FAUNUS
Antica divinità agreste latina che il progresso della civiltà eliminò a poco a poco dalla religione ufficiale: in tempi storici sopravvive solo nella pietà superstiziosa dei contadini della campagna romana.
Gli si attribuiva il potere di fecondare le greggi e di difenderle dagli assalti dei lupi, donde i suoi epiteti di Inuus e Lupercus, il nome di Lupercal, dato alla sede originaria del suo culto (una grotta sul fianco settentrionale del Palatino), di Luperci ai suoi sacerdoti e di Lupercalia alla sua festa principale (15 febbraio). Era anche una divinità profetica che si riteneva rivelasse il futuro mediante voci misteriose (donde l'epiteto di Fatuus o Fatuclus, da fari) o coi sogni. I pastori infine lo temevano come il genio che li atterriva nel sonno con visioni spaventose, donde il nome di Incubus. Questa molteplicità di attribuzioni fece sì che l'essere originariamente semplice di F. desse origine a una moltitudine di demoni o genî della foresta e dei campi, in tutto simili ai Pani e ai satiri, con cui finì egli stesso per confondersi. Non si possono considerare rappresentazioni di F. quelle che lo mostrano con le caratteristiche di Pan o di satiro, come ha erroneamente fatto qualcuno. Giustino (43, I, 7) così descrive il simulacro del dio conservato nel Lupercale: nudum caprina pelle amictum, sicut Romae Lupercalibus decurritur. A questa descrizione, come alla natura del dio, si avvicinano due statuette bronzee che riproducono, con alcune differenze, lo stesso tipo, cosicché è possibile ricostruire con una certa probabilità l'originale. Si tratta di una figura virile nuda, con la testa del tipo dello Iupiter, i fianchi avvolti da una pelle di capra (così giustamente una della statuette, mentre l'altra ha una pelle di pantera) e alti calzari ai piedi. Nella destra tiene un corno per bere, nella sinistra una cornucopia, che in uno dei due esemplari si cambia, per una erronea interpretazione dell'artista, in una clava. In capo ha una corona di foglie o dentata.
Monumenti considerati. - Le due statuette sono pubblicate, in Ann. Inst., xxxviii, 1866, p. 210 ss., tav. N. e in E. F. v. Sacken, Die antiken Bronzen des K. K. Münz.-und Antiken Cabinettes zu Wien, Vienna 1871, i, p. 272, n. 176, tav. 30, 3; entrambe sono riprodotte in Roscher, I, c. 1459-1460.
Bibl.: G. Wissowa, in Roscher, I, c. 1454 ss.; W. F. Otto, in Pauly-Wissowa, VI, c. 2054 ss.; J. A. Hild, in Dict. Ant., II, p. 1021 ss.