RODI, Faustino
– Nacque a Cremona il 17 febbraio 1751, nella parrocchia dei Ss. Nazzario, Celso e Abbondio, da Carlo e da Angela Maria Mari.
Dal 1770 al 1777 si formò con Ennemond Alexandre Petitot all’Accademia di belle arti di Parma, dove nel 1777 conseguì il primo premio con il progetto di un Edifizio dedicato ad albergare l’Arti e le Scienze. Presentò poi un progetto all’Accademia di Genova (1777-78), che nel 1780 gli valse il titolo di accademico (G. Grasselli, Abecedario biografico..., 1827, p. 226).
Tra i suoi primi lavori si ricordano la casa parrocchiale della cattedrale cremonese (1778), commissionatagli dall’allora parroco Omobono Offredi Ambrosini, la trasformazione (1782 e 1786) del convento di S. Francesco in ospedale (Archivio di Stato di Cremona, Ala Ponzone Cattaneo, b. 296; Disegni, tubo 3), il progetto per la ristrutturazione di palazzo Brumani, acquisito nel 1781 dal marchese G. Battista Silva, esponente di un casato milanese di non antica nobiltà (Fragmentorum, b.171, c. 224).
Rodi progettò un edificio grandioso, di cui approntò anche il modello ove «aveva nel vestibolo combinato una scala veramente teatrale, ma il proprietario non sentì bene la demolizione di tante vecchie fabriche delle quali volle senza impegno di maggiori spese approfittare»: il marchese optò dunque per una soluzione meno grandiosa, e la «fabbrica dovette combinarsi con alcuni vecchj edificj che si vollero conservare» (G. Picenardi, Nuova guida di Cremona..., 1820, pp. 263 s.). Si trattò infatti di un cantiere particolarmente impegnativo, del quale Rodi discusse ripetutamente (1780, 1783) con l’amico Simone Cantoni (Martinola, 1945-1946, pp. 68 s.). I lavori, avviati nel 1784, si svolsero a più riprese, come conferma anche una relazione di stima del fabbricato del 1803.
Nel 1783 Rodi progettò la nuova parrocchiale di Covo (Bergamo): un edificio a pianta centrale preceduto da un atrio, con aula quadrangolare, due cappelle e profonda abside coperta da volta a vela. L’assetto originario fu però alterato dai lavori del 1938-39, che comportarono l’innesto di una navata longitudinale nel coro e il conseguente ribaltamento dell’originaria facciata.
Nel 1784 Rodi propose la propria candidatura ad architetto del Duomo cremonese (non accettata), e progettò il nuovo sistema di copertura dello scalone del palazzo comunale di Cremona; l’anno successivo fu incaricato da Giuseppe Piermarini del rilievo del soppresso monastero del Corpus Domini; e si occupò di redigere, per conto del marchese Giuseppe Picenardi, all’epoca regio amministratore del Pio Istituto elemosiniere, la stima di molte case di proprietà di enti religiosi soppressi. Nel Dettaglio delle opere..., Vincenzo Lancetti ricorda la trasformazione «a locali per li orfani» dei monasteri soppressi di S. Giovanni Nuovo e delle Orsoline.
Nel biennio 1785-86 Rodi seguì i lavori di trasformazione, su progetto di Piermarini, del monastero di S. Benedetto in collegio delle Canonichesse di S. Carlo, inaugurato il 3 agosto 1786. Negli ultimi decenni del secolo svolse un’intensa attività per la locale aristocrazia, che lo impegnò nei palazzi Stanga, Vidoni (1788; attuale sede dell’Associazione Commercianti), Zaccaria Pallavicino.
Il progetto per l’appartamento di rappresentanza nel palazzo Stanga di via Palestro gli fu commissionato (1787) dal nobile Vincenzo Stanga Trecco in occasione delle nozze (1789) con Maria Giuseppa Manfredi della Casta. Rodi intervenne nell’ala occidentale del palazzo: progettò l’ornato fittile del prospetto verso il cortile, ove «seppe così bene attenersi allo stile della fabbrica che sembra tutto di un sol getto» (Grandi, 1856, pp. 372 s.); il «grandioso scalone» (Fondo libreria civica, b. 8.1) a due rampe parallele, coperto da doppia cupola ellittica; e una sequenza di stanze disposte en enfilade, poi decorate da Giuseppe Manfredini (1789-91).
