MOISESSO, Faustino
– Nacque a Udine il 26 sett. 1582, primo dei nove figli di Ottilio Moyses e di Olimpia de Onestis.
Il padre portava ancora il nome originario del casato; la forma Moisesso fu adottata solo dai figli. La famiglia era forse di origine ebraica, ma risulta convertita già al suo arrivo a Udine, nel penultimo decennio del Trecento, con Moyses Moyses, mercante di Villach in Carinzia. Un figlio di Moyses, Giovanni, fu un apprezzato giurista; i suoi discendenti entrarono nel patriziato cittadino udinese e conseguirono un discreto patrimonio, acquistando beni in città, a Tarcento e in località vicine.
La biografia del M. presenta ancora molti punti oscuri, nonostante il recente ritrovamento delle carte di famiglia nell’archivio privato della famiglia Florio, che raccolse l’eredità dei Moisesso alla loro estinzione, nel secolo XVIII. Secondo le annotazioni del padre, nell’aprile 1597 il M. fu portato a Graz per frequentare il locale Collegio dei gesuiti: nell’immatricolazione ai corsi di retorica, il 15 febbr. 1601, compare come «Faustinus Moysesius, Italus, Utinensis» (Die Matrikeln, p. 20). La contemporanea presenza a Graz di due sudditi ungheresi dal cognome analogo, Martinus e Georgius Moyses, provenienti dal comitato di Turóc (nell’attuale Slovacchia), pone il problema dell’origine della famiglia da quella regione e dei collegamenti che essa vi potesse aver mantenuto. Non sappiamo se i tre studenti avessero approfondito l’eventuale rapporto di parentela. Giorgio Moyses, laureato nel 1604, divenne gesuita; Martino nel 1602 interruppe gli studi e partì per l’Italia.
A Graz il M. diede la prima prova come letterato, con la composizione della tragedia latina in cinque atti Sebastianus Lusitaniae rex, dedicata all’arciduca Ferdinando d’Asburgo (futuro imperatore Ferdinando II).
L’opera, inedita e pervenuta in un unico codice (ora a Rein, Stiftbibliothek di Rein, Mss., 188, ma fino al 1758 a Graz), rientra nei canoni del teatro gesuitico; sembra destinata più a una lettura pubblica che a una vera e propria messa in scena e potrebbe rappresentare la brillante esercitazione di fine corso. La tragedia rievoca la figura del sovrano portoghese, ucciso nel 1578 in Marocco mentre combatteva contro i mussulmani, come esempio di principe cristiano che unisce in sé le virtù cristiane e il valore militare.
Nel novembre 1604 il M. andò a Padova per frequentare l’Università e si laureò in utroque iure il 23 apr. 1610; è incerto se in seguito abbia esercitato la professione legale. La gestione dei beni di famiglia dovette rimanere ai fratelli. Per alcuni anni l’attività del M. è testimoniata solo dalla pubblicazione di scritti latini e italiani, sia in opuscoli autonomi sia inseriti in raccolte altrui. Aveva iniziato nel 1606, ancora studente, con un poemetto latino dedicato a Francesco Maria II Della Rovere, duca di Urbino, per la nascita del figlio; fu molto apprezzata anche una sua «catena di venti sonetti sopra venti dame» (Salomoni, p. 125). Benché avesse acquistato fama di «poeta molto erudito» (Capodagli, p. 210), il M. non fece mai parte dell’Accademia degli Sventati, che riuniva i maggiori letterati udinesi dell’epoca.
Nella seconda metà del 1615 il M. fu arruolato nella cavalleria friulana che prese parte alla guerra contro l’arciduca Ferdinando, la cosiddetta guerra Gradiscana o degli Uscocchi. Partecipò ai combattimenti sul fronte dell’Isonzo, nei quali dichiarò d’essere stato ferito (ma qualche contemporaneo, come Nicolò Contarini, mise in dubbio l’affermazione), congedandosi per malattia prima che le operazioni militari fossero concluse nel giugno 1617. Probabilmente cominciò in questo periodo a raccogliere notizie in vista di un’opera storica sulla guerra. Era in difficoltà economiche, forse per aver dissipato negli anni precedenti gran parte del suo patrimonio.
