FAUST
Il primitivo elemento della leggenda faustiana è indubbiamente storico. Sicure testimonianze intorno all'uomo F. (nato, a quanto pare, intorno al 1480 in Heidelberg) si hanno all'inizio del sec. XVI. Mentre cova il fuoco della Riforma luterana, appare in varie città della Germania un dottor Giovanni F. È un furfante emerito. All'apparire di quell'uomo che va millantando il possesso d'ogni potenza taumaturgica, d'ogni dottrina positiva e occulta, le turbe accorrono numerose. Ma agli occhi dei contemporanei la figura di F. incarna attributi diabolici, tanto che "turpissima bestia et cloaca multorum diabolorum" egli è chiamato da Melantone; e da altri, "turpissimus nebulo inquinatissimae vitae". Il dottor F. è soprattutto un mago: e quale effetto di magia vengono riferiti, da molte testimonianze di contemporanei, gl'innumerevoli episodî strabilianti di cui egli viene detto protagonista.
Dal virgulto storico fiorisce rapidamente l'albero della leggenda, fino a che nel 1587 il libraio Giovanni Spies lancia dalla sua tipografia di Francoforte sul Meno, roccaforte dei più rigidi seguaci di Lutero, la Historia von D. Johann Fausteas dem Weitbeschreyten Zauberer und Schwartzkünstler. Gli accenni sporadici dei cronisti diventano in questo libro popolare luterano un'organica, rozza narrazione delle imprese compiute dal mago famoso e nel tempo stesso un ammonimento offerto all'intera cristianità. La redazione anonima della Storia è infatti disposta a "demonstratio per exemplum" degli estremi funesti a cui possono condurre la proterva ribellione a Dio e il sacrilego commercio con gli spiriti inferni. F., allo scadere del patto accettato da Mefistofele, finisce preda del demonio: "e questa caduta non dipese che dalla sua orgogliosa tracotanza...".
Ma il libro di questo "potenziale" Titano, fallito per insufficienza dell'arte del narratore, non rimase entro i confini della Germania luterana. Una copia della Storia (chiusa con molta probabilità nel fardello di un attore di quelle compagnie comiche inglesi che si spingevano spesso, in quei tempi, attraverso i Paesi Bassi, in Germania) varca il mare tra il 1587 e il 1588 e approda in Inghilterra. Tradotta in inglese (History of the damnable life and deserved death of Dr. John Faustus) ispira a Cristoforo Marlowe la sua Tragical History of Doctor Faustus. Nel dramma del Marlowe (scritto in pieno periodo elisabettiano, in un'atmosfera pregna di umanesimo e di travaglio religioso) il personaggio subisce una trasformazione. F. è sempre un peccatore ribelle che, venduta l'anima al Maligno mediante il patto tradizionale, finisce per morire dannato. Ma il suo peccato è adesso soprattutto brama smodata e sacrilega di conoscere oltre i limiti imposti dalla teologia. Convenzionale più che sentita, risulta la condanna che Marlowe, per piegarsi all'ufficiosità dei tempi, decreta al suo protagonista. Nel F. di Marlowe avvertiamo confusamente incarnarsi il filosofo nuovo del Rinascimento, che attira simpatie e pur suscita diffidenze.
Il primo ciclo - Il Dannato - è chiuso. Succede, fino al sec. XVIII, un periodo di decadenza. Dall'Inghilterra ecco di nuovo in Germania la leggenda caduta nel dominio delle rappresentazioni popolari e degli spettacoli di marionette. Ma basterà una circostanza esterna coincidente col dramma filosofico dei tempi, perché F. si orienti verso la sua più alta incarnazione poetica. Non più il Dannato: ma il Redento. Gran parte ebbe Gotthold Ephraim Lessing nel movimento germanico della Aufklärung. E quale Autfklärer (quale esemplare cioè dell'uomo che, affidandosi alla ragione, tenta di uscire da uno stato di minorità imputabile a lui stesso) avrebbe dovuto F. campeggiare nel dramma di Lessing, rimasto abbozzo incompiuto. I pochi frammenti superstiti ci offrono l'embrione di un personaggio che non è più il turpissimus nebulo della leggenda, né il ribelle filosofo dannato dal Marlowe. F. è divenuto per Lessing un nobile rappresentante della ragione umana che senza posa aspira verso l'alto. Lessing aveva dunque fatto compiere idealmente al mito un considerevole passo nel senso della sua fase conclusiva: il F. goethiano, simbolo dell'umanità che, attraverso deviazioni ed errori, a poco a poco si redime, per salire sino a un punto ove le viene incontro, assolvendo, la misericordia divina.