È ancora discussa la datazione del cantiere di palazzo Zaccaria Pallavicino, ancorata al 1784 e al 1790-92. In realtà, nel giugno del 1794 è documentato un viaggio di Rodi a Como, al seguito del marchese Giuseppe Zaccaria, che aveva richiesto la consulenza dell’architetto Simone Cantoni, il quale indicò «tre parti diverse sui quali l’arch.to Rodi lavorò due giorni [...]. Li feci variare la facciata si può dire nel totale e nelle parti ancora: spero che questa farà buon effetto» (cit. in Ossanna Cavadini, 2003, p. 188 n. 165). È pertanto ragionevole datare l’intervento di Rodi intorno alla metà dell’ultimo decennio del secolo; inoltre, nel 1793 e nel 1794 sono documentati due pagamenti del marchese all’architetto ticinese.
Al 1789-90 data la partecipazione di Rodi al concorso per la costruzione del teatro La Fenice di Venezia. Nel 1790 egli succedette al pittore Giovanni Manfredini nella cattedra di ornato architettonico nel liceo cittadino.
All’inizio dell’ultimo decennio del secolo il marchese Giuseppe Magio gli commissionò la ristrutturazione della residenza suburbana in località Vho di Piadena, costruita all’inizio del secolo dal marchese Cesare.
Rodi ridisegnò il prospetto con pronao terrazzato nel partito centrale, enfatizzato dal timpano di coronamento, un ordine terreno bugnato, il piano nobile ritmato da finestre architravate sormontate da busti; all’interno, aprì un salone a doppia altezza poi decorato da Felice Campi e Giovanni Motta. L’edificio (poi casa per anziani) ha subito radicali interventi trasformativi.
Nel 1793, nell’ambito dei lavori di smantellamento delle fortificazioni sostenuti da Giuseppe II, Rodi costruì le porte cittadine di Ognissanti (porta Venezia) e di S. Luca (porta Milano; demolite nel 1902-08).
A partire dal 1793 Rodi è documentato nel cantiere del palazzo vescovile di Cremona, la cui ricostruzione fu promossa da Omobono Offredi Ambrosini, nominato vescovo da papa Pio VI nel 1791. Desideroso di riorganizzare la «mala costruzione del vecchio fabbricato» (Cremona, Archivio vescovile, Episcopio, b. 1/II, cit. in L’episcopio di Cremona…, 1987, p. 5), il vescovo sostenne un programma edilizio basato sulla progressiva acquisizione di unità immobiliari.
Il palazzo, che ha un fronte verso il Duomo e l’altro verso la strada, con uno sviluppo dimensionale di rilevanza urbana, è il portato di una complessa fase progettuale nel corso della quale si susseguirono ben quattro proposte. L’ultima redazione progettuale, mutata in corso d’opera, è testimoniata da un disegno del 29 agosto 1793.
Per lo stesso vescovo, esponente di un casato di antichissima nobiltà, Rodi progettò anche l’ammodernamento del palazzo di famiglia su corso Matteotti 31, attuale palazzo Cavalcabò.
Nell’ultimo decennio del secolo Rodi fu impegnato nei lavori di palazzo Cattaneo su contrada Oscasali, a fianco della chiesa di S. Omobono. Antonio Cattaneo, ultimo di questa famiglia di spicco nella Cremona di antico regime, le cui ricchezze, di origine mercantile, erano state investite alla fine del Cinquecento in terre, proseguì la politica di espansione del casato. Una perizia del 18 settembre 1795 rende ragione del programma dei lavori, avviati a partire dal 1788, e protrattisi nei decenni successivi «con sommo dispendio» (G. Picenardi, Nuova guida di Cremona..., 1820, pp. 83 s.).
L’intervento si svolse probabilmente in due fasi: dal 1788 al 1794 per lo scalone a due rampe entro un vano a tutta altezza, la galleria che collega i due corpi di fabbrica preesistenti, il salone ottagono con volta ellittica, le decorazioni interne; tra il 1804 e il 1812 furono realizzate la galleria rossa, la sala d’armi e la sala verde, e si lavorò al giardino nel quale Rodi realizzò la montagnola (1809).
Il marchese Antonio Cattaneo fu il committente anche del palazzo suburbano di Sospiro (dal 1897 istituto ospedaliero). Un grande cabreo raffigura il palazzo nell’estensione territoriale; i progetti rappresentano l’articolazione spaziale della residenza con impianto a U, un teatro «all’uso antico» (Fondo libreria civica, b. 8.1) ricavato nel corpo di fabbrica est e un oratorio a pianta centrale nel corpo di fabbrica ovest, preceduti da un pronao di ordine ionico.
