà e l'ascetismo e facendo di lei il tipo ideale della virtù femminile (non senza, a quanto pare, qualche influsso del culto cristiano della Vergine). Questo processo d'idealizzazione della figura di F., svoltasi parallelamente a quella di Maometto e di ‛Alī, culmina, come è ovvio, negli ambienti religiosi shī‛iti: F. diviene una delle emanazioni della luce celeste, e anche di lei come di Maometto e di ‛Alī, è ammessa la preesistenza.
La diffusione popolare del culto da F. ha fatto attribuire il nome, ben noto anche in Occidente, di "mano di Fatma" a un amuleto in forma di mano; ma bisogna avvertire che le sue origini nulla hanno a che vedere con la figlia di Maometto, e si riconnettono invece alla credenza nel potere apotropaico della mano, diffusa ovunque in tutti i tempi.
Bibl.: H. Lammens, Fātima et les filles de Mahomet, Roma 1912 (v. le osservazioni critiche di C. H. Becker, Islamstudien, I, 520-27 e di G. Levi Della Vida, in Riv. d. st. or., VI, pp. 536-47); L. Caetani, Annali dell'Islām, II, Milano 1907, pp. 716-717; X, Roma 1926, pp. 395-403.