Alla Aufklärung segue in Germania il movimento filosofico-letterario dello Sturm und Drang (tempesta e assalto). E al Faust-Aufklärer succede allora il Faust-Stürmer und Dränger dei frammenti di Müller e dell'Urfaust di Goethe. I frammenti di Federico Müller (1.776-78), in cui è facile riconoscere gl'influssi filosofici ed estetici dello Sturm und Drang, sono (per definirli con lo spietato laconismo goethiano) un "balbettamento infantile". L'Urfaust di Goethe (il primitivo abbozzo contemporaneo, anzi in parte anteriore al Werther, rimasto manoscritto e ritrovato nel 1887 da Erich Schmidt) ha già in sé la potenza del grande poema che non doveva essere compiuto se non circa un sessantennio più tardi. Prima di assurgere, attraverso l'evoluzione etica e le molteplici esperienze del poeta, a mito simbolico dei destini umani nel mondo, il fantasma di F. è balzato dallo spirito di Goethe come forma espressiva della sua giovanile crisi di titanismo. Nell'Urfaust si fondono infatti le due tonalità discordi e avverse, il cui contrasto illumina la vera essenza dello Sturm und Drang di Goethe. Giungendo nel 1775 a Weimar, preceduto dalla fama creatagli dal Werther, Goethe vi recava il manoscritto dell'Urfaust. Ma un primo frammento del grande poema avvenire uscì solo nel 1790 (v. goethe). Il poeta compose poi altre parti e fece al tutto precedere la Dedica, il Prologo sul teatro e il Prologo in cielo. Così, nel 1808, appare l'intiera prima parte del Faust in redazione definitiva (Tubinga, ed. Cotta).
In questa prima parte, F., deluso dalla scienza, è scosso da un impetuoso anelito di azione. Non chiede più di "conoscere". Chiederebbe di "vivere", per trovare finalmente nella vita quell'attimo di beatitudine perfetta che aveva invano cercato nella scienza. Attraverso il patto tradizionale, Mefistofele s'impegna di guidarlo nel nuovo viaggio in cui s'illude di condurre F. a perdizione. Ma il dramma di F. che, ringiovanito dal demonio, seduce e poi abbandona Margherita; e il dramma di Margherita che, affranta dal dolore, uccide la propria creatura, impazzisce e muore mentre una voce celeste annunzia ch'ella è assolta e salvata da Dio per il pentimento che la redime (questi due drammi i quali occupano, reagendo uno sull'altro, circa la metà della prima parte) non costituiscono nel poema che un episodio e una delle esperienze di F. È il Prologo in cielo (concepito e scritto da Goethe fin dal 1797) che esprime e definisce sin d'ora chiaramente quello che sarà per essere il senso del poema compiuto; un senso che s'impernia sulla scommessa fra Mefistofele, il quale si propone di abbassare F. al livello dei bruti per dannarlo, e il Signore che lo abbandona fiducioso nelle mani del Maligno perché sa che Faust reca in sé, nell'oscura inconsapevolezza del proprio istinto, i germi incorruttibili della redenzione. La prima parte sembrerebbe conchiudersi invece con la sconfitta di F. Il grido trionfante di Mefistofele Her zu mir (via con me!) può lasciar credere che il demonio sia ormai il vincitore della scommessa. Invece nella seconda parte, apparsa postuma e terminata poco prima della morte del poeta, le esperienze di F. si continuano. Il poeta ha bensì smarrito, qua e là, la giusta via tra il simbolismo artistico e l'artefatta allegoria; ma con la seconda parte soltanto, l'intiero poema s'illumina secondo la sua altissima significazione. Nell'aspra battaglia fra Mefistofele imbaldanzito dalla scommessa col Signore, consapevole