FAVA GHISILIERI, Paolo Patrizio
Nacque a Piacenza il 22 dic. 1728 dal conte Scipione Statore e da Angiola Maria Facci, che erano entrambi patrizi bolognesi.
Ultimati gli studi primari nel seminario bolognese ed ordinato sacerdote il 23 dic. 1752, il F. si laureò in teologia nell'università di Bologna. Giovanissimo, volle entrare tra gli oratoriani di s. Filippo Neri, ove rimase per quasi ventidue anni, conducendo vita esemplare. Il 16 dic. 1773 fu aggregato honoris causa al Collegio dei teologi della università, e il 14 genn. 1774 venne nominato canonico penitenziere maggiore del capitolo metropolitano di S. Pietro, nel posto reso vacante dalla scomparsa del canonico L. Scala Paltroni. Alla morte del cardinale arcivescovo A. Gioannetti, l'8 apr. 1800 fu eletto vicario capitolare dell'arcidiocesi, fino alla nomina del nuovo arcivescovo, il cardinale C. Oppizzoni, nell'aprile 1802.
In questa carica dimostrò doti di raro equilibrio e moderazione nei riguardi del potere politico in circostanze molto delicate, specialmente quando, il 4 sett. 1801, pose fine a un'intricata questione, dichiarando canonica e valida l'accorpazione, stabilita dal governo cisalpino, dei beni dell'ospedale Maggiore con quelli dei soppressi ospedali religiosi di S. Francesco, di S. Biagio dei poveri pellegrini e della Ss. Trinità dei convalescenti dimessi.
Anche il card. Oppizzoni apprezzò il suo operato, nominandolo suo vicario generale dal 22 genn. 1803 al marzo 1806. L'atteggiamento conciliante e l'abilità diplomatica dimostrati dal F. in queste funzioni non sfuggirono al governo napoleonico, che il 15 apr. 1806 lo designò arcivescovo di Ferrara. Il F. tentò di rifiutare l'incarico, sostenendo che la sua veneranda età non gli avrebbe consentito di adempiere convenientemente agli obblighi inerenti a un ufficio così delicato. Ma lo stesso Napoleone, il quale già aveva ottenuto un rifiuto da parte del cardinale A. Dugnani, che alla cattedra ferrarese aveva preferito la sede suburbicaria di Albano offertagli da Pio VII, gli rispose il 23 maggio successivo in termini rispettosi ma fermi, confortandolo nei suoi scrupoli e insistendo tuttavia per una pronta accettazione.
Il 14 agosto il F. espresse le stesse riserve anche al papa, ma questi era favorevole a una soluzione concordata con il governo napoleonico per ridare a Ferrara un vescovo, dal momento che l'intransigente cardinale A. Mattei, nominalmente ancora titolare della diocesi, risiedeva a Roma da molti anni.
Al F. non rimase che cedere, cosicché nel concistoro segreto del 24 ag. 1807 il papa confermò la nomina, preconizzandolo arcivescovo di Ferrara e concedendogli nello stesso giorno il privilegio del pallio. La consacrazione avvenne a Bologna il 4 ott. 1807 ad opera dei cardinale Oppizzoni. Il F. indirizzò la sua prinia lettera pastorale al clero e al popolo della diocesi (Lettera pastorale diretta al clero e al popolo della diocesi dopo la sua consacrazione seguita il di IV ottobre MDCCCVII, Bologna s.d.) e giunse a Ferrara l'11 novembre, facendo il suo ingresso nella cattedrale il giorno 15. Al momento di pronunciare l'omelia, la voce flebilissima e la commozione glielo impedirono, costringendolo a interromperla (il testo in Manini Ferranti, pp. 237-243). Tale inconveniente si ripeté nell'Epifania del 1808, tanto che il F. rinunciò da allora al ministero della predicazione. Tuttavia, nonostante la tarda età, adempì con zelo agli altri suoi doveri e nello stesso 1808 iniziò la visita della diocesi.
Come l'amministrazione napoleonica aveva previsto operando la scelta del F., questi mostrò una grande adattabilità nei rapporti con il governo, da cui venne largamente compensato. Il 1º apr. 1809 fu nominato dal viceré senatore del Regno d'Italia, quindi commendatore dell'Ordine della Corona ferrea e conte dell'Impero, cumulando cospicue rendite. Le buone relazioni con le autorità civili furono. però, di grande vantaggio alla città di Ferrara, soprattutto in relazione alle soppressioni di enti e comunità religiose e alla confisca di beni ecclesiastici. Egli poté raggiungere un accordo favorevole quando si trattò di ridurre nuovamente il numero delle chiese, riuscendo a salvare le principali: furono chiuse solo quelle di S. Giustina, della Madonna del Moraro, del Soccorso e della Cittadella (questa già sconsacrata nel 1805) e gli oratori delle famiglie Tassoni, Riminaldi, Gualengo e Bianchi.