Nel 1618 pubblicò un poemetto latino che celebrava la vittoria veneziana (in realtà assai controversa), Sontiaca victoria ... Epos (Udine, Pietro Lorio), dedicato a Giovanni Basadonna, luogotenente della Patria del Friuli; a questo furono indirizzati anche gli Acroamata latini e un’Oratione italiana seguita da 13 sonetti (Udine, P. Lorio, 1618). Sono lavori encomiastici, che celebrano Basadonna e la Repubblica di Venezia; in essi è netta la svalutazione del nemico austriaco, al quale sono attribuiti atti di viltà, saccheggi e stragi.
Il progetto di scrivere un’opera complessiva sulla guerra Gradiscana trovò l’appoggio decisivo di Giovanni de’ Medici, figlio naturale di Cosimo I , che aveva comandato l’esercito veneziano durante la seconda parte del conflitto, suscitando non poche critiche. Il M. fu ospitato nella lussuosa residenza del generale a Murano ed ebbe anche i mezzi per ritornare sul teatro delle operazioni: poté così recarsi nei paesi austriaci, spingendosi fino a Villach e a Graz. Giovanni de’ Medici però morì nel luglio 1621, prima che il libro fosse completato; nell’autunno seguente il M. decise di presentarlo alla Signoria veneziana. L’esame dell’opera fu affidato al segretario del Consiglio dei dieci, Agostino Dolce; ma nella revisione, durata sei mesi, intervennero anche altri magistrati veneziani, come il consultore in iure Servilio Treo e forse lo stesso Paolo Sarpi. Le prime correzioni dell’autore evidentemente non furono giudicate soddisfacenti, perché nel corso del 1622 il Consiglio dei dieci ordinò la sospensione della stampa e la distruzione di 23 fogli già impressi (quasi metà dell’opera). Il libro poté uscire nell’ultimo scorcio dell’anno, con la data del 1623, dalla tipografia di Barezzo Barezzi, al quale era associato Andrea Muschio, il cui nome non compare nell’edizione; le spese che il M. dovette sostenere ammontarono a 400 ducati, in parte recuperati con la permuta di volumi con tre librai di Venezia.
L’Historia della ultima guerra nel Friuli, articolata in due libri, è preceduta dalla dedica, datata 25 nov. 1622, a Francesco Erizzo, procuratore di S. Marco (futuro doge) e provveditore della fortezza di Palmanova durante il conflitto. È una tipica opera di storia militare, corredata da due ampie carte, minuziosa nella descrizione dei fatti bellici e dei luoghi in cui si erano svolti; inizia con i primi scontri del 1615 e si conclude con la fine dei combattimenti, nel giugno 1617. Nei giudizi il M. si sforza di mostrarsi imparziale, senza dar luogo alle espressioni antiaustriache che avevano caratterizzato gli opuscoli del 1618; la sua trattazione del resto mette in evidenza che la nobiltà friulana aveva valorosamente combattuto in entrambi gli eserciti. A Udine, però, l’Historia fu accolta in modo ostile. La Convocazione cittadina, alla quale il M. aveva inviato un esemplare già il 28 nov. 1622, costituì immediatamente una commissione che giudicò l’opera denigratoria del capoluogo friulano e della sua nobiltà; l’11 febbr. 1623 fu deciso che il libro non fosse fatto circolare. Al M., in particolare, furono imputate le critiche a un'azione militare di Daniele Antonini, che, morto nella guerra, a Udine era considerato un eroe; uno dei maggiori accusatori fu un cugino di Antonini, lo storico Enrico Palladio degli Olivi, che negli anni seguenti avrebbe a sua volta composto uno scritto De oppugnatione Gradiscana, in cinque libri, pubblicato postumo nel 1659.