del suo scopo, armato di tutte le magiche e diaboliche potenze di perdizione, e F., ignaro della scommessa, armato solo delle confuse energie del proprio istinto e posto innanzi al bene e al male con la responsabile angoscia del proprio libero arbitrio, Mefistofele a poco a poco si svigorisce e inavvertitamente soccombe, vinto da Faust prima ancora che da Dio. Egli non riesce ad annientare nell'animo di F., coi germi organici di redenzione, il merito che gli varrà alla fine il perdono: cioè, l'oscuro istinto di bene, l'anelito verso una strebende Tätigkeit (una attività lottante per ascendere e procedere) che epurandosi attraverso le esperienze culmina nella visione dell'immane fatica che redimerà il suolo di una libera terra per un libero popolo laborioso. È in questa visione che F., toccando il termine della sua seconda esistenza, coglie, anche se acciecato dalla Sorge, l'atto di beatitudine suprema, per cui s'era venduto al demonio. Es irrt der Mensch solang er strebt: erra l'uomo, sin che s'affanna, lottando, per ascendere e progredire. Così il Signore nel Prologo in cielo. E il coro celeste, alla fine del poema, canta: "Quegli che in uno sforzo costante s'affatica per ascendere e progredire, merita che noi lo liberiamo". F. assurge al cielo ove Margherita intercede per lui. Vi assurge a simboleggiare l'intera umanità che si redime attraverso la propria instancabile attività. Tale l'altissima significazione del poema goethiano, il quale va studiato, compreso, nella sua inscindibile totalità.
Conclusa, per così dire, col Faust di Goethe la storia ideale del mito, il protagonista riappare nel poema epico-drammatico di Nicola Lenau (1836). Il F. di Lenau stringe il solito patto con Mefistofele, e quindi girovaga per taverne, mari e foreste, qua seminando e là raccogliendo il vizio e il tradimento. Alla fine, per taedium vitae, si uccide: e Mefistofele ne porta l'anima alle fiamme. Il F. di Lenau è un fratello di quelle creature dolenti che nel primo sessantennio dell'Ottocento incarnarono il mal du siècle: un fratello, cioè del Manfredo di Byron dell'Ottavio di Musset, dell'Obermann di Sénancour, dell'Armando di Prati. Nella bizzarra struttura di questo poema, affiorano vaghe reminiscenze esteriori di Marlowe e di Goethe. Ma la sostanza dell'opera ha caratteristiche proprie. Il dramma di coscienza che vi si dibatte ha una sua logica continuità. F. si perde per aver voluto prima intraprendere la via della scienza e poi giungere, rinnegata la fede, a una formula filosofica, con un temperamento in cui la ragione e la volontà sono di continuo soverchiate e soppresse dall'impeto delle energie fantastiche patetiche e sensuali.
La materia faustiana ha dato ispirazione a parecchi librettisti e musicisti. Il tedesco Spohr ne trasse due atti (Francoforte 1818). Dopo che Hector Berlioz se ne era ispirato per le scene della Dannazione di Faust (1846), Michel Carré tracciò il libretto per l'opera di Carlo Gounod (Parigi 1859). Hector Crémieux e Adolphe Jaime diedero le parole alla musica di Hervé (1869); e Robert Schumann scrisse le tre parti del suo Faust. Infine, Arrigo Boito compose libretto e musica del suo Mefistofele (Milano 1868). Né minor copia d'ispirazione trassero dalla leggenda faustiana i pittori. Specie il poema goethiano diede materia a Pietro Cornelius pei suoi dodici quadri, a Delacroix per una serie di litografie. S'ispirarono a F., tra i molti altri, Scheffer, Leys, Techendorf, Laurens.