Un successo fu anche la soluzione della spinosa questione delle confraternite, soppresse con decreto 26 maggio 1807: in sostanza il F., nell'osservanza formale delle norme applicative emanate dal ministro del Culto del Regno d'Italia il 15 sett. 1807, che permettevano la sopravvivenza di una sola confraternita per diocesi, riuscì a neutralizzare gli effetti di questo decreto grazie all'espediente di accorpare quelle soppresse in un'unica Confraternita del Ss. Sacramento, presente però in tutte le parrocchie. Egli poté anche evitare la spoliazione del santuario della Madonna di Bocca di Riol decisa dalle autorità civili, offrendo in garanzia una grossa cifra. Quanto all'amministrazione dei luoghi pii, era stata costituita a Ferrara già al tempo della Cisalpina un'amministrazione generale che, nel 1806, divenne congregazione di Pubblica Beneficenza, gestita da un organo collegiale laico: il F. ottenne nel 1808 la sua trasformazione in una congregazione di Carità, che lui stesso presiedette, coadiuvato dal prefetto e dal podestà di Ferrara.
Con la Restaurazione e con il ritorno della Legazione sotto il governo pontificio (19 luglio 1815), il F. vide molto ridotto il suo potere per la presenza in città del cardinal legato T. Arezzo, al quale, vista la sua avanzatissima età e le conseguenti infermità, egli delegò sempre più le sue funzioni, come a un coadiutore. Per le cure più strettamente religiose lo affiancò il vicario generale mons. G. Manini Ferranti. Del resto, dopo il congresso di Vienna, la Chiesa ferrarese, pur rimanendo sede metropolitana, era diminuita di importanza essendo stata privata delle diocesi suffraganee alla sinistra del Po, Adria, Verona e Mantova.
Negli anni successivi il F. curò il ritorno a Ferrara degli Ordini religiosi: nel 1816 icappuccini, nel 1817 i gesuitie le orsoline, nel 1818i francescani minori osservanti nel 1821i carmelitani e le carmelitane.
Il F. morì in sede il 14 agosto del 1822 e venne sepolto nella cripta della cattedrale.
Fonti e Bibl.: Ferrara, Bibl. comun., cl. I, n. 98-III, Varie minute di lettere scritte a porporati e personaggi distinti da mons. F., Arciv. di Ferrara (c. 36); Bologna, Arch. generale arcivescovile, ms. Dignitates et canonici capituli ecclesiae s. Petri, p. 99 (alla data 14 genn. 1774); Ibid., ms. adespoto ed anepigrafo della metà del sec. XIX, contenente brevi biografie di ecclesiastici che ricoprirono cariche nella diocesi di Bologna, pp. 168-170; per alcuni manoscritti del F., cfr. G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti, XXVII, p. 134; Bullettino delle leggi del Regno d'Italia, I, Milano 1806, p. 306; II, ibid. 1807, pp. 281 ss.; Il Redattore del Reno, n. 72, 9 sett. 1807 (nomina del F. al vescovado); Nel solenne ingresso di s.e.r. monsignore P. P. F. nella Chiesa arcivescovile di Ferrara. Applausi poetici, Ferrara 1807; G. Manini Ferranti, Compendio della storia sacra e politica di Ferrara, V, Ferrara 1809, pp. 233-252; L. Bertoldi, Vescovi e arcivescovi di Ferrara dalla prima loro epoca…, Ferrara 1818, pp. 56-60; Diario di Roma (Cracas), n. 2, 28 ag. 1822, p. 2; Gazzetta di Bologna, n. 67, 20 ag. 1822; A. Peruzzi, Nelle solenni esequie a mons. P.P.F. arcivescovo di Ferrara..., Ferrara 1822; A. Mazziotti, Elogio funebre di mons. P.P.F. arcivescovo di Ferrara..., Ferrara 1823 (con ritratto); G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, IV, Venezia 1846, pp. 204 s.; C. Tivaroni, L'Italia durante il dominiofrancese, I, Torino 1889, pp. 225-244; G. Meluzzi, Gli arcivescovi di Ferrara, Bologna 1970, pp. 67-70; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica..., VII, Patavii 1968, p. 193.