All’inizio del 1624 il M. chiese al Consiglio dei dieci la facoltà di far liberare un prigioniero quale risarcimento delle spese sostenute per l’Historia; la concessione fu accordata il 21 febbraio, ascoltati il parere molto favorevole di Giovanni Basadonna e quello di Nicolò Contarini (futuro doge), negativo sull’opera ma convinto delle buone intenzioni dell'autore. Nel maggio di quell’anno il M. offrì alla Signoria di pubblicare un altro libro, di carattere giuridico, l’Historia di alcuni successi et ragioni nel Friuli; in esso venivano illustrati gli antefatti della guerra Gradiscana, con le ragioni della dominazione veneziana in Friuli e il diritto della Repubblica di designare il patriarca d’Aquileia. Il Consiglio dei dieci accettò la proposta, chiedendo però che l’opera fosse redatta anche in latino. Lo scritto, in quattro trattati, è rimasto inedito e probabilmente incompiuto; è pervenuto solo il testo italiano (Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Ms. it., cl. VI, 31 [=6113]).
Negli ultimi mesi del 1624 il M. si trasferì in Lombardia, come segretario e interprete di Heinrich Matthias von Thurn, il comandante dei ribelli boemi contro Ferdinando II, che dopo la sconfitta del 1620 viveva in esilio. Heinrich Matthias era figlio di secondo letto di Francesco Della Torre di Santa Croce (Franz Thurn von Heiligenkreuz), goriziano, ma era sempre vissuto in ambiente tedesco e non parlava l’italiano. Venezia lo mise a capo delle truppe che aveva concentrato in Valtellina, in previsione di un conflitto con la Spagna, sotto la supervisione di Francesco Erizzo, allora provveditore di Brescia; il M. aveva il compito di tradurre dal latino gli ordini e i dispacci del generale, ma probabilmente anche di riferire a Erizzo sul suo comportamento. La missione durò almeno fino al dicembre 1625. Nel giugno 1626 il M., probabilmente già malato, sistemò a Verona alcuni affari di famiglia con il fratello Marzio.
Il M. morì forse a Brescia, nel 1626 o agli inizi dell'anno seguente.
Fonti e Bibl.: Persereano, Archivio Florio, Carte Moisesso, b. 238; Die Matrikeln der Universität Graz, a cura di J. Andritsch, I, Graz 1977, pp. 20, 22, 108, 176; G. Salomoni, Delle rime, Bologna 1647, pp. 125, 156 s., 380; G.G. Capodagli, Udine illustrata da molti suoi cittadini, Udine 1665, pp. 210 s.; G.G. Liruti, Notizie delle vite ed opere scritte da’ letterati del Friuli, IV, Udine 1830, pp. 227-230; Catalogus codicum manuscriptorum de rebus Foroiuliensibus ex Bibliotheca Palatina ad D. Marci Venetiarum, a cura di J. Valentinelli, in Archiv für Kunde österreichischer Geschichtsquellen, XVIII (1857), p. 338; C.L. Bozzi, Il processo all’«Historia della guerra del Friuli», in Studi goriziani, XXXVII (1965), pp. 9-34 (con documenti); F. Madama, F. M. uomo d'armi e storico nel Friuli del Seicento, tesi di laurea, Università degli studi di Trieste, a.a. 1995-96; G. Trebbi, Il Friuli dal 1420 al 1797. La storia politica e sociale, Udine 1998, pp. 260-268; W. Steinmetz, Handschriftenverzeichniss der Stiftsbibliothek zu Rein, Graz 1999-2001 (Universitätsbibliothek, Elektronische Ressource), p. 117; «Venezia non è da guerra»: l’Isontino, la società friulana e la Serenissima nella guerra di Gradisca (1615-1617), a cura di M. Gaddi - A. Zannini, Udine 2008, ad ind.; F. Tamburlini, La figura e l’opera di F. M., ibid., pp. 349-388 (con documenti); L. Di Lenardo, I Lorio: editori, librai, cartai, tipografi tra Udine e Venezia (1496-1629), Udine 2009, pp. 276, 283; F. Tamburlini, M. F., storiografo, in Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei Friulani, II, L’età veneta, Udine 2009, pp. 1698-1703.