Rodi, che nel 1816 è documentato nel cantiere di Sospiro a seguire la posa in opera dei marmi somministrati dal marmorino Luigi Giudici, ideò un impianto a corte aperta, costituito da un corpo centrale architravato, ritmato da un ordine ionico gigante, con ampio pronao a tutta altezza al centro del fronte principale sud, retto da colonne scanalate, e due corpi laterali porticati; diversa l’impaginazione della facciata nord, ove su un alto zoccolo bugnato a fughe orizzontali si imposta l’ordine di paraste doriche fra finestre arricchite da cornici centinate.
Su incarico dei marchesi Luigi Ottavio e Giuseppe Picenardi l’architetto progettò e costruì il fronte sud della villa di Torre de’ Picenardi. Nel 1801-02 si occupò della trasformazione della chiesa di S. Filippo Neri nel teatro dei Filodrammatici, inaugurato il 28 ottobre 1806 (G. Grasselli, Guida storico sacra..., 1818, pp. 182 s.; Bondioni, 2001, p. 316), e quindi, a partire dal novembre 1804, su incarico del prefetto del Dipartimento dell’Alto Po, fu impegnato nei rilievi delle caserme di tre circondari. Nello stesso anno fu incaricato del progetto per la riqualificazione dei due ingressi alla città di Crema, porta Ombriano e porta Serio.
Al 1804 risale anche il progetto per la chiesa parrocchiale di Romanengo, costruita fra il 1807 e il 1813 (facciata del 1950).
Nel 1805 Rodi elaborò un bozzetto per un monumento (non realizzato) a ricordo della battaglia napoleonica di Castiglione; l’anno successivo l’Amministrazione comunale di Cremona gli commissionò il progetto per un arco di trionfo in onore del Re d’Italia (Bandera, 1967, pp. 40 s.).
Architetto della Municipalità dal 1798 al 1819, nel 1810 venne coinvolto nel progetto di trasformazione dell’ex convento dei gesuiti di S. Vincenzo, adibito a edificio scolastico e iniziò l’attività didattica nella neoistituita cattedra di disegno d’ornato nel liceo di Cremona, poi sostituito da Luigi Voghera (1817). Nel novembre del 1815, su incarico degli eredi del marchese Manfredo Gaspare Trecchi, eseguì la pianta e la perizia di stima del tardoquattrocentesco palazzo Trecchi, ristrutturato da Voghera (1834) e da Emilio Brilli (1843).
Nel 1816-17 eseguì i progetti per il teatrino di Pontevico, quindi ricostruì il teatro della Concordia a Cremona, che era stato distrutto da un incendio, con il giovane Voghera (1823). Sempre a Cremona si ricordano il campanile della chiesa di S. Ilario (1824) e i progetti (1828-33) per la trasformazione in ospedale di palazzo Affaitati Ugolani Dati (dal 1922 sede del Museo civico), su incarico dei padri ospitalieri di S. Giovanni di Dio.
Morì a Cremona il 16 maggio 1833.
Fonti e Bibl.: Cremona, Biblioteca statale e Libreria civica, Miscellanea Carlo Bonetti, vol. XVI, n. 18, c. 118; Fondo Libreria civica, b. 8.1: V. Lancetti, Dettaglio delle opere fatte eseguire dall’architetto Faustino Rodi dall’anno 1782 a tutto il 1815; Archivio di Stato di Cremona, Archivio Ala Ponzone Cattaneo, bb. 294-296, Disegni, tubo 3; Archivio Trecchi, b. 150; Archivio Ugolani Dati, bb. 2 (1828-69), 3 (1829-64), 74 (1838); Comune Cremona, Congregazione Municipale, b. 401; Fragmentorum, b. 171; Cremona, Archivio vescovile, Episcopio, b. 2/II; Archivio di Stato di Milano, Culto, parte antica, cc. 1859, 1865; G. Grasselli, Guida storico sacra della r. città e sobborghi di Cremona, Cremona 1818, pp. 182 s.; G. Picenardi, Nuova guida di Cremona per gli amatori delle arti del disegno, Cremona 1820, passim; G. Grasselli, Abecedario biografico dei pittori, scultori ed architetti cremonesi, Milano 1827, pp. 226 s.; F. Rodi, Pensieri di un vecchio architetto lombardo nel restauramento dell’abside del Duomo di Milano, in Biblioteca italiana, 1828, n. 51, pp. 268-280.
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