Bibl.: Sul mito di Faust: V. Errante, Il mito di Faust dal personaggio storico al poema di Goethe, Bologna 1924. - Sul personaggio storico: a) Repertorî di documenti: K. Engel, Zusammenstellung der Faustschr. vom. 16. Jhdt bis Mitte 1884, Oldenburgo 1885; A. Tille, Faustsplitter, Berlino 1900; b) Studî storici: H. Düntzer, Die Sage von Dr. Faust, Lipsia 1847; L. Housse, Die Faustsage und der historische Faust, Lussemburgo 1862; P. Knauth, Die Faustsage, Freiberg 1881; E. Faligan, La légende de Faust, Parigi 1888; G. Witkowski, Der hist. Faust, in Deutsche Zeitschrift für Geschichtswissenschaft, n. s., I (1897); R. Petsch, Der historische Dr. Faust. - Sul libro popolare luterano: R. Petsch, Das Volksbuch vom Dr. Faust. Nach der erst. Ausgabe 1587, Halle 1911; E. Schmidt, Faust und das 16 Jhrdt, in Goethe-Jahrbuch, III, 1882; S. Szamatolski, Zu den Quellen des ältesten Faustbuches, in Vierteljahrschr. für Literaturgesch., I; E. Faligan, op. cit. - Sulla tragedia di Marlowe: A. Graf, Il Fausto di C. Marlowe, Torino 1878; H. Logeman, The English Faustbook of 1592, Ghent 1898; E. Schmidt, Marlowe's Faust und sein Verhältnis zu den deutschen u. englischen Faustbüchern, Lipsia 1890; J. Albers, On C. Marlowe's "Tragicall History of Dr. Faust". - Della tragedia di Marlowe esistono due traduzioni italiane: quella di V. Panella (Milano s. a.) e quella di P. Bardi (Bari 1907). - Sulle rappresentazioni popolari e sugli spettacoli di marionette: W. Creizenach, Versuch einer Gesch. des Volksschauspiels vom Dr. Faust, Halle 1878; E. Faligan, op. cit.; A. Bielschowski, Das Alter der Faustspiele. - Sul Faust di Lessing: R. Petsch, Lessing Faustdichtung mit erläuternden Beigaben, Heidelberg 1911; E. Schmidt, Lessings Faust, in Goethe-Jahrbuch, II. - Sul Faust di Müller: E. Petzet, Die Faustdichtungen der Sturm und Drangzeit; Fausts Leben von Maler Müller, vol. III della collez. Deutsche Litteraturdenkmale des XVIII. Jhrdts di B. Seuffert. - Sull'Urfaust di Goethe: E. Petzet, op. cit.; R. Weissenfels, Goethe im Sturm und Drang, Halle 1894; J. Collin, Goethes Faust in seiner ältesten Gestalt, Francoforte 1896. - Sul Faust di Goethe: supera le vecchie traduzioni di A. Maffei, di A. Guerrieri Gonzaga e di Giovita Scalvini, quella di Giuseppe Biagi, Firenze 1900. - S'è pubblicata (Milano 1932) pel centenario goethiano una versione integrale con intr. e comm. di G. Manacorda. - Cfr. in Italia: A. Farinelli, Alcune lezioni inedite in Riv. di lett. ted.; G. A. Borgese, La disfatta di Mefistofele; id., Mefistofele, con un discorso sulla personalità di Goethe, Firenze 1911; A. Foà, Il Faust di Goethe, Firenze 1914; B. Croce, Goethe, Bari 1919. - Cfr. poi: Fr. Th. Vischer, Goethes Faust, Stoccarda 1871; K. Fischer, Goethes Faust nach seiner Entstehung, Idee und Composition, Heidelberg 1907; V. Valentin, Goethes Faustdichtung in ihrer künstl. Einheit dargestellt, Berlino 1889; O. Keller, Faust and Faustus, a study of Goethe's relation to Marlowe, Saint Louis 1931. - Sul Faust di Lenau: la trad. in versi italiani con saggio intr. di V. Errante (Lanciano 1921).